Cap 2 - Two years ago

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Suo fratello l'aveva tanto pregato di andare alla prima mostra che aveva organizzato, non che lui impazzisse davanti ad un quadro. Gli piaceva l'arte e l'aveva studiata, conosceva quello che guardava, ma lui era un'artista delle fotografie. Con la sua macchina riusciva a immortalare qualsiasi cosa, a cogliere l'essenza della bellezza anche dove la stessa non c'era. I quadri erano una forma d'arte ben distinta, rappresentavano l'Io del pittore. Nemmeno nel realismo c'era la realtà stessa, perché dipingere o scrivere o suonare la realtà era pur sempre una cosa soggettiva. La verità la si poteva vedere solo in una fotografia, da una persona obiettiva. Perché anche in quelle rappresentazioni la realtà è modificata dal proprio essere.
"Ho voluto essere capace di rappresentare i costumi, le idee, l'aspetto della mia epoca secondo il mio modo di vedere, fare dell'arte viva, questo è il mio scopo.".
Courbet stesso ammise di aver modificato la realtà in base al suo Io.
Guardò esitante l'imponente edificio innanzi a sé, con un aspetto un po' cupo e privo di emozioni. Si strinse nel cappotto ed entrò, notando che lo spazio interno era già invaso da molte persone che sorseggiavano i loro drink e commentavano le opere esposte. Cerchò con lo sguardo suo fratello, mettendosi in punta di piedi e socchiudendo gli occhi per aguzzare la vista. Non vide lui, ma vide un ragazzo biondo che parlava con una signora davanti ad un quadro. Un bel quadro, a quanto poteva notare da quella distanza. Si avvicinò di più, incuriosito dal dipinto e ammaliato dal sorriso del ragazzo. Si fermò dietro alla strana coppia che stava parlando, osservando la tela che si parava davanti al suo sguardo. I colori erano mischiati violentemente tra caldi e freddi, le pennellate erano decise ma leggere, il soggetto esprimeva chiaramente l'emozione dalle espressioni del viso, rudi e risoluti.
- Hai osato molto, secondo me.
Il biondino smise per un istante di parlare con la signora e lo guardò, decidendo ufficialmente di ignorarla e avvicinarsi all'insolito ragazzo.
- E dove?
- Mischiando questi toni caldi e freddi hai osato molto. Solitamente vengono utilizzati con parsimonia, creando un effetto piacevole alla vista.
- Non ti piace il mio quadro?
- Non ho detto quello, carino. Ho solo fatto notare che, secondo il mio modesto parere, hai osato molto. Queste tue pennellate sono belle ed esprimono chiaramente il dolore unito al piacere, complessivamente è un bel quadro.
Il biondino sorrise soddisfatto di sé, voltandosi a guardare la sua opera e stringendo le braccia al petto. Era una buona critica, anche se non suonava come tale.
- Fratellino, sei venuto! Non ti aspettavo più. Ti presento Justin, una nuova scoperta.
Il ragazzo tese la mano verso il famoso Justin e la strinse vigorosamente.
- Piacere, Matt.
- Justin.
- Scusa Justin, te lo rubo un secondo.
Il biondo alzò la mano in segno di resa e si spostò nella sala, mentre i due fratelli iniziarono a fare un giro completo dell'esposizione.
Matt ascoltò attentamente il fratello mentre descriveva alla perfezione ogni singolo quadro, spiegava il perché avesse scelto quel tipo di organizzazione, era sinceramente interessato mentre parlava esaltato del suo responsabile compito. Era orgoglioso di lui, ma nella sua testa vedeva quel biondino nudo nel suo letto, lo immaginava tra le lenzuola con uno sguardo accattivante.
Mentre veniva circondato da persone a lui completamente sconosciute e dell'alta società newyorkese, sentì che qualcuno gli pizzicava leggermente un fianco guardandolo malizioso.
- Facciamo due passi?
Matt annuì, seguendo Justin fuori dalla sala e uscendo su una vasta terrazza. Qualche coppia stava tranquillamente amoreggiando appoggiata alla ringhiera, qualcun altro stava fumando una sigaretta lontano dalla bolgia che si era creata. Non si aspettava nemmeno lui così tanta gente.
Il moro si accese distrattamente una sigaretta, senza distogliere lo sguardo dal biondino. Era quasi eccentrico. Se Justin avesse udito il suo pensiero, avrebbe sicuramente riso pensando ad Hemmet.
- Vuoi una sigaretta?
Ma il biondo non rispose, si avvicinò a pochi centimetri dal viso di Matt e gli sfilò leggermente la sigaretta, mentre passava la lingua lentamente sulle labbra socchiuse.
- Mi accontento di questa.
Justin si spostò, appoggiando le spalle al muro e aspirando il fumo, espirandolo qualche secondo dopo e lasciandolo aleggiare attorno al suo viso. Una leggera musica dance proveniva dall'interno della sala, che lo riportò a ricordi vicini di qualche settimana prima. Lui e Brian al Babylon che ballavano, procurando invidia a chiunque li guardasse e ammirasse. Lui che sognava una vita come quella di BenZen e Michael, ma sapeva che il suo Brian gli dava tutto ciò di cui aveva bisogno affettivamente.
Era perso nei suoi ricordi più segreti, che non si accorse delle labbra di Matt sul suo collo, accecato dalla eterea bellezza di Justin e dal suo effervescente fascino giovanile e un po' trasandato.
Lo prese per la giacca e lo tirò a sé per un bacio. Le sue stesse parole nella testa. Niente baci a chi si portavano a letto. Cosse leggermente il capo mentre si staccava dalle labbra del ragazzo per riscuotersi dai suoi pensieri, cercando di tenerli lontani dalla sua mente.
- Vieni con me.
Matt non se lo fece ripetere due volte.


Matt era seduto sul divano, mentre le labbra di Justin vagavano sui suoi muscoli del petto. Camicia aperta e jeans sbottonati. Il moro abbandonò la testa all'indietro quando la bocca del biondino gli sfiorò il bordo dei jeans, voglioso di sentire il suo pene nella sua bocca.
Justin aveva capito cosa voleva e certamente non si sentiva costretto a farlo, in un certo senso lo voleva anche lui. Con la mano gli sfilò il pene leggermente bagnato e turgido dai boxer e lo guardò per qualche nanosecondo, prima di succhiare leggermente la cappella e scendere, poi, più a fondo. Matt emise un suono basso e roco, mentre il ragazzo si dava da fare, sfoderando la sua arte migliore. Prese tutto il pene in bocca fino a che poteva, mentre la punta rosea colpiva appena l'ugola. Succhio forte, mentre con una mano gli accarezzava i testicoli e con l'altra un gluteo. Sfilò il pene dalla sua bocca e lo leccò, come se quello fosse un cono gelato limone e fior di latte.
Matt prese i capelli di Justin con una mano, tirandoli appena mentre lui continuava a fare il suo servizio di bocca. A Pittsburgh tutto quello era normale, ma a New York poteva risultare una puttana? Forse. Ma in quel momento non gli premeva assolutamente quella domanda. Il giorno dopo, maybe, si sarebbe preoccupato.
Il moro sfilò il suo sesso dalla bocca del biondo e lo guardo negli occhi.
- Ti voglio scopare.
Si alzò dal divano e si sedette accanto a lui sul tappeto, facendolo sdraiare mentre gli succhiava la pelle del collo, circondandolo di piccoli e umidi bacetti. Justin sfilò i pantaloni di Matt, lanciandoli alla rinfusa sul divano. Il ragazzo, dal canto suo, spogliò Justin il più in fretta possibile, mentre il suo cazzo duro pulsava e faceva male. Doveva scoparselo da quando lo vide quella sera, non c'era altra soluzione. Prese un preservativo dal portafoglio (come un perfetto ragazzo previdente) e se lo infilò sul pene. Justin si ricordò dei gesti di Brian, che apriva il profilattico con i denti e lanciava quel pezzo di carta sul letto, mentre lui aveva il compito di mettere la protezione sul suo pene. Si sforzò di non pensare a lui ma al ragazzo che in quel momento lo stava per scopare, stringendo gli occhi e risultando sciocco.
- E' la tua prima volta??
Matt si preoccupò vedendo la reazione sul volto di Justin, come se fosse concentrato a non sentire il dolore. Peccato che il dolore che provava veniva dal cuore, e non dalla prostata.
- Assolutamente no.
Matt lo penetrò con un colpo secco, mentre Justin si mordeva il labbro inferiore e stringeva le spalle del moro sopra di sé. Lui spingeva a ritmo lento e regolare, cercando di colpire la prostata di Justin e farlo godere. Dai suoi versi capì che stava andando per il verso giusto, che lo stava soddisfacendo. Per la maggior parte dei ragazzi della città, l'importante era soddisfare sé stessi e non il proprio partner, anche se era solo di una notte. Ma per lui no, se non sentiva l'altro provare piacere, automaticamente ne sentiva di meno anche lui. E poi, quel ragazzo era bellissimo mentre inarcava la schiena e stringeva le gambe attorno alla sua vita. Niente di più celestiale.
Nella stanza non si sentì altro che respiri e gemiti spezzati, che giungevano all'orecchio di Justin come sporchi. Brian era ancora un fantasma nitido nella sua testa, nel suo cuore.
**
La mattina Justin si svegliò con un braccio di uno sconosciuto attorno alla sua vita, nel suo letto, sotto le sue lenzuola, con la bocca aperta e un po' di bava alla bocca. Sapeva il nome del ragazzo e ricordava di averlo rimorchiato (o essere stato rimorchiato? Nah, lui solitamente rimorchiava.) alla sua prima mostra di New York in una famosa galleria d'arte.
LA MOSTRA.
L'aveva lasciata senza dire niente all'organizzatore, sparendo dalla vista di tutti e non sapendo se aveva effettivamente venduto qualche suo quadro. Si diede mentalmente dello stupido e si alzò dal letto, infilandosi i boxer dopo una lunga ricerca.
In cucina si sedette su una sedia del tavolo e si mise la testa tra le mani, cercando di far mente locale. Doveva chiamare il responsabile della mostra, magari avrebbe potuto prendere un caffè da Starbucks e andare direttamente alla galleria d'arte, senza aspettare altro tempo.
Corse a farsi una doccia e si cambiò, cercando di vestirsi un po' elegante, ma rimanendo sempre un po' trasandato. Non voleva perdere niente di quello che era stato. Prese la sua tracolla e uscì di casa, lasciando un post al ragazzo nel suo letto. Sarebbe tornato dopo pranzo, quindi lui poteva anche andarsene. Uscì  di casa convinto di non rivedere quel ragazzo mai più.
Matt però, dopo pranzo, lasciò il suo numero di telefono al biondo, dicendogli che il suo lo aveva già. Una love story era alle porte, anche se Justin avrebbe preferito il contrario.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 26, 2016 ⏰

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