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Il forte odore di alchol e di fumo invase le mie narici appena varcai la porta in legno della mia 'casa',se poteva essere definita così. Diciamo che non era il massimo della comodità e dentro di essa regnavano ratti e scarafaggi,ma era meglio di niente.

"Papà." Lo richiamai, facendo attenzione a chiudere la porta alle mie spalle. Lo vidi seduto sulla sua solita poltrona in pelle rossa e ormai strappata e rovinata,mentre in una mano stringeva una bottiglia di vodka e nell'altra una sigaretta. "Sono a casa."

Prima che mia madre morisse, la mia vita non era così,lui non era così; vivevamo tutti e tre in una graziosa villetta a Boston e non avevamo nessun problema. Si bhe, a volte capitava che ci mancava il denaro necessario per pagare le bollette, ma grazie a mia madre che lavorava in una pizzeria come cameriera e mio padre che faceva l'idraulico, riuscivamo a risolvere i nostri problemi economici. Ma quando la notte del 23 Agosto mia madre non fece più ritorno dal suo lavoro e mio padre ricevette la telefonata riguardante la sua morte dovuta ad un incidente ,tutto cambió; mio padre inizió a drogarsi, fumare e ubriacarsi e fu persino licenziato dal suo lavoro e, una sera, diede fuoco alla nostra vecchia casa. Ed ora,ci troviamo qui,a vivere come i barboni.

"Dove sono i soldi?" Mi chiese con la sua solita voce stanca e acida. Deglutii, non riuscendo a dire nulla. Non sapevo come dirli che non avevo avuto nessun cliente e quindi non avevo portato soldi a casa, sapevo che si sarebbe arrabbiato se glielo avessi detto. "Charlie, dove sono?!"

"N-Non ne ho, papà." Affermai balbettando. Avevo il cuore in gola e lo stomaco iniziava anche a bruciarmi. Lui prese un sorso di vodka dalla sua bottiglia prima di scaraventarla violentemente a terra, facendo così ridurre in mille pezzi il vetro di essa. Sobbalzai a quel gesto e, quando si avvicinó a me afferrando duramente il mio viso fra le mani, quasi urlai per la paura. Per riuscire ad avere anche un solo briciolo di pane e un goccio d'acqua, mio padre mi costrinse fin dall'età di quattordici anni a prostituirmi e, prima di mandarmi sulla strada a 'lavorare' , mi violentó per non farmi arrivare sulla strada ancora vergine. Ricordo che provai un dolore immenso e il solo ricordo di tutto ció, riesce ancora a farmi rabbrividire.

"Cosa cazzo vuol dire che non hai soldi, puttana?!" Sentì  il suo respiro fastidioso e forte sulla mia faccia e sentì di star per vomitare per la troppa puzza di fumo e alchol. Prese in un pugno i miei lunghi e mossi capelli rossi , tirandoli violentemente mentre un urlo mi scappó dalla bocca.

"M-Mi fai male!" Quasi piansi quando li tiró ancora più forte. Sentì le mie gambe diventare improvvisamente come gelatina prima che lui portasse il mio capo affianco al suo viso.

"O ritorni con i soldi in tasca o puoi anche dormire per strada, stanotte." Mi raccomandó prima di lasciare la presa dai miei capelli, spingendomi di nuovo fuori di casa.

Mi massaggiai il capo ormai dolorante mentre una lacrima inizió a rigare la mia guancia, ma la asciugai in fretta; se c'è una cosa che ho sempre odiato, é quando la gente mi guarda piangere perchè è segno di debolezza e quindi qualcuno potrebbe approfittarsi di essa.

I tacchi che indossavo iniziavano a farmi male e quella stretta minigonna nera di pelle era estremamente fastidiosa e spesso mi pizzicava anche. Pensai a mia madre, a cosa avrebbe detto vedendomi nei panni di una lurida puttana e pensai a cosa avrebbe detto vedendo papà in quelle condizioni. Mi vergognavo di me stessa, mi vergognavo così tanto. Non era quello il modo in cui volevo perdere la verginità, non era quello il momento per perderla.

Camminai fino ad arrivare di nuovo sulla strada delle 'prostitute',rimanendo in piedi a giocare con le punte dei miei capelli rossi. C'ero solo io quella notte, probabilmente tutte le altre erano già a scopare con qualche cliente. Mille macchine passavano davanti a me e, nonostante qualche volta il guidatore faceva saltare il suo sguardo su di me, non si fermó mai nessuno. Essendo stata una prostituta per ben quattro anni, ho capito quanto il mondo faccia schifo quando notai che persino uomini sposati sulla quarantina d'anni, per avere un pó di sesso, si fermavano dalle ragazzine come me. Tutto ció mi disgustó ,e anche parecchio! Ma le regole erano regole, ed io dovevo rispettarle.

Passarono ben due ore prima che un auto, precisamente una Range Rover nera, si fermasse proprio difronte a me. I vetri della macchina erano oscurati e non potevo vedere l'uomo che era alla guida ma, quando egli abbassó il finestrino, notai che era diverso dai tanti clienti che avevo avuto; lui era forse il più giovane di tutti, poteva avere all'incirca sui ventiquattro o venticinque anni. Aveva dei capelli neri leggermente lunghi, mentre i suoi occhi erano di un azzurro quasi grigio, contornati da una linea nera. Aveva davvero molti tatuaggi sulle braccia, messi ben in vista grazie alla canottiera nera che portava addosso. Ne aveva anche qualcuno sul collo e, sul labbro inferiore, vi era posato un piccolo anellino d'argento, così come ad uno dei lati del suo naso. Mi guardó dalla testa ai piedi prima che io mi avvicinassi al suo finestrino come d'abitudine.

"Salta su." Disse solamente ,facendomi cenno con la testa di entrare nella sua macchina. Annuì ,sentendo i miei muscoli tendersi una volta che fui nella macchina con lui. Non sembrava davvero felice di avere una prostituta al sedile affianco al suo, sembrava piuttosto triste se non adirato. L'unica cosa che risuonava nelle mie orecchie, erano quelle uniche due parole che mi aveva detto, all'apparenza semplici ma, dette con una voce così profonda e rauca, non facevano lo stesso effetto di una semplice frase detta con una voce alquanto normale. Qualche volta, il ragazzo mi fissava con la coda dell'occhio ma continuava a tenere gli occhi sulla strada ed era come se si sentisse un re in quel momento.

"C-Come ti chiami?" Li chiesi. Ero sempre stata piuttosto gentile ed educata con i miei clienti ,e anche timida a volte. L'educazione prima di tutto. È questo che mi insegnó mia madre già da quando avevo sei anni.

"Non ti serve sapere il mio nome." Una scossa di brividi percorse il mio corpo quando inizió a parlare, continuando a tenere gli occhi sulla strada. Ed io ero lì, a guardarlo senza neanche distogliere per un minimo minuto lo sguardo da lui, colpita dalla tanta bellezza che lo opprimeva. Dovevo ammetterlo: era il cliente più bello e sexy che avessi mai avuto.

Prostitute; Andy BiersackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora