«Due mohito e una birra chiara»
La ragazza allungò le mani sul bancone. Aveva le unghie lunghe, laccate di rosso, le faceva ticchettare sul legno scuro. Amelia le guardò incantata, poi guardò le sue di mani, secche e screpolate, con le dita magre e la pelle bianca, troppo bianca. Un sorriso le increspò le labbra.
«Ve li porto al tavolo?»
«Sì»
Amelia preparò i due mohito con cura. Prima lo zucchero di canna ben pestato con la menta e il lime, poi il ghiaccio. Una mescolata veloce ed erano pronti. Li posò sul bancone e si girò verso la spillatrice, con perizia riempì il boccale di birra. Mise tutto su un grande vassoio nero e con le sguardo cercò il tavolo giusto, quelle unghie lunghe e smaltate di rosso si vedevano lontano un miglio.
Camminò lenta, coi muscoli delle braccia che le tremavano leggermente per la tensione.
Erano già due anni che lavorava in quel pub, ma non si era mai abituata: arrivare al tavolo, irrompere tra le chiacchiere dei clienti e sentirsi i loro sguardi puntati addosso non era tra le cose che poteva dire di ritenere piacevoli.
Ingoiò il desiderio di voler scappare da tutto quello e si avvicinò: al tavolo erano seduti due ragazzi e, in mezzo a loro, la ragazza dalle unghie rosse con le gambe accavallate e i sandali dal tacco alto in evidenza. Scivolò tra le sedie e pose attentamente i bicchieri davanti a loro, poi strinse il vassoio tra le braccia, contro il petto.
«Sono quattordici pound, ragazzi»
Uno dei due ragazzi si infilò le mani nelle tasche dei jeans. Ne tirò fuori una banconota da venti e senza guardare Amelia, gliela diede.
«Tieni pure il resto» disse, la voce profonda e vellutata.
«Sempre a fare lo splendido, Xan!» sghignazzò la ragazza con le unghie rosse.
Amelia alzò lo sguardo, offesa da quelle parole, e si accorse che il ragazzo le stava puntando addosso i suoi grandi occhi neri, con un sorriso da volpe stampato sul viso. Non riusciva a capire se si sentisse in colpa per le parole dell'amica o se la stesse studiando. Arrossì e, con il vassoio sempre più stretto al petto, tornò verso il bancone. Non fece in tempo a rimettere la banconota nella cassa che lui era lì, dietro di lei.
«Ciao»
«Tenga il resto» rispose lei porgendogli le monete.
«Non voglio il resto. È per te.»
«Non ce n'è bisogno. Si figuri»
«Ammiro le ragazze orgogliose, ma ho deciso così. Dai del lei a tutti?»
«Sì»
Amelia si tirò indietro una ciocca di capelli che le era sfuggita sul viso e guardò ansiosamente l'ingresso, quasi sperando che il ragazzo capisse il suo fastidio e se ne andasse. Non fu così. Era ancora lì, continuava a sorriderle. Iniziò a tirar fuori i bicchieri dalla lavastoviglie pur di fare qualcosa, i soldi ancora lasciati sul bancone.
«Sei sicura che non ci conosciamo?»
Amelia fece un cenno di assenso con la testa. Si concentrò sul tatuaggio che spuntava dal collo del ragazzo. Era una ragnatela che si allungava fino all'orecchio, diventando più sottile alle estremità. Il colletto bianco e intonso della camicia ne copriva un pezzo, ma nonostante questo una piccola mosca agonizzante spuntava, intrappolata in quell'intrigo di inchiostro.
«Io sono convinto di sì, invece»
«Senta, mi...»
«Sì, sì, ho capito, devi lavorare. Ma sappi che verrò a cercarti nei sogni...»
«O negli incubi» sussurrò Amelia senza quasi muovere le labbra, convinta che non l'avrebbe sentita.
Eppure il ragazzo, ormai a qualche passo dal bancone, la sentì. Si girò e scoppiò a ridere. Una risata fragorosa che rimbombò tra le pareti di legno scuro di quel pub, che vibrò nelle orecchie di Amelia. Una piacevole scossa la percorse dai piedi fino alla testa, risalendole la schiena.
«Allora negli incubi chiedi di Alexander...»
Amelia sbuffò e continuò a sistemare i bicchieri. Si accorse che le tremavano le mani.
Quando aveva iniziato a lavorare succedeva spesso che i clienti la importunassero, aveva diciotto anni, era inesperta e gli uomini, dopo aver frequentato una scuola tutta femminile, non li conosceva. Col tempo aveva imparato a difendersi, ad allontanare quegli sguardi indiscreti sui suoi capelli rossi come il fuoco, a nascondere il seno sotto maglie accollate, non dava confidenza a nessuno e nessuno la dava a lei. Le stava bene così, era quello che voleva.
Ma gli occhi di quel ragazzo l'avevano turbata. Non ne aveva mai visti di così neri, sembravano il cielo nelle notti senza luna, quel cielo scuro in cui a lei piaceva perdersi. E in quegli occhi lei non aveva letto bramosia, solo un leggero velo di arroganza.
Quando mezz'ora dopo lo vide uscire dal locale senza degnarla neppure di un'occhiata, con la ragazza che continuava a starnazzare attaccata alla sua spalla, un altro brivido le percorse la schiena. Sorrise scuotendo la testa e fissò l'orologio. Era quasi mezzanotte e, per sua fortuna, il lunedì il pub chiudeva proprio a mezzanotte.
«Arthur! Ho pulito tutto, vado» urlò al suo capo che sonnecchiava su uno sgabello poco distante.
«Vai pure» le rispose lui, continuando a sonnecchiare.
Amelia si infilò il cappotto e uscì. Il cielo era nero, nero come gli occhi di Alexander si ritrovò a pensare.
Era una di quelle notti d'estate senza luna, una di quelle notti che le piacevano tanto.
Note
Ciao a tutti. Siamo Arya e Aylen e finalmente pubblichiamo il primo capitolo della nostra prima storia qui su Wattpad.
Speriamo vi piaccia e speriamo di leggere i vostri commenti, siano positivi o negativi. Scrivere è la nostra passione e per questo vogliamo crescere e solo grazie ai vostri giudizi possiamo farlo.
Aggiorneremo ogni martedì con un nuovo capitolo.
Nel frattempo ci trovate su Facebook (Arya Aylen Pride) e Tumblr (http://pridesisters.tumblr.com/) dove troverete foto del cast, anteprime e continui aggiornamenti sulla storia.
Alla prossima! <3
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Amelia, la guardiana dei sogni
RomanceAmelia ha ventun'anni vive in una casa al limitare del bosco, ha i capelli rossi come il fuoco e gli occhi verdi che luccicano di malinconia. Sua madre è morta due anni prima, dopo un lungo calvario, e suo padre non lo ha mai conosciuto. Vive una...