II

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Michael sedeva da solo a un tavolino del caffè e reggeva tra le mani quel cartoncino da visita che gli aveva dato Federico. Lo girava e rigirava tra le dita e aveva letto almeno mille volte il nome e l'indirizzo della sua abitazione. Stava facendo dondolare le sue gambe sull'alto sgabello quando la cameriera Cindy gli si avvicinò.

«Cosa ti porto, Michael?»

La giovane donna sorridente richiamò la sua attenzione e il ragazzo ricambiò il suo sorriso, sebbene dalla sua espressione trasparisse un velo di preoccupazione.

«Un tè, grazie.»

La donna annuì e si ritirò a preparare la bevanda. Michael posò nuovamente lo sguardo sul bigliettino da visita e sospirò. Aveva incontrato solo una volta Federico e già quell'uomo gli aveva fatto provare sensazioni nuove e contrastanti. Lo aveva reso vulnerabile e lo aveva fatto piangere così semplicemente che Michael se ne vergognava; poi gli aveva offerto il suo aiuto, ma sempre con quel sorriso enigmatico che il giovane riccio non sapeva proprio come interpretare. In quel momento Michael aveva accettato d'impeto, ma ripensandoci forse non era proprio una buona idea accettare di incontrare quello sconosciuto. Vero era anche che Federico era un amico di Andreas, e questo forse avrebbe garantito.

Senza pensarci ulteriormente, dopo aver consumato il suo tè e aver pagato, Michael si diresse verso l'abitazione segnata sul cartoncino da visita.

Un imponente portone di ferro battuto gli si presentò davanti, e incerto suonò il campanello. Il portiere venne ad aprirgli e annunciò al maggiordomo di casa Lucia che un ospite stava aspettando il signor Federico.

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Federico era intento a sistemare alcuni libri nello scaffale quando il servitore si presentò alla sua porta.

«C'è il signor Michael Penniman per voi.»

Un ghigno sottile si dipinse sul volto dell'uomo, che ordinò di farlo accomodare: sapeva che quel giovanotto non avrebbe retto molto alla curiosità che gli aveva iniettato nell'anima. Quindi Federico si ravvide, pensando che magari Michael non fosse così sciocco come aveva creduto: se dimostrava curiosità era già un passo avanti.

Il fanciullo si presentò sull'uscio della stanza: indossava una bella camicia bianca dalla chiusura a fiocco, un gilet scuro che gli fasciava il petto, un paio di semplici pantaloni grigi e un lungo soprabito nero ricamato. Federico ebbe modo di osservarlo meglio e notò che quella bellezza magnetica non era il risultato di abiti eccessivamente eleganti: nello studio di Andreas lo aveva visto indossare indumenti più sofisticati - forse esplicita richiesta del pittore - ma anche adesso la sua bellezza risaltava sopra ogni cosa. Federico concluse che erano altri fattori a renderlo oggettivamente bello: i lineamenti del suo viso - per esempio -, i boccoli castani, i suoi occhi incuriositi e le labbra carnose dalla curva morbida.

«Prego, accomodati» gli sussurrò ancora rapito dalle sue labbra.

Il giovane entrò con lo sguardo rivolto al pavimento e si sedette sul divano di stoffa ricamata che era al centro del salotto. Evidentemente a disagio, Michael si perse a guardare i fiori dai colori pastello che costituivano il motivo di quel sofà color crema.

«Cosa preferisci?»

L'attenzione di Michael venne richiamata dalla voce bassa e roca di Federico, che alle sue orecchie appariva comunque insolitamente delicata. Si voltò verso di lui e lo vide intento a prendere due bicchieri di vetro dal carrellino degli alcolici e poggiarli sul ripiano dello stesso.

Michael avvampò per l'imbarazzo, perché avrebbe dovuto dirgli che non aveva mai bevuto altri alcolici al di fuori dei vini e dello champagne.

«I-Io non...» cominciò. «Non so. Io bevo solo vino e champagne.»

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