Prologo

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                                                                                           Godric's Hollow, 30 giugno 1992



C'era qualcosa che gli aveva sempre impedito di tornare in quel posto dopo tutto quel tempo, ma questa volta era diverso: aveva davvero creduto che fosse morto per sempre, eppure quel pizzicore al braccio che aveva iniziato ad avvertire qualche mese prima avrebbe dovuto fargli comprendere la verità. Come era possibile che fosse così cieco? Sorrise amaramente, più a sé stesso che alla lapide che osservava. Non era la prima volta che aveva chiuso gli occhi davanti all'evidenza, e ne pagava ancora le conseguenze.
Si inginocchiò e scostò la polvere e il muschio che cresceva sulla fredda pietra grigia in modo da poter leggere il nome che celava: stupidamente, in fondo a quel poco di umanità rimastagli, sperava che non ci fosse il suo nome impresso nella pietra. Quando lo lesse fu come tornare indietro nel tempo di quasi undici anni, a quella sera di Halloween in cui aveva stretto il suo corpo esanime tra le braccia per l'ultima volta. Un nodo alla bocca dello stomaco gli impediva di respirare, parlare, pensare. Era colpa sua. Era l'artefice di quella sciagura, colui che aveva dato iniziò a quella maledizione. Il dolore faceva bene: lo aiutava a ricordargli il suo peccato.
Rimase per ore, o forse giorni, piegato su quella lapide, al punto che non sentì più le gambe e più le braccia. Estrasse la bacchetta dalla tasca e fece apparire delle margherite bianche, in ricordo di quel lontano giorno in cui si erano conosciuti. Quando si alzò mentalmente rinnovò la promessa che si fece anni addietro: avrebbe risanato le ferite del suo cuore ricucendole di orgoglio.
Ripercorse la strada solitaria che dal cimitero portava al centro di quella piccola cittadina, talmente preso dai suoi pensieri che neanche si accorse di essere davanti al teatro di quegli orrori che lo tormentavano. Quando alzando lo sguardo vide, le forze lo abbandonarono. Poggiò le mani sul cancello di legno deteriorato dal tempo accanto alle incisioni lasciate dalla gente, e con uno strano verso il dolore esplose in singhiozzi e lacrime da tempo celate. In lontananza udì dei passi proseguire nella sua direzione, ma poco gli importava. I babbani non potevano vedere l'abitazione, e anche se avessero potuto nella peggiore delle ipotesi sarebbe passato per uno sbandato. Rimosse velocemente quel pensiero e sprofondò nuovamente nella disperazione. Non si accorse che il rumore dei passi era improvvisamente cessato alle sue spalle, fino a quando una mano gentile non si posò sulla sua spalla e una voce familiare lo riportò alla realtà.
- "Professor Piton... professore è lei? Sta bene?" -
Spaventato cadde a terra, tentato di Smaterializzarsi: non poteva permettere che qualcuno lo riconoscesse. Poi, tra la foschia delle lacrime, mise a fuoco un viso che aveva pensato non avrebbe rivisto mai più. Tese una mano alla giovane strega davanti a lui e si lasciò andare.
La ragazza gli prese la mano e cingendo un braccio attorno alle spalle dell'uomo si Smaterializzò con lui mentre le prime luci dell'alba illuminavano le rovine di casa Potter.

Le Foglie di Questo AutunnoWhere stories live. Discover now