Capitolo II: Marco

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Anche quel pomeriggio Marco raggiunse lo studio.
Ciò che contraddistingueva quell'uomo era l'eleganza e la giovane età , sulla trentina circa.
Aveva molto fascino, le donne non potevano far a meno di lanciargli occhiatine furbe.
Tutte erano attirate dagli occhi azzurri, la barba che sembrava un po' incolta ma pur sempre curata e dai capelli sempre tirati leggermente indietro.

La mattina la sua occupazione era insegnare in una scuola le scienze umane (psicologia, pedagogia, antropologia e sociologia).
A pomeriggi alterni lavorava in uno studio di psicologi e psicoterapeuti.

Mentre salutò la segretaria tirò fuori le chiavi dalla valigetta e per caso posò l'occhio sulla mano sinistra.
Aveva ancora quella fede che gli ricordava che è stato sposato.
Un tumore al seno ormai andato in metastasi gli portò via la moglie 1 anno fa.

Non riusciva ad andare avanti.
Nonostante il tempo, insisteva nel portare quella fede.
Era come un coltello che continuava ad aprire una ferita.
Scelse lui di continuare a portare quell'anello, voleva continuare a provare qualcosa oltre la profonda sensazione di vuoto.
Aveva la pelle dura ma quella fede, come una lama, poteva essere molto più forte. Poteva arrivare in profondità.
Stava trovando consolazione nel posto più strano, tra un dolore più o meno grande e un altro.
Tutto ai suoi occhi stava diventando vuoto ma quella fede gli faceva ricordare il giorno del loro matrimonio.

La guardò negli occhi e disse "si lo voglio".
Non aveva mai provato un' emozione così grande, mai nessuna donna lo rapì come Aura.
Quegli occhioni azzurri e i capelli biondi mossi dal vento lo rapirono, le labbra delicate con una leggera forma a cuore gli faceva venire voglia di baciarle.
Quando si scambiarono le fedi il sorriso che fece Aura invase Marco in ogni fibra del suo corpo.

Noi doniamo ben poco quando diamo ciò che possediamo. È quando doniamo noi stessi che diamo veramente.
Lui aveva donato a sua moglie ogni singola parte di se, ogni sentimento, ogni battito del suo cuore.

Il bussare alla porta lo fece ritornare alla realtà, di nuovo quella sensazione di vuoto lo pervase.
-"entra prego" disse con voce addolcita.
Quella ragazza aveva il nome della moglie, le ricordava così tanto la sua Aura con quegli occhioni blu.
Conobbe la ragazza attraverso sua mamma.
All'udire quel nome, Aura, dentro di lui si scatenò il caos.
Accettò subito di vedere quella ragazza.
Alla prima seduta Aura si presentò con un gesto di saluto con la mano e lo sguardo basso, era così magra e pallida.
Andando avanti le diagnosticò , con l'aiuto di psichiatri, il Disturbo Borderline.
Ricordava perfettamente come il mondo le cadde addosso, pianse per ore, iniziò ad incolparsi per ogni persona che si era allontanata dalla sua vita.
Da lì iniziò il percorso che tutt'ora stanno portando avanti.
Ogni volta che vedeva quel viso in lui riaffioravano ricordi di sua moglie.
Marco aveva bisogno di Aura per non dimenticare.
Fece sdraiare la ragazza e le chiese della sua giornata, rimase lì ad ascoltare immerso nella sua voce.
Un ragazzo l'aveva finalmente distratta, era riuscito ad attirare la sua attenzione.
Sembrava quasi che lei avesse accennato un sorriso, parlò poi di una ragazza e quel sorriso se ne andò.
Percepì qualcosa che non andava negli occhi di Aura, disse:" Sai Aura, tutti aspiriamo alla felicità, ma, quanto a conoscerne la via, brancoliamo nel buio. È così difficile raggiungerla, più ci affanniamo a cercarla più ce ne allontaniamo.
Perciò dobbiamo avere innanzitutto ben chiaro ciò che vogliamo, dopodiché cercheremo la via per arrivarci, qualunque essa sia.
So che l'amore ti spaventa, ma potrebbe anche essere una cura a tutto questo. Cerca di prendere a cuore ogni momento e valorizzalo di più perché lo hai condiviso con qualcuno di speciale."
Marco credette in quelle parole, ma il suo turno per la felicità l'aveva perso.
È difficile perdere chi si ha scelto.

Quella sera fu più straziante del solito rientrare in casa, ogni cosa sapeva della sua amata Aura.
Ebbe l'impressione di vederla camminare dal salone alla cucina, rimase immobilizzato davanti alla porta.
Un freddo intenso gli penetrò nelle ossa, lo fece cadere a terra.
Una mano gli accarezzò la spalla e una voce familiare gli disse:" cosa ci fai a terra, alzati e reagisci."
Marco si stava lasciando andare, tutta la sua vita gli stava scivolando via dalle mani.
Il dolore non guarda in faccia nessuno, ti assale da dentro con una morsa allo stomaco e ti trascina via.
Marco sentì ancora quel freddo penetrante e le lacrime iniziarono a scendere, gli bagnavano le mani poggiate a terra.
Ancora una volta sentì quella voce, alzò lo sguardo e vide una figura indistinta davanti a lui:" Il tempo scorre Marco, ricorda il tempo non aspetta nessuno, il tempo fa scorrere vite. Lavora come se non avessi bisogno di denaro, ritorna ad amare come se non fossi mai stato ferito e balla come se nessuno ti stesse guardando. Alzati e reagisci insieme a me. "
Improvvisamente chiuse ed aprì gli occhi e come se nulla fosse si trovò in piedi ancora con le chiavi in mano. Il cuore però batteva come se avesse terminato una corsa sfiancante.
Lo sguardo si posò su delle fotografie sopra il mobile in salone, lasciò la valigetta accanto alla porta e si avvicinò ad esse.
Prese la più bella, una foto in cui la sua Aura sorrideva , un sorriso rubato dalla fotocamera mentre rideva per una battuta.
Un sorriso dura un attimo ma nel ricordo può durare in eterno.
Una mano delicata si posò sulla sua spalla, lui strinse quella foto al petto e sorrise, disse:" Grazie Aura, grazie amore mio. "
Marco riprovò quella sensazione di vuoto incolmabile.
Il suo tempo per la felicità terminò quel giorno in ospedale insieme ai battiti di Aura.

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