- Titolo del fest: Pick someone who's supportive;
- AU/NonAU/Inspired scelto: Louis ha sposato e successivamente divorziato con Eleanor. Un giorno, si sveglia e, non sa come, ha di nuovo diciassette anni. Forse un ragazzo riccio potrà essere la sua seconda possibilità;
- Tipologia di storia: One shot;
- Eventuali Side-Paring: Liam/Zayn - Niall/Laura (accenni).Louis aveva perso il conto delle volte in cui qualcuno lo aveva rimproverato per le scelte sbagliate che aveva fatto.
"Il punto non è che hai scelto male, il punto è che di scegliere non sei mai stato capace."
Lo aveva capito quando, in preda al panico, ormai ne era certo, aveva sposato Eleanor e si era accorto dopo nemmeno un mese di convivenza che non avrebbe mai potuto funzionare.
Eppure erano fidanzati da quando avevano entrambi quindici anni, avevano condiviso tutto, ma proprio tutto, e Louis era davvero convinto di essere stato fortunato, perché lei sembrava essere sul serio la sua anima gemella.
Il loro rapporto era invidiato da tutta la scuola. I migliori amici del ragazzo lo spalleggiavano ricordandogli come avrebbero volentieri preso il suo posto se solo Eleanor li avesse mai degnati di uno sguardo, e la ragazza non faceva che essere tartassata di domande sulla sua dolce metà.
Sembrava davvero una storia da favola, di quelle che "stanno insieme dal liceo e ancora si amano", ma deve esserci sempre qualcosa che arriva a rovinare tutto e Louis se lo ritrovò addosso in una delle giornate più importanti della sua vita.
Campione della squadra di pallacanestro della scuola, Louis quel pomeriggio avrebbe dovuto affrontare la gara più importante per la sua squadra, da cui dipendeva la vittoria del campionato scolastico.
Erano forti, e la vita apparente perfetta che Louis viveva, con l'amore della sua vita, gli amici migliori di sempre, e il successo sportivo, non aiutava mai gli avversari ad affrontarli come si doveva.
Eppure era agitato, Louis, perché tutti riponevano totale fiducia in lui e lui sentiva talmente tanto la pressione che stava per rischiare un attacco di panico.
Quello fu nulla in confronto a ciò che gli comunicò Eleanor.
"Sono incinta."
Due parole, e il mondo di Louis si sgretolò in tutte le sue certezze. Sì, certo, la pallacanestro era la sua vita ed Eleanor la sua anima gemella, ma di certo non era sicuro che ci fosse posto anche per un bambino a diciassette anni.
Se poi magari si fosse premurata di informarlo in un momento migliore sarebbe stato meglio per tutti.
"Non guardarmi con quella faccia, non voglio farti pressione, ma dovevi saperlo. E voglio tenerlo, tu non devi assolutamente preoccuparti, sarò in grado di crescerlo da sola."
Invece Louis si preoccupò anche troppo, si disse che era bastato lui a crescere senza un padre e non voleva riservare lo stesso destino anche a suo figlio. Sua madre e il suo patrigno furono d'accordo con la sua veloce decisione di sposarla, in modo da poter dare al piccolo un cognome legittimo, e Louis pensava davvero di aver fatto la scelta giusta quando anche la famiglia Calder aveva accolto la notizia con gioia.
Poi William era nato e tutto era andato a rotoli.
Louis si era accorto di non amare sua moglie una sera in cui avevano avuto una accesa discussione basata sul nulla. Si sentiva meschino ad usare, ogni volta, il loro bambino come sotterfugio per lanciarle addosso tutta la sua frustrazione, ma non riusciva mai ad ammettere che era tutta colpa sua, in fondo lei una scelta gliel'aveva data.
"Non devi preoccuparti, so quanto tieni alla pallacanestro, non sarò io a frenarti."
Non poteva proprio prendersela con Eleanor che, anzi, era stata un'ottima madre. Era solo colpa sua se aveva smesso di amarla. Probabilmente non era la sua anima gemella come pensava.
Ventanni dopo Louis si ritrovò fuori di casa quando finalmente ebbe il coraggio di chiedere il divorzio a sua moglie. Liam non ci poteva credere quando glielo comunicò, gli diceva sempre che aveva preso troppo sul serio il "crescere William fino alla maggiore età" e che si stava rovinando la vita, che a quasi quarant'anni non è più così facile rifarsene una, specie con un matrimonio fallito alle spalle.
Ma Louis pensava solo al momento in cui avrebbe finalmente riassaporato la libertà, quindi "ha firmato, finalmente! Usciamo, Liam, bisogna festeggiare" propose. L'amico acconsentì, e da quel momento sarebbe calato il buio sulla vita di Louis Tomlinson.
O forse era solo una questione di punti di vista.
Al loro locale preferito, quella sera, Zayn si era lasciato convincere da Niall ad organizzare una serata che sembrava fatta apposta: musica anni '90 e abbigliamento a tema. Quando Liam e Louis entrarono, il primo si mise le mani in faccia, mentre il secondo perse per un attimo il respiro.
"Scusa, vado un attimo a dirne quattro a quel cretino del mio fidanzato" annunciò Liam, con una pacca sulla spalla di un Louis improvvisamente troppo nostalgico.
Liam e Zayn stavano insieme forse da più tempo di Louis ed Eleanor, convivevano da quando il moro aveva fatto coming out con la sua famiglia e non l'avevano presa molto bene, e praticamente trattavano Niall come se fosse figlio loro.
Niall, infatti, aveva lasciato la sua amata Irlanda a tredici anni, scappato di casa perché troppo poco avvezzo alle loro strane regole secondo le quali avrebbe dovuto mandare per forza avanti gli affari di famiglia. Non ci capiva niente di finanza, non potevano già parlargliene, quando il suo unico vero problema era la ragazza che gli piaceva e che non lo degnava di uno sguardo.
Poi per fortuna, venendo via, ne aveva trovata un'altra, aveva capito cosa fosse il vero amore, e ora, alla soglia dei trentacinque anni, sperava di riuscire finalmente a sposarla, nonostante il suo modesto stipendio da bidello.
Viveva a casa di Liam e Zayn da più di ventanni, da quando lo avevano raccattato lungo un marciapiede dopo una rissa e i due erano ancora increduli al pensiero che se ne sarebbe andato. Louis diceva sempre loro che erano dei genitori di gran lunga migliori di lui.
William aveva compiuto diciannove anni da poco, e se gli avessero chiesto di suo padre avrebbe risposto con cinque semplici parole: "io non ho un padre."
Non si trattava di esagerata cattiveria adolescenziale, semplicemente William sembrava proprio ricordare tutte le volte in cui Louis non passava la notte a casa, in cui urlava contro sua madre e le rinfacciava di averlo rovinato. Ricordava di come lei, a sua volta, si difendeva dicendo di non aver fatto proprio nulla e... non ne poteva più, lo odiava.
Non era colpa sua se era venuto al mondo, né dei suoi genitori che erano stati poco responsabili. Non era colpa di nessuno, nemmeno di quel padre assente che odiava a morte perché a stento ricordava il suo compleanno, o di quella madre che faceva la vittima, solo era stanco di avere la vita scandita da continui litigi, perché era per quelli che da piccolo piangeva e nessuno capiva.
E adesso, a diciannove anni, suo padre aveva lasciato casa definitivamente da due, e sua madre lo aveva spronato a più non posso a seguire i suoi sogni, qualunque essi fossero.
Quanta ironia avrà visto, secondo voi, la povera Eleanor, nelle parole "penso che il basket sia proprio la mia strada"?
Si era diplomato, era stato capitano della squadra della scuola, e adesso, al college che avrebbe iniziato a breve, avrebbe continuato su quella linea.
Magari sarebbe anche diventato quel campione che suo padre non aveva mai avuto il coraggio di continuare ad essere, e lui lo odiava anche per questo.
"Tranquilla, mamma, non metterò incinta nessuno" fu la battuta infelice che le rivolse, la mattina che lasciò definitivamente la sua casa e la sua città.
Eleanor pianse lungo la parete vicino alla porta d'ingresso. Per un bel po', ma questo non avrebbe mai dovuto saperlo nessuno.
Era quasi prassi, ogni volta che Louis e Niall si incontravano, parlare della scuola in cui quest'ultimo lavorava.
Era lo stesso liceo che i suoi tre amici avevano frequentato secoli prima, lo stesso in cui si erano conosciuti, e Louis si emozionava sempre tantissimo a sentirlo raccontare delle tante cose che erano cambiate rispetto a quei tempi.
Gli diceva sempre che, probabilmente, sarebbe stato un adolescente completamente diverso se avesse avuto diciassette anni in questo periodo storico e Niall ringraziava che, invece, di anni ne avesse trentasette e che non potesse vedere quel degrado.
"Per fortuna tuo figlio è la giusta eccezione" gli disse, rendendosi conto subito dopo dell'errore fatto. Come se a Louis potesse importare, si ripetè in testa, quando lo vide stringere le labbra e rimanere indifferente.
"Sì, certo, lo... lo immagino" balbettò, come se il suo amico non sapesse del rapporto praticamente inesistente tra lui e William. Niall gli diede una pacca su una spalla e cercò di cambiare discorso mostrandogli il regalo che aveva in serbo per Laura. Le aveva chiesto di sposarlo qualche tempo prima e quello sarebbe stato per il loro anniversario.
Era raggiante, e Louis si commosse nel vedere quella piccola spilletta con incise le loro iniziali. Chiamò a rapporto Liam e Zayn, che dagli sfottò iniziali erano passati alle loro solite effusioni contro il muro, e tutti e tre si strinsero attorno all'amico per congratularsi.
Sembrava tutto così bello, e la serata si concluse con fin troppo alcol nel loro corpo, Liam e Zayn che chiedevano cortesemente a Niall di andare a dormire da Louis (come se non fosse abituato a loro due che fanno sesso nella stanza accanto) e Louis che sorrideva nonostante tutto.
"Sai, Louis, mi capita un sacco di volte di pensare che dovrei cambiare lavoro, che sono troppo giovane per fare il bidello. Mi capita di pensarci perché, quando andavo a scuola io, c'era questo signore di circa sessant'anni che era sempre così carino con la maggior parte di noi ed era una gioia fermarsi a parlare con lui, te lo ricordi? Adesso, invece, quei ragazzini sconsiderati mi guardano tutti di sbieco, probabilmente mi prendono anche per il culo quando sghignazzano passandomi di fianco, e le loro vite sono così vuote, Louis, così vuote, che mi fanno pena. Sono le persone che avranno in mano il nostro futuro e io riesco a vedere solo il nulla, dove andremo a finire?"
Niall aveva trentacinque anni, è vero, ma per Louis era sempre stato fin troppo saggio per la sua età, e un po' lo invidiava per questo.
"Hai ragione. E me lo ricordo fin troppo bene il signor Smith, fumavamo persino insieme qualche volta, e gli parlavo spesso di Eleanor. Lui mi aveva avvertito, lo sai? Di andarci piano, ma io non l'ho ascoltato, e ora eccomi qui. Certe volte mi manca la mia vita prima di avere tutti questi problemi. Ho un lavoro redditizio, ma non ho ancora una casa tutta mia, ho gli amici migliori del mondo, ma mio figlio mi odia..." Niall lo interruppe con un mezzo sorriso.
"Ehi, hai bevuto troppo? Smettila di piangerti addosso, ti fa male!" Louis annuì mostrandosi d'accordo e gli preparò il divano perché "scusa, ma non ho una camera degli ospiti, come ben sai."
"Non preoccuparti, amico, tanto presto smetterò di essere un peso per tutti voi."
Il problema è che, spesso, sarebbe molto meglio stare attenti a quello che si dice.
Una settimana.
Era bastata una misera settimana e il mondo, le certezze, il tutto di un semplice ragazzo irlandese erano andate in frantumi.
"Non me la sento più" gli aveva detto Laura quella mattina al bar, mentre teneva una tazza di cappuccino tiepido tra le mani tremanti.
Non lo guardava nemmeno negli occhi e Niall, invece, era talmente accigliato che non faceva altro che cercare i suoi mentre stringeva i pugni talmente forte da scorgere le nocche bianche.
"Che vuol dire? Avevamo già iniziato a preparare tutto, tu... hai persino provato degli abiti da sposa!" Si era accorto di aver iniziato ad alzare il tono della voce man mano che scandiva le parole, ma non gli interessava. Se gli avessero intimato di lasciare il posto, lo avrebbe fatto, ma trascinandosela dietro. Invece nessuno si avvicinò, e Niall ne fu molto grato.
"So cosa ho fatto, tesoro..." biascicò lei, e Niall si accigliò di più, sbraitando un "non chiamarmi tesoro" che la fece saltare sul posto.
"Io... non sono pronta, Niall, io... non ce la faccio" disse, iniziando a piangere. Si alzò di scatto facendo strisciare un po' troppo la sedia sul pavimento e corse via coprendosi il viso come nei peggiori film melodrammatici. Niall restò lì a guardare nel vuoto perché era sicuro fosse solo un brutto incubo.
Una settimana.
E Niall si trovò in uno stadio di rifiuto verso il mondo esterno talmente totale che non si diede nemmeno il tempo di elaborare ed accettare la perdita.
Ne aveva avute abbastanza, nella sua vita, si era detto, mentre tornava a piedi verso casa di un Louis stranito quando lo vide accasciato sul divano a fare zapping con sguardo assente.
Persino la cena aveva rifiutato, ma poi, dopo svariate insistenze, aveva ceduto ad un trancio di pizza.
"Laura mi ha lasciato" annunciò a bassissima voce, tanto che Louis pensò persino di non aver colto le esatte parole.
Seguirono le lacrime, Niall che si teneva la testa tra le mani e Louis che lo cullava cercando di calmarlo. Lui si era sentito nello stesso modo quando, ventanni prima, Eleanor gli aveva annunciato di essere incinta. Piangeva della stessa tristezza, per la perdita della sua libertà e per aver fatto la cazzata più grossa della sua vita chiedendole di sposarlo invece di ascoltarla e seguire i suoi sogni.
Abbracciò l'amico e, dopo un po', iniziò a piangere anche lui.
Si addormentò molto tardi, quella notte, ma gli infiniti pensieri che si susseguivano nella sua testa non lo lasciavano proprio stare.
Poi sentì del trambusto provenire dal soggiorno e, dopo qualche attimo di titubanza, si alzò dal letto e andò a vedere.
Notò subito l'assenza di Niall sul divano e iniziò a vagare per tutta la stanza e il resto della casa nella speranza di trovarlo.
Andò persino in garage preoccupato potesse aver preso l'auto, ma per fortuna era ancora lì. Il ragazzo, invece, se ne stava poggiato al cofano, e tremava, mentre piangeva piano.
"Mi porti al ponte?" fu la richiesta che Louis a stento capì, almeno fino a quando non si ritrovarono per strada e Niall cominciò a raccontare.
"Eravamo fermi lì con la sua auto, stavamo andando in campagna da alcuni suoi amici che mi avevano aiutato ad organizzarle una festa a sorpresa. Ricordi quando siete dovuti venire a prenderci con un carro attrezzi? Quello è stato il giorno in cui le chiesi di sposarmi."
Stava tirando su col naso mentre Louis stava accostando vicino a quel ponte. Era in una zona della strada provinciale parecchio isolata, e ricordava perfettamente quanto ci avessero messo, con Liam e Zayn, a capire dove cavolo fossero finiti in panne.
Niall scese dalla macchina e iniziò a camminare lungo il cornicione e Louis non era sicuro fosse una buona idea lasciarlo lì da solo, decise quindi di seguirlo.
Una settimana soltanto, e Niall era lì che considerava la possibilità di togliersi la vita lanciandosi nel vuoto.
Fu un attimo, uno sguardo verso uno dei suoi migliori amici, ed era già sulla ringhiera piccola ed impolverata, mentre si teneva in equilibrio a stento. Louis non ci poteva credere, non pensava che una persona scappata di casa a tredici anni potesse essere così debole di fronte ad una delusione d'amore.
Poi pensò a se stesso che per dell'amore che, in realtà, non provava, aveva rovinato tutto, e sorrise amaramente.
Un attimo, e Louis si lanciò verso di lui e lo afferrò da un lembo della giacca poco pesante che indossava. Cadde all'indietro e, in quello stesso momento, vide lo scorrere della sua vita come in un trailer di qualche film.
Vide tutto. Le sue scelte, giuste e sbagliate, vide il suo sorriso quando giocava a basket e la gioia di passare del tempo con gli amici, vide la sua espressione smorta quando capì che sarebbe diventato padre e la stessa, riproposta quando vide suo figlio per la prima volta. Vide un turbinio di cose che lo fecero agitare a tal punto che perse i sensi, con Niall addosso che gridava di lasciarlo andare.
Un attimo, solo un attimo.
Poi il buio.
Non ne era certo, forse era stato il vento, o forse la temperatura decisamente bassa che aveva raffreddato il suo corpo facendolo tremare, fatto sta che Louis rinvenne dopo un tempo che non seppe quantificare, e aveva ancora Niall addosso.
La prima cosa strana che notò fu che fece una fatica assurda a scrollarselo e sollevarsi, la seconda furono le sue mani. Gli sembravano più piccole, ma diede colpa al buio.
"Niall" esclamò ad alta voce verso l'amico ancora addormentato. Lo prese per le spalle e iniziò a muoverlo, sperando si riprendesse. Aveva notato il respiro irregolare e aveva tirato un sospiro di sollievo, almeno non era morto cadendo... ma cosa stava pensando!
Niall amava la vita, sicuramente quella era stata una reazione azzardata e alla fine non si sarebbe mai buttato nel vuoto, anzi, se c'era qualcuno che sarebbe stato giustificato nel farlo quello era proprio lui.
Aveva pensato, mentre aspettava che il suo amico si riprendesse, a tutto quello che gli aveva detto, e aveva versato un paio di lacrime amare perché cavolo, aveva ragione.
Non sapeva perché, poggiato contro lo schienale dell'auto (chissà da quanto tempo erano lì), gli era partita la voglia di riflettere, eppure erano passati ventanni e ci aveva sempre sorvolato.
Era arrivato addirittura a pensare che, se avesse fatto quello che rendeva felice lui e lui per primo, probabilmente suo figlio non sarebbe mai nato, perché andiamo, era palese che non fosse capace di fare il padre, non sapeva spingere nemmeno il passeggino delle sue sorelline per strada.
Ci aveva pensato e si era strofinato gli occhi. Da quanto tempo non rideva veramente per qualcosa che non riguardasse i suoi amici ma lui stesso? Non lo ricordava, e questa consapevolezza lo uccise.
Mentre si strofinava di nuovo gli occhi, sentì Niall lamentarsi. Finalmente si stava riprendendo e lui si insultò da solo per non aver pensato a muoverlo dall'asfalto, ma proprio non riusciva a tirarlo su, sentiva come se avesse perso le forze.
"Niall, finalmente" esordì, buttandoglisi al collo appena lo vide rialzarsi, "mi hai fatto morire di paura, stai bene?"
Iniziò a tastarlo sul viso, sul collo e sul petto, persino sulle gambe, per sincerarsi che fosse tutto intero, mentre l'altro lo guardava con gli occhi spaventati.
"Chi sei tu?" fu la domanda che lo spiazzò.
"Come sarebbe, hai perso la memoria? Oh dio, ti prego, dimmi che non hai perso la memoria! Sono Louis, il tuo amico Louis, e..."
"Come puoi essere Louis, non gli somigli per niente... ragazzino, mi stai spaventando!"
Ragazzino?
"Dov'è Louis? Io... siamo venuti qui con la sua macchina, ero disperato e stavo per..."
"...buttarti dal ponte dove hai chiesto a Laura di sposarti. Niall, cazzo, sono io, come fai a non riconoscermi?"
La situazione era a dir poco bizzarra e il biondo stava iniziando a pensare di essere sul set di qualche candid camera che i suoi amici avevano ideato per tirarlo su.
"Sei... un tantino diverso dal Louis che ricordavo" affermò, confondendolo ancora di più. Louis lo guardò stranito, non riuscendo proprio a capire cosa stesse succedendo, poi Niall prese il proprio cellulare e azionò la fotocamera.
"Guardati" lo esortò, porgendoglielo. Louis all'inizio inarcò un sopracciglio e, prima di fissare il proprio volto nell'obiettivo della fotocamera, notò ancora una volta le sue mani decisamente più piccole di quanto le ricordasse.
Poi per poco non gli venne un colpo.
Chi cavolo era quello? Continuava a strusciarsi una mano sul viso, dal mento ai capelli che iniziò a scompigliare, prima di accettare che era lui, la sua faccia, il suo corpo, solo... con circa ventanni di meno.
"Ecco, ora vuoi dirmi dov'è andato il mio amico e cosa ci fai tu, qui? Chi sei?" Louis si stava ancora rimirando mentre l'amico parlava, e fu riportato alla realtà solo dal suo togliergli il cellulare di mano con un gesto brusco.
"Allora?" insistì.
"Niall, ma sei completamente cretino, allora. Come farei a sapere il tuo nome se non fossi tuo amico e, soprattutto, come farei a sapere il motivo per cui ti trovi qui. Liam e Zayn saranno preoccupatissimi e dovremmo chiamarli. Il vero problema è capire che cazzo è successo a me."
Ci fu qualche altro minuto di confusione e titubanza per Niall che continuava ad osservarlo non fidandosi totalmente di lui, poi iniziarono le classiche domande "di cui solo Louis può sapere le risposte" che lo spiazzarono. Era proprio lui, ed era appena diventato un diciassettenne.
Questa cosa era degna delle migliori commedie demenziali!
"Dobbiamo tornare a casa" esordì, andando verso il posto di guida dell'auto, bloccandosi prima di salire. "Ma forse è meglio se guidi tu" aggiunse, indicando se stesso. Niall rise, pareva stesse iniziando sul serio ad accettare quella assurda situazione.
"Che cosa diremo a tutti, come... giustificheremo la sparizione di Louis... la tua sparizione. Oh dio mio, mica posso dire che sei lui, come si fa, e come farò a stare a casa tua, io... oh dio rischio di uscire pazzo!"
Louis continuava a fissarsi le mani, a guardarsi le gambe decisamente più magre e ad ascoltare il suono della propria voce: come avesse fatto a non notare che fosse cambiata del tutto, non lo sapeva proprio.
"Sono partito per un viaggio di lavoro e ti ho affidato il mio appartamento. Non so quando tornerò e, siccome tu... hai bisogno di stare solo, hai deciso di fermarti da me. Adesso... adesso ci dormiremo su e... domattina chiamerai Liam e Zayn. Li farai venire a casa e gli spiegherai tutto."
Era così risoluto mentre parlava che, se non fosse che doveva tener d'occhio la strada, Niall gli avrebbe lanciato uno sguardo pieno di angoscia. Iniziò a respirare con affanno, infatti, e Louis continuava a ripetergli di stare calmo.
"Io sono tuo cugino. Nessuno potrà indagare, visto che non hai mai detto neanche a noi da quale parte dell'Irlanda provieni, e anche se lo facessero dirò che sono un cugino molto alla lontana. Funzionerà, mentre cercheremo di risolvere questo... problema."
Si indicò e Niall, diventando paonazzo in volto, urlò "e tu lo chiami semplicemente problema? Dio, come fai ad essere così calmo? Al tuo posto sarei disperato, sei tornato ad essere un liceale e non sappiamo nemmeno come!"
Louis sorrise un po' amaramente, anche se sentiva una lieve speranza dentro di sè.
"Forse ho un angelo custode che mi sta dando una seconda possibilità di essere felice e realizzare i miei sogni" disse, infatti.
"Che vuoi dire?" gli chiese Niall, sempre più agitato, ma ormai erano arrivati a casa, ed era tardissimo, sarebbe stato meglio andare a riposare.
Il mattino dopo, Louis si svegliò trovando già Liam e Zayn nel suo salotto. Lo guardavano indagatori, mentre Niall teneva in mano una brioche che stava per addentare. Liam si morse un labbro e Zayn se lo torturò con le dita prima di chiedere "non ci state prendendo per il culo, vero? Che cazzo ti è successo, Tomlinson?"
Le scene scioccate che ne seguirono furono quasi esilaranti agli occhi del biondo che, ormai, pareva già essersi abituato a quella nuova versione del suo amico.
"Shhh, vuoi fare silenzio? Lui è mio cugino, si chiama..." iniziò a parlare, bloccandosi però titubante.
"Luke, da oggi sarò Luke" si intromise, infatti, Louis, continuando il discorso, "e, anche se l'anno scolastico è già iniziato da qualche mese, oggi andrò ad iscrivermi al liceo statale."
I tre lo guardarono senza capire se lo stessero vedendo veramente o se fosse tutto uno stranissimo sogno, fatto sta che annuirono e iniziarono a litigare su chi avrebbe dovuto accompagnarlo.
"Direi che dovrei farlo io, se è mio cugino, no? Poi dovrei anche andare a lavorare" constatò Niall, il quale ricevette l'assenso da parte di tutti. Fecero colazione e si congedarono. Liam chiese ai due di farsi vedere, una volta tornati.
