Mattew aveva 10 anni e sembrava essere uno come tanti.
Avete presente quei bambini curiosi? Quelli che amano sapere cose nuove? Quelli che sorridono sempre?
Beh...lui era così.
Però, qualcosa non andava.
La frase che i suoi gli ripetevano sempre.
"Sei troppo grande. "
Ormai ci aveva fatto l'abitudine, nemmeno chiedeva più di essere baciato sulla fronte prima di andar a dormire, o quelle favole che suo padre gli raccontava fino a qualche anno prima. Si era arreso all'idea di essere troppo grande per certe cose e,nonostante ne sentisse un enorme bisogno lasciava perdere.
Aveva cambiato casa fin troppe volte,cambiato amici, scuola. Ormai era una monotona routine quella del fare e disfare bagagli e valigie che puzzavano di muffa.
Odiava quel odore. Era insopportabile e sembrava volergli entrare sotto pelle,divorarlo da dentro,come quella sensazione di solitudine che aveva al proprio interno ogni sera prima di spegnere la luce, si, perché era troppo grande per tenerla accesa ,tanto,aveva smesso di cercare i mostri nel armadio da tempo.
La mattina del 25 Dicembre qualcosa sarebbe cambiato.
Sarebbe iniziata la sua vita fatta di abbandoni.
"Sono rimasto solo"
Ecco cosa avrebbe scritto il giorno dopo la morte di suo padre.
Non aveva pianto. Nemmeno una lacrima era scesa da quegli occhi così neri da farti affogare. Era come se il tempo si fosse fermato. Cos'era quella sensazione di rabbia che gli ribolliva dentro?
Forse era la prima volta che provava quel sentimento chiamato odio. La prima, ma non l'ultima.
Lui e sua madre, una tossicodipendente di 35 anni si trasferirono in un piccolo paesino del New Jersey, da quella che conosceva come "zia Mary" .
Era una strana donna.
I capelli di un biondo cenere le scendevano sulle spalle come grappoli d'uva ,e quegli occhi azzurri sembravano così spenti da farlo rabbrividire.
Secondo lui zia Mary era l'apoteosi della disperazione. Sembrava che si svegliasse e,insieme ai vestiti,indossasse anche la solitudine. La capiva. Ed era buffo, infondo aveva solo 10 anni.Ma lui la capiva. Capiva bene quella sensazione di vuoto che appena svegli ti viene a far visita. Capiva la voglia di dormire, magari un po di più, magari un po per sempre.
Zia Mary non gli diceva mai che era troppo grande. Quando sua madre era troppo fatta per cucinare era quella donna dagli occhi azzurri a farlo. A volte mangiava con lui e raccontava di come ,da piccola amasse leggere.
Pensandoci anche ora lo amava,e forse anche Matt avrebbe iniziato a farlo.
Il primo libro che gli era stato regalato, a quel suo undicesimo compleanno, sarebbe stato il primo dei tanti mattoni in una vita che sarebbe sembrata una biblioteca. Aveva una copertina strana,distrutta dal tempo che le era passato sopra, quasi a volerla cancellare ma quel ragazzino lo avrebbe ben presto capito che, i libri,quelli vecchi, con le pagine ingiallite, beh, quelli erano i più belli.Ormai sapevano tutti che quando non c'era di sicuro era in camera sua a leggere. Lui quei libri li divorava, sembrava vivere per leggere.
Poi avrebbe iniziato a scrivere e, qualche anno dopo a suonare.
L'emozione che aveva provato quando zia Mary gli aveva regalato la sua prima chitarra era stata talmente forte da farlo scoppiare a piangere.
Il "grazie" bisbigliato forse nemmeno aveva raggiunto i timpani della zia, ma tanto,che importava?
Piano le dita tremolanti avevano accarezzato le corde tese della chitarra, la prima nota,la seconda e poi la terza erano uscite fuori come se stessero aspettando da anni quel momento.
Dalla morte del padre quella volta fu la prima in cui sorrise per davvero.
