Di come il mondo un bel giorno andò avanti

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Il ronzio della radio sintonizzata su una frequenza priva di trasmissioni era diventato per Vince il nuovo silenzio. Nessuno aveva il permesso di toccarla, perché nessuno, Vince per primo, poteva essere certo che sarebbero stati in grado di ritrovare La stazione o tantomeno che la radio avrebbe retto o si sarebbe riaccesa una volta spenta. Un'unica trasmissione, un notiziario di circa dieci minuti alle 19, a questo si era ridotta l'era dell'informazione. "Benvenuti nel ventunesimo secolo! Prendete i vostri smartphone, i vostri laptop, i vostri televisori con i loro duecentocinquantasei canali via cavo; prendete tutto e buttatelo nel cesso, perché il futuro è una radio a valvole, una sola stazione attiva per una sola trasmissione ad un solo orario senza repliche! Alleluia!" sorrise amaro ripensandoci, come accadeva spesso quando era preso da qualcosa di importante. Era seduto nel suo studio a fare l'inventario, come ogni fine settimana da ormai un anno; aveva capito a caro prezzo quanto fosse importante conoscere la quantità esatta di provviste, medicinali e cianfrusaglie varie, rendendo quella conta una delle attività principali della sua vita. Sapeva che quei numeri l'avrebbero ucciso, se non ci fosse riuscito prima qualcun altro, si capisce.

Sua moglie Maggie era nella stanza a fianco, seduta sul pavimento, la testa china sui ricordi in cui tentava di rifugiarsi quotidianamente. Tristi o felici non faceva alcuna differenza, l'importante è che fossero ricordi passati. Il passato andava bene, era buono. Iniziava a piangere dopo pochi minuti, ogni volta tentava di trattenere i singhiozzi, sperando che Vince non la sentisse. Ma lui non solo la sentiva, l'ascoltava.

Alanis, la loro figlia adolescente dal nome tutto farina della madre e delle sue passioni, era chiusa nel bagno. Ci passava giornate intere. Nessuno aveva idea di cosa facesse lì dentro, e a nessuno importava. Se avesse trovato un po' di calore in modi poco ortodossi ai buoni cristiani, l'avrebbero capita e mai rimproverata. Se avesse tentato un gesto estremo, l'avrebbero compatita; e se ci fosse riuscita ne avrebbero pianto ma mai si sarebbero interrogati sui motivi.

Indipendentemente dalle attività in cui erano impegnati i membri della famiglia, a dominare nella casa era il silenzio e con esso il ronzio della radio. Fu per questo che Vince lo sentì subito. Un rumore fioco, come qualcosa che viene trascinato, e poi un altro, un oggetto che cade; erano stati leggeri ma li aveva sentiti lo stesso, pur non capendone subito la provenienza. Lasciò perdere i numeri, erano comunque deprimenti. << Maggie, sei stata tu? >> chiese, rivolgendo lo sguardo al muro, << A fare cosa? >> la voce della moglie gli arrivava un po' ovattata ma chiara. Il rumore riprese. << Quel rumore, lo senti? >>. Attimi di silenzio. Pur non potendola vedere, Vince sapeva che Maggie aveva teso l'orecchio in quel gesto plateale che aveva imparato ad apprezzare già dai loro primi appuntamenti, ormai secoli prima, in un mondo diverso. Attese con pazienza e un pizzico di tensione, sentì sua moglie alzarsi e attraversare la camera e il corridoio. << Alanis, tutto bene lì dentro? Stai trascinando qualcosa, cara? >> la sentì chiedere alla porta del bagno chiusa, << No mamma, cosa potrei mai trascinare qui dentro? >>. Non aveva tutti i torti, il bagno era talmente piccolo da riuscire a stento a girarsi. Vince si alzò ed uscì dalla stanza. In corridoio, lui e sua moglie si parlarono a sguardi: lei gli indicò il soffitto, lui annuì e fece un cenno del capo verso la porta, a cui lei rispose con un'espressione apprensiva. Scelse una delle mazze lasciate dietro la porta, di quelle a cui aveva attaccato dei chiodi con del nastro adesivo, maledicendosi subito dopo per averlo sprecato in quel modo.

Il pianerottolo era, come al solito, deserto. Accumulati sui gradini, pezzi di intonaco e vernice mai spazzati via rendevano difficile qualsiasi movimento, ancor di più se furtivo. Dalle finestre sbarrate filtrava la luce di un placido pomeriggio autunnale. Vince si incamminò lungo le scale, gradino dopo gradino cercava di convincersi che fosse un topo o un gatto o un qualsiasi altro animale. Non ricordava neanche cosa ci fosse di sopra, rifiuti per lo più, non ci entrava da ... beh, da quando Nicolas non c'era più. Non esisteva un altro modo per dirlo.

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⏰ Last updated: Feb 04, 2016 ⏰

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