-Will?- Charlotte Fairchild aprì con cautela la porta della stanza delle esercitazioni. -Sei qui?
Per tutta risposta, le giunse un grugnito soffocato. La porta si spalancò, rivelando una sala ampia dall'alto soffitto. Anche Charlotte era cresciuta addestrandosi lì, e conosceva ogni dislivello delle assi di legno del pavimento, il vecchio bersaglio dipinto sulla parete nord, le finestre a riquadri, così antiche da avere i vetri più spessi alla base che in alto. Al centro della stanza, c'era Will Herondale, con un coltello nella mano destra.
Girò la testa per guardare Charlotte, e lei pensò di nuovo che strano bambino fosse, anche se a dodici anni era difficile considerarlo ancora tale. Era un ragazzino molto bello, con folti capelli neri leggermente ondulati nel punto in cui toccavano il colletto, in quel momento bagnati di sudore è incollati alla fronte. Quando era arrivato all'istituto, la sua pelle era abbronzata dall'aria di campagna, ma sei mesi di vita in città ne avevano fatto defluire il colore è messo in risalto il rossore sulle guance. Gli occhi erano di un azzurro straordinariamente luminoso. Un giorno sarebbe diventato un bell'uomo, sempre che avesse eliminato l'espressione accigliata che ne alterava perennemente i linementi.
-Che c'è, Charlotte?- domandò, brusco, asciugandosi la fronte con la manica. Parlava ancora con un lieve accento gallese, arrotando le vocali in un modo che sarebbe stato adorabile, se il tono non fosse stato tanto scontroso.
Charlotte varcò la porta. -Sono ore che ti cerco- disse con una certa asprezza, benché sapesse che quel tono aveva ben poco effetto su Will. Non erano molte le cose che avevano effetto su di lui quando era di malumore, e lo era quasi sempre. -Non ricordi cosa ti ho detto ieri, che oggi avremmo accolto un nuovo ospite dell'istituto?
-Non l'ho dimenticato.- Will lanciò il coltello appena fuori dal cerchio del bersaglio rendendo la sua espressione ancora più cupa. -Ma non m'importa.
Il ragazzino alle spalle di Charlotte emise un verso soffocato. Una risata, avrebbe detto lei, ma non stava certo ridendo, no? Pur essendo stata avvertita che il nuovo venuto proveniente da Shanghai aveva dei problemi di salute, Charlotte era trasalito nel vederlo scendere dalla carrozza, pallido e ondeggiante come una canna al vento, i capelli scuri solcati da striature argentee, quasi fosse un uomo che aveva passato l'ottantina e non un dodicenne. Aveva grandi occhi neri, Stranamente belli, ma inquietanti in un viso tanto delicato.
-Will, ora farai la persona educata- disse Charlotte, e tirò via il ragazzino da dietro di sé, spingendolo nella sala mentre gli diceva: -Non fare caso a lui, è solo di malumore. Will Herondale, ti presento James Carstairs, dell'istituto di Shanghai.
-Jem. Tutti mi chiamano Jem- disse il nuovo arrivoto, e fece un altro passo nella sala. Osservando Will con uno sguardo di cordiale curiosità. Parlava senza traccia di accento, con stupore di Charlotte, ma in fondo suo padre era, o, meglio, era stato, inglese. -Puoi farlo anche tu.
-Be', se tutti ti chiamano così, non è poi questo gran favore, no?- Il tono di Will era scorbutico. Per essere così giovane aveva un'incredibile un'incredibile capacità di rendersi sgradevole. -Penso che scoprirai, James Carstairs, che, se ti farai i fatti tuoi e mi lascerai in pace, sarà la cosa migliore per tutti e due.
Charlotte sospirò. Aveva tanto sperato che quel ragazzino, coetaneo di Will, si rivelasse uno strumento in grado di spogliarlo della rabbia e della cattiveria, ma pareva proprio che Will fosse stato sinciero quando è aveva detto che non gli importava se all'istituto stava arrivando un altro giovane Cacciatore: non voleva amici, non ne sentiva la mancanza. Charlotte Lanciò un'occhiata a Jem, aspettandosi di vederlo sbattere gli occhi per la sorpresa o l'offesa. Ma quello si limitò a fare un lieve sorriso, come se Will fosse un gattino che avesse provato a morderlo. -Non mi alleno da quando ho lasciato Shanghai- disse.