*A 15 anni aveva fumato per la prima volta.
Quando la prima boccata di fumo gli entrò nei polmoni si sentì andare a fuoco. Non aveva nemmeno idea di che erba si trattasse ma sapeva per certo che la gola in quel momento gli stava implorando pietà.
Al secondo tiro sorrise, e Dio,quel sorriso fu davvero inquietante. Era un pochino come se urlasse al mondo "stai diventando come tua madre" .
Poi si sentì le gambe cedere e fu obbligato a sedersi, lì,sul terzo binario, quel binario sul quale, due giorni dopo,avrebbe scritto una canzone..
Lui si sentiva esattamente come quel binario. Rotto. Dimenticato. Morto.
Si sentiva inutile.
"Sono come il binario numero tre..." aveva scritto poi nelle pagine di quel diario che continuava a tenere anche se era forse troppo grande per farlo."Matt, ti stai perdendo per la strada.. "
La voce di sua zia sembrava stanca. Talmente esausta da sentirsi a malapena.
Lui la guardò,poi,qualche secondo dopo,scoppiò a ridere.
Una risata di quelle che ti fanno venire il male nel bel mezzo del petto,perché si,è una delle risate più false del mondo.
"Mi sto perdendo per la strada...dici?
Io dico semplicemente che non ho mai seguito una strada. Hai presente quelle piccole stradine di campagna? Quelle tutte piene di fango,merda e sassi? Ecco. .La mia è sempre stata una stradina."
Poi le aveva chiesto di uscire, perché quella era la sua camera. Però Mary lo sapeva bene, quel ragazzo avrebbe voluto lei non uscisse solo da lì, ma bramava lei scomparisse dalla sua vita, dalla sua" stradina".Nel frattempo la scuola lo teneva occupato, almeno per quelle 6 ore al giorno lui non avrebbe toccato quella che era diventata la sua miglior amica. L'erba.
Aveva perfino iniziato a lavorare per potersela procurare.. La sera tornava talmente esausto a casa da crollare entro cinque minuti dopo l'essersi infilato sotto le coperte."Hai fatto di nuovo tardi."
Quanto odiava quel professore?
Penso tanto.
Ogni volta finiva col rimproverarlo, come se avesse ucciso qualcuno.
Matt abbassava la testa, piano, ed andava a sedersi al suo posto. Certe volte sembrava uno di quei cani abbandonati, tristi e spaventati,quelli che, quando ti avvicini, mettono la coda tra le gambe e ti guardano come a chiederti di non fargli del male.
Pensandoci forse aveva paura di essere ferito, abbandonato di nuovo,ecco perché di amici non ne aveva, oltre la sua amata chitarra.
La domenica la dedicava solo a lei, seduto sul letto nella propria cameretta maledettamente ordinata.
Zia Mary non poteva lamentarsi e,la mamma, era sempre troppo fatta per ricordarsi di avere un figlio nel bel mezzo dell'adolescenza.
Che poi era davvero buffo come, nel giro di 2 anni quel ragazzo fosse cambiato.
Si era creato un muro attorno, come a proteggersi da tutto ciò che abitava nel mondo esterno, quel mondo che lui definiva "un mondo di merda, fatto da persone di merda" .
Ed infondo forse aveva ragione, suo padre gli diceva sempre "meglio prevenire che curare" e lui l'aveva seguito alla lettera quel suo consiglio. Aveva iniziato a costruire quel muro quando aveva 13 anni ed ora, a 15 , l'aveva finalmente finito.
Era alto ,talmente alto che nemmeno lui riusciva a vederci oltre.
Talmente alto che forse nessuno l'avrebbe mai potuto buttare giù.
STAI LEGGENDO
Disasterology
Romance" Papà, perché quel tatuaggio? Perché una macchina fotografica? " Gli aveva chiesto un giorno sua figlia e lui,sorridendo,le aveva raccontato di come una ragazza dai capelli scuri gli aveva rubato il cuore in mensa, di come lei ascoltava la musica s...