Non metteva piede in quella scuola da anni, con rammarico si rese conto di non averlo fatto quasi mai nemmeno quando suo figlio William la frequentava e adesso gli stava pure venendo da ridere: era più piccolo di lui, se solo avesse potuto vederlo!
"Forse sareste diventati ottimi amici" parlò improvvisamente Niall, neanche gli avesse letto nel pensiero, "tu e tuo figlio, intendo. Peccato sia già partito per il college."
Già, peccato, pensò Louis scendendo dall'auto.
"Siamo fortunati, non c'è già nessuno nei corridoi" notò Niall, mentre si trascinava dietro un Louis parecchio imbarazzato e che non la finiva di guardarsi intorno. Andò verso lo stanzino dei bidelli a prendere le sue cose, dopodiché si dirissero verso la presidenza.
"Ehi, ritardatario" alzò la voce verso qualcuno di fronte a loro. Era un ragazzo dai capelli castani e ricci e stava procedendo a passi lunghi e svelti verso le scale che portavano al primo piano. Non degnò i due di uno sguardo se non per quel mezzo secondo in cui sentì quella voce. Louis deglutì un attimo e si ricordò di quante volte anche lui arrivava tardi in classe perché restava fin troppo tempo nel cortile a chiacchierare.
Aveva un sacco di amici in quel periodo, chissà che fine avevano fatto. Sorrise leggermente ed entrarono in presidenza.
Il colloquio non durò molto, le credenziali che portò Niall furono talmente convincenti che il preside Stone accettò di iscrivere il cugino Luke alla quarta superiore. Avrebbe iniziato la mattina successiva e passato quella intera giornata a procurare tutto il resto dei documenti necessari per l'iscrizione e compilare moduli.
Scrisse talmente tante volte il suo nuovo nome che ormai si stava quasi dimenticando di quello vecchio.
Liam e Zayn, con la scusa di aiutarlo, passarono con lui quasi tutto il tempo. Per abituarsi, si dicevano, dopo che avevano passato l'intera mattina a discutere su come potesse essere possibile una cosa del genere.
Louis aveva un lavoro, vero, che lo obbligava a viaggiare spesso, vero anche questo, ma prima o poi sarebbe dovuto tornare. E se non fosse più tornato... normale? Non volevano pensarci, anche perché Louis per primo non sembrava preoccuparsene.
"Potrò giocare di nuovo a basket" esclamò entusiasta, mentre indossava i vestiti coi quali si sarebbe presentato al suo primo giorno di scuola. Stava quasi tirando fuori dalla cantina lo zaino che aveva usato ventanni prima, ma lo sguardo di Niall gli fece rendere conto che, forse, era un tantino fuori moda. Sbuffò e si ritrovò, lamentandosi, con sottobraccio una tracolla che gli stava staccando una spalla.
"Lui è Luke. Si è appena trasferito dall'Irlanda e vive col cugino. Lo conoscerete tutti perché lavora qui, è il nostro bidello" iniziò a parlare la professoressa della prima ora. Un leggero brusio si levò nella classe, dove tutti gli studenti gli puntavano gli occhi addosso.
"Cercate di essere gentili con lui e aiutatelo ad ambientarsi e coi compiti."
Dopodiché Louis prese posto nell'unico banco vuoto che trovò e tirò fuori il suo taccuino. Si era già diplomato da un secolo e quella donna era stata anche la sua professoressa, anche se non poteva riconoscerlo, ma davanti agli altri non poteva permettersi di fingere.
Era assurdo: era come se venisse dal futuro, ma si fosse perfettamente mimetizzato tra le persone.
La prima ora stava per finire e Louis si sentì rincuorato dal fatto che nessuno si fosse voltato a guardarlo, o che si fosse messo a sussurrargli qualche domanda scomoda. Ricordava come si comportava la sua classe tutte le volte che avevano avuto un nuovo compagno, fosse per trasferimento o per semplice scambio culturale, e di come fosse l'intera scuola nei suoi confronti.
Si augurava davvero che, adesso, si facessero un po' di più gli affari loro.
"Non sono mai stato in Irlanda" sentì poi, in concomitanza col suono della campanella.
"Nemmeno io" rispose, senza alzare lo sguardo dal banco e mordendosi la lingua subito dopo aver parlato.
Cominciamo bene, pensò.
"Come?" chiese il ragazzo, sorpreso, e Louis si morse di nuovo la lingua perché sperava tanto non l'avesse sentito.
"Intendevo dire che... sì, insomma... non sono irlandese, e conosco poco dell'Irlanda, anche se... vengo da lì, sì."
Il ragazzo continuava a scrutarlo e Louis non era certo gli avesse creduto, ma non gli importava granché in quel momento, voleva solo concentrarsi sul superare quella mattina e imparare gli orari delle lezioni a memoria. Così almeno si sarebbe preparato psicologicamente a vedere quasi tutti i suoi professori che ancora insegnavano in quella scuola e avrebbe fatto finta di non conoscerli.
Sarebbe stata dura per lui che li trattava quasi come dei secondi genitori, ma ci sarebbe riuscito, doveva, altrimenti lo avrebbero preso per pazzo.
"Adesso abbiamo matematica, ma il professore è sempre in ritardo" lo informò ancora il ragazzo. La sua voce roca lo rassicurava e solo in quel momento alzò lo sguardo per osservarlo: era lo stesso ragazzo riccio che aveva incontrato la mattina precedente con Niall e adesso gli stava sorridendo con un lieve accenno di fossette sulle guance. Era stato l'unico a dargli retta da quando si era introdotto nella classe e ok che era lì da un'ora, ma la trovò una strana coincidenza.
"Il professor Green, vero?" chiese Louis, a voce bassa, e il ragazzo riccio annuì domandandogli a sua volta come facesse a conoscere il suo nome dato che nel programma non figurava. Louis si ritrovò ad inventare un'altra scusa e stavolta il ragazzo sembrava più scettico di prima.
"Io sono Harry" si presentò, porgendogli una mano chiusa a pugno. Louis deglutì non sapendo bene che fare, lui alle persone si presentava stringendo la mano, quindi si ritrovò spiazzato da quel gesto. "E tu sei Luke, ce l'ha detto la professoressa prima, piacere di conoscerti."
Louis mugugnò qualcosa e avrebbe tanto voluto dirgli che no, che lui si chiamava Louis, che lì non centrava niente e che voleva solo scappare via. Invece chiuse la mano a pugno anche lui e la sbattè contro quella di Harry sentendo subito degli strani brividi per tutto il corpo.
L'ultima volta che aveva avuto una sensazione simile era stata quando si era dichiarato ad Eleanor e poi lei lo aveva baciato.
Continuiamo bene.
Arrivato l'intervallo, alla terza ora, Louis si rese conto che nessun altro gli aveva rivolto la parola e persino Harry aveva iniziato ad ignorarlo. Si rese conto, alzandosi dal proprio banco, che accanto al ragazzo non c'era nessuno, nessuno gli parlava, né gli andava vicino anche solo per tirarlo verso il cortile.
Louis ricordava benissimo che l'intervallo era il momento preferito da tutti, ci si riversava nei corridoi, nei bagni e in cortile per fumare, flirtare o limonare con le proprie ragazze, e c'era chi, come lui, ne approfittava per allenarsi un po' nel campetto di pallacanestro sul retro.
Gli venne quasi spontaneo, quella mattina, avvicinarsi a Harry e chiedergli un "ti va di venire con me?" che lo fece sussultare. "Mi hai sentito?" Harry lo guardò e annuì, chiedendogli "dove?" ma senza ricevere risposta.
Louis lo arpionò da un polso sentendolo lamentare, forse la presa era stata troppo forte e allora gli chiese subito scusa correndo fuori dall'aula.
Una volta in corridoio, Louis, che aveva ancora in sé l'anima dell'uomo adulto, si calmò iniziando a rallentare il passo, e staccandosi da Harry che, in men che non si dica, venne spinto a terra da un tipo grosso il doppio di entrambi. Sì, Harry era alto, è vero, ma non muscoloso quanto quello lì, che se la rideva sotto i baffi, come se fosse abituato a fare cose del genere.
"Harry" esclamò Louis, chinandosi su di lui, "ti sei fatto male?" chiese, vedendo il ragazzo che si sfiorava la spalla con una mano. Scosse il capo e si rialzò rimettendo in ordine i capelli. Louis decise di andare incontro a quell'armadio e cominciò a gridare "ehi tu, i tuoi genitori non te l'hanno insegnata un po' di educazione? Sei fortunato che sono solo, qui, altrimenti..." poi si bloccò coprendosi la bocca con le mani.
"Altrimenti cosa, piccoletto?"
Avrei chiamato la polizia, sporto denuncia per maltrattamenti e fatto fare dei controlli, ma cazzo, non poteva fare proprio niente, si disse, abbassando il capo.
Arrivò in un lampo la spallata che gli fece perdere l'equilibrio tra le risate generali dei presenti e Harry lo acchiappò al volo per mantenerlo in piedi.
"Avrei dovuto avvisarti che qui è pieno di stronzi" gli sussurrò, mentre lo issava per le braccia. Louis sorrise rassegnato, perché era evidente che le cose erano peggiorate negli ultimi ventanni.
"Andiamo, forza" disse, noncurante di quel che era appena accaduto, e Harry gli sorrise, seguendolo.
L'intervallo, in quel liceo, durava sempre troppo poco. Niall stava nel cortile a passare una mano di scopa, togliendo di mezzo le foglie cadute dagli alberi, mentre i due ragazzi gli passarono accanto facendogli un cenno di saluto.
"Tuo cugino, hai detto?" domandò il riccio. Louis annuì. "Non vi somigliate per niente, nemmeno nell'accento."
Non disse nulla per qualche secondo, quel ragazzo lo stava mettendo duramente alla prova e lui, che non sapeva più come comportarsi con persone così giovani, si limitò ad un "è perché siamo parenti alla lontana" al quale Harry rispose con un vago "ahh sì, certo... alla lontana" sarcastico.
Nonostante le continue figuracce, Louis era tranquillo: il massimo che Harry potesse sospettare era il fatto che lui di irlandese non aveva proprio niente, come del resto gli stava già facendo notare.
Perché gli importasse, poi, non lo sapeva.
Arrivati al campetto da basket, Louis si lasciò prendere subito dalla nostalgia.
La prima cosa che notò furono gli spalti: non erano più composti di tristissime panche di legno scuro, adesso c'erano dei veri seggiolini di plastica rossa e residui di lunghi fili colorati che si muovevano qua e là per il vento.
Il campo era ben curato e il canestro sembrava nuovo di zecca.
"Sai giocare a basket, quindi?" domandò Harry, che se ne stava alle sue spalle, mentre lui andava a prendere una palla dal cesto. Anche quello era cambiato, gli sembrava più grande e i palloni erano di una marca diversa da quella che conosceva. Lo guardò senza sapere cosa rispondere veramente.
"Una volta ero bravo" disse poi, e Harry scoppiò a ridere.
"Neanche avessi quarant'anni, Luke, dai!"
E Louis, dentro di sé, continuava a sentire una voce che gli diceva Louis, mi chiamo Louis, ma che non riusciva a venire fuori.
Iniziò a palleggiare senza rispondergli e, dopo aver tentato, fallendo, un tiro a canestro, la campanella che annunciava la fine dell'intervallo suonò e i due furono costretti a tornare in aula.
"Ci attendono due pesantissime ore di tecnica informatica, cerca di non fare troppo il vecchio addormentandoti" lo sfottè, dandogli una leggera botta sul braccio. Louis lo osservò e, sebbene il primo istinto fu quello di reagire male perché come si permetteva quel ragazzino di essere così impertinente, si limitò ad un semplice ghigno infastidito.
Sembrava proprio calato completamente nella parte del diciassettenne, di nuovo.
A fine giornata, Niall attendeva Louis all'entrata dell'istituto, come da istruzioni ricevute quella mattina, già nella sua auto. Il ragazzo gli andò incontro camminando signorilmente, cercando di non grugnire troppo per quella stramaledetta tracolla che pesava più di lui.
Aveva sempre criticato nel figlio il fatto che, fin dalle elementari, si fosse rifiutato di usare dei normali zaini per andare a scuola, preferendo le tracolle perché facevano più figo, e ora si ritrovava nella stessa situazione. Skinny jeans che non capiva come la gente riuscisse a respirarci dentro, vans nere con strani ghirigori e tshirt grigio chiaro sotto una felpa con cerniera dell'adidas. Niall gli aveva proposto persino di indossare un beanie, ma Louis lo aveva guardato talmente male da farlo desistere nel riproporglielo.
Lanciò quindi la tracolla sul sedile posteriore e si allacciò la cintura mentre Niall accendeva il motore.
"Ho invitato i ragazzi a pranzo" annunciò, "hai... compiti da fare?" chiese, non riuscendo a trattenere le risate. Louis lo guardò di nuovo in cagnesco e "tirerò fuori dalla cantina tutti i miei vecchi quaderni e li fotocopierò" rispose sbuffando, "e smettila di ridere!"
"E' difficile non ridere, davvero, cioè... se sei calmo tu, perché non dovrei esserlo anche io? Mi sto già abituando! Hai fatto amicizia con qualcuno?"
Louis tirò qualche respiro profondo prima di tagliare corto la conversazione. Non aveva voglia di raccontargli proprio un bel niente, ben che meno di Harry, che era stato davvero l'unico, fino a fine giornata, a parlare e passare del tempo con lui.
Si rese conto, comunque, finito il pranzo coi suoi amici, di non aver accennato alla sua situazione, al suo divorzio o a suo figlio, neanche una volta.
Forse per questo non aveva parlato poi granché, riusciva a pensare solo a Harry, il che per lui era davvero strano.
Salutati Liam e Zayn, rassegnati dal dover tornare al loro noiosissimo (così dicevano sempre) lavoro, Louis decise di iniziare a lavare i piatti, chiedendo a Niall di passargli la sua 24 ore.
Il biondo annuì e finì per spostarlo via a calci dal lavello, perché "sei un ospite, finiscila."
Louis protestò perché che cavolo stava dicendo, ma andò poi a lanciarsi sul divano insieme alle decine di documenti che stringeva tra le mani. Si rese conto, inorridendo, che il suo cervello sembrava rifiutare i contenuti di quei fogli, come se non li avesse mai visti prima e sentiva che stava per scoppiargli un tremendo mal di testa.
"Ai diciassettenni piace ancora giocare a Fifa, Niall?" chiese improvvisamente, quando vide il suo amico seduto in disparte a fumare una sigaretta, tutto pensieroso.
"Sei tu quello che ha un figlio adolescente, dovresti saperlo meglio di me" gli rispose, fin troppo schietto.
Il fatto è che il biondo, dopo quello che gli era successo, non aveva più peli sulla lingua, e non gli importava più se quello che diceva avrebbe mai potuto ferire o sembrare inopportuno per qualcuno.
"Hai ragione, e se questa era una strana forma di rimprovero direi che ha funzionato a dovere."
Si rabbuiò, tornando ad osservare quei fogli, indeciso se fare determinate telefonate che lo avrebbero portato a litigare oppure no. Niall, a sua volta, osservava lui, sospirando.
"Comunque sì, Louis, è ovvio che gli piaccia, vuoi fare una partita?" propose, e il suo amico lo guardò titubante per qualche secondo prima di scuotere il capo indicando quei fogli.
Riuscì a venirne a capo senza litigare con nessuno solo due ore dopo, poi fu un lunghissimo torneo di Fifa tra grasse risate e pacche sulle spalle.
"Oh cazzo, le fotocopie" si rizzò in piedi all'improvviso, quando si rese conto che era tardissimo. Pregò affinché Niall avesse una fotocopiatrice in casa, maledicendolo per la sua risposta negativa, e maledicendo se stesso per aver lasciato la propria a casa di Eleanor, quando si arrese all'idea di dover uscire. Non sapeva nemmeno più come si chiedeva una fotocopia, e cosa avrebbe pensato l'edicolante di un uomo che... ah no.
Niall, infatti, si era proposto di andare lui, ma poi avevano ragionato insieme e sarebbe successo proprio quello che avrebbe voluto evitare, "poi quella conosce la tua professoressa, pensa se le dicesse qualcosa". E insomma, era passata un'altra mezz'ora e Louis era già stanco di questa nuova vita, quando decisero di andare insieme e al diavolo tutto.
"Dammi quel quaderno che scendo io, fifone!"
Era assurdo, manco stesse andando ad affrontare la Santa Inquisizione, scese dall'auto dell'amico ed entrò in edicola.
Un "ciao" sorridente, pieno di fossette e denti bianchi fu la prima cosa che sentì e volle sprofondare. Gli brillavano persino gli occhi.
"Ehm... ciao, Harry, che piacevole coincidenza!" Bella risposta, pensò nella sua testa.
"Parlano così nel posto irlandese senza nome da cui vieni tu?"
E di nuovo, come a scuola, non gli rispose, mentre fece un paio di passi indietro, in attesa che finissero di servirlo. Notò che aveva comprato delle matite colorate e poi qualcos altro già chiuso in una busta non troppo grande. Adesso era tremendamente curioso, ma cercò di calmarsi.
Harry si stava grattando poco sopra l'occhio con una mano mentre tirava fuori dalla tasca del suo cappotto i soldi necessari a pagare. Louis notò persino che non aveva portafogli e trovò la cosa parecchio strana, anche per un diciassettenne. Poi notò che si era girato a fissarlo, ma rimase impassibile.
"Lezioni di disegno" gli sussurrò all'orecchio, passandogli accanto, e Louis sentì di nuovo i brividi per tutto il corpo, decidendo all'istante che questa cosa doveva finire, qualunque cosa fosse.
Finalmente venne il suo turno, fece le sue fotocopie, pagò e tornò da Niall che lo aspettava sbuffante.
"Ci hai messo un secolo" constatò alterato, e Louis lo guardò sghignazzando, come se non gli importasse, "ti sei messo a parlare con Harry?" chiese poi e Louis ebbe addirittura il coraggio di fingere di non sapere di chi o cosa stesse parlando. Niall gli diede un colpo su un braccio facendolo lamentare leggermente.
Louis passò il resto della serata a sfiorarsi l'orecchio, e probabilmente Niall, da come lo guardava, stava pensando che sì, doveva essere completamente impazzito.
Il ragazzo non aveva avuto tempo di procurarsi dei vestiti accettabili, sebbene fosse convinto del contrario, quindi non si meravigliò poi molto delle risatine di scherno che accompagnarono il suo ingresso a scuola.
Provò comunque a fare una camminata spavalda, nonostante la tracolla che ormai gli aveva lasciato un segno profondo e permanente su una spalla e a tirar dritto fino alla sua classe.
Aveva le fotocopie dei compiti assegnatigli per quel giorno, ridendo del fatto che il suo liceo fosse così arretrato da non aver mai cambiato i libri di testo in quei ventanni, e li stava sistemando in una cartellina quando gli arrivò una pacca sulla schiena seguita da una carezza lieve. Sentì i brividi per l'ennesima volta.
"Che scrittura strana" lo prese in giro Harry, allungando lo sguardo sui fogli. Louis cercò di nasconderli trovando quella sua eccessiva curiosità quasi impertinente e, tanto per cambiare, non gli rispose, mentre lo guardava di sottecchi accomodarsi al suo banco.
Passarono due ore di matematica e una di fisica prima che Louis si rendesse conto di aver dimenticato delle cose importanti.
"Merda" esclamò, al suono della campana, quando nello stesso momento il suo cellulare iniziò a vibrare nella tasca dei suoi jeans slabbrati, che si era fatto procurare da Niall a casa sua. Era roba dismessa di William, e Niall era riuscito a convincere Eleanor chissà come per farsi dare quelli e altra roba che il ragazzo si era lasciato indietro. Era sempre stato bravo con le parole, il biondo.
Louis prese il cellulare dalla tasca e constatò che il motivo della vibrazione era stata una mail, da lavoro. Preso alla sprovvista, chiese aiuto a Niall, ma alla fine fu costretto a sbrigarsela da solo. Uscì dall'aula quasi correndo e andò verso il bagno.
Avrebbe dovuto chiamare la segretaria della sua azienda, e convincerla a non farlo contattare da nessuno a tempo indeterminato. Sapevano che era partito per un progetto grosso, l'avrebbe implorata di comunicare al presidente di non preoccuparsi, avrebbe avuto i documenti sulla sua scrivania a giorni e poi si sarebbe preso un anno sabbatico, per pensare alla sua situazione familiare e personale.
Sperava che gli avrebbero creduto entrambi, dato che conoscevano bene Louis, e da quando si era sposato non aveva mai mostrato tutto questo attaccamento alla famiglia, figuriamoci ora che non ne aveva più una.
La segretaria gli chiese più di una volta se stesse parlando davvero con lui e se era sicuro di stare bene, ma alla fine sembrò credergli, e Louis tirò un sospiro di sollievo chiudendo la chiamata. Incurante di essere in ritardo per la lezione della quarta ora.
Uscì da dove era andato a rintanarsi e la prima persona che si ritrovò davanti fu un Harry serissimo che, a braccia incrociate, lo scrutava come se fosse un bambino colto in fallo.
"Il professore mi ha mandato a cercarti, quando si è accorto che mancava un alunno. Sono andato in bagno, in cortile, non avevo pensato allo stanzino di tuo cugino."
Louis notò subito che si stava massaggiando nervosamente una spalla e la prima cosa che chiese fu "hai incrociato qualcuno?" ma il riccio scosse il capo, poco convinto. Louis, infatti, non gli credette.
"Ok, adesso che mi hai trovato possiamo tornare in classe" disse con calma, ma Harry continuava a fissarlo come a volerlo far sentire colpevole. "Che hai da guardare?" chiese infatti, infastidito.
"Ti ho sentito, prima... al telefono. Sei proprio sicuro di chiamarti Luke?" Sbiancò a quelle parole, e forse Harry se ne accorse, perché strinse le dita sulle proprie braccia, corrugando la fronte.
"Non mi piace la gente che origlia, Harry, lo trovo molto maleducato" cercò di sviare, ma Harry insistì.
"E tu sei strano" affermò con lentezza. Louis si sentì giudicato e scoperto. Ancora una volta la vocina dentro di lui avrebbe voluto dirgli che era vero, non si chiamava Luke, che voleva sentire il suo nome pronunciato da qualcuno che non fossero i suoi tre amici, che voleva sentirlo pronunciato da lui. Ma ovviamente non diede ascolto a quella voce e sbuffò, cercando di evitare quegli occhi verdi così indagatori, che sembrava lo spogliassero senza nemmeno muoversi troppo.
"Andiamo in classe" disse, muovendo qualche passo oltre lo stanzino, per incamminarsi. Fu allora che Harry lo prese per un braccio e "aspetta" gli disse quasi in un soffio. Quei brividi dovevano iniziare ad abbandonarlo, non poteva reagire in quel modo ogni volta.
"Non è vero che mi ha mandato il professore, abbiamo l'ora buca e penso ci sia Niall in classe, adesso. Ero io che volevo venire a cercarti." Gli sorrise mentre glielo diceva e le fossette fecero di nuovo capolino sulle sue guance. Louis era certo che suo figlio avrebbe pagato oro per averle uguali. E lui... no, lui niente.
"Il motivo?" gli chiese, con ancora il braccio stretto nella mano grande di Harry, che accentuò il sorriso e tirò il braccio all'indietro per poterselo avvicinare un po'. Louis non se lo aspettava e perse l'equilibrio, quasi che cadde a terra, quando il riccio lo acchiappò e se lo strofinò addosso.
"Mi piaci, molto" confessò senza mezzi termini, e forse Louis sbagliò a mettersi a ridere a due centimetri dalla sua faccia, perché a Harry venne un broncio improvviso che lo fece smettere giusto per quel secondo che diede al riccio modo di baciarlo.
Louis non era mai stato con un ragazzo in vita sua, nemmeno al gioco della bottiglia, durante i pigiama party o alle feste dove era solito infiltrarsi coi suoi amici.
Non aveva nemmeno considerato l'idea, forse perché non aveva mai trovato nessuno talmente attraente da suscitare la sua curiosità, le sue attenzioni, ma quando Harry gli tappò la bocca con la propria, sentì di nuovo quei maledetti brividi e i battiti del cuore che acceleravano.
Doveva esserci per forza una ragione, anche per fare una stronzata, tipo allontanarlo con forza e farlo sbattere contro la porta che si aprì ulteriormente e lo fece finire di culo a terra.
Del resto lui era campione in stronzate.
"Ehi, stai calmo, se sei etero basta dirlo, ma caro mio, devo darti un consiglio: impara a recitare meglio." Glielo disse rialzandosi, e leccandosi le labbra leggermente arrossate e carnose. A Louis mancò il respiro per qualche secondo, ma attese che si allontanasse, non era in grado di tornare in classe, far finta di niente per altre due ore, con lui di fianco.
Certo, non che avere i banchi vicini potesse essere di alcun aiuto.
Niall era proprio in classe, come Harry lo aveva informato, ma ormai mancava poco alla fine dell'ora, e adesso li aspettava letteratura per un'ora e mezza prima di tornare a casa.
