L'abitante

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Si, è finita, finito di scrivere queste ultime memorie porrò fine alla mia misera esistenza. 

Lo farò lanciandomi dal balcone della mia abitazione, non pensate che questo misero tentativo di liberarmi dal fardello che mi affliggei per pura vigliaccheria o senso di inettitudine, ma bensì per accelerare il mio destino, nel mio caso la morte sarà soltanto l'inizio della pena, ma lasciate che vi racconti questo episodio assai anacronistico dal principio... .

 Iniziò tutto lì, ricordo che era una notte cupa, con un funereo cielo nero catrame, dal finestrino posteriore della mia automobile vedevo la sagoma del vecchio castello che si stagliava nella campagna Scozzese. Ricordo quella sera nel novembre del ventinove, molto fredda, troppo fredda, fu l'ultima volta che vidi il mio amico... ero come imbambolato dalla grottesca sagoma del'antico maniero. 

A destarmi dal torpore mentale in cui mi ero rinchiuso per ragionare sul da farsi fu il mio autista, diete due colpetti al mio sedile dicendo " Professor Grant, siamo arrivati" gli risposi con un cenno, scesi dalla vettura, presi la tabacchiera quasi vuota e arrotolai una sigaretta, accesi un cerino, non ebbi il tempo neanche di far prendere la fiamma sul suo stelo di legno che una folata di vento gelido me lo spense, buttai il fiammifero ormai spento a terra e misi la sigaretta appena arrotolata nel taschino interno del cappotto, mi incamminai per il buio viottolo e una volta arrivato ai gradini pietrosi la vidi, mi trovavo di fronte al'enorme portone del gargantuesco castello, da li sotto mi sentii osservato, alzai lo sguardo e notai delle diaboliche presenze, orrendi gargouille innalzati a monumento di ignoranza per dalle popolazioni superstiziose che lo costruirono per allontanare gli spiriti malvagi, mi avvicinai al battocchio della porta, bussai, la porta si apri con un raccapricciante cigolio, mi si presento d'innanzi il vecchio maggiordomo del mio amico, Joe un vecchio anglo africano con una faccia da scimmione, capelli ricci e bianchi che lo rendevano ancora più strano, non vi nascondo che mi inquietava non poco, mi squadrò con un occhiata e mi disse "professore, il signore la sta aspettando"  lo seguii silenziosamente, nonostante la presenza di lampadari elettrici fui stupito di vedere che le uniche fonti di luce venivano da dei lumini su tavolati e mobili un altra amara sorpresa è stata vedere una spropositata quantità di polvere in ogni dove, il mio amico era un grande maniaco riguardo all'ordine e alla pulizia della sua abitazione, "Joe, che fine hanno fatto gli altri servi?" chiesi incuriosito, come risposta ricevetti un secco "uhm" seguito da l'indicazione di entrare in sala, una volta entrato notai come di essere osservato da qualcosa, ero entrato in una sala quadrata molto grande, l'arredamento, in stile vittoriano come garbava al mio anfitrione, era coperta da polvere e ragliatene, la luce come nella stanza affianco veniva da moccoli mezzi fusi e cadenti che facevano cadere cera calda sulle consolle e sulle toelette, avanzai a carponi nella penombra della sala, mi trovai al cospetto di un deprimente spettacolo di decadenza umana quando vidi come si era ridotto il mio amico, quello che una volta era  il brillante dottor William Worren stimato chimico dell'università.

Non credevo ai miei occhi mentre vedevo la parodia di quello che ricordava un uomo brillante dallo spiccato intelletto, ora sembrava invecchiato di cent'anni, la barba e i capelli sbiancati e il volto catatonico era contratto in una espressione di terrore e sgomento, come se di fronte gli si fosse palesato l'intero inferno , i suoi occhi erano spalancati e si muovevano farneticamene per cercare di scrutare nell'oscurità come un vecchio gufo alla ricerca di una facile preda, la bocca era digrignata in un folle broncio con la mandibola attaccata alla mascella mostrando una fila di denti gialli e cariati, scendendo con lo sguardo la visione delle magre braccia del vecchio tenevano una doppietta da caccia, come se quel corpo ormai allo stremo e al limite dello sfinimento potesse resistere al rinculo dei un'arma così forte.

