II.

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- "Non ti sarai mica impazzita?" -Cominciò ad urlarmi contro, infuriato. - "Sai quali sono i rischi che corri con un piercing alla lingua? Eh? Lo sai?" - Senza darmi il tempo di rispondere continuò a gridare cose che nemmeno ascoltavo più ormai: con la mia testa ero già altrove. Cominciai a fargli i versi, a prenderlo in giro e a tapparmi le orecchie per fargli capire che non lo stavo ascoltando già più da un pezzo, anche se dalla mia espressione già si sarebbe dovuto capire da un po'. Mi si avvicinò di scatto, fece per darmi uno schiaffo, uno di quelli che poi ti ricordi per tutta la sera il dolore; e non parlo solo di quello fisico ma anche di quello psicologico. Mi spostai di scatto, e lo schiaffo lo prese lui, ma dato da una ragazza come me che non aveva mai alzato le mani in vita sua probabilmente lo percepì poco e niente. L'importante, però, era che non l'avessi preso io quello schiaffo. Mi guardò e mi abbracciò di fretta, in uno di quegli abbracci che nonostante molto brevi ti scaldano il cuore.
- "Lo sai che tutto questo lo faccio per il tuo bene, vero?" Mi sussurrò all'orecchio. Annuii e mi scese quasi una lacrima: a quei tempi ero veramente molto, forse troppo sensibile anche se ancora credo che chiunque si fosse trovato in una situazione del genere sarebbe "crollato", in un certo senso.. Proprio come avevo fatto io quella sera.

Ero in camera mia quando sentii delle voci al piano di sotto, mamma era tornata. Non scesi a salutarla, avevo paura mi scoprisse con la lingua bucata, così rimasi al piano di sopra. - "Mi sto mettendo a dormire, buonanotte!" - Urlai, in modo che potesse sentire anche mia madre che era ancora al piano di sotto con mio fratello.
- "Non mangi con noi nemmeno stasera?"
- "Non ho fame."
Ma la fame mi sarebbe presto venuta.. Cominciai a girarmi una canna; le mie mani sembrano fatte proprio per quello, me la cavavo piuttosto bene. Cominciai a fumare, qualche tiro me lo lasciai volutamente per la mattina dopo. Spensi la luce e crollai in un sonno profondo.

- "Gio, svegliati! Ma ieri sera l'hai messa la sveglia?" - Era mio fratello a parlare, già lavato, vestito e pettinato.
- "Cazzo! Dovevi svegliarmi prima, cazzo Nathan, cazzo. - Cominciai a urlare. Anche questa mattina farò tardi, pensai. Saltai giù dal letto, spinsi via mio fratello che mi si era posto davanti, come per bloccarmi dall'uscire dalla stanza. - "Cos'è quella?" Mi chiese.
- "Una canna" - Gli risposi, dopodiché presi al volo le mie cose e corsi in bagno. Spogliatami l'occhio mi cadde sulle mie braccia, e quei segni erano ancora lì. Cazzo, erano sempre lì, non avevano intenzione di andarsene; sembravano un po' come i miei incubi, come i miei brutti pensieri, che erano sempre lì, pronti a farsi sempre rivedere, pronti sempre a tornare.

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