La bambina rise, e la sua risata riecheggiò nell'aria, infrangendosi nel cielo azzurro.
Soffiava una leggera brezza, che le scompigliava i capelli biondi e corti, tagliati a caschetto. Dondolando avanti e indietro sull'altalena, la bambina rovesciò la testa all'indietro e nei suoi occhi blu si specchiò il cielo dello stesso colore.
Con un salto scese dall'altalena.
Atterrò sull'erba soffice, verde, punteggiata qua e là da Margherite di un bianco perfetto.
Il grosso albero che la sovrastava saliva fino al cielo, proiettando i suoi rami poderosi secondo armoniosi disegni. Le foglie, grandi quanto il viso della bambina, coprivano i rami, folte.
L'albero si trovava in collina, la quale scendeva dolcemente. In fondo al pendio si intravedeva una casa, una vecchia colonia, austera ma accogliente. Dal portone principale uscì una vecchia signora.
《Vieni, piccola! È ora di merenda!》
La bambina corse fino in fondo alla collina, contenta e desiderosa del buon cibo che sicuramente sua nonna le aveva preparato.
Si spostarono nella cucina, una stanza grande e luminosa. Le grandi finestre, che puntavano a Sud, Est ed Ovest, permettevano nel corso della giornata di seguire il percorso del Sole.
La bambina si sedette al grande tavolo di noce, addentando la fetta di pane e prosciutto preparatale dalla nonna.
Più tardi raggiunse la vecchia signora nel salotto. Si sedette nella poltrona comoda, di fronte al divenetto ove sedeva la nonna.
Ella sembrava triste, come avvolta da una certa malinconia, lo sguardo perso nel vuoto.
Una lacrima le rigò la guancia.
《Nonna, perchè piangi?》domandò la bambina, preoccupata. Non aveva mai visto sua nonna piangere e vedere quel sentimento così forte che pervadeva il volto di sua nonna le provocava una certa ansia.
Il sole volgeva ormai a Occidente, inabissandosi dietro alle colline. Presto sarebbe stato buio.
《Nonna, perchè piangi?》.
《Sono passati 65 anni》mormorò l'anziana signora.
Poi sembrò riscuotersi e rendersi conto della presenza della piccola:《Oh, piccola mia. È solo il ricordo di una cosa passata. Avvenuta molto molto tempo fa. Ma non temere, non è niente》e sorrise amorevolemente.
《Nonna, non può andare bene. Stavi piangendo》
La nonna non rispose.
《Nonna, cosa è successo sessantacinque anni fa?》.
La nonna guardò la bambina. Era una creatura molto bella, dai tratti delicati e angelici. Ma, dietro a quello sguardo innocente di bambina di dieci anni, si nascondeva una mente perspicace e intelligente, curiosa oltre ogni misura. 《Non è una bella storia, che mi piace raccontare. Al dire il vero non l'ho mai raccontata a nessuno. E preferirei non farlo》.
All'improvviso si sentì aprire la porta principale, e dei passi riecheggiarono nel corridoio.
Sulla porta del salotto comparve una donna.
《Mamma! Sei tornata presto oggi!》.
La bambina corse dalla madre e l'abbracciò.
《Sono uscita prima dall'ufficio e papà è passato a prendermi, per portarmi subito dalla mia piccolina. Ora è fuori con il nonno》rispose la mamma.Due orette dopo erano nuovamente seduti tutti insieme nel salotto e chiaccheravano tutti tranquillamente. Ci fu un attimo di silenzio, interrotto poi dalla piccola.
《Nonna, mi racconti quella storia?》.
Tutti guardarono l'anziana signora con aria interrogativa e quella sospirò profondamente.
《Oggi sono 65 anni》.
Solo il nonno sembrò capire:《Non sei obbligata a raccontarlo, cara》le disse dolcemente.
《Eppure voglio raccontarlo. Dopotutto fu una schiocchezza. Una cosa che razionalmente è insensata. Ma... il mio inconscio di bambina la elaborò, ingigantendola, esaltandone i particolari all'ennesima potenza. Piccola mia, non temere. Quello che la nonna ti sta per raccontare, non è che una favola e tu potrai scegliere se crederci o no.》
《Sessantacinque anni fa, ero una bambina. Avevo dieci anni, esattamente come te. Ero felice e spenzierata, sembravo una piccola innocente, ma ero anche intelligente e sveglia. Ogni volta che ti guardo, piccola mia, rivedo una piccola "me"》
《Ti ricordi della zia di tua madre, piccola? Madelaine, si chiama, la buona vecchia Madelaine, che all'epoca aveva 11 anni. Era una bambina già più vicina al mondo dell'adoloscenza, benchè ci dividesse un solo anno di età. Eravamo due sorelle molto unite e lo siamo tuttora.》
《Vedi, questa casa, piccola mia, era la casa dove da piccole vivevamo. Come te ci divertivamo a dondolarci tutto il giorno sull'altalena, oppure a correre a perdifiato nei campi. Oppure ci arrampicavamo sugli alberi da frutto dei contadini, e riuscivamo sempre a racimolare qualcosa. Susine, albicocche, pere, mele. E nei boschi fragole, funghi e castagne. Ci divertivamo a cercare e frugare ed eravamo molto orgogliose quando portavamo a casa un bel bottino; 'guarda guarda, quanta bella roba avete portato oggi', mi diceva mio nonno, ormai morto da tanto tempo.》
《Insomma eravamo felici, ma esattamente sessantacinque anni fa, il 23 maggio del 1950, accadde una cosa che mi turbò molto. Non mi fraintendete, non cambiò nulla, eravamo felici e crescemmo bene. Divvenni più inquieta e ansiosa, ma col tempo passò. Ora in me è vivo un ricordo, che riaffiora sempre in questo periodo》.
《Sapevo di questo fatto, ma non so bene di cosa si tratti. Perchè non me ne hai mai parlato?》domandò la madre della bambina.
Fu il nonno a risponderle:《Ci sono vari motivi, ma questo non è il momento nè il luogo adatto per parlarne. Ne discuteremo tra qualche tempo. Prosegui, cara》.
La nonna risprese la sua narrazione:《Come stavo dicendo il 23 maggio del 1950 accadde qualcosa. Dovete sapere che fino a qualche anno fa, sul retro della casa, sotto ai due ciliegi, c'era un sasso. Era abbastanza grande e piatto, piuttosto levigato, e noi eravamo solite giocarci intorno. Lo usavamo o a mo' di tavolo, o a mo' di sdraio. Talvolta facevamo finta fosse una macchina e ci divertivamo a immaginare come fosse viaggiare su un veicolo di quel genere per il mondo. Devi sapere, piccola, che all'epoca usavamo la macchina molto meno rispetto che adesso. Preferivamo spostarci a piedi, o in bicicletta. 》
《Era da qualche tempo che la sera faticavo ad addormentarmi. Non che avessi molto spesso degli incubi, nè avevo paura del buio. Però, la sera, avevo bisogno di sentire la presenza di mio padre e mia madre, al piano di sotto, che chiaccheravano o sbrigavano faccende in giro per la casa. Quando ero consapevole di non essere sola, allora mi tranquillizzavo, mi tappavo le orecchie e cercavo di addormentarmi. Il sonno arrivava puntualmente qualche minuto dopo. Ne parlai di questa cosa con mia sorella, ma lei un po' mi prese per pazza e non mi credette, un po'cercò di tranquillizzarmi, dicendomi che a volte capitava anche a lei.》
《Ma io sapevo che non succedeva a lei la medesima cosa che mi perseguitò per un mese o più. Lei sognava e nel sonno vedeva molte cose, belle o brutte, come capita a tutti. Ma io quando ero ancora sveglia, quando ancora il sonno non mi pervadeva trascinandomi nell'oblio, sentivo una voce. Come se qualcuno fosse lì, in quella stanza, davanti al mio letto. Io non ebbi mai il coraggio di alzarmi e accendere una luce e vedere se c'era effettivamente qualcuno. Ma io sapevo, percepivo, che nessuno fisicamente produceva quel suono. La voce era lì e basta.》
《Mi sussurava delle parole: 'sotto il masso, in giardino. Guarda sotto il masso. Sotto il sasso, nel prato. Scruta sotto il sasso. Sotto la roccia, sull'erba. Spia sotto la roccia. Sotto la pietra, sulla terra. Esplora sotto la pietra.'》
《Io avevo paura ad addormentarmi. Ma poi mi ripetevo che era solo il frutto della mia immaginazione, come una vocina interiore che mi dicesse cosa fare. Effettivamente avevo sempre desiderato rovesciare quella dannata pietra. Ma allo stesso tempo sapevo che non era la mia mente, che tuttavia possedeva una fervida immaginazione, a produrre quella voce. La voce c'era. Era lì.》
《Poi però sentivo mio padre e mia madre. Le parole dolci come miele della mamma, la voce più stentorea del babbo. Sapevo che mia sorella già dormiva, serena, nella stanza a fianco alla mia. Allora mi tappavo le orecchie, chiudevo gli occhi. Alla fine la voce si affievoliva, dopo che all'infinito mi aveva ripetuto come una cantilena infinita la stessa formula. Mi spronava ad alzare quel sasso. Ma io non osavo. Avevo paura. Paura di quello che avrei potuto trovare là sotto.》
《Poi un giorno mi decisi. Andai in giardino. Mi assicurai di essere sola, ma che gli altri fossero in casa. Al minimo problema, o al più piccolo spavento, non avrei esitato ad invocare l'aiuto dei miei familiari. Ero davanti al masso ed esitavo. Non trovavo il coraggio. Poi mi dissi che probabilmente l'unico modo per sbarazzarmi della voce era quello di assecondarla. Probabilmente, una volta ottenuto quello che voleva, si sarebbe dileguata per sempre. Presi un lungo bastone, lo infilai sotto al masso e spinsi verso il basso, cercando di far leva. All'inizio non accadde nulla, poi piano piano cominciò a scalzarsi dal terreno. Infine dopo vari tentativi, riuscii a sollevarlo e a ribaltarlo.》
《Quello che vidi mi fece rimpiangere di aver assecondato quella maledetta voce. Sotto al masso c'erano dei vermi, tantissimi di quegli animaletti viscidi e disgustosi. Non erano simpatici come i piccoli e rosei lombrichi che fanno capolino dal terreno in un campo, subito dopo la pioggia. Quei vermi erano neri, avevano un aspetto malato, come se la terra stessa lo fosse in quel punto. Erano aggrovigliati a formare una palla pulsante. Non facevano altro che avvolgersi su sè stessi, l'uno intorno all'altro. Qualcuno si allontanava dalla massa, per poi farvi ritorno. Al centro di quella palla disgustosa si intravedeva qualcosa. Afferrai il bastone, che avevo lasciato cadere lì vocino, e preso coraggio, lo infilai tra i vermi, i quali si dispersero allarmati. Quello che portai alla luce era una vecchia medaglietta d'argento, ossidata, sulla quale si intravedeva una crocifisso inciso con arte. Non l'avevo mai vista prima, non ricordavo che mia madre, o mia nonna, o che chiunque altro della mia famiglia possedesse un'oggetto del genere. Sembrava anch'esso malato.》
《Girai la medaglietta e individuai un'incisione sul retro. Quando la decifrai lanciai un urlo e corsi in casa.》
La donna fece una pausa, chiudendo gli occhi, come per prepararsi psicologicamente al prosieguo del racconto. Tutti gli altri, nella stanza, pendevano dalle sue labbra.
Riprese a parlare:《La scritta riportava in caratteri eleganti qualcosa che mi cambiò la vita:
M.J.
D.N. 14 gennaio 1939
D.M. 23 maggio 1951
Non c'erano dubbi sul suo significato. M.J. Madelaine Johnson. Mia sorella. 14 gennaio 1939. La data di nascita di mia sorella. 23 maggio 1951. Esattamente l'anno dopo rispetto a quel giorno. D.N. Data di Nascita. D.M. Data di Morte. Quella medaglietta diceva che mia sorella sarebbe morta di lì a un anno.》
《Ma come poteva essere? Nessuno della mia famiglia aveva posseduto una medaglietta di quel tipo, e la corrispondenza era troppo evidente per potersi trattare di una banale coincidenza. Portammo quella medaglietta dal parroco più vicino, esperto di esorcismo. La benedì, pronunciò qualche preghiera. Io vissi con ansia per una anno. Venne il 23 maggio del 1951. Mia sorella si svegliò. Mangiò. Giocò con me. Andò alla messa, perchè era una domenica. Si addormentò. Si risvegliò il giorno dopo. Non accadde nulla. Tutti cercarono di dimenticare quell'infausto episodio.》
La nonna concluse qui il suo racconto e la stanza rimase silenziosa per un po' di tempo. Fu nuovamente la bambina a parlare:《Nonna, è una bella storia. Ma non può essere del tutto vera, no?》
La nonna sorrise:《Questo lo devi decidere te. 》.
Poco dopo si augurarono tutti la buonanotte. Mamma e papà dormirono nella camera degli ospiti e la bambina con loro, perchè non voleva rimanere da sola. Nonno e nonna andarono a letto nella loro stanza. E si concluse lì la giornata.L'indomani, avevano appena finito di fare colazione tutti insieme. La bambina era uscita un attimo in giardino.
Il papà bevve un sorso di caffè:《Non ci hai raccontato tutto, non è vero?》.
La nonna rimase in silenzio.
Intervenne il nonno:《Cara, loro almeno hanno il diritto di sapere. Tutta quanta la storia》.
La nonna sospirò a lungo. Poi si decise a riprendere il racconto dal punto in cui l'aveva interrotto la sera precedente:《Quando venne il 23 maggio 1951, trovammo mia sorella morta, nel suo letto. Sembrava dormisse, ma era bianca e fredda. Sembrava si fosse addormentata nel sonno, sorridente, ma era morta. Spenta per sempre. Fu terribile. Tentai quasi di suicidarmi, ma mio padre mi riprese appena in tempo mentre sedevo sul davanzale della finestra, i piedi sospesi nel vuoto. Fu dura. Piano piano cercammo di superare il dolore. Un'anno più tardi nacque un'altra bambina. La chiamammo Madelaine. Lei è tua zia, figlia. 》
Il silenzio che seguì fu più sbigottito che mai.La bambina, nel frattempo, era nel giardinetto sul retro. E, all'ombra fra i due ciliegi, aveva individuato il punto dove un tempo ci sarebbe dovuta essere quella pietra. Si chinò, per osservare meglio il terreno. Spostando qualche erbaccia notò una chiazza di terra più scura, quasi nera, come se vi fosse stato bruciato qualcosa. Si chinò ancora di più.
E nel terreno, vide che vi era impresso un piccolo ovale. Un piccolo, ma evidente ovale. Come se una medaglietta fosse rimasta in quel posto per molti e molti anni.
In quel momento un lombrico, nero, spuntò dal terreno, e vi passò sopra.
La bambina si alzò in piedi di scatto, si voltò e fuggì dentro la casa.E poi, dal terreno, sembrò fuoriuscire qualcosa. Un piccolo oggetto d'argento.
Una piccola medaglietta col crocifisso.L
a scritta che vi era incisa riportava:
J.B.
D.N. 16 giugno 2005
D.M. 23 maggio 2016.
Dal terreno spuntarono molti vermi, neri, ricoprendo così quella cosa maledetta.
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La Medaglietta del Diavolo
Short StoryQuesto sarà un breve racconto. Assolutamente breve. Parlerà di una bambina, ormai cresciuta. Della sua paura. Di quello che scoprì.