Capitolo 5-Amici..di nuovo..?

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Alice's pov:
-E quindi non hai più il cellulare per un mese?
-Già...
Clarissa e Sara ridacchiavano malignamente, mentre io pensavo ad un modo per farle smettere di ridere. Con Tommaso avevo chiuso, mentre con Matteo non sapevo cosa fare...! Era il ragazzo perfetto, che andava bene a scuola, che non aveva né percing né tatuaggi, che non fumava, che non beveva...un bravo ragazzo, un ragazzo che io non merito.
Forse se diventassi come Sarà e Clarissa sarei più apprezzata anche da molti ragazzi!
Andai a casa pensando...l'unica cosa che guardavo era una foglia che seguiva il vento, volando e andando addosso a molti alberi, dipendente da altri, contro la sua volontà. Anche io mi sentivo così, dipendente dal giudizio degli altri..ma forse io potevo scegliere di essere indipendente. No. Non potevo. Avevo smesso di frequentare le uniche persone che mi facevano essere qualcuno, senza dipendere dagli altri.
Giada, Flora, Alberico...giusto, Alberico! Lo seguivo su YouTube, ma non sapevo se stesse bene.
Da una parte desideravo che stesse bene, con una ragazza che lo amasse, con degli amici.
Ma dall'altra parte avrei voluto che stesse solo...che gli mancassi, che mi volesse.
Escludevo sempre di più la seconda opzione, dato che non ci eravamo più sentiti, non ci eravamo più cercati...!
Mi venne la tentazione di chiamarlo...una tentazione che sparì poco dopo quando pensai al bacio in quel video..cazzo che rabbia mi faceva..! Tante volte avevo preso il cellulare di mia madre con l'intenzione di chiamarlo, dirgli che lo amavo, dirgli che non potevo stare senza di lui...ma la paura mi faceva cambiare idea...e se fosse fidanzato? Certo che lo è! È troppo stupendo per essere single!
Entrai in casa ed andai direttamente in camera, senza nemmeno salutare mia madre, che mi aspettava sperando che stessi bene. Mentre correvo verso la camera, vidi di sfuggita il sorriso di mia mamma morire appena mi vedeva con le lacrime agli occhi...non volevo farla star male...ma non riuscivo a sorridere.
Cazzo. Non ci riuscivo!
Magari dovevo confidarmi con lei, lei che c'era già passata, ma non ci riuscivo. In realtà non ci avevo nemmeno provato, ma preferivo non provarci.
La mattina, mentre andavo a scuola, mi venne un'idea. Un'idea che non mi sarebbe dovuta venire.
Pensai che, per essere popolare, avrei potuto scrivere la parola "schifo" sul muro laterale della scuola.
Ovviamente Sara e Clarissa non furono contrarie, anzi, entusiaste, mi incoraggiarono molto, cosa che non mi aspettavo.
Arrivammo a scuola. Passai due ore a chiedermi se dovessi farlo o no. Alla fine della prima ora avevo deciso che non avrei scritto nulla, ma poi pensai a Clarissa e Sara che ridacchiavano di me e pensai che dovevo dimostrargli di che pasta ero fatta.
Alla ricreazione ero lì. Davanti a quel maledetto muro.
Mi avvicinai al muro, mi immedesimai in lui, pensando a come mi sarei sentita se fossi stata in lui, ma poi mi resi conto di una cosa:
È peggio il senso di colpa del peccatore che la rabbia della vittima che ha subito il peccato.
Mi ripetevo questa frase in testa, senza ascoltare le risate maligne di Sara e Clarissa e gli scoraggiamenti che urlavano.
Dei ragazzi avevano sentito le urla e si erano avvicinati a Clarissa, bisbigliandole qualcosa nell'orecchio.
Non ne potevo più.
Presi la bomboletta spray nera e iniziai a macchiare il muro di un peccato che non avrei mai pensato di compiere.
Ogni centimetro di muro che macchiavo erano una rivincita ed un pentimento continuo.
Ma il peggio doveva ancora venire.
Sentii un rumore...un rumore simile all'avvio di un video, anzi, non simile...uguale.
Finii la punta dell'ultima lettera mi girai.
Vidi Sara che rideva, rideva e riprendeva il mio più grande errore.
Cercai di prenderle il telefono, ma quando ci riuscii era troppo tardi.
Quelle due stronze avevano condiviso il mio errore con tutta la scuola.
Andai velocemente verso la porta della scuola, ma prima mi voltai e dissi:
-Brutte vipere! Me la pagherete!
-Wow che paura..!
Volevo prenderle a schiaffi, ma mi risparmiai la scena.
Entrai in classe nascondendo il viso con le mani, ma poi vidi Giada venire verso di me, insieme a Flora, con le lacrime agli occhi.
Fu giada a parlare.
-Perché? Alice perché?
Flora piangeva e basta, coprendosi anche lei il viso con le mani, appiccicata a Giada che si tratteneva.
Stavo per risponderle qualcosa, quando sentii la voce del preside pronunciare il mio nome. Cazzo.
-Mugnaini? Mugnaini Alice?
-Eccomi.
-Venga nel mio ufficio.
Tutti i presenti iniziarono a parlare fra loro. Non volevo sapere cosa stessero dicendo. Cioè, forse sì, ma dovevo andarmene da lì.
Il preside mi disse che non mi avrebbe sospesa, ma che mi sarei beccata una nota sul diario ed un rapporto sul registro. Era stato molto comprensivo.
Il volto del preside mostrava il suo passato, faceva capire ch anche lui c'era passato, e ne ero sollevata.
Di lì a poco arrivò mia mamma, con gli occhi lucidi, con la voce bassa. Aveva pianto tanto, la conoscevo.
