Un papavero tra i binari

655 15 15
                                    

La conobbe durante una fresca mattina di Settembre: doveva recarsi a scuola, era il suo primo giorno di liceo. Il treno delle 7:48 era la corsa che le permetteva di arrivare puntuale in classe. Allora la "piccola Marta" (come la chiamava suo padre) non conosceva i suoi futuri insegnanti, sarebbe stata una pessima figura tardare proprio il primo giorno di scuola. Dapprima non fece proprio caso alla sua presenza, anche perché a quell'ora c'era un'orda di ragazzini che dovevano recarsi a scuola, o gente più adulta che doveva andare al lavoro, non poteva dunque notare una presenza su mille.  

Una mattina, ad un mese dall'inizio della scuola, fece molto tardi. Corse tanto per non perdere il treno delle 7:48, ma nonostante gli epici sforzi, se lo vide passare davanti quando ormai era già partito. Dopo il suo affanno subentrò la rabbia per quel maledetto treno e per quella maledetta sveglia che non suonò, ma subito dopo fu la rassegnazione a farsi strada. Sospirò, si sedette su una panchina e, come incuriosita da una voce sconosciuta che la chiamava per nome, cominciò a notarla. La guardò, la scrutò per qualche minuto, poi prese il suo mp3 dallo zaino, riprendendo a ignorarla. Il giorno dopo fece di nuovo caso a lei, nonostante l'immensa folla di ragazzini con gli zaini e di gente in giacca e cravatta. L'annoiata e labile attenzione con cui l'aveva guardata il giorno prima si trasformò in curiosità. Imparò a conoscerla. Quella presenza le suscitava nell'animo uno stato di piacevole malinconia.  

Col tempo divenne la sua migliore amica. Si, per Marta quella stazione era un punto di riferimento. Ormai la conosceva meglio di casa sua. 

Ai tempi in cui si svolsero i fatti, il liceo era finito da un pezzo, ma il treno delle 7:48 era sempre lì, ad accogliere Marta per avvicinarla allo studio dentistico dove lavorava come receptionist. Il lavoro non era male: anche se il dottore aveva un carattere spigoloso, la pagava bene e, una volta imparato ad averci a che fare, non era così insopportabile. 

Ad ogni modo, la stazione era sempre lì ad aspettarla: immutabile, un po' arrugginita, ma sempre carica di stabilità, sempre la stessa, anche se da alcuni anni non c'era più la biglietteria, molte corse erano soppresse, e i pendolari sempre meno numerosi. 

Quella mattina Marta non avrebbe dovuto recarsi al lavoro. Era un Sabato, le spettava sempre il week-end libero, in quanto lo studio era aperto solo dal lunedì al venerdì, salvo rare eccezioni. Non fece programmi per il fine settimana, e nemmeno organizzò gli impegni per la settimana dopo. Eppure era lì, ad attendere il treno delle 7:48. Per la prima volta Marta rifletté su quello che aveva dovuto fare per raggiungere la stazione a quell'ora: sveglia alle 6:30, doccia, colazione vestiario, trucco, tragitto a piedi che separava casa sua dall'ambita meta, il salire le scale guardando a terra per evitare sputi e merda che puntualmente trovava disseminati sulle scale che la conducevano alla piattaforma, la puzza di piscio a cui ormai non faceva più caso. Nonostante il corrimano che era accanto alle scale sembrasse pulito, Marta non lo toccò, a dire il vero non lo aveva mai toccato, preferì anche quella mattina evitarlo. L'unica cosa che fece di diverso dalle altre volte, fu guardare ciò che c'era intorno a quella vecchia stazione di periferia ormai in degrado. Le poche case popolari, le strade quasi deserte e dissestate facevano da ottimo contorno a quella struttura in ferro e cemento armato, che si ergeva in tutta la sua malinconica bellezza. Era un giorno di Marzo, il cielo era plumbeo, ma a parte qualche repentina goccia di pioggia, il maltempo non era deciso a dare sfogo alla sua furia, nonostante le previsioni meteo avessero presagito forti acquazzoni. Marta era seduta su una panchina, l'unica a non essere completamente arrugginita, forse perché maggiormente riparata. La giovane vide che in lontananza irruppe un raggio di luce, che con violenza superò le barriere delle nuvole e colpii il pendio di una collina. Se non avesse visto lo scasso dietro alla stazione a cui il panorama montuoso faceva da sfondo, quel paesaggio sarebbe stato perfetto. D'altro canto, la perfezione non le era mai andata a genio, per cui aveva sempre provato molta simpatia per quel contrasto.Si soffermò a pensare che quella era la prima volta che faceva caso a tutti quei particolari. Fino al giorno prima, che ci fosse l'arcobaleno o le grigie nuvole, non c'era molta differenza. Oggi invece era tutto così evidente, e Marta si rimproverò per non averlo notato prima, ma era troppo tardi. La decisione era stata presa. Da un po' di tempo quegli orribili binari arrugginiti avevano iniziato ad esercitare su di lei un certo fascino, e questo la spaventò parecchio quando se ne accorse la prima volta, ma col tempo accettò l'idea. Ora era lì, in silenzio, a fissarli. In quella ferraglia arrugginita era racchiuso il dolore e la noia di una vita a cui non era mai riuscita a dare un senso. 

Un papavero tra i binariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora