Candida la neve. S'appoggiava senza chiedere permesso sui tetti delle case, sui cappotti, sugli orologi da polso che tutti si ostinavano a guardare. Si appoggiava dappertutto, tranne che sulla cupola della chiesa fuori dalla quale i (pochi) presenti si erano raccolti; troppo piccola e scoscesa affinché la prima neve di stagione potesse farci presa.
Era finalmente arrivato il momento dell'addio finale.
Che ironia usare questo termine: addio. E che ironia quel "finalmente" che, mai come allora, mostrò la sua feroce equivocità.
Per la signora Francesca Pivotti, settantaquattr'anni ben portati, una vera e propria istituzione nel quartiere, significava semplicemente la fine di un evento. Un evento come qualsiasi altro, come il mercato del giovedì, il pranzo domenicale con i parenti, l'aver imparato una nuova ricetta alla tv; un evento al quale non poteva non partecipare insomma (chissà che cosa avrebbero potuto pensare gli altri!).
Per Paolo, invece, quel "finalmente" significava porre fine al dolore. Lui lo aveva amato Ernesto, ma per davvero. Per lui il suo funerale non era stato lo scarabocchio su un calendario ma l'occasione per poter incontrare, un'ultima volta, il suo unico vero amore.
Sapete, in questa vita non si fa altro che parlare di amore. Sopravvalutato per alcuni, unica ragione di vita per altri e il concetto più appetibile su cui divagare per altri ancora. Amore. Nulla di più semplice, nulla di più complesso. Questo Paolo lo sapeva benissimo.
Una folata gli smosse i capelli, arruffati nonostante il numero, e ancora neri come il carbone. Il tempo lo aveva segnato perlopiù sul volto, all'altezza di occhi e tempie.
Era un vecchio o, come veniva definito più brutalmente, un 'buon uomo', come se la sua età avesse potuto escludere a priori il contrario.
« Andiamocene » si udì all'improvviso dal lato destro del cimitero.
« Sono stufo » continuò imperterrito il bambino, che nel frattempo aveva iniziato a tirare il padre per l'estremità della giacca.
Qualche attimo ed ecco che la folla iniziò a muoversi, prima in modo confusionario e poi seguendo un ordine preciso. In prima fila c'era un ragazzo alto e dal fisico asciutto che, a giudicare dai lineamenti dolci del viso,doveva essere uno dei figli di Ernesto.
Ed ecco così che la mente di quel vecchio "passato lì per curiosità" (gli parve di sentire queste esatte parole) si inondò di ricordi.
Il cortile nel quale lui e il suo allora amico d'infanzia si divertivano a giocare, il ciliegio sotto il quale nascondevano le biglie rubate, il rumore dei fucili caricati a sale appena tentavano di scavalcare una recinzione, le barrette di cioccolato comprate di nascosto con il taccuino di papà ecc.
Basta, era tutto finito.
Nel cimitero non era rimasto più nessuno e l'aria iniziava ad odorare di solitudine. Paolo lo conosceva bene quell'odore, ne era stato inebriato per tutta la vita. O quasi.
La sua vita era cambiata inaspettatamente in una tempestosa giornata primaverile di oltre cinquant'anni prima. La pioggia aveva beccato impreparati lui ed Ernesto. Lontani da casa e con le canotte già inzuppate non poterono fare altro che cercare riparo sotto le fronde di un pino.
Fu proprio sotto quel normalissimo albero, allora ai bordi di una strada di campagna, che venne naturale il primo bacio. Qualche secondo di esitazione ed ecco che un secondo, un terzo e addirittura un quarto bacio scaldarono l'atmosfera.
Da quel momento nulla fu più lo stesso.
Per Ernesto e Paolo quel posto divenne il loro posto e quell'albero divenne il loro albero.
Ora né quell'albero né Ernesto erano più in vita.
Rimaneva solo lui, Paolo, che immobile nel bel mezzo del cimitero fissava il vuoto.
La nevicata stava aumentando di intensità. Sulla maggior parte delle lapidi le scritte erano diventate illeggibili e il sentiero di ghiaia che conduceva all'uscita era poco a poco scomparso sotto il manto di neve. Era arrivato il momento di andarsene.
Ma ecco che all'improvviso i ricordi più dolorosi vennero a galla rivendicando prepotentemente la loro parte. Erano i ricordi dell'ultimo incontro.
« Io e Giulia ci sposeremo »
Una fitta al cuore.
« Da ora in poi non ci dovremo più incontrare, nemmeno come amici »
Come potevano due frasi scarne come quelle porre fine a così tanti anni di amore? E come poteva "una ragazzina qualunque" dargli più amore di quanto non stesse già facendo lui?
Altri tempi quelli, la loro relazione non sarebbe mai stata capita.
Era così che Paolo tentava di consolarsi, ma nella cruda realtà quelle parole non lo avevano mai aiutato. Lui lo amava ancora Ernesto, nonostante tutto il tempo trascorso.
Preso da un impeto di rancore si sfregò le mani, tentato a togliere ciò che più lo opprimeva. Una voce però lo riportò subito alla realtà.
« Finito? Inizio ad avere freddo »
E Paolo, guardando quella donna dagli occhi dolci, rimise la fede al suo posto, conscio che quella ormai era la sua vita e non poteva fare più nulla per cambiarla.
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Paolo ed Ernesto
Short StoryUn funerale. Un vecchio, Paolo, e l'occasione per ripensare ad una storia d'amore giovanile.