Finalmente, sono riuscito a prendere una Chiamata. Era anche ora, porca miseria: mi vengono sempre soffiate da quel deficiente di Murphy, e nessuno gli dice mai nulla. Credo che Maurice, la segretaria, gliele passi apposta. Ma come biasimarla: fa sempre il ruffiano con lei, portandole mazzi di crisantemi, garofani e calle ogni qualvolta sua sorella gliene porti al cimitero, e Maurice, poverina, non riesce a resistere. Prima non deve aver avuto molti spasimanti, e ricevere attenzioni adesso basta ed avanza a farle piegare qualche regola.
Ma andiamo per ordine: prima di tutto, una Chiamata è quando... quando... un fantasma, ecco, viene invocato in qualche modo. Di solito basta qualche medium particolarmente abile, o comunque qualcuno di sensibile che abbia avuto delle esperienze di pre-morte. Le Chiamate più comuni sono quelle tramite le tavole Ouija, perché c'è sempre qualche ragazzino scemo che, ignorando gli avvertimenti della madre, mette le mani su una di quelle - non che funzionino tutte, sia chiaro, ma non chiedetemi cosa faccia funzionare quelle che lo fanno, perché non lo so. A me hanno sempre messo i brividi, ma ora le adoro: sono uno dei miei unici passepartout per trovare svago e uscire, quando riesco, da questa zona. Perché, intendiamoci, questa zona è piuttosto un mortorio.
Sto per imboccare la porta d'uscita numero 665 ( quella dopo se l'è accaparrata Murphy - al solito, quello stramaledetto dannato... ) e, come al solito, la luce mi colpisce in volto, senza però ferirmi gli occhi. Ci sono abituato. La volta più traumatica fu la prima, poco dopo essere morto, quando Loro mandarono una giovane Valchiria a prendermi. Qui comandano 'Loro', e li chiamano tutti così più perché non sappiamo chi cavolo siano di preciso che per riverenza. La speculazione che va per la maggiore li vede come gli Angeli del Cristianesimo, ma la Valchiria mi ha portato a pensare altrimenti. C'è anche chi pensa che siano una sorta di Men In Black o qualcosa del genere. Dato il colore regnante, direi che Men In White sarebbe più adeguato.
Per quanto riguarda la Valchiria, ho bisogno ancora di qualche minuto per riprendermi. Capitemi, è stata un'esperienza traumatica, e rievocarla equivale a riaprire vecchie ferite. Datemi un attimo.
Dicevo. La luce. Essere abbracciato da quella luce candida e rassicurante mi fa tornare in mente come voi, al di là del Quarto Muro, non abbiate ancora la più pallida idea di chi io sia. Perfetto. Egocentrismo alle stelle. Neppure mi conoscete e già parlo a sproposito - fossi in voi, chiuderei la finestra. No- no, non quella della stanza. ... Lo so che hai guardato la finestra della stanza. Lo so. Non mentire e vai avanti, prima che capiti un altro malinteso. Più che altro, c'è bisogno di un flashback prima di poter andare avanti - tutta colpa della burocrazia che domina in questo posto, fosse per me potreste persino saltare questa parte. Mi dispiace.
In vita, ero stato un ragazzino come tutti gli altri: ero nato e vissuto a Trenton, la capitale del New Jersey, terzo del branco di cinque figli messo su dai miei genitori. La peculiarità che più saltava all'occhio era il mio fisico piuttosto mingherlino, poco portato per gli sport, purché non avessi mai provato ( eccezion fatta per le ore obbligatorie di educazione fisica a scuola, s'intende, durante le quali venivo sempre scelto per ultimo nei giochi di squadra - ispiegabilmente, aggiungerei ). In effetti mi piaceva il baseball, ma io ero più tipo da mettere su il banco delle scommesse dietro gli spalti che andare in campo a giocare, guadagnandoci qualche soldo senza farlo notare agli scommettitori di turno.
Per il resto, ero nella media: voti nella media, faccia nella media, persino un carattere nella media. Mi duole ammetterlo, ma ero sotto alcuni punti di vista omologato ai miei coetanei, sia per le spedizioni sotto le sedie delle ragazze con le gonne nella mia classe che per i giornaletti nascosti sotto il letto. La differenza è che non mi sono mai fatto beccare, in qualche modo - o, beh, quasi. Uno schiaffo in faccia l'ho ricevuto, ma non conta, dato che Tiffany Johnson non aveva forza nelle braccia a sufficienza e non mi fece male, quella volta. In ogni caso, ero piuttosto benvoluto dai miei conoscenti. Avevo una cerchia di amici scarna, e una di nemici ancora più magra. Non mi mettevo nei guai, non fumavo né facevo a botte fuori da scuola.
Un giorno, decidemmo di uscire e andare tutti assieme a giocare a bowling. Sapevo ci sarebbe stata anche Tiffany, così mi misi tutto in ghingheri, tirandomi a lucido come non accadeva dall'ultima foto di Natale, quando mia madre mi costrinse a mettere giacca e papillon e ad ingellarmi i capelli fino a dare l'impressione d'aver fatto il bagno in una friggitrice del McDonald's. Quel giorno, rimediai un misero e castissimo bacio sulla guancia, ma me lo feci bastare. Dopotutto, era un inizio. Allo stesso tempo, però, era la fine della serata: si era fatto buio, e non avevo tenuto conto del fatto che sarei dovuto tornare a casa da solo, a piedi.
Il viaggio avrebbe richiesto una trentina di minuti, dato che non abitavo così tanto lontano. Così, m'incamminai: conoscevo il tragitto a memoria, avendolo percorso più volte, e camminavo con gli auricolari nelle orecchie ed i pensieri fitti fitti a rimembrare la bella serata appena trascorsa. Ero, insomma, disattento.
Le strade, a quell'ora e in quella particolare zona di Trenton, erano desertiche, così mi permisi di camminare con flemma. Credo che ad un certo punto stessi anche fischiettando, ma non ne sono sicuro. Poche finestre delle case colorate erano illuminate, e se lo erano, finivano d'esserlo nel giro di qualche minuto, segno che la famiglia stesse andando a letto. Mancavano due isolati perché arrivassi a casa, e da lì mi sarei buttato a fare una doccia veloce - mentre mangiavamo a Tiffany era caduta della Coca Cola sui miei pantaloni, che fortunatamente non aveva creato una macchia troppo imbarazzante, ma era comunque filtrata oltre il tessuto e mi rendeva appiccicosa la gamba, costringendomi ad un'andatura ridicola - e poi sarei andato a dormire. Già gustavo il tepore delle coperte addosso e, come di riflesso, mi strinsi nelle spalle, colto da un brivido di freddo improvviso mentre attraversavo la strada, un sorriso idiota e sognante stampato sulla bocca.
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Dall'Altra Parte: la sfiga di Eric Sullivan.
SpiritualQuella della Morte è una questione aperta sin da quando gli uomini cominciarono a litigarsi le caverne e le donne ad insultarsi bestiame e raccolto, la questione più spinosa da affrontare con il figlioletto di cinque anni che ha appena visto Hachiko...