Ti avrei voluto bene...

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Ciao! Mi chiamo...anzi non mi chiamo. Sono troppo piccolo per avere un nome.
Ho appena qualche settimana di vita.
La mamma non si è ancora accorta di me.
Semplicemente percepisce in lei qualcosa di diverso, ma non immagina cosa possa essere: improvvisi sbalzi d'umore, capogiri, eccessiva stanchezza.
Non sa che io sono dentro di lei.
Poi, realizza il fatto di avere un ritardo, e si spaventa.
La mamma è giovane, va ancora a scuola.
Percepisco la sua angoscia, e mi ferisce la sua speranza nella mia inesistenza.
Continua a ignorare la cosa, a voler credere che io non esista.
Oggi però ha finalmente trovato il coraggio di scoprire la verità: adesso sta entrando in farmacia per acquistare un test. Si rivolge al farmacista timidamente, parlandogli a bassa voce.
Temo che si vergogni di me.
Torna a casa, chiudendosi in bagno affronta la realtà: prende il test fra le sue mani, e dopo qualche istante comprende che c'ero, che esistevo!
Mi ha profondamente colpito la sua disperazione: avvertivo il suo dolore, unito al mio che cresceva man mano per la sua infelicità.
Perché non mi vuoi, mamma? Non piangere tranquilla! Ci sono io qui che ti voglio bene!
Adesso prende il cellulare. Sta facendo uno squillo a papà. Non so cosa gli stia dicendo, ma si arrabbia molto con lui, grida, gli urla, io non sono un dente caricato da estirpare: sono un essere umano!
Dice che non può tirarsi indietro, fingere che la cosa non esista, perché che lo voglia o no, lui è mio padre!
La mamma è così piccola ancora, fragile, ha bisogno del sostegno morale di papà, soprattutto per dare la notizia ai nonni.
Invece si trova costretta ad affrontare la notizia da sola, perché papà non vuole saperne di me.
Papà, quando la mamma ha saputo di me è scoppiata in lacrime, tu addirittura vuoi buttarmi via.
Perché non mi volete? Cosa vi ho fatto di male? Sono un bimbo innocente!
Ora la mamma lo sta dicendo alla nonna.
Nonna, cosa fai? Perché le hai dato uno schiaffo?!? Cosa c'è di tanto cattivo in me, che non deve nascere?
Mamma tranquilla andrà tutto bene, non intristirti perché hai litigato con la nonna, andrà tutto bene!

Sono passati tre giorni. Ora ho tre giorni di boy in più! Che bello non vedo proprio l'ora di nascere, di imparare a camminare, a parlare, a correre...voglio che mi insegni tutto quello che sai, mamma! Non mi importa se papà non mi vuole, magari con il tempo cambierà idea. Per adesso mi basti tu.
È così bello addormentarsi con te, mammina, svegliarsi con te, accompagnarti in ogni cosa che fai.

Ora stiamo entrando in uno studio medico.
Non piangere, mamma. Ci sono io qui io chi voglio bene. 
Vedo il dottore, molte macchine e tanti infermieri.
Sei già curiosa se sarò un maschietto o una femminuccia?
Eppure tu continui a singhiozzare.
Cos'è? L'emozione di sapere il mio sesso?
Continui a ripetere, accarezzandoti il ventre:" perdonami, bambino mio!"
Perdonarti di cosa?!? Perché dovresti avere bisogno del mio perdono? Cosa stai facendo, per chiedermi scusa?

Sento un dolore, una specie di ago, invade il mio piccolo mondo perfetto.
Ho capito tutto. Le mie cellule strappate dalla tua carne. Ora capisco che tu non mi insegnerai mai a camminare, a parlare! Non piangere mamma, io ti perdono!
Chissà se esiste un paradiso per i bimbi mai nati.

Addio mamma. Saremo stati felici insieme, ti avrei voluto tanto bene. Addio!

Il tuo bambino senza nome.

Addio mamma...il tuo bambino senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora