Jackson.

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Mi ero da poco trasferita a Seul. Volevo cambiare vita e ci stavo riuscendo.
Questo non era uno di quei giorni in cui la vita mi aveva perfettamente sorriso tutto il tempo, diciamo che si era presa gioco di me ogni secondo che passava.
Dovevo sfogarmi, dovevo far passare quella rabbia che mi corrodeva dentro e quale altro modo di farlo se non un bel bagno in piscina?

Era sera, e l'unica che girava per strada in cerca di una palestra ero io.
Girai per circa una ventina di minuti, finché non arrivai davanti ad una palestra.
Le porte erano chiuse, ma dovevo entrare ad ogni costo, così mi misi a cercare una finestra da cui poter entrare.

Trovata!” pensai. La forzai un po' ed entrai.
Meno male che non c'è nessuno..” dissi tra me e me.

Cercai gli spogliatoi per cambiarmi e dopo mi andai a fare una doccia.

Arrivai alle docce. Entrai nell'ultima e proprio quando stavo per aprire l'acqua, sentii dei passi venire verso le docce.
“Oh merda.. C'è qualcuno” pensai. Uscii leggermente la testa per cercare di capire chi fosse. Non vedevo nulla, era fin troppo buio. Rientrai nella doccia ed aspettai finché non ebbi la "quasi" certezza che mi fossi immaginata tutto.

Dopo qualche secondo, sentii l'acqua della prima doccia scorrere.
“Poco importa” pensai “Se apro anche io l'acqua non si sentirà”
Così aprii l'acqua e mi feci la doccia. In quello stesso momento lui aveva chiuso l'acqua e si era accorto di me.
Iniziò ad avvicinarsi alla doccia, ma io non lo avevo sentito.
Arrivò dietro di me, mi toccò la spalla e mi girò verso di se. Saltai in aria.

“Oh merda...” fu l'unica cosa che riuscii a pensare in quel momento, era così bello che levava anche i pensieri oltre alle parole.

«Ma tu chi sei?» mi chiese con aria alquanto sorpresa. “Devo inventarmi qualcosa.. pensai «Chi sei tu scusa?» ma cosa stavo dicendo, oddio.
«Io sono Jackson. Tu chi sei, piuttosto, che ancora non mi hai risposto» gli inventai che ero la figlia del proprietario della palestra. E lui sorpreso, mi chiese scusa dicendomi che conosceva mio padre e io intanto pensavo che invece io non lo conoscevo affatto.

Senza aggiungere altro, ci avviammo verso la piscina.

Ci sedemmo uno un po' distante dall'altro e iniziammo a parlare. Quella parte di piscina era non molto grande e vedevo che lui iniziava ad avvicinarsi troppo a me.
Io d'istinto mi allontanavo e lui continuava ad avvicinarsi.
Arrivammo al punto in cui ci trovavamo a due centimetri di distanza l'uno dall'altra, con lui che si mordeva le labbra e io che volevo scappare. «E quindi.. Dimmi qualcosa di te» disse con quella sua voce sexy.
Non sapevo cosa dire così risposi in modo evasivo e uscii dalla piscina.

Tornai alla doccia. Sapevo che lui sarebbe arrivato presto o tardi. Quel 'tardi' non si fece aspettare e dopo qualche secondo me lo ritrovai davanti.
Si era messo esattamente nella doccia di fronte alla mia e continuava a tenermi gli occhi addosso. Sentivo il suo sguardo su di me e non mi piaceva.

Finii di farmi la doccia ed uscii. Uscì anche lui e prima di poter arrivare fuori dalle docce, mi prese per il braccio e mi girò verso di se.
«Ci rivedremo un altra volta?» mi chiese. Tentennai, non potevo dirgli la verità, avevo paura di come avrebbe reagito.
Gli dissi che ci saremo rivisti, la voglia di rivederlo era fortissima..

«Voglio lasciarti un regalo, così ti ricorderai di me finché non tornerai.»

Iniziò di nuovo ad avvicinarsi, e io iniziai ad indietreggiare.

Indietreggiai così tanto che non mi accorsi che ero quasi arrivata al bordo piscina.

“Oh merda sono fregata” pensai.
Intanto lui, continuava a venire verso di me e, quando proprio me lo ritrovai a due centimetri dalla faccia, successe l'impensabile.
Cademmo in acqua. In realtà, fui io a cadere, e trascinai lui con me. Non so perché.

Mentre eravamo sott'acqua riuscì a baciarmi ed io, d'istinto, uscii dall'acqua e corsi via.

«Tanto ci rivedremo!» urlò da dentro la piscina.

Stavo correndo come una pazza verso gli spogliatoi. Arrivata la, buttai tutto dentro il borsone e uscii dalla finestra.

“Merda il ciondolo! ” mentre uscivo dalla finestra, la collanina che mi aveva regalato mio padre con un piccolo sole, cadde a terra.
Non potevo tornare indietro a riprenderla, così la lasciai lì.
Facciamo finta che l'avevo lasciata per lui così che non si dimenticasse di me.

Tornai in quella palestra solo un mese dopo, non più di sera, ma di giorno.
Non avevo il coraggio di entrare.
Ero dietro ad un albero che guardavo chi entrava e chi usciva, quando vidi lui.

Jackson stava uscendo dalla palestra. Notai che al collo aveva il ciondolo che mi era caduto un mese prima mentre scappavo da lui.

Chissà se mi aveva cercato, e se aveva scoperto la verità.

Al pensiero che mi avesse potuto cercare sorrisi.
Lo guardai per l'ultima volta mentre si dirigeva verso le piscine.
Era così bello.
E chissà, forse un giorno, ci saremmo rincontrati.

Strani incontri a SeulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora