E' venerdì, dovrei alzarmi dal letto ma non ci riesco, il pensiero di dover affrontare una nuova giornata un po' mi annoia, e a prescindere, il letto mi tiene attaccata ad esso come se fosse una calamita. Sento delle urla provenire dal piano di sotto: -"Staciee!", è mia mamma. La sua voce stridula al mattino è peggio del rumore dello pneomautico dei lavoratori del vicino. Affondo la testa nel cuscino, cercando di soffocare quella voce insopportabile, ma inizio a sentire il rumore dei suoi passi venire verso la mia stanza. Apre la porta d'improvviso, poi le finestre, permettendo ai raggi del sole di entrare nella mia stanza. La odio quando fa così, sono abbastanza autonoma, e mi sarei alzata tra qualche minuto. Dopo aver aperto le finestre, e aver urlato un altro paio di volte il mio nome lascia la stanza costringendomi ad alzare dal letto. Sono frastornata, mi giro attorno, ancora seduta sul letto: la mia stanza è un completo disastro. Maglie sparse ovunque, jeans arrotolati come gomitoli di lana e lasciati lì a terra. Dovrei mettere un po' di ordine, giusto per cercare di poter camminare in quel buco di stanza che mi ritrovo. E' iniziata una nuova giornata, non so cosa farò, non l'ho mai saputo. Ho sempre vissuto la mia vita giorno per giorno, a parte durante il periodo del college. La monotonia di quei giorni gravava alquanto sul mio solito stile di vita. Ora che ci penso, è strano svegliarsi e non dover più affrontare tutti quei professori, tutte quelle verifiche. Non ho mai avuto un buon rapporto con i miei compagni di scuola, né tantomeno con i professori, tuttavia un velo di nostalgia mi assale, non riesco a spiegarmi precisamente perché. L'idea di crescere non mi dispiace affatto, anzi. Ma non riesco a trovare una spiegazione logica per la mia nostalgia. Scrollo la testa, cercando di lasciare quei pensieri, e scendo al piano di sotto per buttare giù qualcosa. Mentre scendo l'ultimo gradino, scivolo a causa del lenzuolo che è per terra, ritrovandomi con la faccia sul pavimento: "CAZZO, CHE DOLORE!" urlo con tutta la voce che potessi avere di primo mattino. –"Cos'è successo?" chiede mia madre dal bagno. "Oh nulla, cosa può essere successo? Sono caduta grazie al tuo lenzuolo di merda che hai lasciato sull'ultimo gradino.", le rispondo stizzita. Non risponde, rimane in bagno, forse si starà finendo di preparare per andare a lavorare. Lavora in un negozio vicino casa nostra come commessa, quando sono nei dintorni vado spesso a trovarla, anche solo per sapere come sta. Le voglio bene, e per quanto non lo dia a vedere, mi importa più di chiunque di lei. "Vaffanculo", sussurro a me stessa. Nel frattempo mi alzo, e vado verso il frigorifero per prendere almeno un po' di latte, sempre se c'è. Quando apro il frigorifero vedo soltanto una bottiglia di succo di frutta, del latte nessuna traccia. "Almeno è ace" penso. Prendo un bicchiere e ne verso un po', mentre sto per bere, vedo mia mamma uscire dal bagno:- "Allora Stacie, ora andrò a lavorare, torno verso le 3:00 p.m., mezz'ora di ritardo massimo. In caso avessi bisogno di qualcosa, puoi tranquillamente chiamarmi." Mi avvisa, mentre fa per uscire aggiunge poi:-"Ah, questa qui è la mia carta di credito, e questa è la lista delle cose che devi comprare, mi raccomando."
"Cosa? Spesa? Io? Ti sembro tipa da fare spesa? Puoi scordartelo."
"Stacie, per favore. Sai benissimo che non posso."
"Dai mamma, ti prego."
"ti voglio bene."
"uffa, te ne voglio anche io."
Mi rivolge un piccolo sorrido ed esce, chiudendosi la porta alle spalle. Finisco di bere il mio succo di frutta, sciacquo il bicchiere riponendolo al suo posto. Torno in camera, facendo però attenzione a non cadere. Un pensiero mi ferma.. "IL MIO CELLULARE!"
Non ricordo dove l'ho messo, inizio a buttare per l'aria tutti i jeans, sposto le maglie dalle sedie, mi accascio per terra sperando di trovarlo, ed è proprio sotto al letto. Allungo una mano per prenderlo, e trovo alcuni messaggi in sospeso, nulla di importante, risponderò dopo. Lo rimetto sulla scrivania, e apro l'armadio per trovare qualcosa di decente da mettermi. E' un po' difficile prendere le cose dal mio armadio, potrebbe cadermi tutto addosso, dato che è tutto sotto sopra. Riesco a prendere un jeans nero, con un piccolo straccio sul ginocchio sinistro, una maglia di filo a tre quarti, abbastanza larga, color carne, un giubbino di jeans altrettanto largo, gli faccio qualche risvolto ed infine prendo le mie solite converse nere. Vado in bagno, sciacquo un po' la faccia con l'acqua fredda. Ho sempre amato il contatto con essa, mi da un senso di freschezza, e per quanto possa sembrare strano, anche di forza. Metto tanto mascara per mettere in evidenza ancor di più il colore verde smeraldo dei miei occhi, e, avendo delle labbra carnose, decido di mettere un rossetto rosso, per accentuarle ancora di più. Lego l'ammasso di capelli neri in uno chignon, esaltando un neo posto leggermente sopra la guancia. Torno in camera per riprendere il cellulare, promettendo a me stessa di dare una sistemata alla stanza al mio ritorno. Scendo poi giù, prendo la carta di credito e la lista della spesa, e mentre sto per uscire, sbuffo un paio di volte. Odio fare la spesa, odio prendere ordini, a prescindere dalla persona che sia. Tuttavia, esco fuori casa, e prima di chiudere la porta, ricordo di dover prendere le chiavi. Ringrazio al cielo per essermelo ricordata, altrimenti sarei rimasta fuori al mio ritorno, dato che mamma le ha lasciate a me. In momenti come questi mi manca mio padre, ora è al lavoro: cuoco sulle navi da crociera. Quando c'è lui, non devo badare alla casa, e non devo pensare a fare le varie commissioni che la mamma non riesce a fare. Mi dirigo verso il centro commerciale più vicino a casa mia, purtroppo sono priva di qualsiasi mezzo, quindi sono costretta ad andare a piedi. Durante il tragitto, non penso a nulla, riesco soltanto a godermi quel leggero venticello simile ad una brezza marina, che mi sfiora la pelle. Inizio a canticchiare le parole di una canzone, e quello che prevedevo 'noioso' in realtà è stato molto piacevole. Arrivata al centro commerciale, vado verso gli alimenti, comprando tutto ciò che c'è sulla lista: latte, uova, cereali, formaggio, pomodori, insalata, e altre cose. Prendo tutto, e vado alla cassa per pagare. La cassiera è abbastanza gentile, almeno così sembra. Metto tutto nelle buste, e ritorno a casa, dove mi sdraio sul divano, e guardo un po' di TV. Non c'è nulla di interessante, come sempre. Decido di rispondere ai messaggi che avevo rimasto in sospeso, e chiamo mamma per avvisarle di aver comprato ciò che mi aveva chiesto. Gironzolo per la casa, cercando di trovare qualcosa da fare, ma nulla.
E' tutto così noioso. Prendo di nuovo le chiavi di casa ed esco per fare un giro tra i negozi della città. Ci sono parecchie cose carine, in particolare mi attira un negozio che ha aperto da qualche mese, così decido di entrare. E' abbastanza grande, ci sono parecchi vestiti da vedere, soprattutto del mio genere. Faccio un giro, e prendo ciò che trovo più interessante, solo degli articoli non ho potuto prendere, dato che manca la mia taglia, "che odio" penso. Mi dirigo verso il camerino, che fortunatamente è vuoto. Di solito devo aspettare le altre persone che finiscono di provare. Provo un jeans modello capri, semplice, e vari maglioncini e maglioni, poi un vestitino nero, lungo quasi fino al ginocchio, nulla di troppo vistoso, non è nel mio genere. Ritorno nei miei panni, e vado verso la cassa per pagare con la carta di credito di mia mamma. Non ne sa nulla, ma la cosa non mi preoccupa particolarmente, infondo io ho fatto un favore a lei, e lei a me. Suona abbastanza bene come scusa. Purtroppo c'è la fila, quindi dovrò aspettare..
STAI LEGGENDO
You're under my skin
RomanceStacie ha appena finito gli studi del college e può ritornare a fare viaggi privi di una destinazione precisa, senza doversi preoccupare dello studio. Stacie è uno spirito libero, introversa, a tratti lunatica. Vagabonda alla continua ricerca di se...