Piromani

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Si stava supini immersi nell'erba, con il sorriso stampato sul volto, la brezza attenuava il calore del sole che batteva sulla nostre fronti, mentre il cielo sfoggiava un'unica nuvola, candida, come soltanto le nuvole sanno essere. Il fiatone aveva un ritmo che pareva non sarebbe mai cessato. Arrivarono le sirene, e con esse arrivò l'aria frenetica di anime indaffarate. Tutto questo rinchiuso nella piccola bolla d'aria giù dalla collina.

Ricordo che poco ore prima, fui svegliato da Caròla e Alberto. Avevano entrambi un'aria eccitata, Caròla nascondeva qualcosa sotto la felpa che si era levata per il caldo.

-Oggi ti senti in forma?- Mi domandò Alberto.

-Mai stato meglio.- Entrambi conoscevamo la natura sarcastica della mia risposta, erano tre settimane che la tosse non voleva darmi tregua.

-Crediamo sia oggi la giornata giusta.- Mi riferiva Caròla mentre lasciava intravvedere ciò che nascondeva sotto la felpa.

Annuii, e comincia a vestirmi. Mentre Caròla ed Alberto stavano comodi sul divano del soggiorno, io, di fretta, mandavo giù la colazione, che la mamma lasciava ogni mattina pronta. La mamma era una donna indaffarata, ma non per questo mi privava delle sue attenzioni. Quando uscimmo di casa il sole stava scalando le vette del cielo, erano circa le dieci del mattino. La giornata era carica di profumi e i papaveri macchiavano di rosso i campi fuori dal paese. Camminavamo a passo svelto nelle stradine in terra battuta, per raggiungere la vetta della collina, che si affacciava sul paese. Sostammo per qualche minuto a riprendere fiato. Caròla appariva come una ragazza dal fisico atletico, le gambe erano lunghe e snelle. I suoi occhi chiari e la pelle rosacea erano invidiabili, il suo sguardo da volpe era magnetico. Caròla aveva un carattere estroverso, e sapeva sempre quando era il momento di smetterla. Mentre Alberto anche lui estroverso non riusciva mai a stare nei limiti. Posso dire che Alberto era la mente del trio, Caròla ed io eravamo le braccia. Quando riprendemmo il cammino, il sole batteva sulle nostre fronti, e il continuo chiacchierare di Alberto rendeva tutto più faticoso.

- Io sono stato in Galles, mio padre mi ci ha portato quando avevo dodici anni. Sapete da quanti anni mio padre manca di casa?-

-No da quanto?-

-Be' saranno circa sei anni, sta in Australia ora. Sta con un'altra donna, la mamma ora non lavora più, dice che mio padre ci deve dei soldi ogni mese. Io non ci capisco un cazzo di queste cose.-

-Anche mamma non sta più con Papà.- Diceva carola mentre il sudore le faceva brillare la fronte.

-Siamo quasi arrivati vero?.- Chiedevo io, stanco di tutte quelle chiacchiere.

Gli arbusti costeggiavano la stradina, il verde era ovunque a perdita d'occhio. Mi fermai un attimo per cogliere del corbezzolo, era di un rosso acceso che non passava inosservato. Gli alberi parevano vecchietti di paese che parlando attraverso il vento informavano gli alberi successivi, del nostro passaggio. La salita si faceva sempre più ripida, e Alberto ora raccontava della volta che cadde nel burrone dietro casa sua, passando tutta la notte fuori, mentre la madre disperata andava a bussare di casa in casa.

Quando il sole aveva raggiunto la vetta del cielo, Caròla che si era distaccata da noi, aveva già raggiunto la cima della collina. Qualche minuto dopo la raggiungemmo, voltandoci di spalle, il paese in lontananza apparve sotto i nostri occhi con i tetti dalle tegole rosse, non potemmo fare a meno di riposarci per qualche istante. Ora, ai piedi della collina, chiunque avrebbe potuto notare tre ragazzi in cima. Mi voltai nuovamente verso l'altro lato della vallata, alle mie spalle il paese rumoroso.

-Ecco qui, vedete laggiù?. Con la mano Alberto, indicò il casale alle pendici della collina.

-Sei sicuro che sia quello?.- Chiese Carola.

-Si sta tranquilla, ne sono sicuro.-

Io restai ad ascoltare, cercavo di capire come avremmo potuto scavalcare la cancellata che circondava il casale.

-Non avrai paura?.-

-Niente affatto, muoviamoci e chiudi quella bocca.-

Raggiungemmo il cancello.

-Adesso come facciamo?- Chiesi io, irritato.

-Semplice, scavalchiamo.- Rispose Alberto.

Anche Caròla, la più atletica del gruppo, mi parve in difficoltà.

-Credo sia meglio trovare un ingresso secondario.-

-Lo penso anche io.- Disse Caròla.

Seguimmo il perimetro della cancella, e trovammo un varco tra le sbarre. L'erba era alta e il casolare era coperto per metà.

-Eccoci qui!- Diceva Caròla con aria soddisfatta mentre Alberto si era appartato un attimo per pisciare.

-Credi ci sia qualcuno da queste parti?- Domandai rivolgendomi a Caròla.

-No, qui non viene mai nessuno. E da anni che questa catapecchia è abbandonata.-

-Tanto meglio.-

In meno di venti minuti, riuscimmo a preparare tutto l'occorrente. Carola si occupò della benzina, io e Alberto di tutti i petardi. Versammo della benzina sull'uscio della porta e gettammo tutta la scatola di petardi.

-Siete pronti per il botto?- Urlò Alberto.

Caròla gettò il cerino sulla benzina, le fiamme si alzarono imponenti, seguite da scoppi che costrinsero a tappare le orecchie. -BAM, BAM, BUM.- L'effetto superò ogni nostra aspettativa, l'adrenalina cresceva al crescere della fiamme. Gli occhi frenetici seguivano le danze delle fiamme ormai diventate incendio. Ci vollero alcuni minuti per comprendere che la situazione stava degenerando.

-Dobbiamo andare- Urlò preoccupato Alberto.

Caròla cercava di spegnere le fiamme con la terra, ma niente e nessuno sarebbe stato in grado di estinguere l'incendio, questo pareva. I petardi ancora inesplosi ora ci facevamo tremare, scoppiando quando i botti sembravano cessati.

-Dobbiamo andare via da qua!- Alberto era in preda al panico.

-Ha ragione dobbiamo andare via.-

Di corsa raggiungemmo il cancello, scavalcammo senza passare dal varco. La salita non gravava sulla nostre gambe, l'euforia ci fece raggiungere la cima della collina in men che non si dica. Da lassù il grande disastro, le fiamme iniziarono a divorare il casale, consumando la struttura fino a farla cedere. Un ultimo botto di petardo rimbombò nella vallata. Il rosso era il colore predominante di quel quadro d'autore degno di un mostra, una grande mostra.

Si stava supini immersi nell'erba, con il sorriso stampato sul volto, la brezza attenuava il calore del sole che batteva sulla nostre fronti, mentre il cielo sfoggiava un'unica nuvola, candida, come soltanto le nuvole sanno essere. Il fiatone aveva un ritmo che pareva non sarebbe mai cessato. Arrivarono le sirene, e con esse arrivò l'aria frenetica di anime indaffarate. Tutto questo rinchiuso nella piccola bolla d'aria giù dalla collina.

Piromani.

PiromaniWhere stories live. Discover now