"Talvolta ho l'impressione di dialogare in solitario. So bene che non è così, sia chiaro, poiché parlo con Mick ma, spesso, mi succede di credere di parlare da solo. Allora, un senso di terrore mi coglie, trafugando ogni mia resistenza e tramutandola attraverso chissà quali artefizi di qualsivoglia spregevole maniera in semplici avvisaglie, che danno vita a pensieri soliloquali non dissimili da questo. E quindi parole su parole affollano la mia mente ma, una, in particolare, mi riprende sempre, distante da tutti gli argomenti che solitamente affronto:"Per cortesia, David."
David, David, David. Ma che diavolo c'entro io sempre?
David, David, David. Sta sempre a richiamarmi, Mick. Una volta per un cazzotto, l'altra volta per la penna nell'occhio a Geoffrey...insomma, non c'è mai un attimo di pace.Da bambino m'addormentavo con l'aspirapolvere acceso. Anche con l'ausilio del Phon, talvolta. Il rumore, il "Caos" mi rilassava. Mi rilassa ancora, invero. Non sono ancora morto e, solo Mick parla sempre al passato. Chissà perché.
In ogni caso, quando la mia graziosa matrigna dallo sguardo ruvido tirava fuori quell'aggeggio, dal cui soave permeare protendeva il mio buon sonno e i sogni che ne derivavano, le mie ossa si appiattivano e poi si adattavano alla superficie che il mio corpo accoglieva, la mia pelle si elettrizzava e i miei peli si rizzavano. Chiudevo gli occhi e, cominciavo a immaginare: buchi neri fagocitanti stelle lontane divenivano similitudini con i bulli cui tanto desideravo rivendicare un pestaggio, magari con decisa foga ed estrema spietatezza.
Anche le stelle mi hanno sempre portato del buon umore. Quando, sempre da piccolo, mio padre si scopava quella troietta della mia matrigna, oppure quando si portava qualche puttana o qualche escort caricata per strada qualche mezz'ora prima, io mi sedevo in terrazza sulle sdraio, mettendomi gli auricolari e lasciando che la musica Metal mi trasportasse serenità e tranquillità, frattanto che la volta stellata si stagliava imponente dinanzi ai miei occhi facoltosi e, un tempo, assai intraprendenti. Anche in quel momento, avevo fortunatamente Mick al mio fianco, con cui gustavo quelle dolci litanie titaniche e quelle viste insaporite. Mick...il mio più caro amico. In realtà non so se sia un maschio o una femmina. Non l'ho mai percepito come un sesso a sé stante, quanto qualcosa che lo trascendesse, senza che io potessi notarne la differenza così netta. Forse non lo potevo comprendere ma...pazienza. Parlava la mia lingua e mi era amico e, ciò, era quanto bastasse a rendermi sorridente.Sin da bambino, da quando morì il mio cane che, il caso vuole si chiamasse Mick, i dottori dicevano avessi problemi. Non hanno comunque detto nulla quando uscii dalle superiori col massimo dei voti o da Economia con il diritto di stampa. Avevo una mente fine, eccelsa a dir poco. In ogni caso tante volte Mick mi aveva suggerito come agire, cosa fare. Col passare degli anni, la mia empatia con lui sembrava fosse divenuta tale al punto ch'egli fosse parte della mia coscienza. Pensavamo le stesse cose, dicevamo le stesse cose. Facevamo le medesime.
Trovai lavoro con semplicità schiacciante in una grossa azienda nella mia città, a New York. Subito il mio responsabile vide una differenza evidente fra me e i miei colleghi, così mi promosse a suo vice, cosicché potessi definirne e facilitarne la scalata al potere.
La sua metodologia negriera però, non mi piaceva alquanto, alché produssi un pensiero molto divertente. Le sinapsi del mio cervello si unirono in un solo gustoso artificio. Lui optava per sfruttare le mie capacità affinché potessero essere il SUO trampolino di lancio. Sempre altezzoso e snob. Sempre a prendere le distanze dal suo portaborse, il sottoscritto.
David, David, David.
David, David, David.
David, David, David.
<david, potresti prendermi un caffé per pranzo per cortesia?> <david, potresti farmi le fotocopie di quel grafico?> <david, mi passeresti a prendere con l'auto, dato che la mia è dal meccanico?>
Mai un attimo di pace, insomma. Non che il mio stipendio ne risentisse in positivo, ovviamente. Non un centesimo di più, non un complimento, non un ringrazio. Era tutto decisamente dovuto. Lui era il mio superiore e, io non potevo disubbidirgli.
Aveva in mente di scalzare il suo diretto concorrente, Salas. Organizzò una partitella di Basket con lui, e gli spezzò una gamba in un fallo 'tutt'altro che intenzionale'. Fuori dai giochi; l'unico pretendente al trono era lui.
E io apprendevo le maniere, i metodi e le arringhe. Non lo perdevo di vista per un attimo.Mi invitò a cena, a casa sua, facendomi conoscere l'avvenente mogliettina, spiegandomi intanto di come avesse fatto fuori l'avverso nella partita-trappola. Il vanesio, s'adonava in maniera impeccabile.
Mi dava sui nervi, sia a me che a Mick. Era insopportabile e, dover fare il finto tonto m'aveva stancato. Dunque, mentre mangiavamo, presi una decisione affrettata ma estremamente divertente. Trasgressiva eh, per carità...non c'è rimedio alla sazietà, talvolta.
Sua moglie era a lavare i piatti della cena, mentre io prendevo nota di cosa dire alla conferenza che l'avrebbe incoronato responsabile non di un'unità, ma di un reparto intero. Mentre mi indicava errori e mi cadenzava il trattato che l'avrebbe ricoperto d'applausi, il suo smagliante sorriso si mostrava in continuazione, allorché agii. Mick era d'accordo, la pensammo subito alla stessa maniera. Anzi, Mick mi consigliò:<fagli veramente male. Distruggi quella superiorità del cazzo che pensa di ritrovarsi.>
<hai qualcosa nell'occhio, Carl.> Gli dissi.
<ah sì? Dove?> Mi chiese e, come prevedibile, si alzò e andò allo specchio. Forse non si fidava a farmi vedere, oppure semplicemente non voleva che uno sporco servetto lo toccasse con le sue luride manacce. Presi la palla al balzo; mentre era girato, gli diedi un colpo con l'asta del lume nel salotto. Cadde a terra come un salame, mentre fu il mio di sorriso, per la prima volta nella serata, ad accendersi smagliante come un falò.
Lo presi e lo portai nella camera, legandolo a una sedia e imbavagliandolo. Andai poi in cucina, a parlare con la moglie. Le chiesi di andare a controllare un attimo in camera poiché avevo sentito un rumore. Dunque, appena ella varcò la soglia e vide il marito legato, la spinsi contro il letto, saltandole addosso e cominciando a toglierle i vestiti, strappandoglieli di dosso.
<lui l'ho già domato, ora domerò te.>
La lasciai nuda, solo con le mutandine di pizzo nere addosso, che spostai per fare spazio a ciò che doveva arrivare, ondulando sul letto assieme a una lei che all'inizio urlava, poi gemeva di piacere. Le sembrava proprio piacere, altroché!
<mick, registra tutto eh!> Esclamai, mentre non avevo pietà a letto per la donna. Intanto Carl si svegliava, guardandola godersi la sonorissima scopata, senza potersi ribellare. Forse incredulo, commise l'errore di piangere; Mick aveva registrato tutto. Dunque continuai, sino a che non lasciai che il mio seme inondasse il ventre d'ella, sempre dinanzi al povero marito legato. A lei sembrava fosse piaciuto, comunque, infatti me ne andai da me, lasciandoli in intimità.
<buona serata e grazie per la cena, ragazzi!> Dissi a gran voce, con un tono spensierato, uscendo dalla porta dell'alloggio. Mentre rincasavo guardai le stelle e, me ne accorsi subito, la serata era davvero qualcosa d'eccezionale. Mick era d'accordo con me. Svuotato e rilassato, m'inoltrai nel buio che tanto m'apparteneva, reo solo di non essermi divertito di più con quei due."1982 - Confessione di un Folle a cura di Joseph Randomway
"S'inoltrò in quel buiò dal quale mai più uscì, David. Sornione il suo sorriso, in una realtà celata da un velo di follia sensibile e sottile come carta, scostato da egli ben più di una volta. A volte si dice che i pazzi abbiano la facoltà di vedere davvero quello strato invisibile ch'è la vera verità. Probabimente, s'era impossessata di lui solo la follia pura, la crudeltà dell'indifferenza e la normalità della trasgressione. La semplice linea quasi impercettibile che ci divide dall'animale, lui non la conosceva. Forse non più, forse da mai. A nessuno è dato sapere cosa la sede del pensiero produca, a nessuno è dato conoscere ciò che affliggeva David, se una malattia psicologica oppure la nuda malvagità.
Dal carcere penitenziare di OakRoad, nella New York City, è ora detenuto David Faced, conosciuto anche con molti nomi, fra i quali "Il mostro di New York" e "Lo spacca-famiglie". Perché spacca-famiglie? Poiché, ad esempio, la donna del buon vecchio Carl non subì un tracollo psichico da quell'evento, quanto invece provò eccitazione e amore ogni volta che vedeva David. La stessa cosa la provarono alcune altre che ricevettero lo stesso trattamento. Sembrava che passasse una sorta di emozioni tanto forti ma subliminate con atti estremi e dolorosi. Come se passasse la sua intera malsana pazzia alle donne che stuprava di fronte ai propri mariti inermi. Non tutte, ma moltissime donne provarono un senso di inadeguatezza nel rimanere insieme ai propri mariti, dopo l'atto brutale. Era una questione di empatia e, probabilmente, lo stesso David, sceglieva con cura e premura le proprie prede, stanandole nei momenti più critici e disturbandone il preconcetto emotivo, catalizzandone i sentimenti su sé stesso nonostante le torturasse. Solo un folle poteva creare progenie simili, folli quanto o più di lui. Solo un folle."1986 - L'opera di David Faced a cura di Luke Rimsad
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Storia un un folle
Mystery / ThrillerRacconto breve Thriller, che tratta di un folle stupratore.