Prologo

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Quando mi dissero che ce l'avevamo fatta, che tutto era finito, non potevo crederci.
Voi, dopo tutto quello che era accaduto ci avreste creduto?
Io no. Non potevo. L'ottimismo non aveva mai fatto parte della mia vita. Ero pessimista e per me era tutto o bianco o nero, fin da quando ne avevo memoria.
Non riuscivo a fingermi felice per una vittoria che vittoria non era.
Perdio, era morta della gente.
Erano morte molte persone, pure troppe.
Non c'era trionfo che reggesse se questo voleva dire metter fine alla vita di un'altra persona. E per quanto l'altro possa averci fatto male, per quanto noi fossimo nel giusto, per quanto quella morte ci avesse fatto raggiungere la libertà tanto agognata, per quanto se non l'avessimo fatto saremmo morti noi e le persone a noi care, questo non ci aveva fatto sentire migliori, felici, liberi. Ci aveva fatto sentire nel giusto sì, ma anche, forse, un po' più soli.
Era così che mi ero sentita ed era così che mi sentivo ora.

C'era un momento in cui ero davanti all'altro, occhi negli occhi e il mio respiro era ansimante, rarefatto e a singhiozzi, che avevo realizzato, in quel preciso momento, che volevo sopravvivere.
Non volevo morire agonizzante su quella terra calda, sabbiosa e deserta. Era quell'istinto di sopravvivenza che mi aveva fatto stringere le mani intorno al collo dell'altro e, mentre osservavo la vita andar via dai suoi occhi, mi ripetevo: non voglio morire. Era un semplice istinto di sopravvivenza, un istinto più forte di qualsiasi cosa conoscessi.
Era questo che mi ripetevo mentre, seduta con le gambe attaccate al petto, guardavo un'alba che in realtà non vedevo davvero. La ghiaia scricchiolò mentre lui prese posto accanto a me.

"Devi reagire, Esmes. Quel che è stato è stato e non si può tornare indietro."

La sua voce era calma e a tratti sofferente. Sapevo che stava soffrendo nel vedermi così assorta e triste. Sì, non si poteva riavvolgere il nastro e tornare indietro e non mi pentivo di come avevo agito. Non avrei cambiato nulla di quel che avevo fatto. Mi voltai a guardare gli altri.
Un fuoco posto al centro, ormai quasi del tutto spento, illuminava appena le persone che erano intente a ridere e ballare. Le loro risate e le urla di felicità riempivano e riuscivano a penetrare quel mio silenzioso tormento.

"Sì, hai ragione."
Mi prese la mano e mi avvicinò a sé. Mi baciò il collo prima di mettersi dietro di me e stringermi forte. Non so quanto avevo bisogno di quell'abbraccio di conforto.

"Questa è la mia fine. Questo è il mio inizio." Dissi, sottovoce.
Eravamo liberi e erano passati mesi dal giorno che mise fine alla mia adolescenza cambiando, radicalmente, la mia vita.

Io sono Esmes Flight e tenetevi forte perché quella che sto per raccontarvi oggi non è una storia qualsiasi. Quella che vi racconto oggi era ed è la mia vita.









Le terre di Luxur - La selezione (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora