"Picchia più forte, avanti, sfogati, fagli passare almeno un decimo delle sofferenze che ti ha procurato lui" pensavo. Non capivo bene dove mi trovavo. Dalle luci soffuse di un bianco intenso e abbagliante dei lampioni, e dall'erba bagnata e piena di immondizie su cui stavo camminando sembrava La Villa o almeno così la chiamavo io. Era il parco pubblico del mio piccolo paese dove ogni week-end insieme alle mie amiche, uscivo (quasi esclusivamente per vedere Lui). Mi fermai, anzi, qualcosa mi fermó. Avevo il fiatone, le braccia lungo i fianchi con i pugni stretti, le nocchie sbucciate e lo sguardo truce puntato sulla sua faccia. Stavo picchiando il Negretto Bulgaro (il nome che gli avevo affibbiato per prenderlo in giro...e anche perché non mi era ben chiaro il suo strano nome). Era l' amico del ragazzo che amavo (il quale purtroppo non nutriva gli stessi sentimenti per me). Vi starete chiedendo perché mi stessi sfogando con un ragazzo che non aveva colpe e che era soltanto il Suo amico. Beh, quello che però purtroppo voi non sapete è che lui di colpe ce ne aveva...eccome se ce ne aveva, forse anche più di me che mi ero innamorata di un diciassettenne che neanche conoscevo. Era lui la causa di tutta la mia sofferenza. Ma tralasciamo questi dettagli insignificanti. Non sapevo cosa o meglio chi mi tenesse stretta per la vita perché in quel momento mi concentrai sul volto del Negretto Bulgaro. Sanguinava dal naso e dal labbro inferiore, aveva la guancia sinistra un po' arrossata e immaginai che tra qualche ora sarebbe comparso un bel livido viola scuro, e le sue palpebre già socchiuse continuavano a chiudersi. Le labbra si contorsero in una smorfia di dolore e ne uscì un gemito di sofferenza " forse dovuto alla mia ultima ginocchiata nelle parti...basse, dove non batte il sole" pensai soddisfatta. Mi riscossi e abbassai lo sguardo sul mio ventre dove mi cingevano saldamente due braccia muscolose. Mi girai lentamente per vedere chi era. Anche se me lo aspettavo perché avrei sempre riconosciuto quelle braccia, non credevo ai miei occhi. Battei più volte le palpebre: dietro di me c'era Lui... E mi stava abbracciando! Mi avvicinai di più al Suo viso per accertarmi che non fosse un' allucinazione, e non lo era... Perché mi fece il suo maledetto sorriso sghembo. Aprii la bocca per dire qualcosa... Qualsiasi cosa anche insensata pur di non fare una figuraccia. Ma le parole si bloccarono nel nodo che mi si era formato in gola, perciò richiusi la bocca e restai lì ad ammirarlo, consapevole che tra qualche secondo avrebbe sciolto l' abbraccio in cui mi stringeva e si sarebbe allontanato. Le labbra strette con un angolo incurvato verso l' alto, gli zigomi alti, gli occhi più teneri di un gattino che che chiede le coccole e infine il suo orecchino che brillava come sempre sull' orecchio sinistro. Era perfetto. Mi rimproverai per quei pensieri perché non volevo illudermi. Ma in quel momento sentii un rumore lontano ma familiare che mi riscosse da quei pensieri. La luce dei lampioni divenne sempre più intensa e soffocante fino ad avvolgerci e... E lui scomparve...