Il biondo notò subito qualcosa che non andava nel suo amico, ma fece finta di niente finché non furono soli sul divano di casa loro. A Louis faceva ancora strano condividere quell'appartamento con qualcuno.
Quando suonò la campanella che preannunciava la fine delle lezioni, Louis ringraziò mentalmente le divinità che gli stavano permettendo di fuggire da lì. Non aveva chiesto scusa a Harry perché riteneva di non doverlo fare, quindi si alzò, raccolse le sue cose e si diresse convinto verso l'uscita.
O almeno ci provò, perché sentì benissimo, e sperò davvero che l'avesse sentito solo lui, Harry sussurrare "però la lingua l'ho sentita" facendogli mordere automaticamente il labbro.
Dentro di sé, Louis non era ancora riuscito a mettere da parte la sua indole da uomo maturo, fatto e finito e, per la prima volta, si rese conto di quanto gli mancasse parlare con sua moglie.
Ex moglie.
Oh ma che cavolo stava dicendo, la verità era che gli mancava il suo letto e i suoi vestiti, anche il suo lavoro e il sorriso della segretaria della sua azienda, ma non Eleanor, non lei con i suoi attacchi isterici e il suo continuo rinfacciargli cose.
Gli mancava quella routine, ed era assurdo, perché si era sempre sentito un prigioniero incapace di lottare.
Gli veniva ancora spontaneo andare nell'armadio non suo a cercare giacca e cravatta da abbinare alla camicia del giorno, per poi rendersi conto, come uno stupido, che era tornato indietro nel tempo e tutti credevano avesse diciassette anni.
Era la prima volta che si osservava per bene allo specchio del bagno e restò scioccato: era esattamente come nelle sue vecchie foto scolastiche, forse giusto qualche cosa di non proprio uguale, e più buttava l'occhio sui dettagli del suo corpo, più non capiva come a scuola non l'avessero riconosciuto. Decise che doveva essere un segno.
"Sai Lou, girano strane voci su quel tipo" gli disse improvvisamente Niall.
"Quale tipo?" domandò, fingendosi indifferente, quando sapeva benissimo di chi stava parlando.
"Davvero, Louis? E' l'unica persona con cui parli e che ti parla da quando sei ringiovanito e davvero mi fai questa domanda? Harry, quale altro tipo!"
Louis non riusciva a comprendere perché il suo amico si stesse alterando tanto, soprattutto non riusciva a comprendere come potesse essersi ripreso quando appena pochi giorni prima minacciava di suicidarsi.
"Hai sentito Laura, per caso, Niall?" domandò, fintamente curioso, nella speranza di sviare il discorso. Non capiva perché dovesse preoccuparsi di Harry, dato che non erano nemmeno amici. Per fortuna, la domanda sortì il suo effetto e Niall sembrò proprio cascarci in pieno.
"S-sì, l'ho sentita, ma... come fai a... come hai fatto a capirlo?"
"Sei rinato, amico" constatò sorridendo. Ed era vero, in pochi giorni Niall sembrava essere tornato la persona di sempre, come se non fosse stato rifiutato quasi sull'altare dalla donna che amava.
"Raccontami tutto!"
Sì, tutto, pur di non parlare di Harry e di quel bacio che, odiava ammetterlo, non era riuscito a non ricambiare.
Faceva parecchio freddo quella mattina, ma Louis per fortuna aveva racimolato un cappotto della sua nuova taglia ridotta caldo abbastanza per affrontare quel vento.
Gli alunni presenti nelle aule erano dimezzati a causa del maltempo e, ironia della sorte, nella sua sembrava essersi creato il vuoto attorno a lui e Harry, unici presenti al centro.
Il riccio arrivò in ritardo, entrando in classe quasi sbattendo la porta e col fiatone, mentre raccattava malamente le cose che gli stavano sfuggendo dalle mani.
Avevano due ore di arte e disegno e le matite colorate gli erano cadute più volte lungo il tragitto mentre teneva l'astuccio. Inevitabili furono i risolini derisori dei presenti che si beccarono un'automatica occhiata in cagnesco da parte di Louis. Inevitabile fu che Harry se ne accorse e lo guardò per un secondo prima di chiedere scusa al professore e andare a sedersi.
Era rosso in volto e aveva l'affanno, ma fu subito pronto per seguire il resto della lezione, mentre Louis si voltò a guardarlo premuroso, come ad assicurarsi che fosse tutto intero. Si massaggiava ancora la spalla come quel giorno e deglutire gli venne automatico quando Harry si accorse di essere osservato.
"Oggi devo uscire prima" lo informò a bassa voce, e Louis sussultò perché cosa mai poteva importargliene, ancora meglio per lui e la sua tranquillità.
"Devo andare a fare delle visite di controllo, ma non potevo perdermi le ore di disegno, è la mia materia preferita" continuò, tirando fuori un raccoglitore pieno di bozze. Louis capì subito che era tutta una tenera tattica del ragazzo per mostrargliele e sentirsi magari dire che era bravo, e sorrise perché era bravo sul serio, come mai lui lo era stato ai tempi.
Del resto si impegnava veramente solo quando si trattava di giocare a pallacanestro.
"Hai capito che ho detto?" domandò e Louis distolse finalmente lo sguardo dai disegni e lo puntò nei suoi occhi verdi.
"Che stavi dicendo?"
"Ho detto che esco prima, oggi, dopo l'intervallo. Vedi di non sparire come l'altra volta" ammiccò, leccandosi le labbra. Ma erano sempre così rosse anche al naturale? Preferiva non saperlo.
"Tu ti fai troppo gli affari miei" sentenziò Louis infastidito. Il professore che si schiarì la voce per fargli notare che si era accorto del loro chiacchiericcio. Si rimisero entrambi dritti sul proprio banco e la conversazione parve finita lì, quando gli venne assegnato un lavoro e Louis ringraziò di aver trovato finalmente il tempo di comprare anche lui le matite colorate. Poi però gli arrivò un bigliettino appallottolato sul banco e gli venne un colpo. Si assicurò che nessuno lo avesse notato e lo aprì per leggerlo.
-Vorrei potermi fare altro che gli affari tuoi, Luke irlandese che non è mai stato in Irlanda.-
Il biglietto era alquanto eloquente e Louis non riusciva a capire questa improvvisa spavalderia in Harry, gli era sembrato così tranquillo appena arrivato, quasi impacciato, quindi fu colto alla sprovvista.
E poi a lui i maschi non piacevano, ne era certo. Perché si fosse di nuovo morso il labbro e avesse sentito una strana reazione tra le gambe, proprio non lo voleva sapere.
Riappallottolò il pezzo di carta e lo fece sparire alla rinfusa nella sua tracolla, sotto lo sguardo compiaciuto di Harry che si morse il labbro a sua volta ad osservarlo mentre si piegava in avanti. Il professore si accigliò nuovamente ma durò giusto un paio di secondi, giusto il tempo di permettere a Louis di fulminare il riccio con lo sguardo e tornare a disegnare.
"Sei proprio negato" lo sfottè in un sussurro e Louis non disse niente come sempre, perché aveva ragione, non era proprio capace di disegnare.
Sbuffò e spezzò persino la matita rossa per il nervosismo.
"Styles, aiuta il ragazzo nuovo, visto che non riuscite a concentrarvi, magari insieme riuscite a combinare qualcosa" propose il professore, non rendendosi per niente conto della situazione in cui aveva messo Louis.
Il riccio annuì contento, alzandosi quel tanto che bastava per afferrare la sedia e spostarla di fronte a Louis, al lato opposto del suo banco. Immediato fu il gesto della mano che andò ad arpionare la sua, più minuta, che finì inglobata da quelle lunghe dita affusolate. Louis era stanco di quelle sensazioni, lo rendevano inquieto e lo lasciavano stranito. Non le riconosceva, non riusciva a capirle, ma si disse che rompere quel contatto sarebbe stato un errore, quindi cercò di regolarizzare il respiro e si lasciò guidare.
Harry intrufolò le dita tra quelle di Louis e riuscì ad aiutarlo a disegnare nonostante fosse al contrario rispetto a lui. In una decina di minuti venne fuori un paio di occhi talmente espressivi che a Louis quasi mancò l'aria: erano tremendamente somiglianti ai suoi.
"Adesso buttaci qualche sfumatura di blu" gli consigliò il riccio, intrecciandosi ancor di più a lui, osservando le sue reazioni a catena. Si stava divertendo un sacco e Louis lo stava lasciando fare perché gli piaceva. Si rese conto, a guardare le loro mani, che sembravano fatte apposta per completarsi e rabbrividì a quel pensiero, a tal punto da scattare, allargare le dita e dislocarle da quel contatto fin troppo intimo per una persona come lui. La matita blu gli cadde e rotolò piano sul banco e poi fin sul pavimento, dove entrambi scattarono per raccoglierla e per poco non cozzarono le fronti una contro l'altra. Si fissarono per dei secondi che parvero secoli e solo quando Harry sorrise tutto fossette Louis distolse lo sguardo e tornò a sedere, cercando di finire quel disegno che non era stato quasi per niente opera sua.
Il problema era che anche Harry tornò repentino a sedere, lì di fronte a lui, dove rimase per tutto il resto del tempo, con la scusa di volergli essere davvero utile. L'unica cosa per la quale si stava sicuramente rendendo utile era il suo imbarazzo.
Louis era parecchio imbarazzato e il bisbigliare continuo che sentiva non lo aiutava per niente.
"Concentrati, stai andando bene" gli disse languido il riccio, bagnandosi le labbra con la lingua. Anche quella era color fragola, e la cosa aumentava il suo imbarazzo in maniera... imbarazzante, perché andiamo, fissarlo mentre la mostrava non era normale, vero?
Si concentrò di nuovo sul foglio, non riuscendo ad esprimere davvero un giudizio su come stesse colorando, ed infatti iniziò a sbuffare perché non gliene fregava nulla di imparare a disegnare. Sapeva già quanto valeva in quella materia, e cioè meno della sufficienza che non era mai riuscito a prendere ventanni prima, figuriamoci adesso, con un tipo inquietante che lo fissava e che "dai" gli disse improvvisamente, allungando un piede ad accarezzargli una caviglia.
Stava proprio salendo verso la gamba e, avvicinando la sedia, era arrivato al ginocchio. Louis aveva i brividi e le braccia intorpidite per quel contatto, e no, non voleva guardarlo, doveva colorare, ma ovviamente il blu finì con una lunga striscia su tutto il foglio quando il piede di Harry arrivò al suo interno coscia.
"Si... si può sapere che stai facendo?"
Harry sorrise malizioso e gli rispose con un semplice "non capisco a cosa ti riferisci" quasi mugolante, mentre stringeva il labbro inferiore tra i denti e arrivò alla sua erezione con la punta del piede. "Ma vedo che qualcuno, qua sotto, lo sta capendo meglio di entrambi" aggiunse sogghignando estasiato. Louis arretrò la sua sedia di scatto sentendo il piede tra le gambe e tutta la classe si voltò nella sua direzione, professore compreso.
"Hai finito il compito?" chiese, sprezzante. Louis annuì e si alzò, sperando che fosse tutto a posto, là sotto. Harry lo squadrò in un modo che lo fece sentire nudo mentre si avvicinava alla cattedra per mostrare il disegno.
Ci furono un paio di minuti di osservazioni silenziose ed infine un commento sbuffante su quella riga che trapassava gli occhi ritratti quasi da parte a parte.
"Sì, ehm... mi si stava rompendo la punta e..." Harry tossì apposta e lui lo trafisse con lo sguardo, pur constatando di non aver suscitato nessuna reazione.
"Va bene, Styles è stato un bravo aiutante, torna al tuo posto. Anche tu, Styles, torna al tuo banco.
Ma la campanella suonò e Louis si sentì come uscito da un terribile stato di apnea, tirò un sospiro di sollievo e si alzò subito per annunciare che sarebbe andato in bagno.
Harry sentì come un richiamo, dato che gli fu dietro nemmeno trenta secondi dopo.
Il bagno era dalla parte opposta rispetto alla loro classe e Louis aveva bisogno di un momento da solo con se stesso, per respirare decentemente e riordinare le idee.
La prima cosa che gli venne in mente fu ciò che gli disse Niall, che voleva avvertirlo su Harry. Dopo quello che era appena successo era quasi certo di sapere che cosa lo preoccupasse, quindi si mise una mano sulla fronte, rendendosi conto di averla leggermente sudata mentre ragionava sul fatto che non era possibile si fosse eccitato con un ragazzo.
Gli faceva male, si sentiva come se i boxer lo opprimessero, e si lasciò andare sul pavimento, con una mano che si inserì nei jeans per fortuna non troppo stretti. Aveva un tremendo bisogno di toccarsi, altrimenti non sarebbe arrivato sano alla fine di quella mattinata.
E iniziò a farlo chiudendo gli occhi, massaggiandosi senza nemmeno calare giù i pantaloni, come a voler coprire, quasi fingendo che non stesse accadendo, quel che, invece, stava proprio accadendo.
Non si sentiva in colpa, ricordava che la prima volta in cui si era fatto una sega in quello stesso bagno era stato dopo che Eleanor gli aveva dato la notizia e ancora si domandava che razza di reazione poteva essere stata quella di masturbarsi.
Si strinse il labbro inferiore tra i denti e reclinò leggermente la testa all'indietro, sentendo il liquido preseminale sulla punta del suo cazzo duro mentre ci giocava col pollice. Si era sbottonato per bene, ma continuava a tenere i jeans su, non riuscendo a trattenere un gemito, che gli fece socchiudere le labbra.
Fu in quella frazione di secondo che sentì qualcosa leccargliele e poi mordergliele, facendogli riaprire gli occhi spaventato per andare ad incrociare due pozzi verdi pieni di voglia.
"Harry" esclamò, trovando il ragazzo inginocchiato tra le sue gambe, a due millimetri dal suo viso. Il riccio si avventò sulle sue labbra e Louis non riuscì a tirarsi indietro questa volta neppure se avesse voluto, era appoggiato ad un muro, e poi che senso aveva farlo, visto che si stava masturbando per colpa sua.
Quindi mugolò di piacere quando sentì la lingua di Harry sul suo palato e incastrata contro la sua. Mugolò con la mano ancora nei pantaloni, a pompare perché ormai mancava poco per raggiungere l'orgasmo.
"Stavi pensando a me, vero?" gli chiese, dandogli un buffetto su una guancia. Louis non era proprio in grado di rispondere e non gli importò della mano di Harry che andò a scorrere lungo il suo braccio fino a finire tra le sue gambe, dove continuava a masturbarsi con estrema noncuranza. Gli strinse il polso e scacciò la mano di Louis, continuando a fissarlo, per poi avventarsi sul suo collo e baciarlo, mentre la sostituiva con la sua e continuò a masturbarlo, sentendo l'orgasmo sempre più vicino.
Louis non stava ufficialmente capendo più nulla.
"Riconosco i gay ad occhio nudo, sapevo di non sbagliarmi" sussurrò raggiante, sempre piegato sul suo collo, avendo cura nel non marchiarlo, sia mai lo notasse qualcuno.
"Io non... non sono..." provò a dire, ma la mano di Harry attorno al suo cazzo eretto e stretto nelle mutande gli stava mostrando decisamente che qualsiasi scusa avesse tirato fuori sarebbe stata poco credibile.
"Sì, certo, nemmeno io lo sono, infatti mica mi hai ficcato la lingua giù per la gola. Per la miseria, Luke, da quanto tempo non baciavi qualcuno?"
Anni, avrebbe voluto rispondergli, ma non sarebbe stato capito.
Gli venne sulla mano e Harry gli solleticò i testicoli, facendogli venire la pelle d'oca, mentre abbandonava la sua intimità e si puliva le tracce di sperma dalla mano con la lingua.
"Sei disgustoso" esclamò Louis fintamente inorridito, e Harry non potè fare a meno di scoppiare a ridere nel rispondergli "e spero che tu abbia delle mutande di ricambio, perché sarai tremendamente sporco là sotto."
Era ovvio che non le aveva, non aveva nemmeno il coraggio di guardare in che condizioni fossero quelle che indossava, sperando che, almeno, attraverso i jeans stranamente puliti, non si notasse nulla.
"Ma non le hai, vero? Sei così intrigante" gli disse a mò di sfottò e Louis si accorse di essere arrossito, solo che non capiva quale fosse il motivo.
In pochi minuti erano successe troppe cose assurde e se era andato in quel bagno per riordinare le idee, adesso le aveva ancora più confuse di prima.
"Non sono... gay" disse finalmente, come se si fosse liberato di un peso opprimente, ma Harry, quasi come se non lo avesse sentito, lo baciò di nuovo, con trasporto, quasi sbattendo i denti contro i suoi. E Louis ci provò a serrare le labbra, ma fallì nel momento in cui il riccio gli cinse la schiena con le braccia, passando con le dita lungo la sua spina dorsale.
Dio, ci sapeva davvero fare!
Si staccò lasciandolo lì con gli occhi socchiusi, a pensare che non fosse finita, quando Harry gli carezzò le guance e "se ne sei convinto" disse, sfiorandosi il cavallo dei pantaloni e allontanandosi.
Il brusio nei corridoi lo fece tornare alla realtà.
Una realtà che non aveva previsto, una realtà dove gli piaceva farsi toccare e baciare dai maschi. Dove, se avessero scoperto quanti anni aveva davvero, lo avrebbero arrestato anche solo per aver pensato di scopare con Harry Styles.
Una realtà dove, forse, la vita gli stava giocando uno strano scherzo, e gli stava dando una strana, inquietante, seconda possibilità.
"Certo che assentarti da scuola appena arrivato non è un buon modo per fare una bella impressione."
Liam aveva passato metà mattina a discutere col suo ragazzo sul fatto che nessuno dei due credesse che Louis fosse davvero malato, reagiva così ogni volta che aveva l'ansia per qualche problema che non riusciva a risolvere. I due lo prendevano sempre in giro per questo, specialmente quando riuscivano immancabilmente a trascinarlo al loro locale, come testimonianza del fatto che non era mai così malato come diceva.
Louis era steso sul divano con una coperta di lana addosso e sapeva di essere un pessimo attore, il suo fingere starnuti durò giusto qualche manciata di minuti prima di crollare.
"Solo tu puoi aiutarmi" disse sofferente. Aveva proprio uno sguardo che preoccupò Liam, il quale gli si avvicinò e "Niall mi ha accennato qualcosa" confessò, facendolo quasi saltare sul posto.
"Che cosa? Che cosa ti ha accennato?"
"Allora, Tommo... partiamo da principio: io non ti ho mai giudicato, ci conosciamo da una vita, ormai, e lo sai che non mi sono mai fatto scrupoli a dirti quello che pensavo in ogni occasione.
So bene quanto te che questa... cosa che ti è successa è stata come una specie di segno divino. Un po' tardivo, ma come si dice? Meglio tardi che mai."
Louis sbattè le palpebre più volte sentendosi preso in giro.
"Che cazzo stai dicendo?" domandò confuso, e forse anche leggermente irritato.
"Sto dicendo, cretino, che Eleanor te l'aveva data una possibilità. Avresti potuto essere libero e felice, che importanza poteva avere se fossi rimasto solo e no, non dirmi che ti sei sentito fare questo discorso miliardi di volte, stavolta è diverso, e tu lo sai."
"So cosa?"
"Hai conosciuto una persona che ti fa sentire vivo, di nuovo, come ti faceva sentire vivo giocare a pallacanestro, vincere ed essere importante per qualcuno. Che importa se è del tuo stesso sesso, meglio tardi che mai anche per quello."
Liam sorrideva mentre gli vomitava addosso tutti questi pensieri, era sempre così con lui, amava parlare, perché riteneva importante che le persone a cui tenesse sapessero tutto quello che pensava, riteneva che fosse quasi obbligatorio. Era l'unico modo, secondo lui, per far loro capire quanto ci tenesse, e a Louis teneva tantissimo, ed era per questo che Zayn lo amava.
"Ma che cazzo stai dicendo, Lì? Io..."
"Ti sei o non ti sei fatto una sega pensando a lui? Lo hai o non lo hai baciato?"
"Giuro su dio che quel biondo di merda lo uccido!"
Liam lo guardò quasi offeso nell'orgoglio, adesso, mentre notava quanto fosse sul serio arrabbiato.
"Davvero? Sono io, Louis, il tuo migliore amico. E sto cercando di dirti che il treno passa una volta sola e tu devi salirci, questa volta. Lascia perdere il biondo e tutto quello che sicuramente ti dirà."
E solo allora Louis ci pensò davvero. Niall era preoccupato, mentre Liam sembrava approvare. Che poi... approvare cosa?
"Cosa mi dirà? Visto che l'unico, qui, a non sapere niente sono io, gradirei essere informato" sbuffò, la coperta ormai sul pavimento.
"C'è davvero bisogno che te lo spieghi? Io lo avrei già capito, al tuo posto, e penso che non avresti potuto incontrare persona più adatta" gongolò unendo le mani.
"Adatta per cosa?" chiese, perplesso.
"A risvegliarti, amico mio."
Confuso, disorientato.
Se gli avessero chiesto come si sentiva, quelle sarebbero state le uniche parole che lo avrebbero descritto al meglio.
Era notte fonda e non riusciva proprio a calmarsi di fronte alla prospettiva di tornare in quell'istituto, di rivedere Harry, soprattutto dopo quello che era successo.
Stava anche pensando di ritirarsi, tanto che cosa gli poteva importare di conseguire un diploma che già aveva, ma era l'unico modo per giocare a pallacanestro, per rifarsi un nome in quel campo e sentirsi dire quanto era bravo.
Certo, avrebbe potuto iscriversi ad un normalissimo corso ma... scuse, tutte scuse.
Non sapeva se sarebbe mai tornato normale, quindi tanto valeva godersela... non letteralmente, ma insomma.
"Harry deve aver avuto a che fare col tipo che bulleggia continuamente, si dice in giro che sia gay e lui... beh, hai capito, no?"
No che non aveva capito, ma soprattutto non gli sembrava proprio il caso che Niall gli dicesse certe cose proprio mentre cercava di mandare giù il primo pasto completo dopo giorni. Per poco non si strozzò, infatti.
"E a me cosa dovrebbe interessare?" bofonchiò.
"Magari niente, ma visto che ti ha puntato, stai attento, non penso sia un tipo del tutto affidabile." E buttò giù un bel boccone di spaghetti. Li aveva preparati con le sue manine, visto che Louis nemmeno ringiovanendo aveva acquistato la voglia di imparare a cucinare.
"E' stato solo un incidente, non dobbiamo mica sposarci!"
Poi si tappò la bocca e Niall capì subito perché: aveva detto la stessa identica frase quando seppe che sarebbe diventato presto padre.
Merda.
"E poi scusa, sei omofobo, Horan?" E questa volta gli spaghetti glieli fece sputare.
"Che... che cosa? Ma stai male? Ti pare che girerei con Liam e Zayn se lo fossi? Che riuscirei a vivere con loro? Ti si deve essere rimpicciolito anche il cervello!"
Iniziò a ridergli in faccia divertito come non mai e il resto della cena e del post-cena passò in totale tranquillità.
O almeno così sembrava, perché Louis non riusciva a non pensare a Harry e al fatto che lo avrebbe affrontato a breve.
Avrebbe provato a fargli un discorso serio, cercando di nascondere ancora una volta l'uomo di trentasette anni che si nascondeva dentro quel corpo da ragazzino. Gli avrebbe detto che sapeva quali fossero le sue intenzioni, e che non si sarebbe messo a spintonarlo anche lui nei corridoi come faceva quel tipo irritante. Gli avrebbe semplicemente chiesto di lasciarlo in pace, magari omettendo di essere appena uscito da un matrimonio orribile, ma era sicuro che sarebbe riuscito ad imporsi.
Harry non era stupido, era sicuro che l'avrebbe capito.
Invece anche lui pareva non aver capito proprio un bel niente quando lo placcò mentre tentava di fare qualche tiro a canestro.
"Vorrei unirmi alla squadra della scuola" aveva informato il riccio, cercando di smorzare l'evidente imbarazzo che provava anche solo a guardarlo.
Harry gli aveva detto subito di aver sentito la sua mancanza in quei giorni che era rimasto a casa, e Louis si era sentito avvampare per il tono che aveva usato.
Non era sicuramente un buon inizio.
"Io vorrei unirmi a te" gli aveva risposto, quindi, premendo il petto alla sua schiena mentre lo cingeva con le braccia. Erano lunghe, magre e muscolose quel tanto che bastava per tenerlo immobile. Louis non si allenava da anni, fece davvero fatica a divincolarsi mentre la palla gli cadde di mano. Ma ci provò comunque e il risultato fu quello di dare una gomitata nello stomaco a Harry che allentò la presa quel tanto che bastava per farlo tornare a respirare.
"Non hai ascoltato una parola di quello che ti ho detto, vero?" lo rimproverò, mentre prendeva di nuovo possesso della palla. Doveva proprio parlare con l'allenatore della squadra al più presto. Harry, comunque, non gli rispose.
"Mi hai preso per un ragazzino frustrato? Non passo mica il mio tempo a scovare froci repressi, ho solo capito che li attiro come calamite."
Louis sospirò rassegnato e sperava davvero che l'intervallo finisse presto, per avere la scusa di allontanarsi da lui, almeno per un po'.
"Io non sono frocio!" Non era mai stato bravo a gestire la rabbia e, di certo, quello non era il momento migliore per agitarsi.
"E quale sarebbe il problema se lo fossi?" ammiccò il riccio, passandosi la lingua sulle labbra. Louis indietreggiò come se aumentare la distanza da lui potesse difenderlo.
Come se non avesse previsto, durante la sua notte insonne, che sarebbero arrivati comunque a quello.
Harry era determinato, glielo fece capire apertamente quando gli chiese "posso darti un bacio?" puntandogli le labbra con gli occhi. Louis avrebbe voluto prenderlo a schiaffi e ci aveva anche provato sentendo quelle parole, ma Harry, oltre che determinato, era forte e molto scattante.
"Non vuoi farlo veramente" gli disse, avvicinandosi al suo orecchio, sfiorandolo con le labbra,e Louis si arrese, si volse leggermente verso di lui e lo baciò.
Erano dietro il cortile della scuola e chiunque avrebbe potuto vederli, ma non gli importava, tanto credevano fosse una persona che nemmeno esiste, la sua reputazione era salva.
Certo, per quanto potesse essere credibile con ventanni in meno addosso.
Si sorprese molto di aver preso lui l'iniziativa, eppure lo sapeva che stava mentendo a se stesso da giorni, altrimenti non avrebbe avuto tutta quella ansia di affrontarlo. Se ne sorprese e, allo stesso tempo, ne ebbe molta paura, perché sentiva che lo stava solo incitando, e non voleva quello, voleva davvero che lo lasciasse semplicemente in pace, che quello potesse considerarsi una specie di finale per quella assurda storia.
Lo baciò stringendoselo addosso, arpionandogli la nuca con entrambe le mani, e Harry gemette mentre toccava la sua lingua con la propria. Poteva sentire il suo sapore di liquirizia sul palato e Louis avrebbe voluto tanto non eccitarsi o che, almeno, Harry non se ne accorgesse, ma i loro bacini erano troppo vicini perché potesse sperare accadesse.
"Lo sapevo" soffiò infatti, staccandosi dalle sue labbra sottili. Lanciò uno sguardo veloce verso il basso e, mordendosi il labbro inferiore, gli diede un bacio leggero sul naso proprio due secondi prima che la campanella che annunciava la fine dell'intervallo suonasse.
Camminare per i corridoi della scuola, soprattutto da un anno a quella parte, era sempre stato molto complicato per Harry Styles.
C'era una persona di cui tutti avevano un certo timore, che tutti rispettavano solo perché era il capitano della squadra di basket dell'istituto, ed era la stessa persona che odiava a morte Harry.
Si chiamava Ben, e per colpa sua adesso tutti sapevano che era gay.
Per colpa sua non riusciva più a giocare come si deve.
Lo odiava e lo avrebbe fatto a pezzi, se solo avesse avuto abbastanza coraggio. Perché se c'era una cosa che caratterizzava Ben e che tutti sapevano di lui, era la sua coerenza.
Gli era piaciuto da morire farsi scopare da Harry in gita scolastica, che li abbiano colti in flagrante e al ritorno tutta la scuola sapesse, era un altro discorso.
Fu per questo che, mentre tentava di rientrare in classe, Harry venne sbattuto di nuovo contro il muro da Ben che se lo ritrovò di fronte e probabilmente gli lanciò anche qualche insulto poco velato. Louis, a pochi metri da lui, assistì alla scena colto di sorpresa, guardando Harry che si rimetteva dritto e riprendeva a camminare come se niente fosse.
"Che cosa ci ho guadagnato a fare una buona azione" commentò il riccio, corrugando la fronte. Si toccava ancora la stessa spalla e l'avambraccio, nel medesimo punto di sempre e Louis si scoprì preoccupato, tanto dall'essere quasi curioso di chiedergli di mostrargliela. Aveva proprio paura di trovarla livida.
"Vaffanculo, Styles, hai capito? Vaffanculo" sbraitò Ben, preso al volo da due compagni di squadra. Aveva gli occhi rossi e, probabilmente, se non lo avessero afferrato, lo avrebbe preso a pugni lì nel bel mezzo del corridoio.
"E smettila, Winston, è passato un anno, te la dovrai pur essere fatta una ragione! Non sono io ad averti fatto frocio e represso."
Louis sbiancò.
Harry, per come l'aveva conosciuto lui, per come lo aveva visto quelle prime volte, per come si era posto con lui, gli era sembrata una persona completamente diversa da quella. Si spaventò e, forse stupidamente, si chiese se anche suo figlio avesse mai fatto, detto o pensato cose del genere.
Forse aveva ragione Niall, era una persona da cui stare alla larga eppure, allo stesso tempo, sentiva di non volerlo fare.
Tra i due si potevano dare la mano per chi capiva meno.
"Harry" provò a chiamarlo per attirare la sua attenzione, ma vedendolo continuare ad ignorarlo mentre ancora camminava verso l'aula, aumentò il passo e si aggrappò al suo braccio, facendolo lamentare sonoramente.
"Allora avevo ragione, fammi vedere che ti sei fatto" quasi gli ordinò apprensivo, ma Harry scosse il capo accigliato, lamentando un "fatti gli affari tuoi, è meglio", che però svelò i suoi occhi lucidi di lacrime che minacciavano di cadere da un momento all'altro.
Harry Styles era ufficialmente la persona più strana che avesse mai conosciuto in tutta la sua vita.
"No, ora tu vieni con me al bagno e mi fai vedere quel braccio" disse imperativo Louis, mentre Harry restò impalato, quasi incantato dalla sua voce così ferma e autoritaria.
"Perché?" sussultò, non capendo, ma in risposta ricevette solo di venire tirato a forza nel primo posto dove era certo non ci fosse nessuno: lo stanzino dei bidelli.
"Non avevi parlato di bagno?" chiese divertito, riuscendo finalmente a liberarsi dalla sua presa, probabilmente gli aveva persino lasciato un segno attorno al polso.
"Qui è più vicino, e abbiamo poco tempo."
Harry era confuso, e la sua confusione aumentò quando vide Louis prendere la sua maglia e alzargli velocemente una manica, facendolo lamentare di nuovo.
Aveva ragione, parte dell'avambraccio sinistro era viola e la spalla aveva dei piccoli graffi. Harry arrossì vergognoso, probabilmente si sentiva scoperto.
"Non dirmi che..."
"Penso di avergli rubato la verginità, non era mai stato con nessuno prima di me, e a me neanche piaceva più di tanto" confessò.
"Non so perché l'ho fatto, forse perché in gita si tende a fare stronzate come scopare col primo che capita, peccato che mi sia capitato un represso che fino a qualche ora prima credeva gli piacessero le donne."
A Louis sembrò quasi stesse parlando di se stesso, e sentì come un tuffo al cuore mentre gli massaggiava piano quel braccio martoriato e gli consigliava di farselo vedere da qualcuno.
"Io non sono così, Luke, davvero, io... sono solo molto impulsivo, non voglio che tu pensi male di me" confessò imbronciandosi. Louis deglutì, rimettendogli a posto la maglietta.
"Dovresti davvero farti controllare quei lividi" gli ripetè, e il riccio sorrise, mostrando quelle fossette che Louis si era scoperto ad amare terribilmente.
"Lo farò se mi baci adesso" sputò fuori, come una piccola bomba, quasi minaccioso.
"Pensi che sia stupido?"
Si fissarono, blu nel verde, per un bel po', prima che ad entrambi mancasse il fiato e non poterono far altro che distogliere lo sguardo e decidere che, ormai, tanto valeva saltarla quell'ora.
"No, penso solo che anche tu vorresti farlo, non sei come Ben, l'ho capito dal primo momento."
"Ci sono cose di me che non sai e... costituiscono un problema" provò a confessare a sua volta, rendendosi subito conto che erano tutte scuse, cazzate inutili. Cosa avrebbe potuto dire? In realtà ho un figlio poco più grande di te e io potrei essere tuo padre? Certo,molto credibile sicuramente.
Doveva smetterla di pensare come un uomo adulto, adesso aveva diciassette anni, di nuovo, e di fronte a lui c'era un suo coetaneo, che gli piaceva terribilmente.
"Qualsiasi cose siano, non mi interessano, vorrei tanto che mi baciassi di nuovo, Lu."
Gli accarezzò una guancia e Louis si sentì violato da quel contatto, quel tanto che bastava per rompere quelle piccole barriere che stava cercando di costruire senza un vero motivo e baciarlo con la dolcezza che riteneva meritasse.
Durò poco, questa volta, forse perché aveva sul serio paura di spingersi troppo oltre in qualcosa che risultava del tutto nuovo anche per lui.
"Mi piacciono moltissimo le tue labbra" confessò il riccio, prendendogli una mano e intrecciandola alla propria. Louis non capì perché lo fece né perché gli permise di farlo, ma entrarono in classe così qualche minuto dopo, incuranti del fatto che l'ora che avevano intenzione di saltare non fosse ancora finita e che tutti li stessero guardando.
"E così sei finito in presidenza insieme a Styles. Dire questa frase ad alta voce è ancora più divertente del pensarla soltanto."
Lo prendevano in giro, i suoi amici, lo facevano dal primo momento in cui Louis aveva aperto bocca rivelando quella vocina che nemmeno lui stesso voleva accettare di avere mai avuto.
Iniziarono persino a ridere quando gli raccontò perché era finito in presidenza e che la sua segretaria lo aveva chiamato per dirgli che stavano pensando di licenziarlo.
Non che fosse mai stato un grande lavoratore, ma di certo stavano iniziando a non vedere di buon occhio la sua misteriosa assenza, e lui non poteva proprio presentarsi in ufficio, lo avrebbero scambiato per un mitomane.
"Aspetta, Niall, hai dimenticato il punto in cui continuava a ripetergli di non essere gay" si intromise Liam, scoppiando in una fragorosa risata.
Louis voleva tanto bene a quei tre, erano i suoi migliori amici, ma stavano proprio esagerando e lui aveva appena ricevuto una busta piena di documenti piuttosto chiari da parte della sua azienda.
"Neanche la premura di farsi vivi, ma forse è meglio così" disse, sfogliando quei plichi e firmando dove era richiesto senza nemmeno leggere. A diciassette anni non ti serve un lavoro, non uno del genere, almeno.
Zayn gli era seduto di fianco mentre gli altri due continuavano a punzecchiarlo, e sembrava l'unico ad incoraggiarlo in tutto, in maniera piuttosto seria. Quando lo vide mettere l'ultima firma quasi lo abbracciò.
"Ragazzi, perché non vi levate dai piedi?" propose, suscitando sguardi perplessi nei tre. Liam guardò l'ora e appurò di dover andare ad aprire il locale e Niall... beh, Niall poteva benissimo andare con loro.
"E' sabato, Lou, vieni con noi" propose il biondo, ma Louis rifiutò categoricamente, non aveva voglia di vedere nessuno. I tre sbuffarono e poco tempo dopo uscirono dall'appartamento lasciandolo solo.
Dopo la bella scenetta dal preside, dove si era sentito spiattellare davanti agli occhi la verità sulle abitudini scolastiche di Harry, aveva chiesto di essere riaccompagnato a casa, suscitando una fragorosa risata nel riccio che, invece, venne sospeso per una settimana.
Quindi adesso era a casa, da solo, a cercare di riordinare le idee. Fu proprio mentre stava scaldando un po' di acqua per il thé che sentì armeggiare con la serratura della porta e poi un leggero bussare.
Si affacciò alla finestra accanto e intravide Eleanor. Non aveva le chiavi di quella casa, non da quando aveva finalmente firmato i documenti per il divorzio, almeno, quindi non riusciva a capire cosa stesse facendo lì sul suo pianerottolo.
"Brutto idiota" la sentì imprecare, sbattendo un pugno contro il muro. Sbuffò e, alla fine, andò via. Non poteva aprirle, aveva troppa paura che lo riconoscesse.
Vigliacco sempre e comunque.
Quando fu certo che fosse andata via, Louis sbuffò, tornando alla sua acqua che stava per strabordare dal pentolino. Era proprio un disastro ai fornelli. Prese una bustina di yorkshire tea e la mise in una tazza versandoci poi l'acqua bollente.
Impiegò una buona mezz'ora fatta di pensieri tormentati per bere e, alla fine, giunse alla conclusione che non sapeva nemmeno dove abitasse Harry e voleva assolutamente vederlo.
Lui, non la sua ex moglie che non aveva più nessun diritto di chiedergli favori, ormai.
Lui e basta.
Forse era meglio farsi una camomilla doppia e tentare di dormire. Certo, sarebbe stata una soluzione perfetta, se non gli fosse arrivato un messaggio da Niall che lo informava della presenza di Harry al locale.
"Sei ancora sicuro di voler restare lì da solo?"
Si preparò con una velocità alquanto innaturale e il suo ingresso nel posto fu accompagnato dagli applausi dei suoi amici, seduti al tavolo più vicino.
Tre birre, un superalcolico e due shottini dopo, qualcuno gli stava tenendo il viso mentre vomitava anche l'anima. Eppure lui l'alcol l'aveva sempre retto piuttosto bene.
"Se avessi saputo di farti questo effetto, sarei venuto direttamente a casa tua coi tuoi amici."
Harry gli stava vicino, tenendogli i capelli all'indietro mentre finiva di buttare fuori qualsiasi cosa si rivoltasse nel suo corpo e si sentiva parecchio vulnerabile, stupido, imbarazzato.
Eppure glielo avevano fatto notare che stava esagerando, e che non era con la scusa di conoscere i proprietari che avrebbe potuto scolarsi tutto il bar. Eppure aveva pensato sul serio che quella fosse l'unica reazione normale ad un Harry Styles seduto in braccio ad un ragazzo bellissimo e che non era lui. Aveva pensato fosse normale essere così gelosi di una persona che gli stava scombussolando la vita intera. Il punto era che vederlo baciare quel tipo gli aveva fatto ribollire il sangue nelle vene e bevve più che per quello per il fatto che con Eleanor non era mai, e davvero MAI, stato così geloso. Perché meravigliarsi, poi, lui non l'amava, non gli importava nulla di lei, se gli fosse importato avrebbe aperto la porta di casa sua quando l'aveva vista e le si sarebbe mostrato per quello che era diventato: un ragazzino di diciassette anni, a cui erano iniziati a piacere gli altri ragazzini. Anzi no, uno solo: quello riccio dalla voce roca e profonda che gli stava accarezzando la testa mentre si assicurava che si fosse ripreso.
"Lasciami perdere" blaterò, cercando di toglierselo di dosso. Si rialzò in piedi e andò a sciacquarsi il viso e la bocca prima di guardarsi allo specchio: aveva un aspetto orribile.
"Vai via?" gli chiese Harry, con apprensione nella voce. Louis si voltò a guardarlo e annuì semplicemente, poi "vengo con te" si sentì proporre.
"Mi sembravi occupato" gli fece notare e Harry sorrise, con quelle stramaledette fossette ad occupargli mezza guancia.
"Appunto, sembravo ma non lo ero. E ora di certo non lo sono più."
A Louis parve mancare il respiro e voleva davvero fuggire lontano anni luce da lì, andare dai suoi amici e comunicare loro che si sarebbe rinchiuso in casa a vita e che si sarebbe anche ritirato da quella scuola. Voleva implorare Niall di non osare far sapere mai a Harry dove abitasse, e di aiutarlo a non impazzire senza prenderlo in giro. Voleva andare da Eleanor, inventare la stupida scusa che era un conoscente di William e provare a vedere se stava bene, perché si sentiva improvvisamente in colpa per lei, anche se non era vero.
Voleva fare tante cose che gli sembravano buone, Louis, ma l'unica che uscì dalla sua bocca e che, poi, effettivamente fece, fu informare Harry che "voglio far parte della squadra di basket, è l'unica cosa che mi rende felice." E forse Harry ci rimase un po' male.
"Perché mi stai ignorando?" gli chiese, ma Louis, ovviamente, non rispose.
"Non ti sopporto quando non mi rispondi, lo sai?" si lamentò e Louis sospirò rassegnato, prima di dire "neanche io mi sopporto quando lo faccio, sono sempre stato un uomo molto loquace."
Harry sbattè le ciglia un paio di volte, confuso, e "uomo? Non sei ancora così vecchio, caro Luke."
"Oh, non hai idea di quanto ti sbagli, Harry" disse quasi mugugnando, sbattendo i pugni contro la parete e tirando indietro le lacrime che minacciavano di uscire. Doveva allontanarsi da lui.
"Mi piacerebbe me lo spiegassi" propose, allungandogli una mano. Louis la guardò circospetto, per poi volgersi completamente verso il suo viso. Sembrava di nuovo così timido e tranquillo come quel primo giorno che ci cascò come un cretino e la prese.
"Lasciami venire con te" propose di nuovo, accarezzandogli il palmo della mano col pollice. Louis annuì convinto che sarebbe finita lì, che uscendo da quella stanza sarebbe riuscito a dirgli, almeno questa volta, che no, doveva lasciarlo in pace. Non capiva tanta riluttanza da parte di se stesso, ma si sentiva troppo vecchio, stanco, afflitto, per potersi comportare come un ragazzino alle prese con la sua prima cotta.
Ma Harry era sempre un passo avanti a lui, sempre più impulsivo, diretto, andava dritto al punto, e quando Louis si voltò verso la porta, lo tirò per il braccio e se lo sbattè addosso. Gli diede un bacio che più che un semplice scambio di lingue e saliva sembrava uno scambio di aria e Louis mugolò sulle sue labbra carnose, fallendo miseramente nel tentativo di allontanarsi.
Perché continuava a volerlo fare? Gli piaceva da morire il modo in cui Harry lo baciava, il modo in cui lo accarezzava e lo faceva sentire protetto. Erano tutte sensazioni che gli facevano ancora paura, ma avrebbe preso la residenza sulle sue labbra a vita, se ce ne fosse stata la possibilità.
Dio santissimo, si ritrovò a pensare, era gay e, probabilmente, senza quell'incidente non l'avrebbe mai capito.
"Mi piacciono moltissimo le tue labbra" disse, imitandolo palesemente. Gliele morse subito dopo e Harry si lasciò sfuggire un gemito di piacere. "Le vorresti sul tuo corpo, vero? Magari tra le tue gambe... muoio dalla voglia di infilarmi tra le tue gambe" gemette eccitato, passando le mani lungo i suoi fianchi e andando a fermarsi con una di esse sul cavallo dei suoi pantaloni. Era eccitato, Louis, esattamente quanto lui, e questo gli fece mordere il labbro e tirar fuori la lingua per leccargli il suo.
"Andiamo a casa mia" riuscì a dire, con le labbra gonfie e la voce impastata dall'eccitazione. Harry annuì, continuando ad accarezzargli l'erezione da sopra i vestiti e gli diede un bacio sulla guancia prima di trascinarselo dietro fuori da lì, sotto gli sguardi curiosi, felici e forse un po' infastiditi di tutti i presenti.
Una volta in strada, Harry si sentì di nuovo come se gli mancasse l'aria, quindi lo tirò a sé e premette le labbra contro le sue. Non riusciva proprio a farne a meno, erano diventate come una droga per lui.
"Stai... fermo. Harry..." provò a lamentarsi, ma niente, doveva proprio tornare ad allenarsi se voleva imparare a fronteggiare la sua forza.
"Non penso di riuscire ad aspettare fino a quando arriveremo a casa tua, è molto lontana?"
Louis, riuscito finalmente a staccarsi, stava accendendo il motore dello scooter e si ritrovò costretto ad annuire, vedendo la preoccupazione crescere sul volto di Harry.
"Sbrighiamoci, allora" disse il riccio, buttandosi di peso sul mezzo e avvinghiandosi completamente al corpo di Louis, il quale gemette per i brividi che quel contatto gli provocò. Gli permise di mettergli le mani ad accarezzarlo sotto i vestiti, pregando di non finire fuori strada mentre la sua erezione si induriva sempre più.
Probabilmente Harry doveva averlo riempito di morsi e segni sulla nuca e su gran parte del collo, perché aveva le labbra ancora più rosse e gonfie di come le aveva lasciate.
Parcheggiò malamente davanti alla porta e cercò con ansia crescente le chiavi che fece fatica a trovare. Il fatto che Harry si fosse spinto di nuovo con il petto contro la sua schiena non è che gli stesse facilitando l'operazione.
"Ti prego" si lamentò Louis, cercando di non perdere la concentrazione mentre sentiva l'eccitazione del riccio premere sul suo sedere.
Ma cosa stava facendo? Si era davvero portato a casa un ragazzo per scopare? Era davvero così disperato? Qualunque fosse il motivo, le labbra di Harry Styles erano diventate solo una parte delle cose che voleva assaporare di lui.
"Apri questa porta prima che ti apra qui su questo pianerottolo" lo minacciò, proprio quando finalmente la serratura iniziò a girare e si ritrovarono in casa nel buio più totale.
Louis perse leggermente l'equilibrio, forse inciampò in qualcosa che non era sicuramente al suo posto, quando Harry lo baciò una, due, forse dieci volte, prima di permettergli di riprendere fiato. Forse andarono anche a sbattere contro la parete vicino alle scale e per poco non caddero a terra l'uno sull'altro quando Harry iniziò a dire frasi sconnesse e dettate dal desiderio. Si spostò sul suo collo e iniziò a baciarglielo come e dove poteva, mentre Louis affondò le dita tra i suoi ricci e se lo spinse ancora di più addosso, come se ci fosse bisogno di invogliarlo. Tirò la testa all'indietro abbandonandosi all'eccitazione, e sentì il ragazzo prendere i suoi vestiti e iniziare a sfilarglieli di dosso, a partire dalla giacca, per finire con la maglietta. Non poteva vedere il suo petto con quel buio pesto ma, da come lo accarezzava, Louis era certo che gli dovesse piacere molto.
Abbandonò il suo collo per scendere verso i capezzoli che prima stuzzicò con le dita e poi, una volta inturgiditi, si divertì a bagnarli con la saliva. Louis credeva di poter venire da un momento all'altro anche così e glielo fece notare, gemendo piuttosto oscenamente.
Scese ancora con le mani, avventandosi sulla cerniera dei suoi jeans, che abbassò per tirarli giù con violenza insieme ai boxer. Automatica fu la reazione di Louis di scalciarli via, e di allargare leggermente le gambe. Sembrava quasi abituato a situazioni del genere, la consapevolezza lo fece rabbrividire.
"Sei bellissimo" mugolò Harry, con ancora tutti i suoi vestiti addosso. Glielo ripetè all'orecchio, prendendogli l'erezione in mano ed iniziando a masturbarlo. "Dio, sei bellissimo e io vorrei scoparti per tutta la vita." Louis ringraziò per la prima volta quel buio perché quelle parole in parte lo spaventarono e in parte lo infastidirono, ma intanto si era lasciato spogliare, toccare, doveva smetterla di fare finta, lo voleva come e più di Harry.
"Togliti tutto e fallo, allora" si lamentò, prendendo poi possesso di nuovo delle sue labbra, sentendo la sua mano sul suo cazzo e muovendo il bacino verso di essa come a pregarlo di fare più forte. "Non sto scherzando, ho bisogno che tu lo faccia, Harry, e anche subito."
Non poteva vederlo bene, ma era sicuro che adesso il riccio stesse sorridendo contento, e gli diede un paio di altri baci sul collo, prima di allontanarsi e iniziare a liberarsi degli ingombranti vestiti che lo coprivano.
Gli si premette di nuovo contro facendo scontrare le loro eccitazioni e lo baciò un'altra volta sulle labbra prima di prendergli entrambe le mani ed intrecciarle alle proprie mentre si inginocchiava e gli prendeva il cazzo in bocca. Louis strinse talmente forte le dita da affondare quasi nelle mani di Harry e iniziò a sentire la fronte imperlarglisi di sudore perché non ci stava credendo, non era possibile che stesse succedendo una cosa simile.
Harry succhiava come se fosse nato per farlo, poteva sentire i rigurgiti e i suoi mugugni di piacere man mano che la punta toccava la sua gola. Abbandonò una sua mano per potersi permettere di giocare coi suoi testicoli già in procinto di scoppiare e Louis era certo che un pompino del genere non lo avesse mai ricevuto da nessuno, prima.
Non che avesse questi grandi termini di paragone, ma ne era comunque certo.
Harry finì il suo lavoro, lasciando un bacio quasi tenero sulla sua punta arrossata e, con la mano che andava a tastarlo in ogni centimetro del suo petto e del suo collo, andò a riprendere quella che aveva lasciato, abbandonando l'altra per potergli sollevare una coscia a cercare la sua apertura. Louis credette di impazzire a quello sfioramento, e si spinse quasi automaticamente verso la sua mano.
"Ti prego" piagnucolò disperato, sentendo le dita di Harry che solleticavano quell'orifizio ancora inviolato, e il riccio ce ne infilò dentro due contemporaneamente, facendolo urlare per il dolore.
"No no, per favore, non gridare, non voglio farti male" si premurò di dire cercando i suoi occhi. Louis non disse altro, ma non riusciva proprio a rilassarsi e continuava a lamentarsi del fastidio che stava provando, quindi Harry lo prese in braccio, fece aderire le sue gambe alla sua vita e "dimmi che c'è un divano o qualcosa di simile, qui nei paraggi" disse dolcemente. Louis gli buttò le braccia al collo affondando il viso nella sua spalla e annuì, indicando alla sua sinistra. In controluce si intravedeva qualcosa e, in un paio di minuti lo sdraiò sul divano, mettendosi sopra di lui.
"Devi dirmelo se ti faccio male, per favore, odio sentire la gente che grida per colpa mia."
"Hai detto lo stesso anche a quel Ben?" Oh dio, ma che stava dicendo? Non era proprio il momento di fare scenate di gelosia.
"Con lui è stato diverso, tu mi piaci veramente" disse, alzandogli le gambe abbastanza per potercisi sistemare in mezzo e riprendere da dove aveva interrotto.
"Oh... mio... dio" mugugnò strozzato Louis, sentendo di nuovo l'intrusione.
"Sei strettissimo, non dirmi che... sei vergine?" E Louis si sentì morire a quella domanda, ci pensò un attimo e alla fine rispose "non l'ho mai preso" come se potesse bastare o risultare credibile. Infatti Harry rise, ma non gli disse per cosa, inserì un terzo dito, incurante di quelle ultime frasi e sforbiciò, sentendolo contorcersi per il dolore.
"Mi eccita sentirti gemere" commentò, prendendo la propria erezione in mano e massaggiandola con una certa frenesia, "mi eccita il pensiero di essere il primo a violarti" e tolse le dita, facendolo respirare per qualche secondo, intanto che srotolava un preservativo sul suo cazzo eccitato dalla masturbazione appena conclusa. Louis urlò in un modo che non pensava avrebbe mai potuto urlare, ma ci mise poco ad abituarsi all'ingombrante intruso. Harry si piegò per accarezzargli la fronte e sussurrargli che sarebbe andato tutto bene, che ci avrebbe pensato lui ad accudirlo, e Louis si lasciò prendere, mise le gambe in modo tale da non sentirle scomode e si lasciò scopare come riteneva fosse giusto. Harry era in preda all'orgasmo che sentiva imminente e gli baciò un altro paio di volte le labbra prima di venire dentro di lui.
"A saperlo, avrei portato anche del lubrificante con me" commentò stampandogli un bacio su una tempia mentre usciva dal suo corpo e si accasciava al suo fianco. Louis ebbe come reazione automatica quella di abbracciarlo, nonostante avesse iniziato a piangere senza vergognarsi che lo notasse.
"Lu, oh cazzo Lu, ti ho fatto male, vero?" domandò, rialzandosi di scatto. Mai come in quel momento desiderava che ci fosse più luce per poterlo guardare.
"No, non è quello, solo che... non me lo aspettavo. Lascia perdere" rispose, piangendo ancora.
"Vuoi che me ne vada?" chiese Harry, genuinamente triste al pensiero di averlo potuto traumatizzare o chissà che altro.
"Non dirlo neanche per scherzo, voglio che resti, anzi, ti dispiacerebbe portarmi a letto? Dormiremo più comodi, lì."
"Mi permetti di dormire con te?" E Louis rispose alla sua sorpresa dandogli un bacio leggero sulle labbra. Accese finalmente una luce, anche se piuttosto fioca, e si lasciò di nuovo prendere in braccio, guidandolo verso la sua camera da letto.
Si addormentarono abbracciati e senza nemmeno augurarsi buonanotte.
Il risveglio fu piuttosto traumatico per entrambi. Louis aveva degli amici decisamente turbolenti, ma anche piuttosto curiosi e avrebbe dovuto immaginare di ritrovarseli sbraitanti davanti al mattino presto.
"Niall, te ne vuoi andare?" ordinò Louis, cercando di coprire la sua nudità meglio che poteva, con Harry che ancora gli stava quasi del tutto addosso e gli impediva i movimenti.
"Oh cristo, io... eravamo preoccupati, idiota!"
"Uscite subito di qui" urlò autoritario, facendo finalmente svegliare anche Harry, che aprì gli occhi piano cercando di capire che cosa fosse tutto quel rumore.
"Buongiorno" gli mormorò dolcemente, spostandogli i ricci dal viso. Era bellissimo anche col volto assonnato.
"'Giorno" biascicò l'altro, allungandosi per poterlo baciare. "Posso restare qui?" chiese mogio, tirando persino leggermente il labbro inferiore all'infuori, rendendo automatico per Louis l'impulso di piegarsi a morderglielo, prima di dargli il permesso. Harry lo abbracciò di rimando, facendolo ricadere sul materasso.
"In caso non te ne fossi accorto, ci sono i miei amici di sotto" provò a fargli notare, per fermarlo, ma Harry non ne voleva proprio sapere di vederlo sgattaiolare via da sotto di sé. "E io sto morendo di fame" continuò, cercando di rimanere saldamente tranquillo, incurante della lingua di Harry che gli stava leccando il collo come se non ricordasse quando l'avesse fatto l'ultima volta.
"Digli di portarci la colazione a letto" propose, spostandosi a fissarlo negli occhi, e Louis rise per il modo quasi innocente in cui lo disse. "Non dire cazzate, fammi alzare, dai" ordinò, e Harry si ritrovò a sbuffare, arrendendosi.
"Ok, ma io giù non ci scendo, resto qui" protestò.
"Non pensavo comunque di invitarti a seguirmi" gli rispose, alzandosi dal letto in un slancio e andando a recuperare qualcosa che lo coprisse. Indossò, insieme ai boxer, una tuta larga e comoda e si avvicinò claudicante alla porta quando lo sentì dire "portami almeno una brioche oltre a te stesso" facendolo sorridere senza rispondergli.
Solo quando si chiuse la porta alle spalle e fece un lungo respiro profondo capì la gravità della situazione.
"Tommo, io non centro, parola d'onore, ma lo sai che quando Niall si agita Liam scatta e..." Zayn si stava giustificando, mettendo le mani avanti, e Louis lo trovò gentile da parte sua, era un modo molto particolare per fargli capire che lui avrebbe approvato qualsiasi cosa stesse facendo.
"...e tu non riesci a non essere una mamma chioccia con nessuno dei due, lo so benissimo, non ti preoccupare. Allora, almeno me l'avete portata la colazione o siete venuti soltanto a sentenziare?"
Si era accorto che sul divano con Liam e Zayn Niall non c'era, probabilmente era in cucina ad armeggiare con la colazione o chissà che altro perché avrà già avuto la sua bella conversazione insensata coi due.
"Niente da sentenziare, Louis, volevamo solo capire, e credimi se ti dico che ultimamente si fa molta fatica a capire quello che ti sta succedendo" iniziò Liam, cercando di sembrare serio e professionale, neanche stesse leggendo la cartella clinica di un paziente difficile. "Quindi aiutaci a capire."
Louis si accomodò sulla poltrona alla destra del divano realizzando solo in quel momento la presenza dei vestiti sparsi vicino alle scale alle loro spalle. Si sentì talmente in difetto da non sapere da dove iniziare.
"Non lo saprei spiegare neanche io, Lì, dico sul serio. Pochi giorni fa ero un uomo, esattamente come voi, che sperava solo di poter tornare a vivere, di provarci almeno, magari partendo dal mio lavoro. Sai della mia segretaria Danielle, no? Penso che sia innamorata di me da sempre ma che per rispetto verso Eleanor non si sia mai fatta avanti."
"Ti piace?" lo interruppe l'amico, facendolo sospirare.
"Se ti dicessi che non mi piace ti sorprenderebbe?" e Liam si voltò verso Zayn che lo guardava come se in lui ci fossero tutte le verità del mondo, prima di tornare a Louis e confessargli che "ti avrei preso a pugni se mi avessi detto che improvvisamente ti piace quella lì. Per carità, è molto carina e probabilmente hai ragione tu, ma non puoi andare avanti a ripieghi, amico mio." Zayn gli prese la mano approvando ogni singola parola. Era bellissimo come si trovassero sempre sulla stessa lunghezza d'onda, Louis li odiava quasi per questo.
"Non volevo dire questo, solo che... pensavo che se non mi fosse successa questa cosa non avrei mai conosciuto Harry e probabilmente adesso sarei qui a piangermi addosso sentendomi un fallito."
"Ma tu non sei un fallito, tu mi hai salvato la vita" si intromise finalmente Niall, sbucato proprio da dove pensavano fosse, la cucina.
"E forse tu l'hai salvata a me, amico mio" gli confessò con un mezzo sorriso.
"Quindi ci stai dicendo che sei nella fase in cui ti piacciono i ragazzi? Potrei quasi gioirne." Zayn e i suoi commenti diretti, adorabile anche per questo.
"Probabile, non che abbia avuto molto tempo per pensarci, prima."
Annuirono tutti insieme a quella affermazione, ricordando perfettamente il matrimonio organizzato in fretta e furia ventanni prima e la faccia da morto che aveva assunto Louis durante tutta la cerimonia.
"L'hai preso il treno, quindi" disse sommessamente Liam. Louis gli fece un cenno quasi impercettibile e forse arrossì anche, ma cosa poteva importare.
Gli diedero un paio di pacche sulle spalle e Niall propose finalmente di fare colazione, che sentiva ancora la bocca impastata dalle birre che aveva bevuto la sera prima. Prese in giro Louis per i segni violacei che aveva sparsi per il collo facendo sghignazzare gli altri due e si mise a sedere.
"Può unirsi a noi, se vuole" gli suggerì Liam, cercando con lo sguardo quello di Niall e Zayn, i quali annuirono, ma Louis disse di no "a lui ci penserò io."
"Hai intenzione di restare lì tutto il giorno?" esordì entrando nella stanza con un vassoio sul quale aveva poggiato una tazza di cappuccino e un muffin ai mirtilli.
Harry aveva infilato la testa sotto un cuscino e se ne stava a pancia sotto col lenzuolo che lo copriva malamente dalla vita in giù. Louis era certo che non avesse nemmeno per un attimo pensato di coprirsi, là sotto, quindi sospirò. Il riccio biascicò qualcosa che non capì in risposta alla sua domanda e, finalmente, si fece vedere mentre ripetè "speravo che questa fosse la tua, di intenzione" ammiccando.
"Non vorrai restare qui tutta la settimana" si lamentò, sebbene non è che la trovasse poi così male come idea, e Harry, infatti, dovette averlo notato quando si mise a sedere, mostrandogli la sua nudità e gli disse a bassa voce "sai che mi piacerebbe" mordendosi il labbro mentre lo squadrava, portandosi le mani in grembo, a sfiorarsi.
Louis fece finta di niente e gli porse il vassoio che il ragazzo, sbuffando, prese e poggiò sul letto.
"Hai mangiato senza di me" constatò, ma Louis alzò semplicemente le spalle, cercando di riordinare le sue cose per andare finalmente a farsi una doccia. Aveva ancora il suo odore dappertutto e stava impazzendo.
"Vado a farmi una doccia" lo informò con un casto bacio sulla fronte, "mangia con calma."
"Voglio fare la doccia insieme a te" gli disse, tirandolo per un dito e il "no" deciso di Louis lo fece zittire al volo. Ci mancava solo quello.
Sotto il getto d'acqua tiepida, il ragazzo spese più tempo del dovuto a pensare, ultimamente pensava davvero troppo e si ritrovò a ridere perché avrebbe dovuto imparare a farlo molto tempo prima. Era diventato pesante, paranoico, forse anche un bel po' patetico, ma non riusciva a non pensare a tutto quello che gli era successo e tutto quello che si erano detti lui e Liam.
C'era un ragazzo nella sua camera da letto, ci aveva fatto sesso per ore e gli era piaciuto da morire. Certo, adesso aveva un dolore non indifferente al culo, ma niente che non potesse gestire.
Aveva appena deciso, mentre si insaponava, rendendosi conto di come il solo pensiero di Harry dentro di lui lo facesse eccitare, che avrebbe imparato a prendere tutto come veniva, che l'avrebbe vissuta come avrebbe fatto un normale diciassettenne.
Aveva appena deciso, iniziando a toccarsi, che il Louis Tomlinson con una ex moglie e un figlio che non conosceva quasi per niente non fosse lui ma il triste protagonista di una storia da non raccontare a nessuno.
Tornò in camera con in dosso i pantaloni della tuta e a petto completamente nudo, mentre si asciugava i capelli strofinandoli con un'asciugamano. Trovò Harry seduto sul letto a gambe incrociate che ancora mordicchiava il muffin.
"Ma quanto ci metti a mangiare?" esclamò, notando con disappunto le briciole sparse ovunque. Si calmò subito, in fondo quelle lenzuola necessitavano di essere cambiate.
"Mi sono distratto" gli rispose Harry, "e tu dovresti coprirti" suggerì poi.
"Perché? Se c'è qualcuno che dovrebbe farlo, qui, sei tu, ma prima ti suggerirei una doccia calda."
"Non voglio togliere il tuo odore dal mio corpo, mi fa stare bene" confessò genuinamente, senza alcun tipo di malizia nella voce, col tono di un bambino felice.
"Ok" sospirò Louis, ringraziando di essere coperto lì dove si potessero notare reazioni strane, "allora mi farai la cortesia di vestirti, almeno?"
"Me lo stai chiedendo per me o per te?" Com'era perspicace, Louis stava già deglutendo a vuoto da un po' perché proprio non riusciva a non buttare un occhio lì dove si stava stuzzicando con la punta delle dita. Non riusciva proprio a non pensare a quando lo aveva avuto dentro di sé e il dolore tornò puntuale a farsi sentire per ricordarglielo meglio.
"Per... per te, mi pare ovvio, potresti prenderti un malore a stare così tutto il giorno" articolò cercando di distrarsi.
"Sembri mio padre" si lamentò, andando a raccattare i suoi vestiti sparsi sul pavimento e mettendoseli disordinatamente. Louis si sentì finalmente libero di respirare normalmente.
"Sei contento, adesso?" E Louis annuì semplicemente, tornando a massaggiarsi la testa. Harry spostò il vassoio dal letto alla scrivania e iniziò a tirar via le lenzuola lanciandole in un angolo del pavimento.
"Ehi, non è così che si fa" si lamentò corrugando la fronte e Harry lo trovò divertente, mentre smollava tutto a terra e, abbandonando le braccia lungo i fianchi, propose "e come si farebbe, papà?"
"Non chiamarmi in quel modo, non sono tuo padre" alzò leggermente la voce e Harry si sentì rimproverato, capì che era serio e il suo "scusa" non bastò a farlo smettere di essere spaventato.
"Scusa, è solo che... non chiamarmi in quel modo" ripetè. Il riccio abbassò il capo come a dire che era d'accordo e non disse una parola quando gli si avvicinò e si mise di fianco a lui quel tanto che bastava per poggiare la testa sulla sua spalla e sussurrargli "mi hai trattato comunque meglio di come mi avrebbe mai trattato lui" in un orecchio, prima di dargli un leggero bacio sulla tempia e riallontanarsi.
"Vado a casa" annunciò, e Louis perse un battito a quella notizia. Non voleva che se ne andasse?
Lo prese per un braccio e "no" disse fermo. Harry lo guardò e si avvicinò prendendogli il viso tra le mani e baciandolo con irruenza. Ogni volta sembrava che quel contatto gli fosse mancato per decenni.
Louis si sentì bene solo in quel momento, con quelle labbra carnose appiccicate alle proprie e quella lingua che cercava la sua e lo macchiava della sua saliva. Si lasciò trasportare da tutto quell'impeto rispondendo al bacio con un gemito di piacere.
"Mi piaci troppo, dio sì, mi piaci troppo" mugugnò Harry, una volta sentito il bisogno di riprendere aria. Louis aveva ancora gli occhi socchiusi e adesso, man mano che li apriva, andava ad osservare quelli liquidi dell'altro. Si poggiò sul suo petto sentendosi incredibilmente piccolo per via dei quindici centimetri che li separavano in altezza e respirando dalla sua pelle lo salutò, dandogli un bacio leggero sulla clavicola scoperta e raccomandandosi di chiamarlo una volta a casa.
Il riccio gli scrisse il suo numero su un foglio, glielo porse e Louis ringraziò tutte le divinità celesti per non avere il suo cellulare a vista, non avrebbe saputo spiegargli parecchie cose, tra cui le imbarazzanti foto di un uomo che, ormai, non esisteva più.
Normalmente, Louis spendeva la domenica passando in rassegna tutto quel che era successo in azienda durante la settimana, gli appuntamenti e le pratiche amministrative. Invece quel giorno era sdraiato sul suo letto (aveva cambiato le lenzuola nel frattempo) a guardare quei documenti di licenziamento. Li aveva firmati tutti con leggerezza e adesso che si era messo a leggerli non riusciva a smettere di ridere.
Fantastico, pensò, adesso era pure disoccupato. Li rimise nella cartellina gialla da dove li aveva tirati fuori e la richiuse, adesso era pronta per essere spedita.
Si rimise comodo, cercando di trovare una posizione che gli impedisse di provare fastidio, optando per un faccia in giù, e proprio in quel momento il cellulare prese a squillare sul comodino. Sbuffò per il fatto di doversi già muovere per rispondere ma, notando che aveva già smesso, si rituffò nel materasso. Qualche minuto dopo riprese a squillare e dovette arrendersi e prenderlo, per vedere chi lo stesse assillando in quel modo.
Sorrise quando lesse "ciao, sono Harry :) " nel primo messaggio e poi "forse non volevi ti scrivessi così presto, scusami :( " nel secondo. Forse gli si imporporarono persino le guance, quando si girò su un fianco e iniziò a rispondergli. Non sapendo cosa scrivere cancellò più volte le parole, che cavolo, non era più abituato a cose del genere.
"Ti sto mettendo in difficoltà?" recitava il terzo messaggio che gli arrivò mentre stava tentando di scrivere una frase sensata e si spazientì quando vide che ne stava scrivendo un quarto, inviando un secco "la smetti? Sto cercando di concentrarmi" che gli fece ricevere una serie incalcolabile di faccine che ridevano con le lacrime.
Questa cosa era imbarazzante.
"Su cosa?" ricevette, "su di me? Perché io sono molto concentrato su di te. Dove sei?"
Era serio? A Louis cadde il telefono di mano e iniziò a fissarlo come se potesse uscirne un mostro a momenti.
"Scusa, mi lascio sempre prendere un po' troppo la mano, ma mi manchi già e non ti ho detto ancora che la scorsa notte è stata forse la più bella della mia vita :( "
Louis, leggendo quel messaggio, pensava di avere a che fare con un ragazzino molto audace - fin troppo audace - che fino a quel momento si era sempre divertito molto e non stava più capendo. Pensava che fosse tenero poter essere di nuovo la prima cotta di qualcuno, in fondo a chi non fa piacere quando interessa a qualcun altro? Specialmente se quel qualcun altro è tanto carino come Harry.
Rilesse il messaggio e, piuttosto velocemente, rispose "ho notato che sei un ragazzo molto impulsivo e che non perde tempo. Sono stato benissimo anche io, come non mi succedeva da tantissimo tempo. Sono nella mia stanza, comunque, sono stanco morto e sai benissimo perché."
Passarono un paio di minuti prima che la risposta di Harry arrivasse e Louis si sentì avvampare appena la lesse.
"Mi dispiace, ma di solito so fare di meglio. Vorrei fossi qui, in questo momento, almeno non userei la mia mano su di me."
Louis non credette ai suoi occhi. Il pensiero di Harry che si toccava mentre gli scriveva lo fece ansimare leggermente, mentre si riposizionò ben sdraiato, stavolta a pancia in su.
"Cosa stai facendo, Harry?" inviò, ben conscio della risposta. Ormai era in quel tunnel, tanto valeva arredarlo per bene, anche se in un piccolo angolo del suo cervello si era convinto che glielo avesse domandato in maniera del tutto disinteressata e paterna. Infatti mica aspettò la risposta con una mano che passava sul suo petto, in attesa di chissà che cosa.
"Mi sto toccando, perché mi manchi tantissimo."
Precisamente.
Ma perché glielo aveva chiesto? Doveva finire questa storia in cui faceva una cosa e poco dopo se ne pentiva. Era sempre così da quando conosceva Harry, lo faceva ammattire.
"Stai pensando a me, mentre lo fai? Vorresti fossi io a farlo?" digitò a fatica, mentre infilava una mano nei pantaloni della tuta, sotto i quali non aveva indossato le mutande, e prendeva il suo cazzo tra le mani. Stuzzicarne la punta non era mai stato così piacevole.
"Penso a te sotto di me dal primo momento in cui ti ho visto. Vorrei scoparti di nuovo, sempre, infilarti la lingua tra le gambe e sentirti gemere il mio nome. Oh dio, Lu, sto già per venire al pensiero!"
E anche Louis si era eccitato in maniera imbarazzante, tanto che era stato costretto a pompare più forte e ad interrompere la conversazione per un po'. Harry, però, continuava a scrivergli e ogni messaggio, sebbene arrivasse con molto ritardo, era sempre più spinto del precedente.
"Quel buco strettissimo mi manca tanto, e le tue cosce sono così lisce da accarezzare, le leccherei via tutte. Mi mancano le tue labbra, vorrei scopare anche quelle, sentire il mio sapore direttamente da lì."
"Mi sembra di non vederti da anni."
"Lu, ti prego."
"Voglio marchiarti e far sapere a tutti che sei mio."
Louis lesse quelle parole e dovette strozzare un gemito con la mano, manco ci fosse il rischio che qualcuno potesse sentirlo, prima di riuscire a riacquistare le forze necessarie per rispondergli. Aveva perso del tutto il controllo.
"Stuzzicami" fu l'unica cosa che riuscì a scrivere. Harry digitò quasi subito un "voglio sentire la tua voce, chiamami, per favore" e sembrava molto implorante, sebbene non potesse percepire il suo tono, quindi accettò e mise in vivavoce. Quello che sentì lo fece eccitare ulteriormente, tanto che dovette riprendere a masturbarsi con molta più frenesia.
"Ciao" gli disse Harry, con la voce roca del desiderio.
"Ciao" rispose Louis.
"Mi si è indurito ancora di più solo a sentirti, che effetto che mi fai" continuò a parlare a fatica, "perché non... sei qui, Lu?" E non lo sapeva, allo stato delle cose se lo stava chiedendo anche lui perché non fosse con lui.
"Mi sembra che te la stia cavando molto bene anche senza di me" mugugnò, sentendo il liquido preseminale sulla punta delle dita.
"Oh no, perché qui non c'è la tua bocca da baciare e il tuo cazzo da scopare. Io... non ce la faccio, Lu, sto per venire, mi stai distruggendo senza nemmeno toccarmi, oh..."
Sentiva degli strani rumori in sottofondo ed inevitabile fu per Louis domandare "sei sul letto?" ad un eccitatissimo Harry che rispose molto piano un "sì, e ho un giocattolino tra le mani, sai..."
"Che cosa?" esclamò sbalordito, quel ragazzo era pieno di inquietanti sorprese. "Di che stai parlando, Harry?"
"Mi mancavi troppo e... ora sono così felice di poter sentire la tua voce. Posso toccarti, Lu? Mi permetteresti di farlo, vero? Muoio dalla voglia di toccarti, di sentirti fremere. Stanotte era così bello sentirti tremare mentre ti toccavo."
Louis stava impazzendo al pensiero di Harry che usava un giocattolino sessuale immaginando ci fosse lui al suo posto, stava impazzendo al pensiero di essere così sessualmente desiderato, e gemette, mentre Harry gli diceva lussurioso "voglio entrare dentro di te ancora una volta, la senti la mia lingua sul tuo cazzo? Oh, ha un sapore così buono."
"S-sì" rispose Louis, inarcando il bacino, come se sentisse davvero quella presenza estranea su di sé mentre continuava a toccarsi.
"Adesso lo prenderò in bocca tutto, fino a spingermelo in gola. Lasciamelo fare, Lu, ne ho bisogno." E l'unica cosa che ricevette in risposta furono i suoi gemiti sconnessi di piacere. Non ce la faceva più, l'orgasmo era ormai vicino.
"Gioco coi tuoi testicoli solleticandoli con una mano e tu... oh sì, Lu, gemi il mio nome, urlalo per me, ti prego."
"H-Harry, cazzo" piagnucolò, mentre il suo seme si riversava nel suo pugno. Lanciò un osceno urletto di piacere provando a riacquistare una posizione normale, e si morse il labbro quasi a sangue al pensiero della mancanza che sentiva. Voleva anche lui poter sentire davvero Harry che gli entrava dentro, ne aveva un bisogno esagerato, ed era certo che non fosse solo perché non faceva del gran sesso da anni, se si escludeva quello della notte precedente, ovviamente.
