Verità

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Mamma, papà...

Durante il periodo scolastico su Harry Potter non avrebbe scommesso mezzo galeone nessuno, a parte gli zii Weasley, certo.

Era l'anarchia fatta a persona, trasandato e di buon anima non aveva nulla che incutesse timore, se non forse per un piccolo particolare. La cicatrice che portava sulla fronte, un piccolo segno da un significato enormemente superiore e oscuro.

Personalmente, non avevo mai visto quella cicatrice, ne avevo sentito parlare. Era capitato più volte di imbattermi nella foto del suo sesto anno, dove c'erano ritratti zio Ron, zia Hermione e papà mentre ridevano e scherzavano, si intravedeva a pena ma c'era. E ora, eccola, minuscola sulla mia schiena, insignificante a prima vista. Ricordo di aver pianto fino a perdere i sensi quando mi spiegarono a cosa era dovuta, all'altezza della scapola sinistra. Per tutta la vita l'ho portata senza accorgermi di nulla. I miei genitori mi dovevano qualcosa, una spiegazione come minimo.

-Pensavamo di vederla su James, o Albus- aveva detto mia madre –quando abbiamo scoperto che la maledizione si era scagliata su di te abbiamo cercato aiuto, solo tu potrai debellarla, Lily, perdonaci- e fu a quel punto che gli buttai fuori dalla stanza, gli chiusi a chiave fuori dalla mia vita, mentre la mamma piangeva e papà mi fissava angosciato, aveva cercato di toccarmi ma glielo avevo impedito, troppo dolore in una sola sera.

Probabilmente sarei morta. Ah, giusto, niente pensieri negativi. A quanto pare sono quelli a innescare il dolore. Mi sentivo tradita, oltraggiata, sola.

Era ormai notte inoltrata, mi trovavo in infermeria da due giorni, non avevo lasciato entrare nessuno. Nemmeno i miei parenti, l'unico che avevo lasciato entrare nella barriera dietro la quale mi ero barricata era stato Teddy. Non so perché ma quando mi trovavo in sua presenza mi sentivo meglio. Non durò a lungo comunque. Sarebbe dovuto partire per conto della Mcgranit da lì a poco.

Mi sollevai da quella branda, le fasce ormai erano state levate, me ne potevo benissimo tornare nel mio letto, non che fosse migliore di quello, ma almeno avrei avuto i miei effetti personali.

Sopra la sedia davanti al mio letto ci stava la camicia e la bacchetta era sul comodino, mi vestii senza troppe cerimonie, diciamo solo che la camicia mi copriva un quarto della coscia e se non avessi voluto far perdere un centinaio di punti avrei dovuto evitare di farmi pescare in mutande a zonzo di notte.

Scesi le scale piano piano, sentivo i quadri lamentarsi per la luce e mi scusai in silenzio. Nessun prefetto in giro. Pensai a Scorpius. L'ultima volta che l'avevo incrociato era stato in infermeria e mi aveva promesso di tornare la sera, non si era fatto vivo. Probabilmente Rose l'aveva ammonito nel venirmi a trovare e Albus lo aveva minacciato. Ripensai a Dylan, ripromettendomi di fargliela pagare con gli interessi per aver tentato di saltarli addosso. Rabrividii al solo pensiero. Sentii freddo alla spalla e poi una leggera fitta. Mi affrettai, e come un miraggio all'orizzonte, finalmente raggiunsi i sotterranei.

Quel posto sapeva di muffa e umido, nonostante ciò avevo fatto l'abitudine a quel vecchio castello diroccato, alle travi scricchiolanti e al vento che passava per spiragli nella pietra. Cominciavo veramente a sentirla casa mia. Una volta raggiunta la mia camera cercai di non svegliare nessuna e mi accoccolai tra le pesanti trapunte verdi e argento.

Mi addormentai con un pensiero fisso... nonostante tutto quegli occhi grigi riempivano le mie nottate.

La mattina seguente resettai il cervello.

Non importava avere lo spirito del arci nemico di tuo padre nel corpo, non importava che l'ipotetico ragazzo che cominciasse a piacermi fosse la nemesi di mio fratello, non ero figlia del Salvatore del mondo magico, non ero "la figlia di Harry Potter". Ero Lily, solo Lily.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 19, 2016 ⏰

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