Sotto le mura

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Cap.1 

In un pomeriggio infuocato da giorni di combattimento, Andrea sedeva all'ombra della tenda, ascoltando le proteste del suo stomaco mentre fissava il pezzo di carne salata che teneva in mano. Era duro come il cuoio e ricoperto da chiazze verdastre, l'odore poi, non invitava certo a mangiarlo.

Prese la borraccia e la scosse, ancora pochi sorsi per buttare giù quel pezzo duro e disgustoso. Stava per gettarlo via, quando il suo stomaco brontolò di nuovo:

– Per Dio che fame - borbottò fra sé.

Si guardò intorno, un agglomerato di tende tutte in fila e una più grande al centro del campo. Dopo tre giorni di combattimento sotto le mura di Damasco, erano ancora vivo e l'esercito crociato aveva quasi esaurito le scorte di cibo e acqua. Il fiume era lontano ed era molto difficoltoso poter far rifornimento, ogni volta che un soldato andava a riempire le borracce i saraceni si precipitavano a impedirgli di approvvigionarsi. La frutta e la verdura che non avevano consumato, si erano marcite nell'afa estiva.

La città sorgeva lungo la rotta commerciale che unisce l'Oriente al Mediterraneo, aveva forzieri ben pieni e mercati ricchi di ogni prodotto, la sua conquista era un bottino ben prezioso per i crociati. Una città favolosa seconda soltanto a Gerusalemme.

Andrea Bianchi era un giovane ventenne lombardo partito da Lodi, per unirsi alla crociata indetta da Re Baldovino. Lui un mugnaio e Cavaliere aveva risposto subito alla richiesta di aiuto da parte del Re e si era arruolato ben contento di servire una buona causa.

Dopo un viaggio massacrante sulla nave dove passava più il tempo attaccato alla paratia a vomitare quel poco cibo che riusciva a ingurgitare con difficoltà, finalmente raggiunsero la costa araba. Quando sbarcò e toccò la terra, nel porto di Acri, s'inginocchiò e la baciò ,si fece il segno della croce e offrì una preghiera alla Vergine Maria per essere arrivato in terra santa, sano e salvo.

Entrando nella tenda dell'accampamento del padre, la giovane Mahisa si diresse verso un tavolo con della frutta appena raccolta,prese qualche dattero e si adagiò su un tappeto. Era molto stanca,i combattimenti si erano dilungati.

Guardò la piccola ferita al ginocchio che era quasi cicatrizzata,ricordo il guerriero che gliela aveva fatta,chiudendo gli occhi rivide il suo corpo riverso a terra in un lago di sangue. Combattere per la propria terra,per salvare le proprie usanze,contro i terribili infedeli venuti da lontano,questa era la sua sola ragione di vita.

Mahisa era la terza di 5 figlie femmine,il padre aveva tanto desiderato un maschio,ma Allah non aveva ascoltato il suo desiderio.

Le sue sorelle maggiori avevano preso marito ed erano madri,mentre le piccole erano ancora adolescenti. Mahisa era diversa,sentiva di avere una forza fisica e interiore che le donne della sua famiglia non avevano. Già da bambina seguiva il padre quando andava a caccia di antilopi,ed aveva imparato a cacciare come un uomo,la sua mano era ferma e la mira molto precisa.

Il padre ,era un principe, capo della sua tribù ed era entusiasta di queste sue doti e la riteneva la sua preferita.

Poi erano iniziate le invasioni degli uomini che si facevano chiamare crociati,uomini che in nome di un Dio sconosciuto accampavano diritti su cose che da secoli appartenevano al suo popolo.

Mahisa decise di combattere al fianco dei suoi fratelli musulmani anche a costo della vita.

Il padre aveva accettato la sua decisione con orgoglio e pensava che mai nome era stato più appropriato di quello che avevano dato alla figlia.

Mahisa voleva dire nella loro lingua: colei che cammina con fierezza.

Sapeva che poteva perderla da un momento all'altro,ma il sacrificio della figlia avrebbe aperto le porte del paradiso a lei e tutta la sua famiglia.

Niente era più importante di fare il volere di Allah. 


Nuova alba a DamascoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora