2. Una mattina alternativa.

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La luce mi infastidiva gli occhi, così mi costrinsi ad aprirli.
Mi trovavo in un letto matrimoniale, al centro di una camera, delle tende coprivano la luce del sole che filtrava attraverso i vetri delle finestre, ma non del tutto. Mi alzai lentamente, la testa che implorava pietà, e uscii dalla stanza, ritrovandomi in una cucina. Dalla portafinestra aperta arrivava una brezza che mi fece rabbrividire, e solo allora mi accorsi di essere in intimo. 
Sul divano, vicino alla parete sulla sinistra, c'era Ezra: dormiva con solo un plaid appoggiato addosso per ripararlo dal freddo. Cercai di tornarmene silenziosamente in camera,  ma il mio piede incontrò bruscamente la scrivania e mi uscì un gridolino.
«Sei sveglia.» e a quanto pareva lo era anche lui. Aveva ancora un lieve segno del cuscino sul viso, e quando si alzò notai che indossava solo degli boxer neri e una canottiera bianca. «Oh mio Dio, scusami.» si coprì gli occhi con una mano, mentre anche io coprivo il mio corpo seminudo, afferrando la coperta che era sul divano. «Ecco, puoi guardare.» dissi sorridendo. «Devi esserti spogliata da sola durante la notte.» disse, grattandosi la nuca.
Della notte prima ricordavo davvero poco, troppo poco, e quello che ricordavo sembrava solo essere un sogno poco chiaro, molto confuso e assolutamente surreale. «Sinceramente non ricordo.
Non che ricordi qualcos'altro.» sospirai e mi sedetti delicatamente sul divano.
«Posso chiederti una cosa?» lui annuì, senza fiatare. «Perchè sono qui? Voglio dire, perchè non sono a casa mia?» chiesi, poggiando la mano sulla fronte, come per sostenere la mia testa. «Perchè ieri, dopo avermi detto dove abiti, ti sei addormentata e non c'è stato modo di svegliarti e trovare le chiavi del tuo appartamento, quindi ti ho portata da me.» si avvicinò alla cucina e preparò del caffè, dandomi le spalle. «Anche se non c'è una grande differenza, in fatto di distanza.»
«Che vuoi dire?» chiesi confusa e lui si girò sorridendo. «Apri la porta e guarda tu stessa.» mi alzai e lentamente, con fare sospettoso, raggiunsi la porta.
Quando l'aprii mi sentii mancare.
«Oh merda! Cazzo, cazzo, cazzo!»
Lui rise profondamente.
«Ma questo è il mio stesso condominio, e questo di fronte è il mio appartamento!» ero sconvolta e per indicare la porta del mio appartamento lasciai cadere la coperta che ancora mi copriva. «Aria!» gridò ridendo.
Non che fosse qualcosa di grave, dato che fino a 5 anni fa andavo a letto con lui, ma comunque erano passati 5 anni ed io ero fidanzata da oltre 2.
Recuperai in fretta il mio 'scudo' e mi coprii. Ancora con un lieve sorriso sulle labbra, mi sedetti su una delle sedie vicino al tavolo e lui mi posò davanti una calda tazza di caffè. «Hmm –odorai rumorosamente–, adoro il caffè, specie dopo una sbronza.» Improvvisamente infilai le mani nel mio reggiseno e vidi Ezra impallidire, così mi sbrigai per non essere fraintesa e cacciai le chiavi del mio appartamento. «È l'unico posto in cui non le perdo.» gli feci l'occhiolino.
«Ed è anche l'unico in cui non avrei mai cercato.» disse, con gli spalancati dalla sorpresa. Io quasi non sputai il caffè sentendolo.
Mi guardai intorno.
L'appartamento di Ezra era ben diverso da quello di 5 anni fa: più luminoso, vivace, arredato e soprattutto più grande.
Finii il mio delizioso caffè e mi alzai. «Io.. io vado a vestirmi.» lui sembrava agitato, tossì lievemente e disse: «Certo.» mi ritirai in camera per vestirmi velocemente ed andarmene. 
Dopo pochi minuti uscii con addosso lo stesso vestito che avevo il giorno prima. «Beh, grazie.. per tutto.» sorrisi e lui ricambiò. «Ci vediamo, vicina.» disse sorridente. Uscii dal suo appartamento e quando lui chiuse la porta infilai le chiavi nella serratura, aprendo il mio. Entrai velocemente e schiacciai la mia schiena contro la gelida porta, lasciandomi cadere lentamente, fino a sedermi sul pavimento, altrettanto gelido.

————

«Sì, certo, va benissimo! Ma non cambiare idea, come ieri!» le risposi ridendo. «Allora a tra poco.»
Spencer mi aveva appena chiamata per vederci, al Brew, verso le 16.00, quindi avevo solo un quarto d'ora per arrivarci. Afferrai la borsa velocemente ed uscii dall'appartamento, scesi le scale e incontrai Ezra, che invece stava salendo.
«Dove vai?» chiese divertito quando mi vide di corsa.
Io continuai scendere le scale e nel mentre formulavo una risposta. «Ho appuntamento con Spencer al Brew tra meno di un quarto d'ora, devo sbrigarmi!»
«Hey, ferma! Come pensi di andarci?»
«In auto?» risposi sarcastica.
«La tua? Perchè se è così credo che Spencer avrà molto da aspettare.» improvvisamente ricordai: la mia auto doveva essere ancora nel parcheggio della discoteca.
«Merda!» lui era una rampa di scale più in alto di me e io lo guardavo sconcertata. «Okay, ti accompagno io.» disse, ridendo. «Oh, l'auto la riporterà un mio amico stasera, per le 19.00, quindi non preoccuparti.»
«Grazie, di nuovo.» dissi, sollevata.

Durante il breve viaggio c'era stato un silenzio fastidioso, che si ruppe solo quando, scendendo dalla macchina, lo sentii dire: «A stasera.» e io risposi sorridendo.
Quando, al Brew, vidi Spencer concentrata su chissà quale libro incomprensibile per semplici menti umane, sorrisi mentalmente.
Non vedevo Spencer da anni, sapevo che era ancora la ragazza di Toby e che presto sarebbero convolati a nozze, che ogni tanto faceva volontariato alla Rosewood High School e che aveva un lavoro da avvocato.
Mi mancava la strizzacervelli che stava diventando, la nerd che è sempre stata e l'amica che amavo.
«Hey, Hastings!» gridai.
«Aria!» si alzò di scatto e mi travolse con un caloroso abbraccio.
Ci mettemmo a sedere e la vidi sorridere con fare sospetto. «Cosa?» chiesi. «Ho notato che eri in compagnia.»
«Ma se eri stra-concentrata su quel libro!» quasi urlai. «Che posso dire, cara? Ho occhi ovunque, io.
Allora, chi era? Liam?» chiese eccitata.
«Non esattamente..» dissi, con un filo di voce e abbassando lo sguardo. «Chi allora?» aveva stampata in viso un'espressione curiosa.
«Ezra.» la mia voce era impercettibile. «Chi?» ripetè e io alzai lo sguardo. «Ezra.» dissi, tra un finto colpo di tosse e l'altro. «Oh Dio.»
«Già.» dissi, tendendo la faccia in un sorriso quasi beffardo.
«Aria, non--» la zittii. «Senti, non è colpa mia. Ieri sera, dato che tu avevi rimandato il nostro appuntamento, sono andata in una discoteca di Philadelphia, l'ho incontrato, ero ubriaca fradicia, mi ha portata nel suo appartamento e stamattina mi sono svegliata nel suo letto, in intimo!» dissi tutto d'un fiato e velocemente, come un robot.
«Ma cosa..? Aria!» aveva un tono predicatorio. «Te l'ho detto, non è colpa mia –la guardavo di sottecchi–
E non è finita qui: siamo vicini di casa.» quasi non rovesciò gli occhi dopo la mia ultima frase.
«Senti, non sono affari miei ma, se soffri e non riesci a gestire la cosa, molla tutto.» disse, sorridendo dolcemente. «Spence, lo dici come se ci fossi già andata a letto. Non è successo niente, mi ha solo ospitata per una notte. –sospirai– Siamo solo vicini di casa, ormai.»
«Anche se non sembri convinta, preferisco non affrontare l'argomento e non discutere.»
«Cambiamo argomento, allora.» suggerii, sistemandomi sul sofà.
«Certo.
Ti ho dato appuntamento perchè, sì, volevo vederti, ma volevo anche chiederti se ti andava di partecipare alla 'Winter Fashion Show' della Rosewood High School.» chiese ansiosa, credendo di stare per ricevere una risposta negativa. «Scherzi? Certo che mi va! Ma non sono un pò troppo.. 'vecchia'? Mettiamola così.»
avevo un sorriso 32 denti stampato in viso. «Quest'anno le ragazze che si sono offerte di sfilare sono davvero poche rispetto agli anni precedenti, quindi, diciamo che ci accontentiamo.» si passò una mano tra i capelli e riprese a gesticolare. «Sarebbe fantastico. –abbassai lo sguardo lasciando riaffiorare dei ricordi– Sarebbe come rivivere la nostra 'Winter Fashion Show', solo, senza -A. pronto a rovinarcela.» sorrisi quasi in modo impercettibile e, quando iniziai a sentire gli occhi pizzicare, guardai verso l'alto, ritirando le lacrime. Spencer mi prese la mano ed entrambe sorridemmo.
Successivamente ordinammo numerosi caffè e anche la cena, trascorrendo la serata parlando della sfilata, tra risate e ricordi.

—————

Ad accompagnarmi a casa fu Spencer e quando stavo per entrare nel condominio notai che la mia auto era parcheggiata lì fuori.
Salii nel mio appartamento e infilai il mio soffice e semplice pigiama azzurro, preparando una cioccolata calda da bere prima di andare a letto.
Stavo leggendo con la mia tazza fumante tra le mani quando bussarono alla porta. «Arrivo!» gridai, posando il libro ma portando con me la cioccolata. Quando aprii trovandomi Ezra davanti, sorrisi. «Le tue chiavi.» le teneva tra due dita, facendole pendolare.
«Grazie.» allungai una mano per prenderle. «Buona notte.» si voltò e aprì la sua porta.
«Ezra, aspetta.
Ehm, Giovedì ci sarà una sfilata alla Rosewood, e, non ridere, –alzai gli occhi al cielo– parteciperò anch'io: ti va di venire?»
«Non potrei mai perdermela.» rise goffamente. «Alle 21.00» lui annuì e io abbassai lo sguardo sorridendo.
Entrò in casa e io rimasi per qualche minuto appoggiata allo stipite della porta, con la tazza che ancora mi riscaldava le mani.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 29, 2015 ⏰

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