-Tutto bene signora?
-Si sì.
Disse con una nota di sarcasmo. Non poteva certo andare bene. Non capisco certe domande..ma meglio tralasciare il sarcasmo e le finte risatine di mia madre in questo momento.
Non riesco a guardarla negli occhi. Lo so, sono una codarda. Ma non ci riesco.
Parlammo per circa un'ora. Sì, un'ora, formata da 60 minuti, un ora che a me è sembrata lunga 1200 minuti.
Volevano sapere cosa mi aveva fatto cambiare.
Ovviamente mentii, e mia mamma se ne accorse, ma non disse nulla.
Dissi che non mi sentivo apprezzata dalle mie amiche e che avevo sempre di più l'impressione di essere d'intralcio per tutti.
Non mi andava di dire a nessuno la verità, anche se pensavo che prima o poi sarebbe venuta fuori.
Mentre tornavo a casa pensavo a come tutto era iniziato, al vero motivo per cui ero cambiata, che neanche mi ricordavo bene.
Mi venne in mente un'opzione, molto valida, anzi, vera.
Alberico! Anzi, la gelosia! Maledetta gelosia, invidia, voglia di essere qualcun altro, voglia di essere altrove.
Voglia di sparire, pensando che nessuno se ne accorga. Voglia di meritare una vita migliore.
Ma questa non era mancanza di autostima, no no.
Perché sapevo di poter essere una persona migliore ma sapevo anche di avere pregi, oltre che difetti, sapevo di meritarmi qualcuno che mi apprezzasse per quello che sono, per quello che valgo.
E così, con questi ragionamenti, mi ritrovai a cercare il nome "Alberico" fra i miei contatti. Perché? Perché volevo aiuto, un aiuto vero. E Flora? E Giada?
A loro avevo fatto cose orribili, cose che non voglio ricordare tutt'ora.
Decisi di voler prima risolvere le cose con Albe.
Squillava. Uno, due, tre squilli...poi...poi lui.
Lui, la sua voce, lui!
Era sorpreso di risentirmi, ma anche io lo ero.
-Pronto? Alice?
-Ciao Albe...
-Ciao! Non mi aspetto che tu mi richiamassi.
-Possiamo vederci?
-Certo! Quando?
-Ora puoi?
-Si, dove?
-Al parco davanti a casa mia?
-Okay sono lì fra 10 minuti.
-Perfetto.
Riattaccai. Era stato così semplice, nei panni di me stessa. Più semplice di quanto mi aspettassi.
Ero lì, sull'altalena, avvolta dai miei pensieri. Pensando a cosa dirgli, come dirglielo, come dirgli che dopo averlo trattato male e non averlo più chiamato, avevo bisogno del suo aiuto.
Sentii una mano sulla mia spalla. Tremai. Mi girai e lo vidi. Il ragazzo che riesce a farmi ridere e piangere allo stesso tempo.
-Hei!
Non dissi nulla. Avevo già le lacrime agli occhi.
-Cosa c'è che non va?
Lo abbracciai. In quel momento era l'istinto a comandare.
-Ali?
-Non ce la faccio più!
-Che è successo?
-Di tutto, Albe, di tutto.
Ormai piangevo a dirotto, con il viso nero pieno di trucco e lacrime.
-Vieni qui.
Si sedette sull'altalena, e mi prese e mi mise sopra di lui.
-Bene ora raccontami tutto.
-È una storia lunga.
-Abbiamo tutto il pomeriggio.
Feci un piccolo sorriso.
-Sicuro?
-Sicuro.
Iniziai a raccontare che trattavo male Flora e Giada. Ma alla fine mi fece la domanda che temevo, che avrei voluto che non mi facesse.
-Cavolo...ma cosa ha fatto scatenare tutta questa confusione?
-Beh...ehm...
Non riuscivo a dire nulla.
Presi coraggio e lo dissi.
-Tu.
-Io?
-Tu.
Era stupito, ma poi continuò a parlare.
-E come mai?
-Perché mi avevi detto che mi amavi, ma io ero troppo scioccata, non ci credevo. Non capivo cosa potessi trovare di bello in me. Mi sono lasciata andare alla rabbia e alla depressione, ed eccomi qua.
-Ah...per quello. Alice io ti amavo davvero.
Mi amava? Prima, forse. E ora? Ora non più?
-Ora non lo so...sto uscendo con una, ma...
Continuò come se mi avesse letto nel pensiero...ero felice per lui, ma l'altro 99% di me voleva che non fosse vero.
-Non so se è la ragazza giusta per me.
Non volevo che si mettesse con quella ragazza. Lo volevo per me.
Un'ondata di coraggio prese il sopravvento su di me.
-Anch'io ti amavo.
Alzò gli occhi su di me. Sorrise.
-Beh...allora...se è così...
Arrossisce, ma io non sono da meno.
-Beh...
Non so come chiederglielo. Penso che dovrebbe chiedermelo lui, ma forse non dovrei pretendere proprio nulla da lui.
-Domani che hai da fare?
Me lo aveva chiesto. Ero al settimo cielo.
-Forse devo uscire con qualcuno di molto carino.
Dico con un piccolo sorriso malizioso.
-Ah sì? Con chi?
Gli detti un bacio sulla guancia.
-Ora devo andare da..beh...da lei.
-Okay.
Ero un po' triste, perché sarei voluta andare subito con lui.
Domani era venerdì, e speravo, anzi, sentivo, che sarebbe stato uno dei venerdì più belli della mia adolescenza.
-A domani, allora.
Sorrido.
Sorride.
-A domani, piccola.

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