-Potrebbe farmi comodo un partner... qualcuno con cui esercitarmi.
-Anche a me- replicò Will. -Ma mi serve qualcuno che sia alla mia altezza, non una creatura malaticcia che sembra avere un piede nella fossa. Tuttavia suppongo che potresti tornare utile per il tiro al bersaglio.
Charlotte, sapendo ciò che sapeva su James Crarstairs, e che non aveva confidato a Will, si sentì invadere da un orrore doloroso. Vacillare verso la tomba, oh, Signore. Cosa me aveva detto, il padre? Che la vita di Jem dipendeva da una droga, una specie di medicina che gli avrebbe allungato, ma non salvato, la vita. Oh Will... Fece per mettersi tra i due, quasi per proteggere Jem dalla crudeltà di Will, che in quel caso aveva colto nel segno più di quanto potesse immaginare... ma non lo fermò.
Jem non aveva neppure cambiato espressione. -Se con "avere un piede nella fossa" intendi morire, sì, è così- dichiarò. -Mi restano circa due anni di vita, tre se sarò fortunato, o almeno così mi dicono.
Neppure Will poté nascondere la sorpresa. Arrossì violentemente. -Io non...
Ma Jem si era diritto verso il bersaglio dipinto sulla parete. Quando lo raggiunse, tirò via il coltello dal legno, poi si girò e andrò dritto verso Will. Pur essendo tanto delicato, era alto quanto lui e solo pochi centimetri separavano i loro occhi quando si incrociarono e si fissarono a vicenda. -Serviti pure di me per allenarti al tiro al bersaglio, se lo desideri- disse Jem in maniera disinvolta come se parlasse del tempo. -Non credo che avrei molto da temere, visto che non sei un tiratore provetto.- Si girò, prese la mira e lanciò il coltello, che si conficcò dritto nel centro del bersaglio vibrando leggermente. -Oppure potresti permettere a me di insegnare a te. Perché sono un tiratore davvero bravo.
Charlotte sgranò gli occhi. Nel corso di quei sei mesi aveva guardato Will allontanare chiunque provasse ad avvicinarlo, istitutori, Henry, i due fratelli Lightwood, con una precisa combinazione di antipatia e crudeltà. Se non fosse stata l'unica persona ad averlo mai visto piangere, avrebbe abbandonato anche lei da un pezzo la speranza che potesse mai farsi benvolere da qualcuno.
Eppure, mentre guardava James Carstairs, un ragazzino dall'aria talmente fragile da sembrare fatto di vetro, la durezza dell'espressione di Will si andò lentamente dissolvendo in un'incertezza piena di esitazione. -Stai davvero morendo?- chiese in uno strano tono di voce.
Jem annuí. -Così mi dicono.
-Mi dispiace.
-No, non essere così banale.- Jem aprì la giacca e sfilò un coltello dalla cintura. -Non dire che ti dispiace. Di' che ti allenerai con me.- E gli porse il coltello dalla parte dell'impugnatura.
Charlotte trattenne il fiato, timorosa di muoversi. Aveva l'impressione di assistere a qualcosa di molto importante, anche se non avrebbe saputo dire esattamente a cosa.
Will prese il coltello, senza staccare gli occhi da quelli di Jem. Nel prendere l'arma, le sue dita sfiorarono quelle dell'altro ragazzo. -Mi allenerò con te.
Era la prima volta, si disse Charlotte, che lo aveva visto toccare spontaneamente un'altra persona.
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Shadowhunters ~Le origini: La principessa
Fantasy~WILL PERCEPÌ QUELLE PAROLE COME PUNTURE D'AGO NEL CUORE. OGNI PUNTURA D'AGO AVEVA UN NOME. COLPA. VERGOGNA. AMORE.~ Una rete d'ombra si stringe sempre di più intorno agli shadowhunters dell'istituto di Londra. Mortmain progetta di usare un esercito...