Capitolo I

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La voce metallica degli altoparlanti annuncia il volo per Parigi, l' aereo è in partenza. In luoghi come questi basta osservare la gente per capire quanto il fatto di dover partire, di separarsi, amplifichi le emozioni. C'è molta gente, famiglie, gruppi di ragazzi, poi c'è una coppia, due giovani che si tengono per mano, si guardano negli occhi e un po' ridono e un po' piangono. È la ragazza a dover partire si intuisce dallo zaino molto grande che porta sulle spalle, lui non ha nulla con sé, quindi resta. Probabilmente avranno trascorso insieme dei bei momenti e magari ci saranno giorni in cui avranno anche litigato, ma adesso giunto il momento della separazione è tutto dimenticato, qui è tutto diverso. Adesso ci si lascia per poi ritrovarsi chissà quando, dopotutto l'amore vive nel limbo del senza tempo. La volta dopo magari sarà lui a salire sull'aereo e lei a restare a terra. Li guardo e rifletto che ho sempre preferito evitare i saluti, gli addii, meglio salutarsi prima di arrivare all'esatto momento della partenza, è una sofferenza esasperata, forse agli occhi degli altri, questi tragici saluti, rischiano di far sembrare l'amore più grande di quello che è in realtà. Tutti invidieranno i due innamorati, augurandosi di amare qualcuno così tanto un giorno da trovare insopportabile l'idea di doversi separare. Forse in fondo è vero il detto che recita "partire è un po' come morire". Mi avvio verso l'imbarco, anche la ragazza con lo zaino grande fa la fila davanti a me, la osservo guardarsi la punta delle scarpe da ginnastica, si vede che è triste, lui invece non si vede più. Nello stesso istante in cui porgo la carta d'imbarco alla hostess sento squillare il telefono. E leggo sul display il nome "Carlini". Mi infastidisce e decido di non rispondere, anzi, spengo. Il fatto di aver scritto tre grandi successi letterari, tradotti in quasi tutto il mondo, in tutte le lingue, tutti pubblicati dallo stesso editore, "Carlini" appunto, mi costringe a subirmi quest'uomo, il quale sostiene di essermi amico e di volermi un gran bene, ma a conti fatti non fa altro che chiamarmi, assillarmi di telefonate, accomunate tutte dallo stesso comune denominatore. La sua telefonata tipo inizia con un: 'Ciao, come va?' abbastanza pimpante, continua con un intermezzo di lunghi sospiri tra le parole 'certo' e 'capisco' e finisce con un tono aggressivo e di minaccia, con frasi tipo 'Okay, ma ricordati che hai delle scadenze, che hai firmato un contratto, che hai delle responsabilità verso i tuoi lettori, ...'
Certo che mi vuole bene, come si vuole bene a una gallina dalle uova d'oro (ho anche idea che mi abbia memorizzato con questo appellativo sul suo cellulare).
Gli ho detto e spiegato più volte che mi serve l'ispirazione, che nel passato quando ho scritto quei capolavori letterari, l'ho fatto perché ero innamorata, perché ero felice, avevo materiale su cui lavorare, ma adesso... Adesso sono sola e triste, non hi nessuna voglia di scrivere, di pensare, di fare niente. Quando ho voglia di parlare mi confido con la mia pianta grassa, unico essere vivente che non mi ha ancora del tutto abbandonata e che porto sempre con me. Ho pensato che dovevo in qualche modo ritrovare la voglia di scrivere, trovare l'ispirazione e così ho preparato tutto il necessario e affittato un appartamento in Francia, nel delizioso quartiere di Montmartre. Si è occupata di tutti i dettagli la mia casa editrice.
Il volo è breve, dura circa un paio d'ore, il mio posto è vicino all'oblò e mi piace guardare giù e vedere tutto così piccolo, è tutta una miniatura, le case, le strade, le montagne innevate che sembrano ricoperte di panna, raramente si ha la possibilità di vedere le cose da una prospettiva così diversa. Accanto a me è seduta una ragazza minuta, dai lineamenti orientali, si allaccia la cintura di sicurezza e subito tira fuori dalla sua borsa delle cuffiette, si abbandona sul sedile con la testa appoggiata sul lato e inizia ad ascoltare della musica ad un volume talmente alto che la riesco a sentire, ma fortunatamente sono così stanca da riuscire ad addormentarmi quasi subito. Appena atterrata, decido da spostarmi con i mezzi pubblici, conosco abbastanza bene la città, so come muovermi e poi l'indirizzo è a poche fermate di metropolitana.

Mi guardo intorno ed è tutto un riaffiorare di ricordi, come quando dopo tanto tempo si rivede una fotografia. Parigi l'ho amata dalla prima volta in cui l'ho visitata ed è ho subito capito i motivi per cui tanti artisti del passato e non solo, hanno trovato in questi luoghi la loro ispirazione, la loro vena creativa. Le case, le strade, i colori di questa città sono come un quadro che prende vita. Appena riemergo dalla metropolitana, mi incamminò verso quella che sarà la mia casa per un po' di tempo, che dista poche centinaia di metri. Sono già stata più volte in questo quartiere e di tutta la città è il mio preferito. Sulla destra c'è quel panificio dove sfornano calde e profumate baguettes, se si prosegue dritti, c'è una strada che porta a Sacro Cuore e durante il tragitto non si può fare a meno di ammirare i mulini a vento, ormai soltanto ornamentali i ricordi di un tempo passato. I bar hanno tutti dei tavoli fuori, i clienti si siedono a leggere o a fare lunghe chiacchierate, qui sembra che nessuno vada di fretta. Ci sono molti fiorai, io adoro i fiori, soprattutto quelli di campo. Non resisto alla tentazione di comprarne un mazzetto. Scelgo dei fiori di lavanda, color lilla, li indico all'anziana signora che è molto indaffarata, ma non per questo meno sorridente; avvolge i fiori dalla parte del gambo in una carta marrone e me li porge. Sento che in questa città riuscirò a lavorare al mio nuovo libro, sento l'entusiasmo e lo spirito giusto che mi pervade, è solo questione di tempo. Il piccolissimo appartamento è stato certamente arredato da un architetto, tale è la cura dei dettagli. In tutto ci sono tre stanze: una stretta e piccola cucina, un bagno solo con doccia e senza finestre e un salottino con un divano-letto, non manca nulla, in ogni angolo si nasconde qualcosa di utile e inimmaginabile; ci sono dei quadri allegri a tinte bianche e rosse. Per prima cosa cerco un vaso e lo trovo dentro una vetrinetta. Lo riempio d'acqua e vi sistemo i fiori che ho appena comprato. Mi affaccio al piccolo balconcino che mi regala una vista spettacolare, a sinistra la Tour Eiffel, e tutt'intorno i magnifici tetti della città. Di fronte a me a pochi metri si vede un altro balcone con tante piante, un tavolinetto e due sedie in ferro, su una c'è acciambellato un grosso gatto, il quale alza e abbassa la coda svogliatamente a lente cadenze regolari. Sono davvero felice di stare qualche tempo qui, mi mancava tutto di questa città. Ha qualcosa in comune con la mia città d'origine, Roma, ci sono delle similitudini, come il fiume, i ponti, l'atmosfera, forse per questo mi sento come a casa.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 29, 2015 ⏰

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