A fatica mi sveglio e la luce del sole penetra nei miei occhi ancora assonnati. È sabato oggi, credo..non ne sono sicura. È da un po' che ho perso la cognizione del tempo.
Sabato? Domenica? Lunedì?
Ormai non fa più nessuna differenza. Ogni giorno è uguale all'altro, non succede mai niente di nuovo, qui. Abito in un piccolo quartiere in periferia di Roma, questo posto è opprimente, insopportabile.
Mi tiro su sui gomiti e inizio a smanettare con il telefono.
12 aprile, ore 10:30.
Fantastico ora ne sono sicura, oggi è sabato, ciò significa che stasera andrò in un locale al centro, con la mia amica.
«Les, hai deciso di alzarti dal letto?» Sento mia madre gridare dal piano di sotto. Mi chiamo Alessia, ma tutti preferiscono chiamarmi Les e a me sta bene così.
Assumo un'espressione di disprezzo e appoggio i piedi su quel pavimento ghiacciato. Mi guardo allo specchio e ciò che vedo non mi sorprende affatto: occhiaie, occhiaie e solo occhiaie. Ho questa brutta abitudine di andare a dormire molto tardi, anche nei giorni di scuola e le occhiaie possono testimoniare!
Scendo di corsa le scale e saluto mia mamma con un bacio sulla guancia.
«Buongiorno, mà.» Le dico sbadigliando.
«Buongiorno tesoro, hai dormito bene?» Mi chiede con un aria dolce e pacata. Annuisco, giusto per farla contenta, bevo di corsa il mio latte e mi chiudo di nuovo nella mia stanza. Passo tutta la mattinata nella mia camera ad ascoltare musica o navigare su internet, l'unica pausa che faccio è quella del pranzo. Continuo beatamente a farmi gli affari miei quando mi chiamala la mia amica Sara.
«Pronto, Sara?»
«Alessia, dove cazzo sei finita?» Mi chiede arrabbiata, ma riesco a percepire un filo di agitazione nella sua voce.
«Cosa? Eh.. Io sono a casa. Perché?» Chiedo ingenuamente, solo dopo ricordo che alle 15:00 sarei dovuta andare da lei per prepararci per la festa di stasera.
«Come perché? Dovevi essere da me circa un'ora fa. Muovi il culo e vieni, di corsa!» Riesco a vedere la sua faccia rossa per la rabbia anche attraverso il telefono e mi scappa una risatina.
«Sono da lei in un batter d'occhio, Signorina!» E metto giù la chiamata.
Mi do una sistemata veloce, preparo la borsa e mi dirigo verso casa della mia amica. Sono le 16:30. Ho fatto 1 ore e mezza di ritardo, ma non mi interessa, ne ho fatti di peggiori.
Ho sempre amato andare da Sara, la sua famiglia è così gentile e cordiale, mentre io una famiglia non ce l'ho. Io ho solo mia madre e devo ammettere che la invidio.
Da Sara mi faccio una bella doccia calda, mi trucco e mi piastro i capelli. Mi guardo allo specchio e non mi sembro così trasandata come questa mattina. Il trucco fa miracoli.
Vedo Sara apparire dietro me allo specchio con un sorriso stampato in faccia.
«Sei emozionata?» Mi chiede, guardandomi ancora con quello sguardo da bambina innocente.
«Sì! Si! Non vedo l'ora di ubriacarmi e finire al letto con uno sconosciuto che domani mattina nemmeno ricorderò!» Le dico scherzando.
In verità non sono una tipa da festa, ma Sara ci teneva molto a questo party e quindi ho deciso di accompagnarla.
La vedo rabbuiarsi un po' per la mia risposta.
«Dai Sara, scherzavo! Certo che sono emozionata.» Le dico cercando di rassicurarla. Mi guarda con un filo di speranza negli occhi. Le sorrido e lei ricambia. Prendiamo le giacche e ci dirigiamo alla macchina.
Siamo arrivate. La musica si sente anche a chilometri di distanza.
È così assordante, nemmeno sono entrata e già desidero di ritornare al più presto a casa mia.
Appeno mettiamo piede nel locale l'odore di alcol mi inebria le narici e arriva fino allo stomaco fino a farmi quasi vomitare. Odio tutto questo, ma poi guardo Sara, così felice e allora mi ripeto che lo sto facendo per lei. Posiamo le giacche e ci dirigiamo in pista. Balliamo a ritmo di musica, senza badare agli sguardi ambigui di alcuni ragazzi. Ballo, me ne frego di tutto. Cerco di divertirmi il più possibile con la mia amica. Dopo una mezz'ora buona sono esausta.
«Sara, vado a bere qualcosa.» Le urlo nell'orecchio ed esco dalla pista.
Mi avvicino al bancone e ordino un Martini. Mi scolo il bicchierino e ne ordino altri 2.
Mi si avvicina un ragazzo, abbastanza carino, altro, moro, occhi verdi e capelli ricci.
«Hey, cosa ci fa una ragazza come te qui da sola?» Mi dice mentre appoggia una mano sulla mia coscia nuda. Assumo un'espressione di disprezzo e con un mossa molto teatrale scaccio via la sua mano sudata. Ma lui sembra non arrendersi.
«Bambolina, non fare così, volevo solo parlare!» Dice divertito. La sua mano è di nuovo posizionata lì e non intende spostarsi. In un secondo vedo qualcuno posizionarsi tra me e il ragazzo.
«Max, vai a rompere i coglioni a qualcun'altra!» Sento dire da quel ragazzo che si è messo in mezzo.
Max, così credo si chiami, si dilegua e io tiro un sospiro di sollievo. Il ragazzo si siede vicino a me.
«Dovresti stare più attenta, non ci sarà sempre qualcuno pronto ad aiutarti.» Dice il ragazzo, senza nemmeno guardarmi.
«Scusa? Io non ti ho chiesto proprio un bel niente, hai fatto tutto da solo. E poi, mi hai fatto fare la figura della sfigata che non si sa difendere.» Gli rispondo su tutte le furie.
«Beh.. un po sfigata lo sei. Sei qui abbandonata a te stessa. E poi dovresti ringraziarmi, tu non conosci Max.» Mi dice. Finalmente si gira a guardarmi. Il suo viso è pulito, senza nemmeno un filo di barba. Lo studio attentamente, le labbra carnose e quegli occhi blu formano un quadro perfetto difficile da dimenticare. Così difficile che quasi mi scordo di controbattere.
«Allora non sono l'unica sfigata, anche tu sei in compagnia di nessuno, Signor sono un eroe.»
Mi fulmina con lo sguardo.
«Io penso solo che tu mi debba delle scuse.» Dice serio. Non intendo rispondergli. Mi fa incazzare, già lo odio.
«Cosa vuoi da bere?» Mi chiede, guardandomi.
«Non accetto drink da sconosciuti.» Rispondo senza degnarlo di uno sguardo. Mi ignora e ordina una birra. A mia volta ordino un altro Martini. "Buffona" lo sento dire.
«Pensi non ti abbia sentito?» Chiedo sull'orlo di una crisi di nervi. Ma come si permette?
«Wow, devo ammettere che hai un udito davvero sviluppato.» Sono stanca. Mi alzo con tanta forza dallo sgabello che quasi cade a terra, lui osserva ogni mio movimento, mi sento nuda.
«Sai che c'è? Non so chi tu sia, non so cosa vuoi da me. Vuoi dei ringraziamenti? Bene, grazie mille per avermi "salvata" -mimo il gesto delle virgolette con le dite- quindi puoi anche fotterti.» Me ne vado, sento i suoi occhi fissi su di me, mi giro, gli mostro il dito medio ed esco finalmente da quella gabbia di matti.—
Hey!! Questa è la mia prima storia, quindi in primis chiedo scusa se non è così tanto stupefacente aha!
Baell!
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Genn Butch || so similar but yet so different
FanfictionVedere non è guardare e guardare non basta. Bisogna guardare oltre,perché niente è come appare, niente è come sembra