si desto da quella trans odiosa e mi notò, dopo qualche secondo si ricordò di chi io fossi, e inizio "Non è di questo mondo, non può esserlo, nessuna creatura di questo mondo è così, può essere così, è nello scantinato, ti prego, uccidilo... uccidilo" poi tornò a fissare il vuoto.

iniziavo a essere inquietato, vedere il mio caro amico in quello stato era orribilmente debilitante, Joe mi fece strada fino allo scantinato,poi mi lasciò li, solo, davanti a quella porta di rosso mogano, era sbarrata con delle assi, rimasi a guardare le venature nel legno, che come se il male che teneva al suo interno aveva fatto diventare come volti contratti in un'espressione di collettivo orrore, ammetto che se avessi saputo cosa si celasse dentro quella cantina non avrei indugiato un secondo a murare tutto e poi bruciare la casa, ma la prudenza non è mai stata una mia virtù, quindi presi il piede di porco e s staccai le assi, aprii la porta e...

Dio mio.

all'inizio era solo una sagoma confusa, nel buio malsano della cantina, poi accostai la lanterna per fare un po di luce e lo vidi, in tutta la suo grottesco orrore, pensare che una tale abominevole creatura poteva aver avuto i natali in questo mondo era atroce e malsano, la sua sola esistenza era già di perse  una blasfemia verso la vita stessa, non esiste similitudine con bestia esistente: alto poco meno di me, il viso era antropomorfo ma sembrava il muso di un cane che ringhiava e guaiva, il torso coperto da peli neri al di sotto dei quali si intravedeva una pelle di un disgustoso pallore cianotico, le braccia leggermente sproporzionate rispetto al resto del corpo terminavano con lunghi e atroci artigli neri, andando per un secondo più in basso notai altre repellenti deformità nella creatura come il fatto che le gambe erano caprine e coperte da una peluria ancora più fitta.

 La mia mano scattò come una tagliola, andò sotto la giacca alla ricerca della mia tanto fedele pistola P38 che avevo iniziato a portarmi dietro quasi tre masi fa da quando l'attacco di un barbone completamente pazzo a trafalgar square mi ha fatto rivalutare molto il mio punto di vista sulla salvaguardia personale, la trovai, avvolsi le falangi al freddo calcio metallico e cercai di sfoderarla, sparare, cancellare quell'orribile scherzo della natura e rimandarlo nella fossa infernale dalla quale era uscito, ma... non riuscivo a muovermi, ero bloccato, come se delle corde invisibili mi avessero costretto in quella posizione, d'altro canto la bestia inizio a muoversi nella mia direzione e poi...

buio.

quando rinvenni ero in piedi, con la pistola in mano, avevo esploso tre colpi contro quella che credevo fosse la creatura, invece ero nella sala principale, con davanti i cadaveri di Jon, il maggiordomo e del povero dottor Worren la creatura sedeva davanti al fuoco del camino, mi accorsi di avere un biglietto in tasca, lo lessi  "Fede significa non voler sapere quel che è vero. Quando sarai pronto verrò a prenderti" lasciai cadere il biglietto e corsi fuori, cosi, entrai in macchina e... svenni di nuovo, ma questa volte era diverso, inizio tutto, sognai di nuovo la creatura, ma questa volta parlava, mi parlo di bestie e di dei vecchi quanto l'universo stesso, del trionfante squallore di Carcosa dei rimbombanti cacofonie di flauti blasfemi che decantano inni sacrileghi affinché il dormiente ritardi il suo risveglio.

Da allora i miei sogni sono solo un turbinio psichedelico e al mio risveglio mi trovo la cadente e orrida luce del sole.

ecco le motivazioni del mio gesto, ora devo andare, sento già le orride voci chiamarmi urlando meravigliose blasfemie.  

Addio.


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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 06, 2016 ⏰

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