Mi sveglio finalmente l mattina, la mia notte è stata tormentata dagli incubi più estremi e bizzarri che riguardavano l'imminente trasferimento. Mi guardo attorno, papà non c'è più, sarà tornato nel suo letto... a proprosito di papà, aveva detto che saremmo partiti il giorno dopo, cioè... oggi! Mi devo alzare, e velocemente annche; la mamma avrà bisogno di me, guardo il mio orologio; 11.15??? Devo sbrigarmi, come un uragano mi alzo e scaravento per terra tutto quello che avevo sul letto; sbuffo e precipitosamente lo rimetto a posto, concludo che non sono un mago dell'ordine, ma già lo sapevo. Come immaginavo, mamma ha già preparato tutte le valigie, compresa la mia, probabilmente è un fantasma, io non la ho sentita entrare da me...
"bungiorno dormiglione!" sento alle mie spalle, con la voce stana e tremolante rispondo "ciao" e mi precipito a fare colazione, a questo punto guardo intensamente mamma e papà; mi sembra normale che voglia sapere un pochinno di più tpo quando partiamo ecc. ecc. papà mi capisce alla prima occhiata e mi informa su tutto quello che c'è da sapere, si parte alle 14 subito dopo pranzo, ho un po' di temp per andare a salutare quelli che mi sono più cari, i compagni, gli amici. Corro in camera dopo aver chiesto il permesso e mi vesto con le prime robacce che trovo, prendo il telefono e convoco d'urgenza tutta la mia combricola diamici che per questi 15 anni ha reso possibile la mia esistenza su questa Terra, le risposte arrivano dopo pochi minuti: ci si trova tutti dalla gelateria dopo un quarto d'ora.
Quando arrivo lì scorgo tuuti i miei amici ed esito un attimo essendo cosciente di quello che stavo per dir loro; così ci ritroviamo, come sempre siamo io, federico, lorena, mario e marta, tutti i miei amici più vicini; Lorena è la prima a rompere il silezio:" alloraaa??" le bone maniere non sono mai state il suo forte ma ci piace per come è:" ragazzi, allora io vi devo dire una cosa, io..." mi fermo, non so come dirglielo, che stupido, potevo almeno prepararmi un discorso da fare per evitare l'imbarazzo, poi prendo un ultimo lungo respiro e sgancio:"Io me ne vado" mi stupisco perchè le loro facce nn sono cambiate di una virgola a spiegarmi intervinen il buon vecchio Fede:"E allora, che problema c'è? Non vuoi più la nostra compagnia?" ma cosa ha capito???! trattengo una lacrimuccia che già cominciava a scendere:" no...non hai capito... io mi tasferisco". Oh ora sì che li riconosco, hanno la faccia da pesce lesso con gli occhi sbarrati,Marta sembra non aver assorbito il colpo, ra di noi è sempre stata la più emotiva, un silenzio imbarazzante scende su quella panchina, sembra di essere tornati alla cene precedente, al contrario di prima, nessuno sembra avere più il coraggio di scherzare, o anche solo di parlare, solo Mario, che è il mio migliore amico, sapete quella persona a cui puoi dire tutto, quello che qualsiasi cosa sia ti darà una mano pur giudicandoti in modo severo, quello con cui sai che dietro a quegl'amichevoli insulti tipo "babbo, frocio, stronzetto" c'è un legame così forte da poter resistere a qualsiasi intemperia dell'animo, a qualsiasi difficoltà, quell'amico che quando sei alle corde ti fa pensare "tato io non sono da solo"? ecco, Mario per me è quella persona; avanza verso di me e mi abbraccia, anche lui non la ha presa bene; a questa scena non resisto, scoppio in un pianto silenzioso e doloroso ogni lacrima è un ricordo che se ne va e che non può essere portato indietro, ogni lacrima brucia come fosse di fuoco. Una scena commovente, interrotta da Franceso:"e di preciso, dove è che vai?" mi stacco da Mario che mi stava stritolando e rispondo:" vicino a Firenze, in un paesino lì fuori" a questo punto interviene Mario:"almeno puoi andare a tovare Valentino Rossi" dice ridendo ironicamente; già, non ci avevo pensato, Tavullia è lì vicino, la cosa potrebbe prendere unapiega meno dolorosa, ma lasciare i propri amici fa mae uguale.
Rimaniamo a parlare per un'ora e mezza, poi mi tocca tornare a casa per l'una, dobbiamo mettere tutto in valigia, gran perte delle cose, però,sono state impacchettate e già spedite nella nuova casa; così insiee a mamma, papà eMaddi si mangia un panino veloce per poi digerire almeno un poco e partire il prima possibile, guardo l'orologio ogni due secondi e mezzo,, voglio fare in modo che questo momento di pausa duri il più possibile, poi la mamma si alza, con eleganza si gira verso di noi:"ragazzi, dobbiamo andare" lo scrivo ai miei comapari, prima di uscire però devo fare una cosa, parto dalla mia camera in fondo al corridoio e tcco con la punta delle diat tutti i muri, tutti gli oggetti cercando di immagazzinare più ricordi possibili per quel, scalcinato, vecchio, macilento agglomerato di mura che per me vogliono dire tanto. Gli altri ci raggiungono mentre stiamo finendo di caricare, ultimo girodi abbracci e poi ci trovimo in un momento di silenzio con una sere di:"teniamoci in contatto, il numero ce lo abbiamo, qualsiasi cosa io ci sono...", sto per aprire la portiera ma non ce la faccio, torn indietro:"non vi dimenticherò mai... voi siete stati la mia vita, dobbiamo girere pagina, ma non sempre questo significa chiudere il libro" abbarccio tutti e poi arrivo a Mario, me lo sono tenuto per ultimo perchè sarà il più bello, ma anche il più doloroso, ci fissiamo, poi intravedo di striscio una lacrima sulla sua guancia, così bianca, così limpida,ignara della sofferenza che sta procurando, non ho mai visto piangere quel ragazzo, di solito è di pietra, vuol dire che allora valevo qulcosa per lui; sono un poco rinvigorito da questa conclusione e lo stringo più forte che posso e gli sussurro all'orecchio:" Il mondiale è finito, ci rivediamo il prossimo anno"... se non lo aveste notato pure lui è un fan sfegatato della MotoGp e quella è una frase celebre di Guido Meda, il nostro slogan.
Sollecitato dagli urli della mamma, prendo una boccata d'aria buona e apro la portiera, saluto con la mano e mi siedo, afferro la maniglia e improvvisamente mi accorgo che chiudere quella portiera significa lasciarmi tutto alle spalle, passato e presente, per il futuro si vedrà; mi faccio forza, scopro di avere una volontà di ferro, ancora un respiro e con forza chiudo il vecchio me fuori, tra quelle vecchie mura di cinta che saluto non senza dolore.