"Sei venuto senza di me, brutto cattivo, adesso ti punirò scopandoti senza pietà, sei pronto, Lu? Mi senti?"
"Sì" soffiò quasi impercettibilmente.
"Non ti ho sentito" continuò Harry, agitato dal desiderio, anche lui ad un passo dall'orgasmo.
"Sì, Harry, sì, oh dio ti prego" ed il riccio si voltò a pancia in giù, come se sotto di lui ci fosse qualcuno, spinse piano nel materasso, e poi anche lui venne nel suo pugno leccandosi lo sperma dalle mani e sorridendo mentre si riavvicinava al telefono. Aveva ancora il respiro affannato, e parlare era parecchio complicato ma, prima di interrompere la comunicazione, sussurrò "ti mando il mio indirizzo in un messaggio, sei pregato di raggiungermi entro sera se non vuoi che mi ripresenti a casa tua."
Aveva passato del tempo incalcolabile a camminare avanti e indietro per la sua stanza, accettando con fatica il fatto che non bastava il sesso meraviglioso che aveva fatto - con un ragazzo - in quel letto, adesso lo faceva anche per telefono.
Quando aveva iniziato a tormentarsi pensando che si sarebbe creato presto un solco sul pavimento se non avesse smesso di camminare sempre negli stessi punti, decise di cambiare stanza e vagò per i corridoi blaterando pensieri senza senso che lo portarono ad un unica soluzione: uscire di casa al più presto.
Harry gli aveva inviato il suo indirizzo come preannunciato appena chiusa la telefonata erotica e Louis era ancora ansimante e voglioso quando lo ricevette. Reagì buttandosi in doccia una seconda volta, regolando il getto di acqua fredda sul suo cazzo già in procinto di eccitarsi nuovamente. Era spaventato ma, allo stesso tempo, esaltato da tutto quello.
Tornò nella sua stanza cercando di guardarsi al lungo specchio dell'armadio per vedere se potesse apparire presentabile agli occhi di una qualsiasi persona lo avesse incrociato per strada. Per Harry il discorso sarebbe stato comunque diverso.
Si passò le mani tra i capelli sparandoli qua e là e, alla fine, passando le mano sulle proprie cosce, stabilì di essere pronto, aveva solo bisogno di infilarsi una giacca.
Arrivare a casa di Harry non fu facile, per non perdersi decise di prendere i mezzi, visto che non poteva usare la sua auto.
Il ragazzo doveva essere molto impaziente quando gli aprì la porta e lo tirò in avanti sbattendoselo addosso.
"Stavo già per inventare una scusa stupida con mia sorella per non cenare con lei" soffiò sulle sue labbra, poco prima di impadronirsene. Louis non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di essere dentro quella casa dal giardino pieno di fiori colorati, che aveva già la lingua di Harry infilata in gola. Non che gli dispiacesse, ma non riusciva proprio ad abituarsi alla sua irruenza, non ancora almeno.
Rispose al bacio con passione, pensando in maniera piuttosto ossessiva a quello che avevano fatto al telefono, e infilandogli una mano tra i ricci mentre con l'altra gli stringeva un fianco. Era diventato bravissimo, ormai, doveva ammetterlo.
"Non mi presenti il tuo nuovo fidanzato, Haz?" li interruppe una voce femminile che, poco dopo, Louis constatò appartenere alla copia sputata del riccio che aveva di fronte. Doveva essere sua sorella. Harry, di rimando, sbuffò infastidito e "Gemma, questo è Luke, Luke lei è Gemma, mia sorella."
Louis lo ascoltò stravolto: lo aveva davvero presentato come il suo ragazzo? Non ne avevano mai nemmeno fatto cenno, e per lui era tutto talmente nuovo, complicato che, ne era certo, non si sentiva affatto pronto per una cosa del genere.
"Resti a cena con noi, Luke?" chiese la ragazza, sorridendo educatamente e Louis non seppe bene cosa rispondere quando Harry iniziò a guardarlo speranzoso portandolo ad annuire.
"Perfetto, perché stasera cucino io e voglio sapere il parere di un estraneo" squittì sul posto Gemma sbattendo le mani. Louis la trovava già adorabile con le stesse fossette del fratello ad apparirle sul viso.
"Sì, ciao Gemma" si intromise perentorio Harry, cercando di smorzare il suo entusiasmo. La ragazza capì di dover sparire e così fece.
Ci furono degli attimi di silenzio in cui i due ragazzi si osservarono e "sembra simpatica" esordì Louis, timido.
"E tu mi stai troppo lontano" commentò roco il riccio, avvicinandoglisi quel tanto che bastava per potersi poggiare col naso sul suo collo e annusarlo prima di lasciarci un morso.
"Vieni" propose poi, prendendolo per mano, "andiamo in camera mia" aggiunse, facendolo tremare. Non aspettava altro.
La stanza di Harry doveva essere la più luminosa della casa perché, dal poco che aveva visto, gli era sembrata l'unica dotata di tre enormi finestre.
Il letto era matrimoniale e aveva le lenzuola nere. Di fronte troneggiava una scrivania stracolma di blocchetti, album da disegno, fogli mezzi strappati, tempere e matite colorate. Le pareti erano strabordanti di disegni dai quali Louis rimase incantato.
"Li hai fatti tu?" chiese, avvicinandosi per poter guardare meglio quelli sulla testiera del letto. Harry annuì senza però rispondere alle sue insistenti domande in cui gli chiedeva di descrivergli come gli fossero venute quelle idee. Al contrario, gli cinse la schiena e gli baciò una guancia, dondolandosi un po'.
"Adoro il tuo profumo" sussurrò al suo orecchio, "lo voglio addosso, tipo adesso." Louis voleva mantenere la calma, ma quel movimento oscillante, col petto di Harry che premeva sulla sua schiena, glielo stava rendendo molto difficile. Si fece spingere in avanti, piegato sul letto, mentre gli ordinava con poca veemenza di salirci sopra. Lo fece e, sempre di spalle, lo sentì prendere la sua camicia ed iniziare a sbottonargliela, mentre Louis reclinava la testa per poggiarla sulla sua spalla. In breve tempo fu privato di quell'indumento e il riccio iniziò a lavorare con la parte inferiore dei suoi vestiti, accarezzando il suo cazzo già semi eccitato attraverso la stoffa dei jeans, facendogli mordere le labbra gemendo.
Prese a sbottonargli i jeans e a tirarglieli giù piano, mentre si spingeva contro il suo bacino per andare a cercare la sua erezione nuda da prendere in mano.
"Oh, finalmente" commentò eccitato, masturbandolo. Louis ansimò, con la schiena inarcata e la testa a cercare una qualsiasi forma di contatto. Voleva baciarlo, perché non lo aveva ancora fatto?
Ad un certo punto Harry smise di toccarlo e Louis si sentì tremendamente solo, quasi cadde all'indietro, ma sentì dei movimenti e "toccati per me, tesoro" lo implorò, mentre si denudava. Louis lo fece, non si voltò nemmeno a guardarlo, si piegò in avanti, inarcò la schiena sbattendogli quasi il sedere in faccia e lo fece. Si toccò fino a che non sentì di nuovo la mano di Harry che andava ad aiutarlo mentre gli stringeva i fianchi con l'altro braccio. Si allineò al suo orifizio già pronto e, continuando a masturbarlo, lo penetrò, incurante delle urla che rilasciò per quel gesto inaspettato. Affondò tra le sue carni incontrollabile, come in preda ad un raptus sessuale e Louis stava perdendo la forza nella sua mano stretta attorno al suo cazzo mentre quello di Harry gli entrava dentro, tanto che quest'ultimo gliela tenne ferma continuando a massaggiarlo.
"Harry..." gemette "cazzo" continuò, iniziando a spruzzare liquido sulle loro mani, sentendo la risata felice di Harry che gli stava baciando il collo e la schiena standogli ancora dentro.
"Voglio baciarti... ti prego..." implorò Louis, provando a voltarsi alla ricerca delle sue labbra che sembravano solo in attesa di quell'ulteriore contatto quando riuscirono finalmente a trovarsi. Louis mugolò sbattendo contro i suoi denti e lo morse perché era questo che faceva ogni volta che si sentiva appagato.
"Mi farai uscire pazzo... forse già lo sono" sospirò Harry, pochi secondi prima di venire riempiendogli la schiena di sperma. Louis perse per un attimo le forze e si accasciò sul letto, seguito a ruota da Harry che andò ad impastricciarsi del suo stesso seme.
"Mi piaci, Luke, mi piaci tantissimo" confessò poi, accarezzandogli i capelli, e Louis si sentì morire, perché avrebbe tanto voluto sapere cosa avrebbe mai potuto pensare se, al posto di un Luke che non esiste, gli si fosse presentato un Louis Tomlinson di trentasette anni pieno di casini. Avrebbe tanto voluto sapere se anche per lui, in quel caso, si sarebbe ridotto tutto ad una scappatella.
Era sul punto di prendere il coraggio necessario per raccontargli la verità quando dal corridoio riecheggiò la voce di Gemma che li informava della cena pronta.
La settimana di sospensione per Harry passò tra il letto di Louis e il suo, e non avrebbe potuto chiedere di meglio. Aveva anche iniziato a fare amicizia con Liam Zayn e Niall, i quali ormai si comportavano anche con Louis come se diciassette anni li avesse sempre avuti e giustificavano il loro profondo rapporto con lui usando la sua 'parentela' col biondo.
Louis fu loro grato per come si stavano comportando, nonostante le continue ramanzine - specialmente dopo che Niall li aveva trovati, di nuovo, a letto insieme con la porta aperta.
Avevano accettato prima di lui quella nuova situazione che sembrava proprio non voler tornare alla normalità e, ora che lo aveva fatto anche lui - grazie a Harry - le sue giornate procedevano in maniera del tutto normale.
"Aveva proprio ragione Zayn quando diceva che soffrivi della sindrome di Peter Pan" fu il commento più che azzeccato di Liam.
Ancora più azzeccata fu, forse, la decisione di Louis di utilizzare quel noiosissimo tempo a scuola nell'unico modo che per lui pareva dargli giustizia.
"Aspetta, non ho capito bene. Ti sembra che abbiamo bisogno di qualcuno in squadra?"
Ben Winston era sempre stato un ragazzo arrogante, fin da prima dell'incidente con Harry, e ogni volta che qualcuno mostrava interesse ad unirsi al team di basket si sentiva minacciato personalmente.
Era il capitano, ma sapeva benissimo di non essere il migliore, quindi quando Louis si propose gli rise praticamente in faccia.
"Non ho detto questo" gli rispose con tutta la calma del mondo, "non ho chiesto nemmeno di giocare, solo di potermi allenare con voi."
Ben era titubante, in fondo non era lui l'allenatore, non prendeva lui decisioni del genere, ma era evidente che il suo problema era ciò che Louis rappresentava, ovvero la persona che stava con Harry al suo posto.
Perché sì, forse un pochino gli era piaciuto aver perso la verginità col riccio.
Sbuffò sonoramente, quindi, ed insieme andarono a parlare con l'allenatore, il quale lo guardò pensieroso prima di chiedergli una dimostrazione pratica delle sue doti. A Louis si illuminò il volto, prese la palla ed in pochi passi attraversò il campo e fece canestro con un leggero salto.
"Adesso contro Ben" suggerì l'uomo, ricevendo un'occhiataccia dal ragazzo che non sembrava affatto d'accordo. Louis annuì e, con sguardo concentrato, fece i suoi palleggi e, semplicemente, si liberò di lui girandogli intorno e facendo canestro con più facilità di prima. L'allenatore battè le mani in segno di approvazione e "sei dei nostri" gli comunicò, porgendogli poi una tuta della sua taglia. Louis era raggiante, non vedeva già l'ora di indossarla per continuare ad allenarsi, quindi si diresse verso lo spogliatoio.
Una volta lì notò, sulla parete sopra la fila di armadietti più lontana, una foto ingiallita. Incuriosito si avvicinò per guardarla meglio e gli venne quasi un colpo a notare se stesso al centro della sua squadra, ventanni prima. Si rese conto di come il ringiovanimento lo avesse cambiato e quella fu la prima volta in assoluto in cui si calmò certo che nessuno avrebbe mai capito che lui e il Louis Tomlinson di quella foto erano la stessa persona.
"C'è mio padre in quella foto" sentì all'improvviso da una voce alle sue spalle. Louis si voltò di scatto, cercando un modo per fingere sorpresa casomai avesse incrociato qualcuno che conosceva già bene. Così fu, in effetti, quando il ragazzo gli tese la mano e "Jason Donovan, mio padre è quello inginocchiato alla destra di Louis, il capitano. Quella sì che era una squadra!"
Louis deglutì, Jason era forse l'unico nome che William faceva sempre quando si trattava di amici e si sentì mancare al pensiero delle mille domande che avrebbe voluto fargli su di lui.
Si limitò, quindi, a stringergli la mano con un sorriso tirato mentre realizzava, ancora una volta, di che razza di padre orribile fosse sempre stato.
Ricordava benissimo il padre di quel ragazzo, poi, Jonah si chiamava, ed era quello che lo faceva più ridere, che gli dava più carica, non andava a trovare la sua famiglia dal giorno del suo funerale, cinque anni prima. Jonah lo capiva, riguardo alla paternità, perché anche lui aveva avuto suo figlio molto presto ma, a differenza di Louis, non aveva abbandonato i suoi sogni, era riuscito ad affiancarli alla vita reale, perché solo così avrebbe potuto essere felice e trasmetterlo alla sua creatura.
Glielo diceva ogni giorno, Jonah, "Louis lascia perdere Eleanor, tu non la ami, piuttosto pensa a quel bambino e cerca di essere un buon padre per lui, che non è sposando sua madre che lo diventerai."
Per poco non gli venne da piangere, ma dovette trattenersi di fronte a Jason che non avrebbe capito.
"Non ti piace la tua squadra? A me non sembra così messa male" provò a dire, cercando di evitare tutte le note negative che aveva notato in quei pochi momenti in cui aveva potuto osservare quei ragazzi.
"Mio padre e gli altri vincevano le gare importanti, noi a stento riusciamo a qualificarci. Ti ho visto, prima, mi hai ricordato tantissimo Louis, sai... mio padre aveva un sacco di filmati degli allenamenti e delle partite, li avrò guardati almeno mille volte e tu... hai il suo stesso stile."
Deglutì di nuovo, si voltò a guardare la foto e poi di nuovo verso il ragazzo, come a cercare un modo per fuggire via da quell'angolo.
"Sto andando ad allenarmi, vuoi fare qualche tiro con me?" propose, ricevendo un sorriso contento in risposta.
Passarono quasi due ore così, tra passaggi, palleggi e tiri a canestro, fino a che Jason si rese conto che si era fatto tardi e non aveva avvisato sua madre. Louis, che aveva ancora un po' di istinto paterno nascosto chissà dove, gli diede un buffetto sul viso e lo lasciò andare.
"Mh, se fossi una persona gelosa e possessiva, a quest'ora starei correndo dietro a quel tipo per spaccargli la faccia."
"E tu da dove sei sbucato?" domandò ad un Harry fin troppo selvaggio col cappotto aperto sopra una camicia di lino scura e i jeans stretti strappati alle ginocchia. Aveva degli stivaletti chiari, i capelli legati in un bun e le labbra rossissime mentre beveva dalla cannuccia qualunque cosa ci fosse nel bicchiere che teneva in mano.
"E dovrei anche preoccuparmi di un pallone, che ti estranea così tanto dal mondo" continuò in un ghigno. Louis si rese conto di essere fin troppo felice di vederlo.
Scese dal muretto tra gli spalti e si diresse verso il campetto e verso Louis abbastanza velocemente da non permettergli di prepararsi all'irruenza con cui gli sbattè contro nonostante il bicchiere e gli prese il viso con la mano libera per poterlo baciare.
"Mi mancavi" confessò in un sussurro sulla sua bocca socchiusa, desiderosa di altro contatto. Era assurdo, ma ormai Louis sentiva di aver sviluppato una vera e propria dipendenza dal corpo di Harry e se ne rendeva conto solo quando lo aveva davanti, il che forse era anche un bene.
"Ci siamo visti poche ore fa" gli fece notare Louis, dandogli un bacio leggero, al quale Harry rispose premendo le labbra contro le sue e quasi obbligandolo a schiuderle per poter inserire di nuovo la lingua nel suo palato.
"Lo so, ma mi mancavi lo stesso" affermò brontolando. Louis sorrise e lo abbracciò, lasciando rotolare la palla a terra. "Cosa stai bevendo?" chiese poi, e il riccio gli allungò la cannuccia invitandolo a provare, Louis tirò un sorso e "che roba è?" si lamentò quasi sputando il liquido a terra, tra la risata divertita di Harry che, cingendolo ancora per un fianco, "succo di carote e arancia, fa molto bene e l'ho preparato io." Louis sentì di nuovo sbucare quell'istinto paterno, perché si ritrovò a guardarlo con una certa fierezza prima di sussurrargli "e bravo il mio bambino" senza nemmeno rendersene conto.
"Mh" mugugnò il riccio, riavvicinandoselo ancora "ripetilo", alzando le sopracciglia compiaciuto.
"Cosa, che sei bravo?" domandò confuso l'altro, cercando di non rimanere ipnotizzato dai suoi occhi così vicini.
"No, cretino, quello che hai..." "...bambino? Vuoi che ti chiami bambino?"
"Il tuo bambino" disse, baciandolo sulla punta del naso "che muore dalla voglia di scoparti, qui, ora" continuò, solleticandogli la mascella col proprio naso, mentre scendeva a mordergli il collo. Louis ansimò scosso dai brividi e "non mi sembra il caso" provò a dire, nonostante il suo corpo dicesse tutt'altro.
"Lo so, i bambini non fanno certe cose, poi potrai punirmi."
Louis alzò gli occhi al cielo incredulo, Harry era una continua fonte di sorprese e lui non era più così certo di potercela fare.
"Non tratto male i bambini" si lasciò trasportare, sentendo come Harry avesse abbassato le mani, lasciato cadere il bicchiere ormai quasi vuoto, e infilato una nei boxer coperti dalla tuta e l'altra ad arpionargli una natica. "Sono più uno che... li lascia... giocare" ansimò, sentendo la stretta di Harry attorno alla sua erezione.
Andò a cercare bisognoso la sua bocca e si beò di quelle labbra così morbide e carnose. Non vedeva l'ora di scoparle e si sentì sporco nel pensarlo.
"Oh dio, sei così pronto per me, lo sento" gemette sulla sua bocca il riccio, iniziando a premere il proprio corpo verso il basso, per potersi inginocchiare e liberare la sua erezione e prenderla in bocca. Affondò una mano tra i suoi ricci e gli accarezzò la testa, come se avesse paura che potesse lasciarlo lì a doversi soddisfare da solo e "sei un bambino senza pudore" mugugnò, tirando la testa all'indietro, per abbandonarsi più che poteva al piacere che la bocca di Harry gli stava dando. Succhiava il suo cazzo come se fosse l'unico scopo della sua esistenza.
La punta era rossa e Harry si sentì come in colpa ad averla ridotta in quel modo, tanto che la accarezzò, insieme a tutta la lunghezza, con una mano mentre se la affondava in gola. Era una sensazione che Louis non era in grado di descrivere e iniziava a percepire le gambe tremare quando sentì la gola di Harry sbattergli sulla punta. Ansimò, probabilmente disse anche qualche oscenità senza senso, quando Harry si staccò e, notando il suo tremore, lo tirò per un braccio facendolo inginocchiare. Si baciarono così, inginocchiati uno di fronte all'altro, mentre a Louis venne l'esigenza di prendere l'erezione di Harry in mano e ricambiare il favore in qualche modo. Lo masturbò velocemente fino a che non venne nel suo pugno e "oggi niente punizione" sospirò al suo orecchio, prima di leccarne il lobo. Ricevette un ultimo bacio prima di ritrovarsi sdraiato a gambe aperte con Harry già pronto a srotolarsi un preservativo sull'erezione. Louis lo fermò perché "mi fido di te, mi sono sempre fidato, lo sai" facendolo sorridere, mentre lo metteva via. Tentava di indossarne uno dal primo momento, ma chissà per quale motivo Louis si sentiva tranquillo a fare senza dopo la prima volta. Harry pensò fosse una dimostrazione di affetto, legame, importante. Ed era felice di avergli comunque detto di essere pulito e che faceva gli esami regolarmente.
Gli prese la mano e la intrecciò alla propria mentre si allineava alla sua apertura e, pian piano, la violava per l'ennesima volta. Ormai non aveva più nemmeno bisogno di prepararlo, e anche questo poteva essere un bel segno del loro legame. Un po' iniziava a fargli paura l'idea, ma era giovane e nella vita tutto può succedere.
Ma davvero tutto.
Louis gli strinse forte quella mano e si lasciò prendere spingendo il suo corpo contro quello di Harry come a non voler perdere quel contatto e Harry, a sua volta, la strinse, mimandogli un qualcosa che Louis sperò davvero di aver capito male e che non osò chiedergli di ripetergli. Venne di nuovo dentro di lui ed entrambi lanciarono degli urletti sconnessi per l'orgasmo.
Solo quando si finalmente calmarono realizzarono di aver fatto sesso in mezzo al campetto di basket e che, per fortuna, non c'era più nessuno che avrebbe potuto vederli.
Solo in quel momento Louis si rese conto che, forse, del padre non aveva più niente.
Era una bella giornata, finalmente, quando Louis stava uscendo da scuola velocemente per dirigersi verso la palestra e il campo.
La squadra pareva già essere tutta lì ad allenarsi, ma lui sentiva una fastidiosa fame ed era arrabbiato perché, nella fretta, non aveva infilato nulla di commestibile nella sua tracolla.
Pazienza, si disse, del resto aveva dimenticato anche il cappotto.
"Ciao Luke!"
Jason lo salutò fragorosamente appena mise piede nello spogliatoio, ricevendo occhiatacce da tutti gli altri. Non si era ancora presentato alla squadra ed era evidente che non fossero persone amanti delle novità. Agitò una mano per rispondere al saluto e andò a cercarsi un angolo lontano da quegli sguardi per iniziare a cambiarsi.
Scoprì di sentirsi a disagio a spogliarsi davanti ad altri uomini.
"Lasciali perdere, domani abbiamo una partita contro il liceo superiore, niente di importante, ma sono fortissimi e non abbiamo mai vinto contro di loro" lo informò Jason mentre si allacciava una scarpa. Louis annuì recependo le informazioni e gli venne un leggero magone quando chiese "spero di poter giocare e aiutarvi" suscitando la reazione ancora più ostile degli altri. Ben, insieme all'allenatore, fece il suo ingresso per richiamarli sul campo proprio in quel momento e subito Louis scattò in piedi proponendosi.
"Troppe pretese, novellino, al momento partirai dalla panchina, poi vedremo." A Louis si illuminarono gli occhi e avrebbe tanto voluto abbracciarlo se non sapesse chi aveva di fronte. Si limitò ad annuire sorridendo e si levò verso il campo sentendosi di nuovo a disagio al pensiero di ciò che, nemmeno due giorni prima, era successo proprio nel mezzo.
Il liceo superiore era una scuola particolare, privata per certi versi, ma non del tutto. Accedervi non era semplice e pareva proprio che, da dieci anni a quella parte, detenessero il record come migliori club in qualsiasi disciplina.
Louis, infatti, ai suoi tempi la ricordava come una scuola insignificante, che per la sua squadra era stato semplice soppiantarli, quindi era curioso di sapere quanto fossero cambiate le cose.
Stavano vincendo in maniera stracciante, con almeno trenta punti di vantaggio e sembrava proprio che avvicinarsi al canestro per i suoi fosse una missione impossibile. Era ancora in panchina e stava iniziando a fremere quando chiese di poter entrare, notando Jason visibilmente affaticato. Mancava solo un quarto alla fine della partita e la situazione sembrava particolarmente tragica, tanto che l'allenatore pensò che peggio di così non potesse andare ed effettuò la sostituzione. Louis ringraziò ed entrò in campo, sorridendo ad un Jason che pareva riporre tutte le sue speranze nello sguardo che gli stava dando.
La partita finì in un incredibile recupero, persero comunque, ma con dignità. Tutti si strinsero e portarono in trionfo Louis che venne sollevato da terra e portato a fare un giro del campo tra gli applausi del pubblico presente e la rabbia di Ben Winston.
Mentre lo festeggiavano, forse attirato da una calamita, notò Harry seduto nel punto più alto, in un angolo, da solo, che lo fissava in un modo che lo faceva sentire violato nel profondo. Lo stava spogliando con gli occhi e non sembrava preoccuparsi nemmeno un po' che si potesse notare.
Non gli importava se poi aveva sentito lo sguardo rabbioso di Ben addosso, che ormai non riusciva più a capire chi odiasse di più tra i due.
Era arrabbiato, era molto arrabbiato.
Lo misero giù, una volta finito il giro, e ci fu un breve scambio di battute e complimenti, di scuse da parte della squadra che aveva diffidato di lui, prima che lui ringraziasse e li abbandonasse lì. Doveva andare a rimproverare quel ragazzo riccio che non la smetteva di metterlo a disagio.
"Finalmente" fu il suo unico commento quando lo vide davanti a lui. Louis sorrise, affannato.
"Credevo avessi deciso di ignorarmi per tutta la giornata."
Harry era rientrato a scuola da qualche giorno, ma quello in particolare era stato piuttosto noioso per lui, con Louis che non lo aveva degnato di nessuna attenzione, a parte un bacio fugace nei corridoi prima che iniziassero le lezioni. Qualcuno aveva chiesto a Louis se ora era "fidanzato con Styles", ma lui non aveva mai saputo rispondere a quella domanda, semplicemente perché non lo sapeva e il solo pensiero lo spaventava ancora tantissimo. Avrebbe voluto chiedere a Harry se avessero mai fatto quella domanda anche a lui, ma era già certo della sua risposta negativa.
"Ma forse è vero che il basket ti rende più felice di me" lo sentì poi dire, sgranando gli occhi.
"Sei un cretino" gli rispose, forse nel tentativo di smorzare l'imbarazzo "e voglio che mi porti a mangiare, sto morendo di fame" continuò, chiedendo implicitamente che fosse lui a scegliere il posto.
Casa sua non gli sembrò poi così inaspettata.
"Andremo mai in un posto che non sia casa tua o la mia?" lo punzecchiò lamentoso, mentre se ne stava seduto all'enorme tavolo rotondo della cucina. Harry era intento a cucinare, essendo solo in casa, e dall'odore doveva essere qualcosa di squisito.
"Ma come... andiamo a scuola insieme, siamo stati al campo, e a quel bar... non ho soldi per portarti al ristorante, scusami principessa" ammiccò, voltandosi piano verso di lui e facendogli l'occhiolino. Louis abbozzò un'espressione compiaciuta pensando a quante volte era stato al ristorante con Eleanor durante la loro vita insieme e si era sentito stupido in quel momento.
"Ti ci porterò io, allora" esordì, quindi, vedendo il riccio sussultare sul posto, cambiare espressione in una indecifrabile, e tornare ad occuparsi di ciò che bolliva in pentola. E Louis si intenerì perché lo avrebbe fatto, un giorno lo avrebbe fatto veramente, se solo avesse notato come fosse diventato rosso il viso del riccio.
Il pranzo/cena, alla fine, non prevedeva nulla di impegnativo, ma Harry era troppo contento di aver cucinato per lui tanto che Louis si domandò quante parti di lui ancora non conoscesse. Pensò al suo comportamento a scuola, con Ben, a ciò che gli disse il preside e alle parole di Niall. Ma poi pensò al sesso meraviglioso che faceva con lui, al modo in cui riusciva a mostrarsi sempre premuroso, a suo modo, nei suoi confronti e dimenticava tutto.
Poteva pur essere la sua eccezione, no? Non dovevano sposarsi, ma potevano provare a stare bene, del resto durante il sesso si dicono le cose più impensabili e il sesso piace a tutti, inutile negarlo.
"A che cosa stai pensando?" domandò Harry, con i guanti insaponati addosso.
"Che potrei aiutarti a lavare quei piatti, ma non avete una lavastoviglie?" mentì, cercando la prima scusa accettabile da propinargli. Harry alzò un sopracciglio e "per quattro piatti non mi sembra il caso di azionarla" rispose, riaprendo il getto d'acqua. Louis però era testardo, quindi si avvicinò e prese un'altra spugna riempiendola di detersivo per insaponare un altro piatto e metterlo via. Harry non disse niente, ma si era già agitato ad averlo così vicino, doveva essere il profumo della sua pelle.
Louis si dovette allungare nella sua direzione per mettere via un altro piatto e adesso aveva le labbra in direzione delle sue. Inevitabile fu per Harry tirare fuori la lingua, come un tenero gattino, e leccargliele velocemente.
"Scusa" sussurrò, "è stato più forte di me." Ma Louis non si mosse, perché gli piacevano quelle piccole attenzioni, era insaziabile ma, allo stesso tempo, tenero, e quindi "non mi ha dato alcun fastidio" gli confessò, posando le labbra sulle sue in un bacio leggero.
E probabilmente le posate che Harry aveva in mano caddero e ruppero anche qualcosa, ma non gli importò, come non gli importò avere i guanti fradici e zuppi di detersivo quando lo prese per la nuca e lo trattenne vicino per poterlo baciare veramente.
"Perché mi manchi sempre così tanto?" chiese, più a se stesso che a lui, quando riprese a respirare. Louis lo guardò lentamente, passando dalla sua bocca agli occhi, notando un'espressione mista tra il triste e l'eccitato, e gli diede un altro bacio casto sperando valesse come risposta, per calmarlo. Non sapeva proprio cosa dirgli. Gli cinse i fianchi con una mano e decise di allontanarsi da lui, prima di ritrovarsi sul pavimento col detersivo anche in gola e lui addosso.
Non che gli sarebbe dispiaciuto, comunque.
"E'... meglio se finisci da solo" suggerì, tornando a sedersi. Harry sentì un freddo improvviso per quella lontananza e Louis, invece, sentì caldo, troppo caldo.
"Ma io non ho ancora iniziato" lo provocò, dedicandosi alle ultime cose da lavare, e Louis volle morire per quel doppio senso. "Vuoi davvero che lo faccia da solo?" si imbronciò, una volta liberatosi dei guanti. Si era voltato verso di lui, che stava iniziando ad agitarsi muovendo le gambe come in un tic nervoso. Perché era nervoso, scopavano regolarmente da giorni e giorni, che problema c'era questa volta? Nessuno, era proprio questo il punto.
"Che cosa?" domandò, senza un senso.
"Toccarmi, perché non mi sembrerebbe carino, con te qui presente." Louis deglutì a vuoto, ancora, perché dio santo, era così diretto, il solo suono della sua voce lo faceva sempre eccitare e no, non si sarebbe toccato, lo avrebbe fatto lui, e lo avrebbe fatto come meritava.
Si alzò da quella sedia come un automa e gli andò incontro puntando lo sguardo nel suo, Harry si morse il labbro inferiore in attesa. Gli sbattè contro, spingendolo fino a trovare il lavello come ostacolo al quale il riccio si appoggiò, abbandonandosi alle mani di Louis che lo esploravano.
Ne affondò una dentro i suoi pantaloni, alla ricerca della sua erezione già vergognosamente formata, mentre il riccio lo aiutava sbottonandoli e tirandoli leggermente giù. Gemette a quel gesto. Iniziò a massaggiargliela e a stuzzicarne la punta e la vena sporgente, che poteva sentire senza nemmeno guardarla, col pollice, mentre affondava le labbra nella sua spalla per mordegliela. Era così fiero di aver preso lui l'iniziativa che rise tra i morsi, si alzò per guardarlo e notare il suo sguardo travolto dal piacere e catturò la sua bocca color ciliegia.
Il riccio andò a cercare la sua mano ancora stretta sul suo cazzo e lo aiutò nella masturbazione, gemendogli tra i denti, mentre gli leccava le labbra con la lingua.
"Oh dio, Lu, voglio che mi scopi, ti prego, oggi... scopami, ti prego."
Non aveva mai fatto il passivo, Harry, fino a quel momento, Louis era sempre stato lì pronto a ricevere tutto di lui, in ogni posizione, in ogni punto di quella casa e della propria, tanto che quella richiesta lo colse di sorpresa, ma lo fece ridere nuovamente.
Perché non era certo di sapere come si facesse.
Ma Harry era così eccitato, pretenzioso, che "ti voglio dentro di me, ho bisogno di sentirti dentro, io... ne ho bisogno, hai capito? Per favore" continuava a ripetergli, cercando di convincerlo martoriandogli il collo già pieno di segni che non volevano proprio saperne di sparire.
La presa sull'erezione stava allentando, ma Harry gli strinse la mano, la intrecciò alla propria attorno al cazzo già bagnato e "ti prego" supplicò ancora, "te lo sto chiedendo per favore". E Louis iniziò a sudare, si inginocchiò velocemente e glielo prese in bocca, spostando le mani intrecciate sul fianco, poggiandole al mobile su cui Harry stava per sedersi.
Lo succhiò come se volesse consumarlo, e più lo faceva più Harry gemeva il suo nome - falso - e lo implorava di scoparlo come una puttana. Gli stava stringendo quella mano con una forza inaudita, e Louis continuò a succhiare, ad andare su e giù, a sentire i principi di liquido preseminale in gola mentre leccava la punta e baciava tutto il resto. Ansimò alla ricerca di aria e, nel rialzarsi, gli arpionò una coscia e gliela sollevò per poggiarla sulla sua spalla. Harry, in automatico, fece lo stesso con l'altra, e spinse il bacino contro di lui, incurante del mobile che stava lì a sbattere contro la sua schiena.
Louis adesso era in piedi, mentre Harry si teneva a fatica contro quel mobile. Lo guardava e "il mio bambino oggi è parecchio maleducato" lo rimproverò, ricevendo in cambio un gemito strozzato. "Il tuo bambino ti sta chiedendo di essere punito. Voglio il tuo cazzo, Lu, scopami!"
Spinse il sedere contro di lui, e quando la punta dell'erezione di Louis lo sfiorò, Harry si lasciò andare in un gridolino di piacere. Doveva essere proprio al limite e chi era lui per torturarlo ancora.
"Va bene, assaggia la mia frusta, allora" disse, meravigliandosi delle sue stesse parole. Erano sporche, non erano da lui, ma ormai Harry lo aveva trasformato talmente tanto che entrargli dentro gli venne del tutto normale. "E non osare lamentarti del dolore" aggiunse.
"Oh dio... oh no, no, ancora... Lu!" Probabilmente aveva la schiena piena di graffi e chissà che altro, ma non si era mai sentito completo come in questo momento.
"Zitto" gli ordinò Louis, tenendogli le cosce ferme con le mani, lasciandoci dei baci soffici di tanto in tanto mentre si spingeva nelle sue carni.
"S-sì, basta che continui, oh cristo" commentò, venendo sul suo petto quando Louis toccò la sua prostata, in fiotti degni di un mare in tempesta. Si erano sporcati entrambi e fu strana la risata che sorse spontanea quando si guardarono. Louis si piegò su di lui per baciargli le labbra, poi, standogli ancora dentro, e Harry gli mise le braccia al collo per tenerselo addosso.
"Voglio che restiamo così per sempre" disse, poggiando il suo viso sul proprio petto, il loro sperma a mischiarsi sui loro petti uniti. Louis gli lasciò un bacio quasi impercettibile e, di nuovo, i brividi percorsero tutto il suo corpo.
Era una posizione strana, un po' scomoda, ma rimasero in quel modo per un bel po' prima che Louis uscisse da lui nonostante le sue proteste. Probabilmente lo avrebbe voluto nel suo corpo per sempre, se avesse potuto.
Liam Payne riusciva a pensare solo ad una persona, oltre al suo ragazzo e alla sua famiglia: il suo migliore amico Louis. Ok, anche a Niall, ma in quel periodo Louis lo preoccupava di più, dato che il biondo sembrava quasi deciso a riprovarci con Laura nonostante la delusione.
Ecco perché inviò quel messaggio che lo risvegliò dal torpore e lo fece rialzare dal corpo di Harry... ma si erano addormentati? Non riusciva a crederci nemmeno lui!
"Ehi, Harry... svegliati, per favore." Il riccio era riverso con quasi tutto il corpo di fianco al lavello e le gambe lievemente penzoloni contro il corpo di Louis che era, e non pareva carino da dire, piegato a novanta sul suo petto. Come avesse fatto a prendere sonno in quella posizione proprio non se lo spiegava.
Harry mugugnò qualcosa, prima di aprire gli occhi e realizzare anche lui dove e come si trovassero, e guardò Louis regalandogli un mezzo sorriso assonnato e un "sei ancora qui" pieno di dolcezza. Louis gli carezzò la fronte e ci posò un bacio prima di aiutarlo a rimettersi in piedi mentre cercava il suo cellulare. Lo trovò poco dopo e lesse il messaggio piuttosto sintetico del suo amico.
"Dove sei finito, idiota?" recitava e Louis sbuffò, rispondendo un altrettanto sintetico "da Harry" iniziando a rivestirsi. Harry stava osservando ogni sua mossa e, rivestendosi anche lui, constatò "ora però te ne andrai" un po' deluso nel tono.
"Lo sai che torno sempre, stupido" gli promise, sfiorandogli il naso con un dito. Harry lo arricciò e annuì tranquillo nel salutarlo.
"Secondo me devi smetterla di fare il guastafeste."
Zayn Malik era molto diverso dal suo ragazzo, avrebbe pagato oro affinché capitasse a lui quel che era successo a Louis e non capiva perché Liam una volta se ne tirava fuori e quella dopo tornava a scocciarlo.
"Non hai capito niente, io sono felice per lui, si vede che sta finalmente bene, ma hai pensato a cosa succederà se mai dovesse... non so manco io come dirlo... crescere? E se quel ragazzino si stesse innamorando di lui, ci hai pensato?"
Zayn notò subito la sua agitazione, quindi gli prese il viso tra le mani e, per calmarlo, lo baciò. Era l'unico modo che conosceva per riuscire in quell'intento.
"Sì, e adesso glielo dirai, però non ti arrabbiare se ti urlerà contro, perché io lo farei al suo posto." Ed in quel momento il campanello che preannunciava l'arrivo di Louis suonò.
Bastarono cinque minuti e già era sull'orlo di una crisi di nervi.
"Non gli hai detto nemmeno il tuo vero nome, ancora, come puoi dire di tenerci?"
"Io non ti capisco, Lì. Prima mi quasi spingi tra le sue braccia e ora ti arrabbi perché ti sto dicendo che è solo grazie a lui se finalmente sto bene? Ti sembra così strano? Mi trovi così infantile? Beh, forse lo sono, forse potrei anche essere un pedofilo, pensa!"
Non ebbe il tempo di ribattere, guardò Zayn che aveva la faccia da 'te lo avevo detto' e vide Louis andare via sbattendo la porta.
Nel tragitto verso il suo appartamento impiegò il tempo a rimuginare su tutto, tanto per cambiare. Cercò di pensare a cosa sarebbe mai successo se avesse incontrato Harry mostrandosi per quello che in realtà era, ovvero un uomo adulto, ventanni più grande di lui. Si chiese se si sarebbe comportato allo stesso modo con lui, se lo avrebbe trovato attraente, se avrebbe avuto tutta quella voglia di scoparlo ovunque e in ogni momento.
Si chiese se sarebbe stata la persona meravigliosa che stava conoscendo e di cui, forse, si stava innamorando.
"Oh, sei tornato presto" sentì. Harry era seduto sulle scale davanti alla porta di casa sua e stava fumando una canna, come se niente fosse. Gliela porse sorridendo, ma lui declinò l'invito trovando un po' fastidiosa quella sua abitudine, lui non ne aveva mai fumata una.
"Come mai sei qui?" domandò, aspettandosi il solito "mi mancavi da impazzire" come risposta che, puntualmente, arrivò. "Penso di stare sviluppando una profonda dipendenza dalla tua persona e questo mi spaventa, Luke."
"Quando ti deciderai a dirgli la verità?"
Louis scacciò quella voce fastidiosa dalla sua testa e, sorridendo al riccio ancora seduto, andò ad accomodarsi al suo fianco, poggiando una mano sul suo avambraccio. Sospirarono entrambi e poi Harry lo baciò delicatamente, proprio quando una terza persona apparve davanti a loro.
"Scusate, ragazzi, ehm... sto cercando il signore che abita qui, si chiama Louis... sapete se è in casa?"
Eleanor. Che cavolo ci faceva di nuovo lì? Louis si sentì morire.
"Qui non c'è nessun Louis, signora" la informò Harry "è casa di Luke... e di suo cugino Niall, non è così, Luke?" Louis pensò di essere pronto per spararsi, avesse avuto una pistola a portata di mano l'avrebbe sicuramente usata in quel momento.
"Questo è l'appartamento del mio ex marito, ne sono più che sicura. E non ricordo che Niall abbia mai avuto un cugino, dico bene... Luke?"
Eleanor si era avvicinata, adesso, sembrava avesse intenzioni bellicose, ecco perché Harry si era parato davanti al ragazzo, per proteggerlo.
"Non sono solita picchiare ragazzini, non preoccuparti, voglio solo guardare il tuo amico in faccia."
Eleanor aveva passato metà della sua vita con Louis, si poteva dire che lo aveva visto crescere, ecco perché iniziò a piangere portandosi una mano alla bocca quando lo riconobbe.
"Oh dio, Louis che... che ti è successo?" Louis abbassò lo sguardo, cercando di evitare quello indagatore della donna e Harry poteva giurare di non essere più in grado di capire cosa stesse accadendo.
"Si sbaglia, signora..." provò a dire, ma lei lo interruppe subito.
"Smettila Lou, non prendermi in giro, riconoscerei i tuoi occhi tra mille, lo sai. Che ti è successo, chi... chi è lui?"
"Vattene" fu la risposta lapidaria del ragazzo, sprezzante, senza alcun sentimento. Sentiva che stava succedendo esattamente quello che aveva cercato di evitare per settimane. Eppure era stato così bravo, Harry non aveva mai notato niente di strano, e si sentì così meschino nel pensare una cosa simile, non lo riteneva così stupido.
Eleanor cercò di smettere di piangere e, a grandi passi, andò via.
"Volevo... solo parlare un po' con te."
Quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe incontrata.
Se ne stava su quegli scalini e adesso si stava tenendo il viso tra le mani, nascondendolo contro le ginocchia. Aveva paura di alzarlo e vedere quello arrabbiato, forse deluso, di Harry.
"Non me ne andrò fino a che non mi avrai spiegato che cazzo è appena successo." Il suo tono di voce era acido e Louis stava cercando di immagazzinare in corpo più aria possibile per non crollare a terra svenuto prima di finire quella discussione.
"E per favore guardami mentre lo fai." Fece un lungo respiro e, con una lentezza assurda, alzò il capo.
"A questo punto credo sia inutile continuare a mentire. Il mio nome è Louis e ho di nuovo diciassette anni da circa un mese. Non guardarmi in quel modo, non sono un vampiro, lasciami finire senza interrompermi, per favore, poi potrai urlarmi contro tutto il tuo disprezzo."
Harry si mise a braccia conserte in piedi di fronte a lui e attese, cercando di avere pazienza.
"Niall non è mio cugino, non siamo nemmeno lontani parenti e quando ho detto che non ero mai stato in Irlanda non mentivo. Non ho idea nemmeno di come sia l'aeroporto di Dublino, figurati. Io... oh dio Harry, non mi guardare in quel modo... sono, no ero... ero sposato e... ho un figlio, si chiama William, probabilmente l'hai anche conosciuto, ha finito il liceo lo scorso anno e..."
"William Tomlinson?" lo interruppe e Louis annuì, poi lo lasciò proseguire.
"Ho trentasette anni, Harry, almeno all'anagrafe, una sera esco di casa che ho trentasette anni e poche ore dopo mi ritrovo a tornarci che ne ho diciassette. So che sembra incredibile, probabilmente penserai che sia pazzo, ma... è questo che è successo, è questa la mia storia."
Calò il silenzio tra i due, Harry non si era mosso da dove stava e stava sospirando visibilmente nervoso.
"Fammi capire, venire a letto con me ti faceva sentire meno in colpa perché adesso siamo coetanei? Volevi provare nuove emozioni? Non mi sorprende che tua moglie ti abbia lasciato, si merita sicuramente di meglio, è una bellissima donna."
"Non mi ha lasciato lei, io... l'ho lasciata io, cazzo, non avrei mai dovuto nemmeno sposarla!"
"Non avresti dovuto nemmeno permettermi di toccarti, ma ehi, io volevo farlo, morivo dalla voglia di farlo, anche ora lo farei, ma sono troppo arrabbiato, troppo arrabbiato per questo."
Louis sentiva le lacrime che premevano per uscire, l'ultima persona che avrebbe voluto ferire era lì davanti a lui a sputargli addosso tutto il suo risentimento e lui non sapeva come difendersi perché sapeva di meritarselo tutto.
"Harry, per favore, non fare così. Non volevo ferirti, non ci crederai mai ma io mi sono affezionato a te, non sono quel tipo di persona, io... mi piace stare con te, mi piace tantissimo stare con te." E lì Harry, completamente senza alcun velo, ormai, gli mostrò gli occhi lucidi, tirò su col naso e "io ti amo" gli confessò "ed è la prima volta che mi succede, perché è la prima volta che mi importa davvero di qualcuno. Ti amo e non riesco a stare nemmeno un giorno senza vederti, neanche uno, quindi vaffanculo, lasciami in pace."
Corse via lasciandolo lì, senza dargli il tempo di spiegare che si sbagliava, che non gli aveva mentito. Avrebbe dovuto corrergli dietro, lo sapeva, ma a quanto pare le sue gambe non erano dello stesso avviso. Si riaccasciò su quegli scalini e iniziò a piangere insultandosi da solo.
Harry stava correndo senza una meta ben precisa. Aveva il viso rigato dalle lacrime e gli occhi leggermente appannati quando si ritrovò improvvisamente spinto a terra in maniera violenta da qualcuno.
"Ciao Styles, cercavamo il tuo fidanzatino, ma anche tu vai più che bene."
Ben aveva sempre quel tono di voce completamente inespressivo quando si rivolgeva a lui. Nonostante tutto, non riusciva ancora a perdonargli di avergli rovinato la reputazione e adesso ci si stava mettendo anche Louis a peggiorare la situazione.
"Sono sicuro che se ti rompessimo una gamba si precipiterebbe al tuo capezzale e si dimenticherebbe della squadra. Che ne dici, Styles, ci lascerai giocherellare con te?"
Harry normalmente era bravo a difendersi. Non si preoccupava mai di quel che Ben gli faceva, e forse era solo perché non si era mai spinto così oltre, o forse perché continuava a piangere pensando a Louis come se non lo sentisse, che gli arrivò un pugno sulla mascella e cadde a terra di nuovo. Ricevette un calcio, prima di esser preso dai capelli con violenza.
Sembrava volessero ammazzarlo e dentro di sé c'era la vocina che gli urlava di reagire, ma appena provava a farlo gli appariva davanti il volto di Louis e perdeva di nuovo le forze, quindi cadeva e si lasciava prendere a bastonate o qualunque cosa fosse ciò che quei ragazzi stavano usando. Ridevano mentre gli aprivano il volto, e gli riempivano le cosce e le gambe di calci. Ridevano mentre vedeva il rivolo di sangue che gli cadde dal labbro. Ridevano e solo allora Harry capì che dovevano aver preso qualcosa, perché l'unico la cui risata sarebbe stata più che giustificata era serissimo e lo guardava come se fosse feccia, non un essere umano.
"Mi... mi dispiace..." biascicò, prima di svenire.
Louis avrebbe dovuto corrergli dietro come aveva sperato facesse. A quest'ora sarebbe con lui, magari a sputarsi contro altre brutte parole, ma almeno sarebbe stato tutto intero.
Non volle nemmeno trovare una giustificazione valida a tutta quella cattiveria, lui non sarebbe in grado di alzare un dito contro nessuno, ma sicuramente, se avesse dato un'occhiata a Ben, non gli avrebbe concesso nemmeno un briciolo della sua considerazione.
E si sarebbe maledetto da solo per averlo fatto in passato.
Anne non era mai stata una madre apprensiva, suo figlio non gliene aveva mai dato motivo, nonostante tutto. Quindi quando una coppia di ragazzi che non aveva mai visto si presentò alla sua porta con Harry svenuto tra le braccia, per poco non si sentì mancare.
Aveva il viso pieno di graffi, un occhio gonfio e parte dei vestiti strappati. Sembrava gli fosse passato sopra un carro armato e fu arduo per lei trattenere le lacrime.
"Signora Styles... frequentiamo la stessa scuola di Harry, salve. Non so cosa sia successo, ma lo abbiamo trovato a terra, a pochi isolati da qui."
La donna si allungò per reggere il peso del figlio, facendosi aiutare a portarlo in casa. Respirava a fatica, almeno quello, ma prese subito il telefono, una volta adagiatolo sul divano, per chiamare un'ambulanza, non aveva la forza di guidare fino in ospedale.
"Grazie" disse soltanto ai due, visibilmente imbarazzati. Si tenevano per mano e probabilmente erano usciti per un appuntamento o chissà che altro in tranquillità, senza immaginare nulla del genere.
"Si figuri, signora, noi... passeremo a sapere come sta." Salutarono timidi e lasciarono Anne in attesa. L'ambulanza arrivò dopo pochi minuti.
Louis era rimasto ad insultarsi per almeno le tre ore successive, seduto su quelle scale, senza alcuna voglia di rientrare in casa.
Si era chiesto perché non fosse corso dietro a Harry per chiarire, o perché, a questo punto, non fosse andato da Eleanor a pregarla di uscire definitivamente dalla sua vita, perché, adesso gli era chiaro, non gli importava quanto soffrisse di solitudine.
Si era chiesto tante cose e, alla fine, era giunto alla conclusione che era un emerito imbecille e meritava di restare solo anche lui.
Con una birra per affogare i dispiaceri, magari.
Prese coraggio, e rientrò, proprio quando il telefono iniziò a squillare e lui sbuffò vedendo il nome di Niall sul display. Aveva sperato fosse qualcun altro, ma doveva essere fin troppo positivo. Ignorò la chiamata e andò alla ricerca di una lattina di birra, che ricordava di aver dimenticato nel frigo secoli prima.
Il telefono ricominciò a squillare, di nuovo Niall, e Louis, che ormai la lattina l'aveva praticamente finita, decise di concedergli questa grazia e rispondere.
"Pronto, Louis? Finalmente mi hai risposto, dove sei?" Il ragazzo biascicò qualcosa sdraiandosi meglio sul divano e volle tanto non ascoltare ciò che il suo amico aveva da dirgli, ma quando sentì le parole Harry e ospedale scattò in piedi come una molla.
"Cosa? Quale ospedale? Cosa gli è successo?" Le domande si susseguivano senza una vera e propria logica, ma quel che sentiva dentro mentre le formulava gli faceva male.
Mai una volta che facesse qualcosa di giusto, nella sua vita.
Niall lo caricò sulla sua auto poco dopo, a Louis non era importato affatto di quanto potesse essere impresentabile, doveva vedere Harry al più presto, e capire con chi prendersela, oltre se stesso.
"E' tutta colpa mia, Niall. Se non avessimo litigato, se... se lo avessi fermato..." tirava su col naso e ancora una volta vide perdere un altro pezzo della sua maturità di quasi quarantenne. Harry Styles lo aveva proprio cambiato.
"Smettila di piagnucolare, e andiamo a cercarlo" disse Niall autoritario, una volta fatto ingresso nell'ospedale.
L'edificio era molto grande e fin troppo bianco per i loro gusti. I corridoi sembravano tutti portare in un'altra dimensione e le scale per i piani superiori ancora peggio.
Gli dissero subito che Harry era sotto sedativo, ma stabile. Niente di rotto, solo un lieve trauma cranico dovuto alle percosse ricevute, forse anche un paio di costole incrinate, ma nulla di grave.
A Louis ribollì il sangue nelle vene al pensiero che qualcuno avesse potuto mettere le mani addosso a Harry in quel modo, e avrebbe voluto fare una strage. Gli proposero un calmante, ma lui lo rifiutò mentre chiese sommessamente se poteva vederlo. Acconsentirono e già appena entrato nella stanza, fin troppo bianca anche quella, si addolcì, cercando di immaginare che il suo riccio preferito stesse semplicemente dormendo. Ed in effetti così sembrava, quando gli si sedette accanto per prendergli una mano mentre con l'altra gli accarezzava il viso pieno di ferite.
"Sbrigati a svegliarti, ho tante cose da dirti" sussurrò, piegandosi sulle sue labbra per sfiorarle con le proprie. Erano tiepide e ancora morbide come sempre, questo gli diede un filo di speranza, gli fece ricacciare indietro le lacrime, e si rimise a sedere, aspettando niente in particolare.
Harry riaprì gli occhi la sera successiva, dopo quasi ventiquattro ore di incoscienza.
Louis non era lì, era passato appena uscito da scuola, per poi rientrare perché "ho una cosa molto importante da fare."
Non ci aveva messo molto a capire chi potesse essere stato a ridurre Harry in quel modo e, quando parlò con Jason, fingendosi disinteressato, riuscì a far crollare le sue difese. Non gli fece niente, perché in qualche modo credette al fatto che non aveva toccato Harry, ma per lui era morto, e si accertò che lo capisse quando strappò a metà la famosa foto di cui lui e tutti gli altri andavano fieri.
Vide Ben in mezzo al campo da basket e pensò di fargliela pagare umiliandolo. Gli rubò il pallone senza che quasi se ne accorgesse e, con lo sguardo, gli intimò un "fronteggiami" che lo fece deglutire. La sua rabbia repressa non si era calmata sfogandosi su Harry, Louis lo sapeva, ecco perché lo fece innervosire a tal punto che fece canestro due volte senza che quasi notasse i suoi movimenti.
"Giochi come Louis Tomlinson, la sua tecnica è sempre stata inimitabile" constatò sgomento, e Louis sorrise di gusto, lanciandogli il pallone in faccia con forza.
"Esatto, e spero che resti tale, perché non mi andrebbe proprio giù che la erediti uno come te." Ben cadde a terra con un vistoso segno rosso su una guancia, osservando Louis allontanarsi senza nemmeno godere di quella scena. Avrebbe riso divertito della vergogna che stava provando in quel momento.
Quando rientrò in ospedale, non aveva idea di cosa lo aspettasse. Nonostante il poco tempo passato lì, tutti si erano affezionati a lui e al ragazzo riccio addormentato nella stanza in fondo al corridoio e li guardavano sempre dolcemente.
Vide subito Anne nel corridoio, che camminava avanti e indietro agitata e questo fece agitare anche lui, tanto che accelerò il passo.
"Signora, è successo qualcosa a Harry?" Forse aveva anche gli occhi un po' lucidi, ma questo non era necessario che lo si notasse.
"Oh Louis, sei arrivato, per fortuna, stavo per uscire pazza!" Il ragazzo fece un respiro profondo, non era pronto ad un'altra brutta notizia.
"Perchè, cosa è successo? La prego, me lo dica." Anne cambiò espressione in un secondo, notando la preoccupazione del ragazzo e, azzardando un leggero tocco sulla spalla "non mi vuole in camera, ha detto che vuole restare da solo" disse.
"Vuol dire... oh dio, si è svegliato?" Non le diede nemmeno il tempo di rispondere che si precipitò nella stanza, incurante di tutto, di quel litigio, del fatto che, forse, avrebbe cacciato via anche lui. Di tutto.
Harry era messo seduto e continuava a fissare il filo della flebo che aveva infilato nel braccio, sembrava parecchio infastidito, mentre Louis trovò quella scena adorabile.
Quando si accorse della sua presenza provò a mantenere quell'aria, ma fallì miseramente perché notò i suoi occhi lucidi, colpevoli.
"Ciao" fu l'unica cosa che Louis riuscì a dire, non molto certo di potersi avvicinare ancora per poterlo almeno sfiorare. Se c'era una cosa che Harry non era capace di fare era rimanere arrabbiato a lungo con qualcuno, quindi "ciao" gli rispose, con un mezzo sorriso.
Non disse altro, e Louis si ritrovò ad un paio di metri dal letto a giocherellare con le sue dita incrociate per minuti che gli parvero interminabili.
"Va bene, ehm... sono felice che tu ti sia ripreso. So chi ti ha fatto questo e ho intenzione di dirlo a tua madre, solo... Harry ti prego, guardami."
"Lo sto facendo" mentì, continuando a puntare qualsiasi cosa ci potesse essere nella stanza di più interessante di lui.
"Non è vero, ma lo capisco. Ho rovinato tutto, e ora anche questo, io... voglio che mi ascolti, perché lo dirò adesso e poi non penso ci riuscirò ancora. Non pensavo che mi sarebbe mai capitato nulla del genere, non ho chiesto io tutto questo, di incontrare te. Ma è successo, e... non mi importa se non mi credi, ma adesso mi devi ascoltare, dovrai farlo, perché non puoi andartene stavolta."
Harry sospirò, portandosi le braccia in grembo, lo sguardo serio, ma non fisso su di lui.
"Normalmente nella vita il treno passa una volta sola, e tu puoi scegliere di salirci oppure no. Il mio treno è partito ventanni fa, con la promessa di una vita felice all'inseguimento del mio sogno più grande, senza sentirmi troppo in colpa per niente.
Ho scelto di non salirci perché pensavo di essere maturo abbastanza per poter fare il padre e il marito, ho pensato fosse più giusto e di sembrare meno egoista. Invece ventanni dopo mi ritrovo con un divorzio da una moglie che, forse, non ho mai amato, e con un figlio che mi odia.
Ho pensato tante volte a cosa sarebbe successo se non mi fossi sposato ma William fosse nato comunque. Sareste diventati amici? Ti avrei conosciuto comunque? Perché probabilmente a distanza sarei stato un padre migliore. Me lo sono chiesto tante volte e ho concluso che non lo potrò mai sapere, che adesso sono qui e qualche strana identità aliena ha deciso di darmi una seconda possibilità.
Forse dovrei andare ad esplorare in fondo alle acque sotto quel ponte per vedere se scopro che ci vive qualche strana lucertola con tre teste che fa di questi giochetti, e ringraziarla, perché è da quella sera che mi sento meglio, felice.
Perché ti ho conosciuto, e mi sono innamorato di te sempre di più, ogni giorno che passava.
E' l'unica cosa certa della mia esistenza, come so che adoro il basket e giocherei a vita, se potessi. Volevo solo che lo sapessi, prima di andarmene."
Strinse i pugni ancor di più, forse gli erano pure entrate un po' le unghie nella carne, ma non gli importava, si sentiva finalmente più leggero.
"Non andare via senza di me. Non osare, Louis" fu la richiesta quasi sussurrata di un Harry afflitto. Aveva gli occhi lucidi, Louis sentì calore nel petto.
"Ma mi hanno detto che ti sei ripreso da poco, dovrai fare degli esami e poi... non siamo parenti, non posso portarti a casa, lo sai."
"In questo momento sei l'unico parente che vorrei avere" confessò, imbronciato. Strinse le lenzuola nei pugni, più per imbarazzo che per altro e Louis non riusciva a credere di avere di nuovo davanti il ragazzo tranquillo, quasi acqua e sapone dei primi giorni. Si chiese cosa stava aspettando ad abbracciarlo, proprio quando ormai le gambe avevano iniziato a muoversi verso di lui per farlo. Harry spalancò le braccia per accoglierlo, nonostante la flebo, e lo strinse al suo petto, dandogli un bacio sulla fronte.
"Sei profumato" constatò, annusandogli i capelli. Louis storse il naso perché di certo non si sentiva poi così pulito, di farsi la doccia non ne aveva avuto proprio alcuna voglia quel giorno e non aveva fatto altro che correre. Si alzò per poterlo guardare in viso e Harry, come attirato da una calamita, lo baciò sulla bocca.
"...e non devi starmi così vicino. Non quando sono legato così" continuò, leccandosi le labbra. Louis sorrise sornione e lo strinse di nuovo in un abbraccio.
"Allora vedi di riposarti per bene, così domani verrò a prenderti, ok?" suggerì premuroso. Doveva smetterla di sorridere in quel modo, perché ormai i brividi li sentiva anche quando solo lo guardava e la cosa era ormai inquietante.
"Ti amo così tanto" soffiò Harry al suo orecchio. Louis non rispose, si rimise in piedi e, con un leggero bacio sulla fronte, lo salutò.
Anne era ancora in corridoio. Per fortuna aveva smesso di camminare avanti e indietro senza sosta e stava mangiando un cornetto. Quando vide Louis si alzò di scatto per riempirlo di domande e tutto quello che il ragazzo fece fu invitarla ad andare dal figlio.
"Grazie... non ho ancora capito bene come ti chiami, ma grazie" gli disse, prendendogli le mani tra le proprie.
"Louis, signora, mi chiamo Louis. Tornerò domani sicuramente, buonanotte."
Una volta a casa, Louis non potè fare a meno di fermarsi a pensare, ormai ultimamente non faceva altro. Si buttò sotto la doccia per calmarsi, perché ogni due secondi aveva dei flash di se stesso che faceva quel discorso a Harry. Non riusciva a credere di esserci riuscito, nonostante si frequentassero ormai da un po' lo spaventava il modo in cui ci si era gettato a capofitto.
Il punto era che quando Harry gli confessò di non riuscire a stare neanche un giorno senza di lui, Louis realizzò di essere nella stessa identica situazione.
Uscì dalla doccia, alla ricerca di qualcosa per coprirsi dopo essersi bene asciugato. La sua tuta preferita faceva al caso suo, e si buttò sul letto, esausto senza un vero motivo.
Il cellulare si illuminò segnalando l'arrivo di un messaggio, lo prese e vedendo che il mittente era Harry si agitò subito.
Era proprio un ragazzino.
"Non mi piace che non sei nel mio stesso letto :( " recitava il messaggio. Probabilmente si era trasformato in una pralina di zucchero, perché rispose con un "cerca di non pensarci, amore" con cui credeva di poterlo calmare e, magari chissà, farlo addormentare.
"Ora che mi hai risposto sarà ancora più difficile. Cosa stai facendo?"
E no, sapeva come sarebbe andata a finire. Di nuovo. E non poteva permetterlo, Harry era in ospedale, aveva bisogno di riposo.
"Harry, per favore..." E che risposta del cavolo era, lo sapeva già.
"Già mi implori..." Appunto.
Silenzio. Louis stava guardando il telefono quasi come se fosse un oggetto contudente ed ebbe l'impulso di lanciarlo a terra quando arrivò un altro messaggio piuttosto esplicito.
"Mi sono eccitato solo al pensiero di te che mi implori, ti odio."
Pensò un po' prima di rispondergli, sentendo caldo anche lui immaginando Harry che si masturbava pensando a lui. Poi digitò, quasi senza guardare, come se se ne vergognasse.
"Toccati per me, allora, tesoro. E domani mi farò perdonare."
Arrivò subito una chiamata. Louis, steso sul letto con una mano sul basso ventre, rispose e mise subito il vivavoce. Sapeva già cosa avrebbe sentito.
"Sei uno stronzo" piagnucolava il riccio. La voce era pesante, strascicata, probabilmente si stava masturbando già da un po'. "Mi manchi e mi dici certe cose. Io ho bisogno di toccare te."
"E' come se lo stessi facendo, credimi" sussurrò. Harry strinse la mano sul suo cazzo duro coperto dal camice pensando che, in questo modo, nessuno, passando per la sua stanza, avrebbe potuto notare cosa stava facendo.
Non poteva chiudere la porta, quindi era costretto ad andarci cauto anche se, alla fine, gliene importava ben poco.
"Ti manco, Lou? Posso chiamarti Lou, vero?" domandò giocherellando sulla sua punta col pollice. Tremava, ma cercava di non farlo notare nella voce.
"Puoi chiamarmi come vuoi, tesoro mio, come vuoi, E sì, mi manchi, per questo mi sto toccando. Mi mancano le tue mani, non vedo l'ora di sentirti di nuovo dentro di me, amore."
"Sei uno stronzo, perché devo aspettare ancora" si lamentò, "e io non ce la faccio, Lou, non ce la faccio mai con te. Voglio baciarti, voglio morderti il collo e stuzzicarti i capezzoli, scommetto che sono già turgidi" continuò poi.
"Sì... sì, lo sono" gemette, aumentando la frizione sulla sua erezione. Dio, era così vergognosamente formata che quasi lo trovò un vanto.
"Te li sto succhiando, uno alla volta, con estrema lentezza" soffiò, la voce sempre più bassa e roca e Louis ormai non era più in grado di rispondere niente di sensato, mentre si toccava i capezzoli con una mano e si masturbava con l'altra.
"Ti voglio, Harry, ti voglio dentro... di me... adesso, sento che... oh cristo"
"Cosa, Lou, dimmelo."
Ma non riuscirono più a parlarsi, l'orgasmo li aveva investiti entrambi e "sto per venire" biascicò Louis, mentre Harry lanciava un urlo, probabilmente soffocato da un cuscino, di piacere.
"Aspetta a venire, amore mio, ti prego. Lasciatelo succhiare. Voglio leccarlo tutto, mi senti?"
"S-sì, sì ti sento, cazzo, sì!"
"Scopami la bocca" ordinò quasi, e Louis si masturbò più forte, con gli occhi chiusi, inarcando leggermente la schiena perché sentiva come se ci fosse davvero una bocca e non una mano attorno al suo cazzo. Harry gemeva in maniera a dir poco oscena e lui scoppiò.
Venne nel suo pugno, sporcandosi il petto, e iniziò a ridere sguaiatamente perché "tu mi uccidi, Styles."
"E tu mi ecciti, Tomlinson, da morire."
La chiamata venne interrotta involontariamente, ma entrambi lo trovarono un sollievo, perché si accasciarono sui loro letti, sudati e ansimanti, prima di prendere le forze necessarie per andare a ripulirsi. Soprattutto Harry che era in uno stramaledetto letto d'ospedale e per lui sarebbe stato un po' complicato spiegare le tracce di sperma su quella sottospecie di camice che decide di far sparire. Per fortuna c'era un armadietto dove sua madre gli aveva sistemato un pigiama che indossò subito.
Pensare che le aveva detto che non sarebbe stato necessario.
La mattina successiva, dei poliziotti fecero visita a casa di Ben Winston intimando a lui e ai suoi genitori di presentarsi in centrale per via delle accuse di percosse mosse dalla famiglia Styles nei suoi confronti.
Per via di questi avvenimenti venne cacciato dalla squadra di basket e sospeso da scuola per un mese insieme a tutti i partecipanti all'aggressione, compreso quel Jason.
Louis andò da Harry sperando di potergli dare lui la notizia, ma trovò Anne lì, probabilmente aveva già provveduto lei.
Quando lo vide, si scambiarono uno sguardo d'intesa che valeva più di mille parole e "posso andare a casa di Louis?" domandò il riccio, gongolante. Anne lo guardò, poi si volse verso Louis e, infine, di nuovo verso suo figlio. Alla fine annuì, perché "hanno iniziato a brillarti gli occhi appena è entrato, come faccio a dirti di no?"
Lui saltò quasi al collo della madre e Louis cercò di rimproverarlo con un "ehi, sei ancora convalescente" che lo fece bloccare per un istante, prima di fargli una linguaccia.
"Mi sembra che stia anche fin troppo bene" constatò la donna, aiutandolo a prepararsi. Era ancora pieno di cerotti sul viso, ma i medici avevano assicurato che stava benissimo e che non c'era più alcun motivo per trattenerlo. Louis lo prese sottobraccio e lo accompagnò fuori. Harry, dal canto suo, gli pizzicò un fianco con una mano nel cingerglielo.
"Hai fame?" gli domandò docilmente.
"Sì" rispose "ma di te."
"Smettila, cretino" finse imbarazzato, dandogli una leggera spallata nell'indicare la presenza di Anne con la coda dell'occhio.
"Mh, va bene." E lo baciò sulla guancia.
"Salgo dietro con Louis" informò la madre, la quale annuì tranquilla. Si mise al volante e, facendosi dare l'indirizzo di casa di Louis, mise in moto e partì.
Harry non perse tempo, perché gli prese una mano e andò tra le sue gambe, sussurrando un "mi eri mancato" sul suo viso sconvolto. Cercò di tirarsi via, ma Harry gliela trattenne, intrecciandola alla propria, mentre la spingeva attorno alla sua erezione. Era già un po' dura, e il suo sorriso eccitato era talmente esplicito che quasi si spaventò di come non gli importasse della presenza di sua madre.
"Hai intenzione di restare da Louis anche questa notte, tesoro?" domandò infatti la donna, tenendo lo sguardo attento sulla strada.
Il ragazzo annuì, mentre massaggiava l'erezione di Louis, che si stava agitando sul sedile e sperava tanto non si notasse.
"Non è un problema per te, vero Louis?" E lui pensò che in un'altra vita doveva aver fatto qualcosa di davvero brutto per meritarsi tutto questo, anche perché un'altra vita l'aveva effettivamente vissuta.
"N-no, signora, assolutamente. Sono sempre così solo in... quella casa." Diede una botta col pugno chiuso sul sedile, tanto che la donna sussultò ma, per fortuna, non si voltò. Chissà come avrebbe reagito alla scena di suo figlio che masturbava un altro ragazzo nella sua macchina.
"Smettila" lo pregò in un sussurro, lo schiaffeggiò persino con la mano libera e, alla fine, leccandosi le labbra, lo liberò da quella presa, passandosi le dita sulla bocca umida.
Per fortuna erano arrivati, Louis tirò un sospiro di sollievo, e scese dall'auto al volo. Ringraziò Anne per averli accompagnati e si fece dare la borsa con tutte le cose che aveva preparato per Harry "manco dovessi stare qui per una settimana!"
Una volta che la videro sparire all'orizzonte, Louis quasi aggredì Harry con le mani impostate sui fianchi.
"Tu sei completamente pazzo, e se ti avesse visto?" Ma a Harry non pareva importare, perché gli andò addosso con quasi tutto il peso del suo corpo, lo attirò al suo e lo baciò con forza, quasi soffocandolo. Louis gli morse il labbro inferiore in automatico, mentre si faceva spazio con la lingua nel suo palato. Era così felice in quel momento che neanche gli importava di essere ancora in strada.
"Ti ho detto che mi mancavi. Mi manchi sempre, Lou, come devo dirtelo. Adesso andiamo dentro, sì? Per favore."
Louis andò per aprire la porta, ma Harry pareva proprio non volerglisi scrollare di dosso, perché gli cinse la schiena e gli baciò il collo e la nuca in più punti facendogli venire la pelle d'oca. Alla fine riuscì ad aprire e, chissà come, venne spinto senza alcuna resistenza contro il divano del salotto lì di fronte. Gli sembrava un remake della loro prima volta, ma più violenta, senza alcuna pazienza.
La verità era che anche Louis moriva dalla voglia, che tutto quello che gli aveva detto al telefono il giorno prima era vero.
Lo voleva dentro di lui, e lo voleva al più presto.
Si liberò subito della maglietta, restando a petto nudo, mentre Harry gli cinse di nuovo i fianchi e prese a baciargli la schiena. Scese verso il basso lasciando una scia di baci umidi e poi gli prese i lembi dei pantaloni, per tirarglieli giù insieme ai boxer. Lo piegò in avanti lungo il divano e, inginocchiandosi, andò a stuzzicargli i testicoli con le dita, mentre affondava la lingua nella sua apertura. Louis gemette oscenamente perché non se l'aspettava, ma lo lasciò fare.
Gliela leccò come meglio poteva, solleticandolo e macchiandolo della sua stessa saliva mentre la violava. Strinse poi le natiche con entrambe le mani e tornò su a leccargli il fondoschiena, fino a tornare su, verso il suo collo e poi a cercare la sua bocca.
"Ti amo" gli sussurrò tra un bacio e l'altro "ti amo così tanto", e Louis alzò un braccio, per potergli accarezzare il viso mentre si lasciava baciare, nonostante la posizione scomoda.
"Ti amo anch'io" finalmente disse "troppo" e Harry pensò che era fin troppo vestito, si liberò anche lui dei suoi vestiti senza alcuna delicatezza, prese i suoi fianchi e si spinse il suo sedere contro, per poterlo far scontrare con la sua erezione, che prese a solleticarlo.
Sembrava quasi si divertisse a stuzzicarlo in quel modo.
"Oh dio, Harry, ti prego, ti..." lo interruppe l'affondo senza alcun tipo di preavviso. La sua lingua lo aveva già lubrificato abbastanza, e comunque Louis era pronto da tempo a riceverlo.
Si tenne a fatica alla testiera del divano e ad uno dei cuscini, mentre Harry si spingeva dentro di lui, col petto aderito quasi completamente alla sua schiena, che non riusciva a non marchiare, e gemette, quando sentì l'orgasmo vicino.
Harry gli prese il cazzo con una mano e lo masturbò, talmente forte che lo fece venire quasi subito. Per fortuna il divano aveva un copridivano che sarebbe stato poi prontamente lavato. Harry si accasciò lungo la sua schiena, sporcandola del suo liquido, e lo cinse forse, stampandogli un bacio sulla nuca.
"Promettimi che non mi lascerai mai, Lou. Anche se questo dovesse essere solo un incantesimo e tu dovessi crescere di nuovo, un giorno... promettimi che non mi lascerai."
Louis sospirò sentendo quelle parole e gli venne anche un leggero magone per la dolcezza con cui erano state pronunciate. Non riusciva nemmeno ad immaginare la sua vita senza Harry, quindi "mai, tesoro mio, non commetterò lo stesso errore una seconda volta. Non scapperò da quello che amo di più." Harry lo abbracciò ancora più forte e Louis potè sentire che stava piangendo, appiccicato alla sua schiena.
"No, Harry, ti prego... non piangere." Provò a voltarsi così da poterlo guardare in viso e Harry allentò la presa per poterglielo permettere. Si ritrovò seduto sul bracciolo del divano, con Harry in piedi tra le sue gambe ed era bellissimo anche in quello stato pietoso. Gli prese il viso tra le mani piccole e "sei la mia rinascita, Harry, non pensare neanche per un attimo che potrei mai abbandonarti. Ti amo, e questo non cambierà. Se poi, invece, dovessi cambiare io, beh... spero non sarai tu a non volere più un fidanzato troppo vecchio."
Harry lo guardò sgomento e "stai scherzando? E' il mio sogno stare con qualcuno di più grande" lo schernì.
O forse no.
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Take a step into my world
FanfictionVide tutto. Le sue scelte, giuste e sbagliate, vide il suo sorriso quando giocava a basket e la gioia di passare del tempo con gli amici, vide la sua espressione smorta quando capì che sarebbe diventato padre e la stessa, riproposta quando vide suo...