"Mi avvicino?" chiese Christopher insicuro, fissando Alex negli occhi.
"A cosa? Alla più totale storpiatura di uno dei migliori pezzi rock del mondo o allo spaccarmi i timpani?" le rispose sarcastico lui, alzando gli occhi al cielo. Scrollò pigramente le spalle per sedersi accanto all'altro. "Dai, riprova" disse riposizionando lo spartito sull'asta di legno. Si fissarono per un secondo e il minore attaccò. Il ragazzo cercava di guardare i movimenti delle mani di Chris, nonostante la sua visuale fosse impedita dai boccoli scuri. Alex seguì distrattamente le legature, nonostante fossero il punto debole del minore: in qualche modo il suo sguardo era corso al viso, la linea dritta del naso, le labbra che si muovevano continuamente, canticchiando la canzone che stava riproducendo con il pianoforte. Finì senza che Alex se ne rendesse conto e si voltò.
"Com'era?"
"Non è orribile come le prime volte, ecco. Canni il tempo nelle prime battute... poi qui la voce non va bene:–indicò un punto della spartitura- fai "maybe" troppo basso. Prova a seguire le note: "may" è un'ottava più alta! Cerca di farlo, semmai oggi ci concentriamo sulla voce." Concluse mentre il riccio si sedeva sui gradini del palco. Lui si sistemò meglio sullo sgabello e prese a suonare le note di Don't Cry, fermandosi ogni volta che lei sbagliava, correggendo pazientemente i suoi errori. Dopo un po' anche Alex cominciò a cantare e passarono il pomeriggio a tentare di far amalgamare il pianoforte con i timbri così diversi dei due ragazzi. Dopo quello che a loro parve poco tempo, ma che in realtà era qualche ora, decisero di variare il repertorio. Chris imbracciò la chitarra e il maggiore gli si sedette accanto, mormorando dei versi inventati sul momento.
"You feel sad 'cause I got mad
And I'm sorry, I'm sorry
Things I said made things seem bad
But don't worry
Cause it's gonna be alright now
Be okay
You know I just don't think before I speakI've been looking for to find
Something to believe in my mind
And I thought it was youAll this time since you've been mine
I've been angry, so angry
Made it known I could make it alone
But I'm changing
And I'm gonna be alright now
Be okay
You know I just woke up and I see the wayDon't give up on me so fast
I see it's me that's wrong at last
Give me another chanceIt's so hard just to stay alive each day
I really can't go on this way, oh noOh no
Hey
Don't give up on me so fast
I see it's the end, it's wrong at last
Give me another chance"Si seguivano a vicenda, cercando di assimilare l'uno il ritmo dell'altro. Finirono guardandosi negli occhi, stupiti del risultato raggiunto da una cosa tanto improvvisata.
"Che abbiamo appena fatto?" mormorò Chris.
"Una canzone, o qualcosa del genere" sorrise Alex. Solo in quel momento si resero conto dell'ombra che invadeva la stanza e si voltarono contemporaneamente verso la finestra.
"Porco cazzo, è tardissimo!" scattò il minore, afferrando la giacca lasciata sul pavimento.
"Che hai da fare?" gli chiese l'altro, stiracchiandosi.
"Cena di famiglia" rispose brevemente.
"Ti do uno strappo?" disse arrossendo imbarazzato: non era più abituato a quelle dimostrazioni d'affetto di cui anche lui aveva bisogno.In fondo, Alex era così. Si nascondeva tra sarcasmo e battute acide, lo spronava al meglio, sembrava inflessibile e cocciuto. Di tanto in tanto, però, quell'armatura non reggeva: ogni sua parte acida si scioglieva, lasciando spazio al ragazzo premuroso e dolce che un tempo mostrava a tutti. Alex era puro, determinato e tenero, candido nel suo mondo composto da angoli tetri. Filtrava ogni informazione e ne esaltava la parte buona, lasciando il pessimismo fuori dai suoi pensieri. Poi, d'un tratto divenne terribilmente realista. Nessuno oltre a Christopher però, si era reso conto che Alex era ancora lo stesso, semplicemente barricato.
Il più piccolo annuì mentre un sorriso felice gli si dipingeva in volto. Scesero silenziosamente le scale, salendo in macchina. Non ci fu bisogno di parole: con un tacito accordo inserirono il disco di Janis Joplin e Alex avviò la vettura. Guardavano la strada, senza la necessità di dire qualcosa, nel silenzio familiare che solo un'amicizia importante sapeva rendere leggero. Intanto, la voce potente della donna accompagnava i due ragazzi in quella notte invernale. Quando giunsero davanti alla villa il maggiore spense il motore, appoggiando il capo sulla spalla del riccio.
"Quanto tempo hai?" domandò.
"Uhm, per fare che?" ci fu un silenzio diverso dal precedente, più teso e carico di aspettativa.
"No, nulla" mormorò Alex, riposizionandosi sul suo sedile e stringendo forte il volante. "Ci sentiamo per le prove?"
"Oh, sì" rispose l'altro, uscendo dalla macchina. Si salutarono con un cenno della mano ed Alex fece inversione. Mentre passava accanto alla casa vide Chris sorridente che picchiettava sul vetro. Abbassò stupito il finestrino e si sporse interdetto. Il minore ne approfittò per posare velocemente le labbra sulle sue, rimanendo un secondo immobile. Non riusciva a capire se il suo cuore si fosse fermato o battesse ad una velocità tale da non essere nemmeno percepita, ma in quel momento non gli importava. Si staccò vedendo l'espressione allibita dell'altro, sorridendo dolcemente. "Era quello che volevi dirmi, vero?" disse voltandosi. Alex rimase qualche secondo a fissare la figura che si avvicinava alle luci natalizie della villa, camminando piano. Si sfiorò appena le labbra, per poi guardare quasi incredulo le dita. Sorrise.
Se ti fidi, le parole sono 100 giuste giuste!