CAPITOLO II

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Col tempo avrei compreso che, come tutti i vampiri, anche io avrei avuto bisogno di sangue per sopravvivere. Nonostante ciò, in me era rimasto qualcosa di diverso, di indefinito che mi avrebbe resa molto differente dai miei simili e che mi avrebbe portato ad affrontare le vicende della mia esistenza in modo pericoloso e impulsivo, mossa da emozioni che non avrei dovuto provare e priva di qualsiasi tipo di controllo da parte di chi mi avrebbe dovuto guidare. Erano dettagli, questi, che all'epoca dei fatti non conoscevo e che sarebbero venuti fuori man mano gettandomi dritta in faccia la realtà di una esistenza a metà.

Le mie prime ore da vampira erano cominciate in modo alquanto turbolento e, nonostante le mie reticenze e la mia naturale e iniziale incredulità, il vampiro che avevo trovato ad aspettarmi al mio risveglio mi condusse al suo appartamento. Scoprii che si chiamava Alexis, esisteva da oltre due secoli e non amava le lunghe conversazioni.

Durante il tragitto, infatti, non parlammo per niente; io mi limitai a seguirlo in silenzio mentre lui, rapidamente, si faceva strada lungo i vicoli scuri della città. Stare al suo passo, però, non era affatto semplice: era veloce, sicuro, forte. Io, al contrario, ero debole, incerta e arrancavo trascinando i piedi come se fossero stati di piombo.

Poi, d'un tratto, mi bloccai.

Il mio udito, sensibilissimo anche al più flebile dei rumori, aveva colto qualcosa di insolito, una cadenza leggera e ritmica che, lentamente, mi ipnotizzava. Chiusi gli occhi e seguii con attenzione la provenienza di quello che era diventato simile a un richiamo. Ascoltai, muovendo con frenesia gli occhi sotto le palpebre chiuse e, quando tutto il resto intorno a me divenne ovattato, trovai l'origine di quel suono ammaliatore.

Mi voltai e alla mia destra, poco più indietro rispetto a dove mi trovavo, scorsi una stradina stretta, ingombra di scatole e cartoni ammassati. Ritornai sui miei passi, imboccai l'angusta viuzza e lì, provenienti da un groviglio di giornali vecchi, le palpitazioni si fecero più intense. Compresi, allora, che si trattava del pulsare incessante di un cuore che pompava sangue e quando quell'immagine fu ben chiara nella mia mente, senza riuscire a trattenermi, mi avventai contro qualsiasi cosa si celasse là sotto. Il demone in me era riapparso, chiamato dall'esigenza immediata di cibo e io urlai di rabbia mentre lottavo con me stessa, combattuta tra il desiderio impellente del sangue e l'incapacità oggettiva di uccidere.

In quel momento, una mano mi afferrò e mi allontanò con forza dalla mia preda, scagliandomi lontano.

– Fermati! – gridò furioso – Noi non ci nutriamo di esseri umani e, finché sarai con me, nemmeno tu lo farai! –

Lo scontro violento col muro del palazzo attiguo, mi fece tornare in me restituendomi in modo repentino il controllo delle mie azioni.

– Oh mio Dio... – mormorai con un filo di voce mentre il barbone che stava sonnecchiando sotto gli stracci prendeva coscienza del pericolo e si dileguava – Che cosa... cosa stavo per fare? –

Mi lasciai scivolare a terra, gli occhi sgranati fissi in quelli di Alexis che mi guardava di rimando senza dire una parola. Inorridita, scossi il capo e mi coprii il viso con le mani.

– Non siamo tutti uguali – rispose a quel punto il vampiro.

Rialzai lo sguardo e tornai a fissarlo.

– È questo che sarò d'ora in poi? Un'assassina? – chiesi mentre lui mi tendeva una mano per aiutarmi ad alzarmi.

– No, se seguirai le mie indicazioni – rispose rimettendosi a camminare – Ci sono altri modi per placare la fame senza dover per forza uccidere le persone –

– Quindi, dovrò nutrirmi di sangue animale? – domandai tra l'incredulo e lo speranzoso, il demone e la residua natura umana in me lottavano l'un l'altra cercando di sopraffarsi a vicenda. Da una parte volevo mangiare e il richiamo del mio appetito era davvero troppo forte per poterlo ignorare, ma dall'altro non volevo in nessun modo sacrificare vite umane per potermi soddisfare. A mente lucida, infatti, il dover uccidere degli innocenti per saziarmi era qualcosa che non avrei fatto. Probabilmente, però, se la fame mi avesse soggiogata e Alexis non fosse stato con me, non sarei riuscita a evitarlo. Rabbrividii al solo pensiero, avrei dovuto imparare a controllarmi.

Ally Rose - La Quinta VittimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora