1° chapter- hide your feelings

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Nordwich, 11 novembre 2007

Ero seduta sul tappeto nel piccolo soggiorno di casa mia, le urla del telecronista mi informavano che la squadra che tifava mio padre stava perdendo 1-0, mio padre era seduto sul divano di pelle nero alle mie spalle e incitava la sua squadra -Papà, perché urli? Tanto non ti sentono.- chiesi confusa, lui posò i suoi occhi neri come pece su di me stupito, come se si fosse accorto della mia presenza solo ora. Mi sorrise e mi sollevò per poi posarmi sulle sue ginocchia -Se tu gridi, forse Dio ti ascolta e esaudisce i tuoi desideri, Jo e io in questo momento desidero che la mia squadra vinca.- -Ma la mamma quando va in chiesa non urla per farsi ascoltare da Dio.-

-Ti sei mai fatta dire dalla mamma per cosa prega?-

-No.-

-E allora come fai a sapere che si sia realizzato?-

-Non posso.-

-E allora urla con me Jo, che se vince la mia squadra ti faccio un bel regalo.- urlai fino a perdere la voce.

Nordwich, 7 marzo 2016

Mi svegliai presto. Non ero tipa da fare ritardo a scuola, ero abbastanza mattiniera e appena la sveglia puntata alle 6.30 suonò io saltai giù dal letto. La casa era silenziosa, segno che ero l'unica persona in piedi. Sgattaioli nella camera di mio fratello James, lui dormiva con la bocca aperta e una mano intrecciata tra i suoi capelli corvini, sottili e lisci come i miei. Spalancai l'anta dell'armadio destinata alle t-shirt e tirai fuori la prima della pila, rigorosamente nera come del resto tutte le altre.

Entrai in bagno e lo specchio posizionato proprio difronte a me catturò la mia immagine. Avevo imparato con gli anni ad accettarmi, nonostante non mi ritenessi bella avevo stabilito che ero particolare: sicuramente non assomigliavo a nessuna modella o attrice, tranne che a quella che interpretava Mercoledì Addams. I miei capelli erano una massa non troppo folta che ricadeva sulle spalle in un drappo di velluto nero nettamente in contrasto con la mia pelle cadaverica, talmente chiara che lasciava intravedere i blu delle vene fino al gomito. Gli occhi neri come carboni erano grandi e allungati ed erano incorniciate da corte ciglia nere e dritte e sovrastati da spesse sopracciglia.

Appena sentii che ormai tutta la famiglia era riunita al piano disotto scesi anche io. James era appoggiato alla penisola della cucina con in mano una tazza di caffè fumante, l'altro mio fratello, Jake si trovava alla sua destra. Jake era il più grande, aveva 21 anni e era l'opposto di me e James: aveva gli occhi chiari e i capelli ricci, anche se erano comunque scuri: il segno distintivo della nostra famiglia. Anche in fatto di gusti Jake era molto diverso, forse perché essendo più grande non poteva indossare le magliette stampate o forse semplicemente perché era un tipo noioso e come tale doveva portare sempre camicia e maglioncini dei colori più disparati. Presi un sorso di caffè di James -Devi smetterla di rubarmi cose, Jo-Jo.- non era arrabbiato, me lo disse con una vocina mielosa e calma, guardandomi prima le labbra attaccate alla sua tazza e poi la maglia. Sentii qualcuno tossire e mi girai a guardare mio padre che si stava dando colpetti al petto, il liquido marrone sparso sul tavolo della cucina -Joceline Murray cosa cazzo ti sei messa?!- tuonò lui rileggendo mille volte la scritta sulla t-shirt -John!- lo sgridò mia madre -Leggi Holland!- mia madre Holly si girò e esplose in una risata contagiosa -I love my 2 gay dads?- si andò a sedere sulle ginocchia di mio padre che cercava di tenere il broncio, ma il sorriso meraviglioso e senza età di mia madre gli fece schizzare gli angoli della bocca verso l'alto. -Holland.. Holly.. mia cara, potresti dire a Jo di cambiarsi?- cercò di addolcire la voce -non c'è tempo, poi fa tardi a scuola, ciao!- mi prese per la manica della maglia e mi trascinò verso la porta -James! La giacca di jeans?- gridai -Intendi la MIA giacca di jeans?- mi rispose lui dalla cucina -No, intendo la NOSTRA.- mia madre ridacchiò mentre frugava nella borsa in cerca delle chiavi. Sentii James sbuffare -sta sull'attaccapanni.- lo presi e uscii soddisfatta.

Era un comunissimo lunedì mattina. Nordwich si era già svegliata e le strade erano popolate già da troppe macchine. Mamma accese la radio e iniziò a cantare canzoni a squarciagola senza realmente sapere il testo, cambio stazione radio e come ogni mattina inizia la guerra. Parte la nuova canzone dei Coldplay che viene subito interrotta da mia madre che cambia, spulciando canale per canale alla ricerca di qualche canzone che le piaccia. Appena molla il bottone, mi ci attacco io, sperando di ritrovare "Hymn for the weekend", quando la trovo e sento le ultime note finali mi viene voglia di urlare, mia madre cambia e.. la radio si inceppa sulla stazione della chiesa.

Esco finalmente dall'auto, le casse intonano l'amen finale e io mi affretto a chiudere la portiera. Mi guardo in torno in imbarazzo ma per fortuna nessuno sembra aver sentito. Intravedo una chioma rossa e mi fiondo a salutare la mia amica. Chelsey mi regala un sorrisone, mostrandomi gli incisivi leggermente staccati l'uno dall'atro -oggi veniamo da te.- esordisce -ah, buono a sapersi, tutti?- lei fa un rapido calcolo mentale e poi risponde -io, Helen, Jonathan, Harriett e Ed, il mio Ed! Ieri sera siamo stati a parlare 34 minuti al telefono.- i suoi grandi occhi verdi brillavano -immagino che discorsi profondi avrete affrontato.- Edmund era mio amico, ma non brillava di intelligenza, in più lui e Chelsey sembravano fratelli, entrambi con una zazzera color carota in testa e una cascata di lentiggini sul naso -ne vale la pena, Chel?- decido di affrontare il discorso, mentre ci avviamo all'entrata della scuola -Sì, mi piace dalla prima media, è stato la mia prima cotta Jo e anche se so che se ci lasceremo il nostro gruppo andrà in frantumi sono pronta a rischiare.- -Sei anni sono un mucchio di tempo, lo capisco, ma la nostra amicizia va avanti dall'asilo, tu cosa diresti se io fossi innamorata di Joe?- Chelsey non ci pensò nemmeno, scoppiò in una chiassosa risata che fece girare un gruppetto di ragazzi davanti a noi -Ma voi due siete come fratelli!- -è proprio questo il punto, anche tu e Edmund lo siete.- non disse più nulla. Entrammo in classe e ci mettemmo a sedere ai nostri posti, l'insegnate era già lì, seduta sulla cattedra intenta a squadrare i suoi alunni dalla testa ai piedi. Il posto vicino al mio era vuoto. Solitamente a Economia la mia compagna di banco era Helen ma questa mattina non si era svegliata.

La professoressa iniziò a insultare qualcuno a caso, come suo solito, tanto per iniziare bene la giornata e io mi rilassai sul banco, anche oggi non aveva scelto me come suo sacco da boxe su cui scaricare la sua frustrazione sessuale.

Non vedo l'ora di stare con i miei amici, anche se so che questa volta sarà diversa dalle altre. Con Ed e Chelsey che si lanceranno occhiatine di nascosto e Harriett che starà tutto il tempo a mandare messaggi al suo nuovo ragazzo non è più come quando in prima media rubbammo le scarpe col tacco alle nostre mamme e le facemmo indossare a Joe e Ed ed improvvisammo una sfilata nella casetta dietro casa mia, il nostro ritrovo. Oppure quando avevamo visto un film horror e Harriett aveva paura di tornare a casa e dormimmo tutti lì sul pavimento. Siamo una famiglia, una famiglia senza difetti che sta per essere distrutta.

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