Chi guarda fuori sogna,
Chi guarda dentro si sveglia.
CarlGustavJung
Inesorabile, come il destino di ogni uomo che lascia decidere la vita al suo posto, la mia strada scorreva veloce fino a quella sera, quando il buio si fece luce nella mia oscurità, mostrandomi la vera natura dei miei sogni.
Londra.
Rosse, le 2:22 AM dell'orologio.
Verdi, le lenzuola che assorbirono instantaneamente l'umidità delle mie braccia.
Cercai di addormentarmi, ma le note di un pianoforte mi solleticarono i timpani. Mi alzai, consapevole di portare con me il peso dello Jura nella testa.
Con stupore, il mio corpo non barcollò.
Mi mossi verso il suono. Inciampai in un baule. Girandomi istintivamente su me stesso, tutto ebbe inizio: le lenzuola del letto erano bianche e le mie chitarre sparite.
Pensai di vivere uno di quei sogni dove è facile confondersi tra realtà e qualcos'altro. Mi avvicinai alla porta e la aprii. La luce del mattino illuminava l'enorme scalinata in granito che mi condusse alla fonte della musica, dove una ragazza bionda suonava un pianoforte a coda. Appena si accorse della mia presenza si bloccò e mi osservò, poi il suo sguardo tornò sui tasti.
- Buongiorno David, hai dormito bene?
- Ho dormito divinamente Annabelle, come non succedeva da tempo.
Riconobbi la mia voce, ma la dizione pulita con la quale le risposi non mi apparteneva.
Chi era David? E Annabelle? Come conoscevo quei nomi? I miei genitori mi avevano chiamato Thomas. Thomas Mallow era il mio nome.
- Lo zio è uscito per delle commissioni. Ti lascio il pianoforte per i tuoi esercizi quotidiani.
Ero confuso. Senza darlo a vedere mi diressi verso lo strumento e, con fluidità, le mie dita percepirono una consapevolezza inattesa e, una capacità mai esplorata. David si sentiva a suo agio su quei tasti e Thomas sembrava seguirne il passo.
Un uomo, zio Adam, entrò in cucina dalla porta secondaria con un cartone di latte in mano. Al seguito di Adam un cucciolo di cane scodinzolava con un osso in bocca.
- Bernie!
Il meticcio si avvicinò, lasciò l'osso e mi saltò addosso. Pietrificato lo accarezzai con una mano fino a quando non tornò a giocare con il suo pasto. Io, Thomas, avevo paura dei cani, ma il mio terrore si distolse nei gesti di David.
La sensazione che stavo provando era strana, la mia mente non riusciva a tendere quel filo che generalmente veniva posto tra sogno e realtà. Ero David o Thomas? O tutti e due? Pianoforte o chitarra?
Lo zio ci richiamò in cucina per fare colazione. Mi mossi verso uno sportello, presi una tazza e ci versai i cereali e del latte. Mi sedetti e iniziai a mangiare.
Annabelle si fermò.
- Non sapevo fossi ambidestro.
Fissai le estremità dei miei arti e provai a prendere il cucchiaio con l'altra mano, stessa forza, stessa decisione, stessa precisione: David era mancino.
In silenzio tornai a consumare il mio pasto, Annabelle nel frattempo aveva finito e aveva spostato le stoviglie nel lavabo. La seguii con l'intento di imitarne i movimenti, ma nel mio cammino non vidi Bernie e feci cadere tutto.
La tazza andò in frantumi sul pavimento, la ragazza mi sorrise e senza darmi tempo di dire nulla, con l'aspirapolvere iniziò a pulire. Mi chinai per raccogliere un coccio grande dal tappeto e nello stato confusionale nel quale mi trovavo, strinsi le dita della mano ferendomi il palmo destro. Del sangue iniziò a fluire copioso dal taglio e nello stesso istante un pendolo scandì l'orario. Alzai lo sguardo, le lancette segnavano le 10:20, una forte nausea mi assalì e persi l'equilibrio. Aprii gli occhi e al mio fianco vidi la mia chitarra rispecchiare il candore della luna rossa che entrava dalla finestra.
Sorrisi.
Era solo un sogno.
Passai le dita sulla fronte per asciugare il sudore, ma mi resi conto che dell'altro liquido caldo mi copriva il viso e un dolore acuto e pungente mi fece chiudere la mano a pugno. Quando trovai il coraggio di riaprirla fui preso da un attacco di panico.
Era solo un sogno?
La mia mano non era d'accordo.
Mentre la pioggia batteva forte sul vetro della finestra, delle lame di luce mi trafissero il viso e l'alba riempì la mia stanza.
Era sabato e la mia famiglia era fuori per il weekend. Mi alzai adagio e dopo aver fatto una doccia, scesi in cucina. Mosso dal ricordo del sogno, iniziai a mangiare con la mano sinistra: ero perfettamente in grado di farlo. Non trovando una spiegazione plausibile a quello che mi stava succedendo, decisi di rilassarmi e chiamai Lucas, il mio migliore amico, dandogli appuntamento in sala giochi per mezzogiorno.
Il tempo trascorse lentamente. Erano solo le dieci e vivevo a pochi metri dal luogo dell'appuntamento. Seduto sul dondolo del portico mi osservai le mani a lungo, poi presi un blocnotes e una penna lasciati lì da mia madre e non esitai un momento: iniziai a scrivere il testo della mia nuova canzone, con una calligrafia strana.
Nella sala giochi Lucas era impegnato in una partita a Guitar Hero. Attesi la fine del brano prima di andare a salutarlo.
- Ehi!
- Ciao!
Una pacca sulla spalla del mio amico e la mia giornata continuò tranquillamente.
All'uscita dal locale avvertii delle nuove vertigini. Mi sentivo in bilico sul bordo di un grattacielo senza protezioni, con il vuoto a cullare il mio corpo. Sarebbe bastato un passo indietro per la salvezza o uno avanti per la fine.
Iniziai a camminare, salutando il mio amico.
Fu un attimo, sentii lo stridere dei freni di un'automobile e due braccia leggere mi bloccarono. Mi fermai a osservare la figura che mi aveva salvato: occhi verdi, intensi e lunghi capelli rossi. La ragazza sorrise beffandosi del mio stato. Il ghigno che notai sul suo volto durò un attimo.
- Tutto bene?
Mi chiese con una voce flautata e decisa.
- Si, grazie! - Mi affrettai a liberarmi dalle sue braccia.
- Ne sei sicuro? - la ragazza insistette. Deciso ad allontanarmi da lei la rassicurai sorridendole a mia volta.
- Io sono Jan.
Mi porse la sua mano affusolata. Non potei fare altro che stringerla.
- Tom, piacere... eh grazie! Davvero!
Poi si girò e scomparve dietro una recinzione.
Quell'incontro aggiunse irrequietezza alla mia giornata e mentre m'incamminavo verso casa, una sottile coltre di nebbia scese con il buio.
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Soffen: la notte senza sogno
Science FictionInesorabile, come il destino di ogni uomo che lascia decidere la vita al suo posto, la mia strada scorreva veloce fino a quella sera, quando il buio si fece luce nella mia oscurità, mostrandomi la vera natura dei miei sogni. Thomas Mallow