L'INIZIO

17 2 1
                                    

"Eccoci, tutti pronti, finito il warm up, mi avvicino alla griglia di partenza, 20 metri... 15 metri... 10... 5... mi fermo e anche io sono teoricamente pronto. Mi guardo intorno, i miei amici e compagni di box non ci sono più, sono solo, ora tocca a me badare a me stesso. Si accende un semaforo. Si accende il secondo. Il terzo. Il quarto. Sento nelle orcchie la voce tento ascoltata alla tv, Guido Meda urla: "Tutti pronti, si accende il semaforooo...", magari fossi pronto, non ho il tempo di pensare, i miei sensi sono tutti all'erta, il respiro si fa pesante, "Si spegne il tutto, prima dentroooooo e vinca il migliore!",vedo il semaforo spegnersi, il mio cervello ci mette una frazione di secondo a capire cosa sta succedendo, in teoria sarebbe anche troppo, ma alla fine il mio polso si muove, con il piede inserisco la prima, come mi ha insegnato Gill, apro il gas a martello, il mostro sotto il mio sedile si sveglia e lancia un boato emzionante, le ruote si muovono, 1...2...3... sono già a 100 all'ora, tutte le paure se ne vanno e rimango io... semplicemente io."

Fino a qualche tempo fa ero un ragazzo normale, se così mi posso definire, o, perlomeno, non mi aspettavo quanto sarebbe potuto accadere successivamente. Il mio nome è Jack, Jack Venti, andavo come tutti i ragazzi della mia età al liceo a Genova, un liceo scientifico, roba tosta, l'unica pecca? studiavo più arte che scienze... avevo i miei amici e vivevo la mia vita tranquillamente fino a quel fatidico venerdì; me lo ricordo ancora... sono in fibrillazione, conto i secondi che mancano al suono della campanella; era un'ora di matematica, mi piace la matematica ma, insomma, chiariamoci, c'erano le prove della MotoGp, a chi interessa la matematica? Sicuramente non a me... meno 5...4...3...2...1... driiiiiin, sono il primo a scattare fuori da quella dannatissima prigione, in quattro e quattr'otto sono a casa, mangio in fretta e furia una pasta e poi non ci sono per nessuno,o quasi... tv accesa, Guido Meda, cosa si vorrebbe avere di più?

Il problema sopraggiunge però la sera, papà cme sempre ritorna a casa tardi, verso le 8, stiamo mangiando, stranamente senza parlare, non è un buon segno; finita la cena scorgo mia mamma annuire verso papà, altro cattivo segno, lui comincia a parlare con la voce più dolce che trova nel suo repertorio: "Ragazzi... ecco... il papà ha avuto una promozione" urla di gioia mie e di mia sorella anche se non sapevamo ancora di cosa si trattasse, "Già, già, anche io sono contento ma il punto è un altro"... eccolo sta per sganciare la bomba, penso, e non ho tutti i torti: "il mio lavoro non è più a Genova..." adesso siamo tristi, spesso mio padre va in altri paesi per lavoro, a trovare dei clienti ostici e, a volte, ci sta anche dei mesi, eravamo preparati a qualcosa del genere ma ovviamente quando sai che non potrai vedere una delle figure più importanti della tua infanzia, fa sempre male, soprattutto nel cuore, speri di potertelo togliere e farlo partire con lui, per ricordargli chi è, chi siamo, spesso a contatto con altre culture, usanze, tradizioni, si rischia di perdere se stessi: "per quanto stai via?" chiediamo io e Maddalena all'unisono, "per 3 anni, almeno" silenzio generale, un alone cupo di tristezza che si può tagliare con il coltello scende sulla stanza, adesso interviene la mamma:"ragazzi, noi andremo con lui... non possiamo lasiarlo da solo per tutto questo tempo senza fargli avere nostre notizie" questa è una bomba, di quelle nucleari che fanno male anche col tempo, ogni tipo di emozione perde il completo valore, rimane solo un senso di vuoto totale e inesorabile. Non ci posso credere, abbozzo un "ma, ma, ma", capendo subito che ogni tentativo di farli ragionare sarebbe stato vano, prendo il mi piatto, lo lascio con dolcezza sul lavandino e mi precipito in camera mia con una lacrima che scende, trasparente ed estremamente dolorosa sul mio viso, non ho ancora digerito il colpo, maddalena è rimasta a tavola, impietrita, neanche lei si sarebbe potuta aspettare tanto, mi infilo a letto, senza sapere se sono arrabbiato o se sono triste, so che sono coricato da 5 minuti e il mio cuscino è gia zuppo; sono a luce spenta, quando entra il papà, ho voglia di riempirlo di pugni, ma non è colpa sua alla fine, aspetto che come sempre quando è in modalità "dolcezza infinita", si accoccoli vicino a me mentre mi accarezza i capelli, sussurra:" tanquillo, la casa che abbiamo preso è quasi uguae a questa, non ti mancherà... partiamo domani." notando che non rispondevo, comprensivamente si avvicina e mi da un bacio sulla guancia, si sta per alzare ma io lo fermo e lo stringo nell'abbraccio più forte cheriesco a fare, lui ricambia, si sdraia e dorme con me. E' l'inizio di una grande, piccola storia.

storia #1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora