"Ladies and gentlemen we're beginning the landing procedure in half an hour."
Cassandra Semoni non aveva capito un accidente di quello che aveva detto il comandante, per lei poteva pure aver dichiarato che c'era un dirottatore in cabina. Perché in un aereo preso in Italia si parlassero tutte le lingue tranne che l'italiano, glielo dovevano ancora spiegare. Comunque nessuno degli altri passeggeri sembrava in preda a una crisi di panico, dunque doveva essere una normale comunicazione di routine.
Appurato che non si trovasse nel bel mezzo di un attentato, Cassandra cercò di dare una spiegazione plausibile a se stessa del perché si trovasse su quel volo.
Si era proposta per una vendita rischiosa con un cliente che non era italiano e con cui avrebbe dovuto interagire proprio in inglese. Lei, che non capiva nemmeno le semplici istruzioni uscite dall'altoparlante.
Si prese a schiaffi mentalmente, visto che non poteva farlo per davvero senza passare per pazza.
Sapeva che non sarebbe mai riuscita nell'impresa.
Primo: l'oggetto in questione non rientrava nelle sue competenze. Lei aveva una laurea in archeologia classica, si intendeva solo di reperti antecedenti al Medioevo. Era stato proprio grazie alla vendita di qualche anfora, moneta e gioielli antichi se era riuscita a guadagnare un modesto stipendio negli ultimi due anni. Purtroppo rappresentavano solo una piccolissima percentuale del loro catalogo.
Il secondo motivo stava nella sua totale incapacità di contrattazione. I passati acquirenti con cui aveva avuto a che fare erano rimasti incantati dalle sue conoscenze storiche, non dalla sua orazione in fatto di compravendite.
Quindi, perché stava atterrando a Parigi per vendere a un mercante d'arte giapponese una bottiglia di cognac del valore di un milione e duecentomila euro?
Quando in sede nessuno si era proposto per assumersi l'incarico, si era fatta avanti in uno scatto di momentanea follia, fingendo una sicurezza che non aveva. Ovviamente omettendo che per lei arabo e inglese fossero la stessa lingua e che, oltre all'italiano, parlasse fluentemente solo la lingua farfallina. Solo dopo aveva scoperto che nessuno voleva avere a che fare con questo cliente, tra i più ricchi e i più difficili con cui trattare, proprio per il suo pessimo carattere. Cassandra non lo conosceva, da quando era stata assunta quello era il primo ordine che lui aveva fatto.
A quel punto, sempre a livello immaginario, si diede un pugno sui denti. Come aveva potuto commettere una simile imprudenza?
Il suo era stato puro istinto: aveva bisogno di distrarsi da ciò che le aveva fatto quel coglione dell'ex fidanzato Marco. Era stanca di piangersi addosso per averlo trovato a letto con un'altra, aveva bisogno di fare altro, di non restare immobile. E ora, grazie a questo - anzi no, per colpa sua! - avrebbe perso anche il lavoro.
Oltre al danno, la beffa.
Infatti Cassandra non aveva dubbi sul fallimento della missione.
Stava andando a contrattare con un giapponese, senza parlare la sua lingua né quella che stava diventando universale, per vendergli una bottiglia di cognac quando lei era astemia. Pregò qualunque santo si trovasse nei paraggi che non le facesse domande sul contenuto, era già abbastanza in difficoltà con il contenitore.
Inoltre sull'alcol aveva ben poche parole buone da spendere: aveva bevuto solo due volte in tutta la sua vita e in entrambi i casi era stata una catastrofe.
Chiudendo gli occhi ricordò la prima di quelle due spiacevoli serate.
Circa cinque anni prima, aveva litigato con i suoi genitori perché voleva andare a vivere da sola. Loro le avevano consigliato, giustamente, di desistere, mettendola di fronte al fatto che col suo stipendio al call-center non sarebbe riuscita a pagare nemmeno le bollette. Ricordava di aver reagito così male alla verità, che, arrivata in un locale, al posto della solita cola aveva ordinato una birra. Era così avvilita dalla sua misera vita e dal fatto che a ventisei anni suonati dipendesse ancora dai genitori, che aveva deciso di affogare il suo malumore nell'alcol.
Come volevasi dimostrare, dopo un paio di birre si era già ritrovata ubriaca fradicia ed era stato allora che aveva conosciuto il suo coinquilino. I ricordi di tutta la serata erano rimasti vaghi, per via della sbornia, ma ricordava perfettamente il momento in cui lo aveva visto appoggiato al bancone. La prima parola che le era venuta in mente, era stato un appellativo inventato al momento, più merito della birra che suo.
Figherrimo.
Luca era una visione divina in jeans scuri e camicia bianca, che ne risaltavano la carnagione dorata. Grazie ai capelli neri e agli occhi di un azzurro cielo, era l'uomo più guardato della serata. Cassandra ricordava di essersi avvicinata, di avergli detto del suo fantastico appellativo e di avergli proposto una notte di sesso sfrenato. A quel punto Luca era scoppiato a ridere, le aveva accarezzato la testa e dolcemente le aveva risposto che se avesse voluto fare sesso sfrenato con lui avrebbe dovuto avere meno tette e più barba.
Da lì in poi era stato tutto molto confuso, sapeva di aver pianto dicendo che anche un uomo era più desiderato di lei; ricordava un bagno dove aveva vomitato pure l'anima, una mano gentile che le asciugava il viso con un panno fresco, un ambiente estraneo al risveglio. Luca si era preso cura di lei portandola al suo appartamento, da lì non si erano più separati. Da allora vivevano insieme e, in pratica, non potevano fare a meno l'una dell'altra.
Lui, che faceva il traduttore per una piccola casa editrice, l'aveva anche aiutata a trovare il suo attuale lavoro. Purtroppo, però, neanche le competenze linguistiche del giovane avevano potuto qualcosa contro l'odio reciproco tra lei e l'inglese, nonostante i numerosi sforzi. «Niente, ti ha proprio rifiutato la richiesta di amicizia», aveva dovuto ammettere sconfitto.
Persino dopo tutto quel tempo Cassandra ancora malediva il destino che aveva voluto il ragazzo non disponibile al genere femminile.
Il suo amico era presente anche alla seconda sbronza, avvenuta un mese e mezzo prima, dopo essersi recata all'appartamento di Marco senza preavviso. Il suo ex era ritornato da un viaggio di lavoro e lei avrebbe dovuto raggiungerlo solo a fine serata. Ma caso aveva voluto che un cliente avesse slittato l'orario dell'appuntamento e lei, ritrovatasi con un paio d'ore libere, era corsa da lui.
Usando la chiave di riserva che Marco le aveva dato, lo aveva trovato a letto con una tipa, mentre ci davano dentro scatenati come non mai. A freddo non aveva avuto reazioni. Se n'era andata senza dire una parola. Poi la rabbia aveva preso il sopravvento: era tornata indietro e aveva tirato contro i due tutto ciò che le era capitato sotto mano.
Infine era corsa via ed era andata a casa.
Aveva chiamato a lavoro per disdire gli altri appuntamenti, aveva preso una birra dal frigo e aveva iniziato a bere. Quando Luca era rientrato, l'aveva trovata ubriaca e disperata. Si era fatto raccontare tutto ed era uscito come un uragano.
Solo il mattino successivo era venuta a sapere che Marco "si era rifatto il naso" mentre il suo migliore amico si era ritrovato con ben tre dita steccate e un polso slogato.
Non aveva più risposto né alle telefonate, né ai messaggi insistenti dell'uomo che si dichiarava pentito. Ogni volta che chiudeva gli occhi, lo rivedeva in quel letto e non riusciva a togliersi la scena dalla testa.
La stessa scena che l'aveva portata a bordo di quell'aereo.
Luca le aveva assicurato che quel viaggio l'avrebbe aiutata a tirare un po' il respiro, ma Cassandra era convinta, invece, che stavolta oltre al cuore ci avrebbe rimesso anche il lavoro.
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Lasciati portare via (Disponibile su Amazon)
RomanceCassandra, impiegata inesperta di una società di oggetti d'arte, e Ryou, un facoltoso mercante giapponese, si incontrano a Parigi per discutere della vendita di un oggetto molto raro. Lei vuole chiudere alla svelta la compravendita, pena il licen...