All I ask

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(Ho scritto ispirandomi alla canzone di Adele "All I ask" quindi vi consiglio di ascoltarla.)


In dieci anni sono stato capace di mandare avanti la mia vita, illudendomi che noi non fossimo mai esistiti. I primi tempi ha funzionato, quando sei troppo impegnato a mantenerti a galla e a sistemare i vari casini, ma poi... poi c'è un momento in cui rimani da solo con te stesso, nulla conta più se non quello che hai perso. E io ho perso te, e me lo ripeto ogni giorno. Da dieci anni. Ho perso te e non ho fatto nulla, se non peggiorare le cose, se non allungare la distanza dei tuoi passi dal mio sentiero.

Tutto ciò che ho finto non esistesse mi accompagna malinconicamente da quel giorno. Ricordi, li chiamano. Per me resteranno sempre sussurri. Sussurri improvvisi quando pensi di esserne fuori. Tornano, ti ingannano con un nome, quel nome, il tuo, in un soffio nelle orecchie, confuso con il vento e, allora, a quel punto, ripetendolo sulle labbra, quel nome, non faccio altro che affondare nelle sabbie mobili dei pensieri che ti riguardano.

Ci sei ancora, ci crederesti? In un battito di ciglia la mattina, in ogni mio risveglio. Ricordo i nostri, macchiati da quella innocente spavalderia di far l'amore in faccia al sole.

A volte mi succede di restare a letto per giorni, senza far nulla, scrollando la rubrica del telefono senza chiamare nessuno. C'è anche il tuo numero, è quello che ho consumato di più a guardare senza la forza di chiamarti.

Non so nemmeno perché te lo sto scrivendo. In quei giorni sento tutto il vuoto del mio presente, un vuoto che non ha passato e, a quanto pare, nemmeno un futuro. Poi arriva Freddie, spalanca la porta con la sua allegria e i suoi modi puri e innocenti di fare, e mi faccio forza per tornare in carreggiata.

Le tue parole sono sempre state come un atto di fede, "tuo figlio merita il meglio di te"; e ogni volta che penso che a te, invece, ho donato solo il mio peggio e tu lo hai difeso e confortato come se fosse ciò che più di prezioso avessi, mi sento sempre uno schifo. Meritavi di più.

Mi ricorda te, mio figlio. Ma mi ricorda anche noi e una vita che abbiamo solo sognato. Col senno di poi, avevi ragione tu a non essere visionario come me. Lo sapevi già, che avrei fatto un gran casino. Lo immaginavi anche quando mi hai conosciuto? Lo sapevi anche quando ti sei innamorato di me?

"Sapevo che avresti fatto male, ma ne valevi la pena". Mi guardo allo specchio e non trovo alcun motivo per cui valga la pena di essere amato. Forse perché, dopo aver amato te, sapevo che non avrei mai più avuto modo di amare ancora, amare diversamente, amare altrove.

Avevi ragione tu, quello che avevamo era unico e noi abbiamo solo saputo sgualcirlo, renderlo comune. Lo abbiamo gestito come facevano tutti, per cosa poi? Una notorietà che dopo un anno di pausa è svanita. Come la nostra voglia di cercarci.

La tua scusa era mio figlio, e avevi ragione. Ma la mia? Perché non ti sono venuto a cercare? Perché non ho lottato? Perché non l'ho fatto mai? Avrai pensato che non ne valessi la pena, forse... Ma no, non lo hai fatto, lo so, perché tu mi conosci come nessun altro. Avrai pensato che, ancora una volta, era troppo codardo per venire da te.

E ogni volta che ci vedevamo, un pugnale dritto nel cuore. Perché tu dimenticavi noi, mentre io mi ci incastravo dentro, silenziosamente. Sei andato avanti con il tuo passo lungo, mentre io indietreggiavo a piccoli passi, inciampando, senza farlo capire a nessuno.

Ed è stato così, sai? Con te ho finito l'amore. Ho occupato spazio libero con la tua assenza, lasciando un posto vuoto sperando in una tua venuta. In qualsiasi altra persona cercavo un po' di te e la mandavo via quando capivo che poteva darmi tanto, ma non poteva darmi te. Volevo te, anche se sapevo che tornando non sarei comunque stato pronto a darti ciò che meritavi.

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