"LA DROGA DÀ, LA DROGA TOGLIE"

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Avevo tutto quello che un ragazzo avrebbe potuto desiderare. Avevo una madre che mi voleva un bene dell'anima, un padre che non le avrebbe mai alzato un dito neanche se ne fosse stato costretto. Sarebbe morto piuttosto di vederla soffrire. Avevo un fratello più piccolo che era uno dei bambini più educati e benvoluti di tutto il mio quartiere. Avevo una casa fantastica a due piani, un giardino e due cani, uno dei due con una zampa monca. Eravamo benestanti. Io andavo ad una buona scuola ed ero apprezzato dai professori, mi piaceva andarci. Mia madre lavorava in uno studio legale e mio padre era un poliziotto. Avevamo una vita perfetta... Troppo perfetta per essere quella reale.

A quel punto mi svegliai. Era una mattina come tutte le altre mattine estive, caldissima. Come al solito mio fratello si era svegliato prima di me e mi era venuto a dare il buongiorno; a modo suo, naturalmente: un paio di pugni in pancia e altri due schiaffi in faccia. Era piccolo, però la forza per farmi male già l'aveva. Questo risveglio così particolare era un modo per noi due di prepararci alla giornata. Dopo essermi alzato corsi in camera di mia madre... credevo che il mio sogno sarebbe potuto essere reale. Mi sbagliavo. Mia madre era lì, come suo solito, che piangeva dolorante sul letto, piena di lividi e graffi. Cosa avrei dovuto fare io? Un ragazzo di sedici anni con una scarsa personalità. Niente. Mio padre, a differenza di come lo avevo visto nel sogno, era un bastardo. Picchiava mia madre ogni singolo giorno, lei naturalmente non reagiva, addirittura era arrivata alla conclusione che fosse giusto quello che faceva mio padre, che lei se lo meritasse un trattamento del genere. Cosa potevo farci? Ogni volta che cercavo di convincerla del contrario mi mandava in camera mia e mi teneva il broncio per giorni,era cosi testarda ma tremendamente forte;non si meritava tutto ciò. Mio padre era assente con me e con mio fratello. Anche mia madre, ma almeno lei la riuscivo a vedere per più di mezz'ora al giorno. Mio padre riuscivo a vederlo soltanto quando veniva a mangiare a casa. Non mi dispiace affatto in realtà, almeno non dovevo subirmi le sue stupide balle per tutta la giornata. Adesso solo a pensare a quell'uomo mi viene da vomitare. Eravamo poveri, tremendamente poveri. Mio padre lavorava in cantiere,teoricamente... Così ci diceva lui quando rientrava alle 3 di notte a casa per menare mia madre. Però anche se «lavorava» tutto il giorno, i soldi mancavano sempre. Probabilmente li spendeva tutti per ubriacarsi o per andare a puttane. Questo non posso dirlo con certezza. Mio fratello poverino, dieci anni ed già era un piccolo malavitoso. Andava a rubare gioielli alle anziane e li rivendeva per strada solo per farci campare. Io anche facevo così alla sua età, quando potevo farlo,che se anche mi avessero beccato non mi avrebbero fatto nulla. Vivevamo in una lurida baracca, nel quartiere più malfamato della città. Non sono mai andato a scuola, nel mio quartiere non c'era.
Mi sarebbe piaciuto a dir la verità, imparare qualcosa e magari riuscire ad andarmene da quella orribile situazione che vivevo. Purtroppo non ne ho mai avuto la possibilità. La mia vita faceva veramente schifo. Ero caduto in depressione ed ero diventato un peso per mia madre, che non vedeva l'ora di cacciarmi da casa. Aveva ragione, in effetti... Ero una bocca in più da sfamare e non portavo a casa neanche un soldo bucato. Mi sentivo inutile. Lo ero.

Non ero l'unico in questa situazione,fortunatamente la vita un giorno mi ha fatto incontrare John.
Un ragazzo disagiato quasi quanto me,a casa non aveva una situazione delle migliori e per il mio stesso motivo fu costretto ad avvicinarsi alla via della ''malavita''. Il nostro non fu un incontro dei migliori, ma ringrazio Dio di averlo incontrato. In una tranquilla sera di luglio il mio amico John mi disse che aveva rubato questa strana sostanza ad un tizio per strada... Era molto strana a parer mio... una polverina marrone chiaro imbustata dentro ad un pezzo di pellicola trasparente.

Ne io ne lui sapevamo di cosa si trattasse, il giorno dopo ne parlammo con un nostro compare più grande che ci spiegò che il contenuto di quel misterioso incarto era una droga chiamata Eroina. Ci disse che aveva un enorme valore commerciale, ci spiegò anche come andava assunta: si poteva sia sniffare, metodo meno efficace, ma si poteva anche sciogliere e farla assorbire da una siringa che successivamente sarebbe entrata in una vena e avrebbe fatto circolare la droga per tutto il corpo, provocando una durata più lunga,ma soprattutto una ''botta'' più forte. Naturalmente noi essendo due sedicenni ingenui e con poco sale in zucca, invece di rivenderla per mangiarci qualcosa decidemmo di usarla. Come ben potete immaginare essendo noi due cretini decidemmo anche di scegliere la via più potente e dannosa... quella endovena. Non voglio basare la mia storia sull'eroina e sui suoi effetti, perché mi ha portato via tante cose dalla vita e non voglio perdere tempo e parole parlandone, quindi salterò tutta la parte successiva all'assunzione per rendervi il tutto meno noioso e sfracassapalle di quanto già non sia. Ho anche dimenticato di presentarmi in effetti... Ero troppo preso dal racconto.

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