Era, ormai, pomeriggio inoltrato.
Egli passava spensierato per le vie della città, con passo lento, guardandosi intorno e, di tanto in tanto, si fermava a guardare le vetrine.
Quella vita movimentata catturava la sua attenzione, e si sedette di nuovo sulla panchina.
In tutto quel trambusto era alquanto difficile riflettere o semplicemente pensare.
Ma guardava impotentemente due ragazzi, con al massimo ventun anni e una borsa di studio, che si pigliavano a parole, si schiaffeggiavano di insulti e li sputavano in faccia a quello che gli stava davanti, il tutto reciprocamente senza capire chi o cosa stesse dicendo l'altro.
Seduta sullo scalino di un portone di chissà cosa c'era una ragazza, con le mani al viso si reggeva la testa e intanto scuoteva le gambe, come se quel movimento potesse distrarla e scaricare quello stress che si stava trasformando in panico, e dal panico al nervosismo, quello in cui non si riesce a trattenere la valanga di difetti dell'altro e che in quel momento gli butti fuori, come uno stormo di uccelli che con i loro artigli sono pronti a scagliarsi contro la malcapitata vittima.
Ad un certo punto si alzò, la ragazza, di scatto.
Si mise tra i due e, parando a loro il petto con le mani, li divise con una certa potenza.
Questi, nel frattempo, avevano già smesso di discutere e la guardavano con aria allibita, un po' frustrata e l'intenzione di voler continuare.
-Basta!-
Urlò lei.
Guardò il ragazzo di destra, poi quello di sinistra.
Tentennò un poco sul da farsi, ma poi se ne andò con passo deciso e leggermente sfalsato, finché non scomparse del tutto dietro l'angolo.
Quelli là, ancora senza parlare, rimasero in piedi a fissarsi.
Il ragazzo di destra distolse lo sguardo.
Quello di sinistra se ne andò.
E così l'unico rimasto si lasciò sprofondare contro il muro, fino a sedersi sul pavimento.
Alzò il cappuccio e incrociò le braccia.
Fermo.
Al nostro personaggio ricordò vagamente un pomeriggio di primavera, in cui le rose rosse erano ancora racchiuse in un bocciolo.
Lui era intento a comporre un grazioso mazzolino di margherite per la sua amata, Amy.
Lei era di una ricca famiglia inglese trasferitasi in Italia.
Amava molto i fiori, e le sarebbe sicuramente piaciuto un regalo del genere.
Ma, giunti al paesello in cui abitava, scorse due giovani correre allegramente nel giardino di ulivi lì affianco.
Dei due riconobbe lei, così si fece coraggio e attraversò il prato.
A pochi passi da loro si fermò.
Il ragazzo nel mentre le aveva delicatamente cinto il fianco.
A quel punto non riuscì più a starsene in disparte ad osservare quella disgustosa scena, così con quattro grandi passi si avvicinò a lui, gli afferrò il colletto e lo spinse su, facendo cadere il mazzetto di fiori.
I due continuavano a menarsi; Amy invece spazientita e irritata da quel suo intervento, si diresse in direzione opposta alla loro.
Quando lui se ne accorse mollò la presa, raccolse i fiori da terra e, con una vaga speranza di sistemare la faccenda, la seguì.
-Amy!- La chiamò.
Ma lei non si voltò.
-Amy!- La chiamò la seconda.
-Amy!- La chiamò, questa volta la terza e ultima volta.
E, oramai, lei non rispose.
Ma lui non ci pensava più ed era felice anche così; da solo.
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Una storia apparentemente infinita.
General FictionUn vecchio. Una panchina. Una mente splendida e dei ricordi da rivivere. Ecco di cosa si tratta.