Somewhere in London

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Mi lascio il Manor alle spalle, mentre Scorpius e Asteria dormono in camera dal letto, abbracciati. La notte incombe gelida sulla valle, sovrasta imperiosa sugli uomini e sulle donne. La luna è piena, ora, e spacca il manto di tenebra in uno spiraglio argenteo.

Prendo una lenta boccata d'aria. Mi sento pizzicare il petto, lì, all'altezza dello sterno. Lascio perdere e mi avvolgo meglio nel mantello. Mi Smaterializzo in una via della Londra Babbana, e accelero il passo.

Mentre mi lascio cullare dal rumore dei tacchi delle scarpe sul marciapiede deserto, socchiudo le palpebre e infilo le mani tremanti in tasca.

Forse aveva ragione Blaise, quando anni fa mi disse di darmi alla latitanza forzata. Forse aveva ragione lui anche quando mi diceva che non avrei dovuto sposare Asteria, e seguire ciò che urlava a squarciagola il mio povero cuore.

Ma io lo abbandonai, oltraggiato e umiliato, mentre mi convincevo che quella sarebbe stata la scelta migliore per tutti.

Costringermi a una vita che non ho mai sentito mia, a una sporca esistenza macchiata dai rimorsi e dai sensi di colpa.

Avrei tanto voluto non fare la proposta di matrimonio alla madre di mio figlio. Non la amavo.

Non la amavo nemmeno quando mi ha detto 'sí' sull'altare, o quando ha varcato il St. Mungo con mio figlio in grembo.

Non la amo neppure adesso che condividiamo lo stesso letto e la stessa dimora da quattro anni.

E lei lo sa.

"Vattene!" aveva detto un giorno

Come se fosse semplice..

"Portati via tuo figlio e andatevene lontani da me!" aveva continuato imperterrita, quella serpe di mia moglie, mentre Scorpius dormiva.

Giungo ad un incrocio ed imbocco la Noel Road, prima sollevarmi il cappuccio del mantello.

Eppure sono rimasta con lei. Magari per vigliaccheria o per viltà. O magari sto solo aspettando che il mio bambino cresca, prima di chiedere il divorzio. "Imparerai ad amarla," aveva detto papà prima di passare a miglior vita, "Così come io ho fatto con la tua..". E con questa gentilezza sulle labbra, era morto.

Era morto davvero, alla fine. Lo seppellimmo due giorni dopo nella più totale desolazione, confortati solo da alcuni parenti stretti, quelli che almeno non erano stati spediti ad Azkaban. La cerimonia fu breve, lo ricordo. Ricordo i singhiozzi di mia madre, e i volti austeri degli Auror.

La morte lo ha accolto presso di sé troppo tardi, penso. Avrebbe dovuto fulminarlo quando picchiava la donna che stava al suo fianco nonostante tutto e tutti, o quando mi istigò a prendere il Marchio.

Anche Silente era morto, io c'ero. Quel vecchio pazzo era stato un esibizionista anche nel tirare le cuoia. Solo dopo che fu passato un anno riuscii a comprendere che ruolo avessi avuto nella sua morte.

Me la raccontò la McGranitt durante il mio settimo anno ad Hogwarts, dopo aver tentato il suicidio cercando di lanciarmi dalla Torre di Astronomia. Beh, solo tentato, certo. Non sono stato nemmeno capace di porre la parola fine a questa inutile successione di giorni amari e notti insonni.

"Fuori di casa, figlio di puttana!" sento urlare alle mie spalle da una donna in vestaglia, che sulla porta di casa sua minacciava un povero ubriaco. Affretto la mia corsa verso questo luogo ancora a me ignoto, e raggiungo l'angolo fra le due strade.

Proseguo lungo Colebrooke Row e sorrido, ricordando all'improvviso il momento in cui vidi Ginny Weasley mentre si dava da fare insieme a Dean Thomas nello sgabuzzino, uno dei tanti dove gettiamo i fascicoli di vecchi casi.

Come un albatros ~Concorso~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora