Capitolo Uno

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«Mamma?»
«Devi andare via Gerard»
«Mamma che sta succedendo?»
Lei non risponde,continua a preparare uno zaino.
«Te ne devi and-»un colpo di tosse. Ha la bocca sporca di sangue ora.
«Mamma? Stai be-?»
«Io sto bene. Tu,piuttosto. Prendi questo» mi porge lo zaino «e esci da questo inferno»
«Da casa?»
Un strano sorriso le dipinge lentamente il volto. Malinconico? Amorevole? Triste?
«No bimbo mio,devi andare fuori dall'America»
Quasi scoppio a ridere. Dall'America? Sta delirando?
«Mamma,credo che tu debba ripos-»
«Gerard,per me è troppo tardi» la sua voce tremolante si affievolisce «tu devi fuggire il più lontano possibile da qui. Tu devi salvarti.»
Prende il mio volto tra le mani. Lacrime silenziose iniziano a scendere dai suoi occhi,che mi guardano come se volessero memorizzare ogni singolo particolare di me.
Mi accarezza dolcemente le guance,si avvicina e mi da un bacio in fronte,che ha il sapore di un addio.
Poi sulla mia pelle sussurra:
«Corri via da qui,Gerard.»

***

Un passo.
Due passi.
Tre passi.
Quattro.
Cinque.
Sei.
Ancora.
E ancora.
Non basta.
Non sono abbastanza lontano.
Non sono abbastanza veloce.
Accellera.
Corri.
Sbrigati.
Non c'è tempo.
La gola brucia.
Ogni respiro sembra carta vetrata.
Le labbra secche.
I piedi pesanti come mattoni.
Ma non posso permettermi di fermarmi.
Non posso cedere.
Non ancora.
Non ora.
Un ramo.
Inciampo.
Rallento.
No.
Non a me.
Nonononono.
Le gambe iniziano a cedere.
Un momento.
Un attimo.
E sono in ginocchio.
In ginocchio di fronte a questo mondo crudele.
Solo in mezzo alla nebbia.
Tutto tace.
Silenzio.
Un silenzio assordante.
Sento solo il rumoroso battito del mio cuore nelle orecchie.
Troppo rumore.
Potrebbero sentire.
Mi colpisco il petto con un pugno.
Smettila,maledizione.
Zitto. Zitto. Zitto.
Alzo gli occhi al cielo.
È grigio.
Grigio come ogni singolo giorno che ho passato in questo inferno.
L'unico calore che percepisco sono le mie lacrime,che scendono calde sul mio viso.
Dalle mie labbra esce un solo sospiro tremante.
Che siano davvero questi gli ultimi attimi della mia vita?
Che sia davvero finita ora?
Mi giro lentamente. Riesco a percepire ogni mio singolo muscolo completamente in tensione.
Gli occhi chiusi.
Ho paura di vedere.
Paura di trovarmi faccia a faccia con la morte.
Apro gli occhi e...
niente.
Nessuno.
Vuoto.
Il nulla.
Solo nebbia.
Ce l'ho fatta?
Il mio cuore salta un battito per il sollievo.
Il corpo improvviamente mi abbandona e mi lascio cadere al suolo.
Sento gli angoli della mia bocca tirare e una risatina isterica scappare dalle mie labbra.
Questa volta l'ho scampata bella.

***


Che ore sono?Che giorno è? Dove sono? Cosa sto facendo?
Non lo so.
Non so più nulla.
So solo che sono stanco.
Stanco di tutto questo non sapere.
Mi sento smarrito,smarrito in quella che tempo fa era la vita che controllavo,la mia vita.
Ora sono solo un burattino nella mani...di chi? Del caso? Del destino? Di Dio?
Non so nemmeno questo.
Ho sonno. Ho fame. Non avete idea di cosa darei per un pezzo di pizza o un letto caldo.
Cammino da quanto? Ore? Giorni?
Mi guarda intorno.
Sono in mezzo ad una strada di un quartiere,disabitato.
Completamente disabitato.
Sembra una città fantasma,avvolta nella nebbia,in cui i soli rumori che riesco a percepire sono i miei passi e il mio respiro.
È inquietante.
Scosso da un brivido,decido che non posso continuare a vagare senza una meta.
Così mi dirigo verso una casa.
Insomma,i proprietari saranno o morti o impazziti,non credo si arrabbieranno se la loro casa viene presa in prestito per qualche giorno.
Giusto,no?
Quasi corro mentre arrivo davanti alla porta della casa.
Mentre prendo una tessera dal mio portafoglio,pregusto già il sapore del cibo nella mia bocca e il calore e la morbidezza di un letto sul mio corpo.
Fremo mentre mi accingo a scassinare la serratura.
Ma non credo di poter esprimere a parole le sensazioni che mi invadono quando sento il rumore della porta che si apre.
Sapevo che quel video su youtube mi sarebbe tornato utile.
Con mani tremanti apro la porta e quando entro non posso fare a meno di sorridere soddisfatto del mio operato.
Mi chiudo la porta alle spalle.
Poi tutto succede in fretta.
Il tempo di un battito di ciglia e tutti i miei sensi sono offuscati da un dolore improvviso alla testa.
Mi porto la mano nel punto dolente, confuso.
Sangue.
Sto sanguinando.
Una fitta.
Il dolore si fa più intenso.
Non capisco più nulla.
Cosa sta succedendo?
Le forze mi abbandonano,il corpo diventa pensante,la vista si annebbia.
Allungo le mani in cerca di un appiglio,in un'ultimo disperato tentativo di salvarmi dal baratro.
Ma trovo solo aria che passa tra le mie dita,quasi prendendosi gioco di me.
E poi cado.
E tutto diventa nero.

***

Sembra che nella mía testa sia esplosa un guerra con continui bombardamenti pieni di dolore,che rimbombano della mia testa.
Boom.
Una fitta. Strizzo gli occhi.
Ahi.
Di istinto mi porto la mano alla testa,o almeno ci provo.
Non riesco a muoverla.
La strattono.
Nulla.
Cosa sta succedendo?
Provo ancora.
E ancora.
Di nuovo.
«È inutile che ci provi.»
Una voce? C'è qualcuno?
Apro lentamente gli occhi.
Nonostante la vista si leggermente sfocata riesco a distinguere qualcosa davanti al mio viso,proprio in mezzo ai miei occhi...una...
«Una padella?!»
«...scusi se non l'ho colpita con qualcosa che le garbasse di più,caro.
Se mi dice cosa le è più di gradimento, rimedierò per prossima volta.»
Il nostro amico ha un gran senso dell'umorismo,qua.
Alzo lo sguardo per vedere il mio aggressore e quello che vedo non è quello che mi aspettavo.
Gli aggressori non sono così, perlomeno non nelle mie fantasie adolescenziali.
Gli aggressori non hanno un viso così pulito e perfetto che ti implora di essere disegnato o scolpito.
Non hanno degli occhi grandi,né li hanno così profondi che mi potrei immergere in essi né così espressivi che potrei perdermici dentro.
E non hanno quella bocca.
Oh,proprio no.
Quella bocca rosea dai tratti morbidi che si armonizzano con il suo viso.
Mi schiarisco la gola.
Lo guardo.
«Allora...mmh...delle spiegazioni?»
«Precauzioni.»
«Preucazioni per...?»
«Tu sei...»
«No. Almeno credo.»
«Sei sano?»
«Tu lo sei?»
E il silenzio si fa prepotentemente padrone della scena mentre il peso delle nostre stesse parole ci cade addosso.
«...io-»
«Prima di continuare questo interrogatorio,potresti togliermi dalla faccia quella dannatissima padella?»
«Oh.» arrossice.
Abbassa la padella.
«Io...ora ti slego»
Si abbassa alla mia altezza e inizia a slegare i nodi della corda che mi lega alla sedia.
Guardo le sue mani.
Diavolo,sono stupende.
Sono piccole e delicate,con delle dita affusolate del tutto in contrasto con tutti quei tatuaggi che ne decorano la pelle.
Deglutisco.
Ora regna il silenzio.
Finché lui non decide di romperlo.
«Allora» si schiarisce la gola «come ti chiami?»
«Gerard.»
Silenzio.
«Io Frank.»
Frank.
Lo gusto sulle labbra,quasi fosse un cioccolatino.
«Ok,fatto. Senti...immagino di doverti chiedere scusa»
Mente mi massaggio i polsi idolensiti lo guardo.
«E per cosa? Per avermi colpito con una padella? No,tranquillo. Ho sempre sognato di essere colpito da una padella,davvero.»
E mi sorride.
È da tanto che non vedo un sorriso.
E lui ha proprio un bel sorriso.
Uno di quelli a cui non riesci a resistere.
Luminoso.
Di quelli che non puoi fare a meno di ricambiare.
«Sai credo che tu mi piaccia,Gerard»
Credo che anche tu mi piaccia,Frank.

FINALMENTE SI SONO INCONTRATI E IO SONO COSÌ FELICIAA
(si,io che scrivo sono emozionata quanto voi but who cares)
Non vedevo l'ora di scrivere il loro incontro e spero sia venuto bene come me lo immaginavoo
Anyway,leggete e commentate(sennò vi rapisco il cane,non sto scherzando)
Al prossimo capitolo,

~Ginnie

the Heaven I found in Hell. || FrerardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora