Il dito tremante che indugiava sul grilletto della sua Calibro 22, la cui canna era appoggiata alla propria tempia, lo sguardo fisso sulla figura che lo specchio rifletteva.
Quello non era lui.
Non lo era da un po'.
La sicurezza nel suo sguardo, il ghigno che poco a poco curvava le sue labbra rosee e piene -al punto giusto per lui- , la follia che ormai aveva preso possesso di tutta la sua mente, il suo corpo, la sua anima.
Stava per premere, finalmente, il grilletto, ma poi si accorse di una cosa; era troppo facile così.
Cosa ci voleva a premere il grilletto e lasciare che il proiettile perforasse la sua carne, il suo cranio?
Era davvero troppo semplice scappare così dai problemi.
La pistola scivolò dalla presa, che credeva fosse salda, ed atterrò con un tonfo sulle piastrelle blu del freddo bagno. Tornò in camera, scrisse un piccolo biglietto e lo attaccò con lo scotch sul calcio della pistola, dopo essere tornato in bagno.
"Codardo" diceva il biglietto.Le dita scorrevano sulla spessa corda beige, annodando un orlo ad un punto più interno, in modo da formare un cappio. L'orlo opposto lo legò al gancio, appena attaccato al muro, e si assicurò che fosse ben saldo. Infilò la testa all'interno del cappio, dopo esser salito sul gabinetto, chiudendo poi gli occhi. Era pronto a fare quel passo, il suo ultimo passo, ma riaprì gli occhi di scatto. Non così.
Si liberò del cappio, che rimase penzolante al soffitto, e tornò in camera. Prese un altro foglietto di carta e scrisse - con la stessa grafia ordinata, ma al contempo confusa- "Poco elegante."
Lo lasciò sul gabinetto.Trovò le sue pillole. Sorrise. Forse, per una volta, gli sarebbero state utili davvero. Sollevò il coperchio bianco e fece cadere nella propria mano qualche pasticca, mordicchiandosi il labbro inferiore lentamente.
"Dalla parte del nemico."
Ecco l'altro biglietto, che attaccò -sempre con lo scotch- sulla plastica arancione del barattolino, che lasciò poi lì, tra le coperte sfatte del suo letto.Avrebbe affrontato la sua paura; il mare. Aveva sempre adorato il mare, quella distesa di cui i suoi occhi sembravano far parte. Un insieme apparentemente infinito di trasparenti goccioline d'acqua salmastra che insieme apparivano agli occhi come blu, il blu intenso che lui adorava del largo, dove l'acqua era più profonda, dove sembrava essere in grado di risucchiarti. O anche l'azzurrino della riva, il cobalto dell'orizzonte, il verde acqua che donava un'aria artistica a tutto ciò. La bianca spuma che si creava quando le onde si infrangevano contro gli scogli duri.
Era davvero sicuro di voler rinunciare a questo?
Era sicuro di volere che il disegno dell'oceano, realizzato anni prima, quando era solo uno stupido ragazzino già problematico, dovesse rimanere ultimo ed incompiuto?
La risposta appariva nitida a suoi occhi, risuonava leggera nella sua mente, batteva contro le pareti di essa per farla giungere con più sicurezza al resto del suo corpo: sì.
Infondo, era sicuro di star compiendo la cosa giusta.Si alzò, si avvicinò ad Ella, dormiente nella culletta, la prese tra le braccia e quasi pianse. Era, però, sicuro che senza di lui avrebbe potuto avere una vita migliore. Tutti i suoi beni erano intestati alla sua ragazza, alle figlie ed alla nipote, che tanto aveva amato. Le aveva amate tutte, le amava, le avrebbe amate sempre. Lasciò un bacio sulla fronte della piccola, che a quel gesto aprì gli occhi ed iniziò a piangere. Lui appoggiò un dito sulle sue piccole labbra e sussurrò uno "shh, non piangere, amore."
Poi si sedette sul materasso, che si abbassò sotto il suo peso, e cercò di guardare la bambina negli occhi, tenendo una mano sul suo cuoricino. Lei, probabilmente, non stava capendo. Ma come avrebbe potuto? Era troppo piccola.-Questo non è un addio, okay? Il tuo papà ti amerà per sempre. Ci vedremo ancora, principessa. Ti amerò sempre, ricordalo. È per il tuo bene e quello della tua fantastica mamma. Vi amo, okay? Io sarò qui, sempre.-
Mormorò, battendo piano una mano sul suo petto, sul cuore, alle ultime parole. Le avrebbe amate per sempre, le avrebbe protette ed avrebbe vegliato su di loro dal piccolo pezzetto di qualunque cosa lo avrebbe aspettato dopo la morte.
Premette nuovamente le labbra sul viso della piccola, sulla sua guancia chiara, in un ultimo, dolce bacio. Sperava soltanto non si dimenticasse completamente di lui.
La sistemò di nuovo nella culletta, coprendola con la copertina rosa ricamata, asciugandosi qualche lacrima che era scivolata via dai suoi occhi.-È un bene che tu non abbia i miei occhi, piccola fata.-
Annuì, prima di ritornare sui propri passi, seguire la propria scelta.
"Les yeux comme la mer.
Je l'aime. Je t'aime. Exscuse moi."Scrisse, posando il foglio, con ad un angolo la matita usata, sulla scrivania in legno bianco.
Doveva dirglielo. L'amava, più del dicibile, del dimostrabile e dell'immaginabile. Nessuno avrebbe mai potuto capirlo. Nessuno avrebbe mai capito che quello fosse solo un atto di insano, ma puro amore.
Non voleva essere trovato, ma lei doveva saperlo comunque.Entrò nella propria Range Rover, quella che a lungo l'aveva accompagnato. La sua ultima corsa.
Il suo ultimo ogni cosa.
Si era vestito bene.
Skinny jeans neri, Sanuk a quadretti neri e grigio scuro, camicia nera firmata D&G, la sua costosa acqua di colonia. Amava l'eleganza, doveva esserlo sempre.
Amava la perfezione sopra ogni cosa, ma, allo stesso tempo, lo faceva sentire impotente ed imperfetto. Ed amava le cose che sfioravano la perfezione senza esserlo davvero, odiava se stesso perché non si sarebbe mai avvicinato a quel concetto.
Arrivò sulla costa.
Si avvicinò alla scogliera.
Guardò in basso, l'acqua a stento quieta.
I piedi in bilico, metà dentro, metà fuori.
Aprì le braccia, quasi fossero ali, e chiuse gli occhi blu. Nessuno li avrebbe più visti, si sarebbero confusi con l'oceano fino a quando non avrebbero perso del tutto il loro colore.
E poi...
Si sporse leggermente in avanti e non ebbe la possibilità di tirarsi indietro.
Neanche l'avrebbe fatto.
Era l'angelo più bello del Paradiso che veniva schiantato giù, nel regno di Ade, dove avrebbe dormito per sempre.
L'angelo senz'ali, l'angelo malato, l'angelo troppo profondo per essere compreso. Troppo misterioso, complesso, troppi segreti, bugie, troppi nodi all'interno di sè. Troppe urla soffocate, singhiozzi sommessi, pianti trattenuti, parole mai pronunciate, suoni mai ascoltati, paesaggi mai ben descritti, pensieri a cui mai ha dato voce.
L'angelo troppo bello per stare lì.
Troppo sbagliato per essere in qualunque altro luogo.
Il tonfo del suo corpo che si scontrava con l'acqua fu tutto ciò che lo accolse e che per ultimo udì."T'amo."
Fu il suo ultimo pensiero.
~~
Altro angst, prima OS.
Spero vi piaccia o me ne farò una ragione.
Vi amo.
Xx, Raven.
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Les yeux comme la mer; Zac Efron, OS.
KurzgeschichtenAlla mia Axl, che mi ispira in qualunque momento. Alla mia Cece, che mi sopporta da mesi e non capisce i miei scleri sulla Sterek. Alla mia Emily, che è sempre lì a spronarmi. Alla mia Laura, che come le altre, è sempre disposta ad aiutarmi. A mio p...