You can survive.

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Non riesco a respirare.
Il mare è su di me, sopra di me, dentro di me. Mi affonda nelle orecchie, in bocca. Mi toglie il respiro.
-Camila!-.
Mio padre mi aiuta a riemergere in superficie, gridando. Provo a guardarlo, ma i contorni del suo volto sono sfocati, contorti. Non sono sicura che sia lui.
-Ho paura!- grido.
-Lo so, Mila, lo so.- dice, aiutandomi a riconoscerlo grazie al soprannome, che solo lui ha sempre adoperato. -Andrà tutto bene. Fidati. Ecco, appoggiati a me.-
Mi aggrappo alle sue spalle, piangendo. Non saremmo mai dovuti partire quella sera.
Io avevo una certa sensazione: il mare sembrava piatto e placido, ma io ho imparato a conoscere quell'infinita distesa azzurra, e sapevo che qualcosa sarebbe andato storto.
Quando la nave ha avuto un'avaria era troppo tardi per tornare indietro. Siamo affondati tutti, i nostri trafficanti con noi, e non abbiamo potuto fare nulla per impedirlo.
Sento delle grida disperate ovunque. Mi stanno ferendo le orecchie.
Inizio a guardarmi intorno, per cercare mia madre e la mia sorellina. Ci sono troppe persone urlanti, terrorizzate, che cercano invano di contrastare la potenza del mare per poi essere subito soppresse. Non le trovo. Inizio a gridare anch'io. Mio padre è spaventato dal rumore. Perde l'appiglio al pezzo di nave che aveva miracolosamente trovato ed entrambi affondiamo. Riemerge dopo pochi secondi.
-Cosa c'è?- urla.
-Non trovo mamma e mia sorella!- rispondo con lo stesso tono.
Lui recupera l'appiglio. Dopo essere sicuro di aver trovato un po' di stabilità, mi prende in braccio fino a che non lo guardo negli occhi.
Ho quindici anni, e sembra strano, ma i suoi occhi riescono sempre a tranquilllizzarmi. Così succede anche questa volta.
-Karla Camila Cabello- mi dice, accennando un sorriso. -Ti prometto che ce la faremo. Ti fidi di me?-.
Annuisco e lo stringo per qualche istante.
Accade tutto così velocemente che non riesco nemmeno a pensare.
Non so come sia successo. Forse una spinta, un qualcosa. Non ne ho idea.
Fatto sta che vedo mio padre perdere il respiro quando improvvisamente sbatto la testa contro il nostro appiglio e cado in acqua, lasciandomi dietro una scia di sangue.
Non so se mio padre abbia provato ad aiutarmi.
La spinta mi fa scendere sempre di più, ed inizio a perdere la vista, vedendo solo dei movimenti confusi sopra di me.
Provo a salire in superficie, ma... non ci riesco... la forza del mare è superiore... ed io... non riesco... a lottare.
Mi lascio cadere. Precipito nell'oscurità più profonda con un senso quasi di leggerezza.
Per quanto sembri ironico, mi sento quasi cullata dal mare che, lo so, presto mi ucciderà.
Mi manca il respiro. Mi fa male la gola e non riesco a parlare. Vorrei urlare, per segnalare a mio padre che sono ancora viva, ma dalla mia bocca proviene solo un ennesimo grumo di sangue. Lo osservo fluttuare verso l'alto.
Il mare. Il mare doveva essere la salvezza. La mia, la nostra salvezza. Eppure mi, ci sta uccidendo.
Non importa quanto ci riteniamo superiori, non riusciremo mai a sconfiggere la sua imponenza. Sento le forze abbandonarmi.
'Non lasciarci! Lotta, Camila, lotta!.'
Una voce mi penetra nelle orecchie. Apro gli occhi di scatto. Non mi ero resa conto di averli chiusi.
Non so a chi appartenga quella voce. È come una freccia scoccata da un ardo divino: mi colpisce il cuore e mi da la forza. La forza di lottare.
Provo a nuotare verso l'alto. Non ci riesco. Non so nuotare.
'Ti prego, Camila! Vieni da noi!'.
No! Non posso arrendermi così.
Mi manca il respiro, e devo, devo riprendere fiato. Mi do una spinta e mi dirigo verso l'alto, verso l'ignoto.
Non ho paura. So che c'è lei ad aspettarmi.
Quando riemergo, respiro affannosamente, ma respiro. Sto respirando.
Sento delle braccia avvolgere il mio capo, e poi un grido di giubilo. È l'ultima cosa che sento.
Perdo i sensi.

-...Libera! Forza! Forza... Camila. Libera! Ce la puoi fare. Lo so. Libera!-
Mi risveglio ansante e con un forte senso di dolore al petto.
Non riesco a vedere. Chiudo gli occhi finché quella sensazione non svanisce.
Quando li riapro, vedo un volto accanto al mio.
-Ciao- dice la ragazza a cui appartiene il viso. -Io sono Lauren. Stai bene?-.
Stordita, mi limito ad annuire, senza parlare. Ciò dipende sia dallo stordimento che dalla bellezza della ragazza.
Ha degli occhi bellissimi, degli occhi così verdi, intensi e profondi da togliermi il respiro. Ma, soprattutto, è lei.
È sua la voce che mi aveva incitata.
È sua la voce che mi aveva dato la forza.
A fatica mi sollevo finché i nostri occhi non sono alla stessa altezza.
Le sorrido.
-Sto bene.- rispondo. Ed è vero: ora che l'ho vista, ora che ho scoperto chi mi ha salvata, ogni dolore è sparito.
La stringo forte a me. Lei è sorpresa, ma ricambio l'abbraccio.
-Io sono Camila... ma chiamami Camz.-

Holaa!
Questa è la prima storia che scrivo in prima persona. Non ho idea di come sia venuta, ma devo dire che mi piace. In questi giorni le Camren mi ispirano moltissimo, ho pronta la trama di un altro libro su di loro, ma non so se lo pubblicherò perché devo aggiustare something.
Anyway, il responso sta a voi. Se volete, lasciate una stellina, e magari entrate nel mio profilo per leggere gli altri due libri che ho scritto, vi va? Luv y'all!
beycasaburi

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