Una brezza, furiosa e gelida, le scompiglió i capelli, e Caitlin Snow seppe che lui era tornato. Non dovette nemmeno fare lo sforzo di voltarsi per capire che si era fermato al centro della stanza, privato della maschera, intento a fissarla con quel suo sguardo da invasato.
"Caitlin" la chiamó. In una sorta di riflesso, la giovane dottoressa s'irrigidì. Immobile, si limitó a comprimere le labbra per fargli intendere che, no, lei non avrebbe parlato con lui.
Hunter le aveva privato dell'ultimo brandello di sanità che era riuscita a conservare dopo la perdita del suo grande amore, Ronnie. Fingendosi Jay Garrick, Hunter aveva piantato in lei il seme della speranza -per un avvenire migliore, pieno di amore e serenità- per poi essersi divertito ad innaffiarlo con la sua sceneggiata da eroe decaduto, fino a strappare via quel gambo che timidamente era riuscito a crescere, e che in lei aveva tanto faticato a resistere.
Caitlin sentiva freddo. Un freddo che non aveva niente a che vedere con la temperatura della prigione in cui era costretta, ma con qualcos'altro che andava oltre la sua pelle, oltre ogni nervo, muscolo od osso che la costituiva.
Per un allucinato attimo non poté fare a meno di chiedersi se Killer Frost non fosse già nata in lei. Ella scosse la testa, spazzando via quell'assurdità con un cenno del capo.
Non lasciarti sopraffare. Devi rimanere lucida.
"Cait, parlami."
Lei obbedì, perché stremata. La sola presenza di Hunter la prosciugava di qualsivoglia energia.
"Ho solo una cosa da dirti, e non penso sia quello che tu voglia sentirti dire."
"Mettimi alla prova."
Cailtin alzó il mento, guardandolo dritto negli occhi.
"Liberami."
Hunter inclinó il capo di lato, squarciando il suo bel volto in un'espressione contrita, spiacente. Era un attore incredibile, pensó disgustata Caitlin, perché stava simulando un dolore autentico. Quasi fosse davvero mortificato per ció che le stava facendo.
Di ció che stava facendo a tutti loro.
"Potrai essere libera solamente dopo. Quando avró conquistato tutti i mondi possibili. Li piegheró sotto il mio dominio, e l'intero multiverso sarà mio. Nostro."
"Tu... tu sei folle."
Caitlin era inorridita. Agitó le catene che la tenevano ferma per i polsi, fremente di cambiare posizione, sgranchirsi le gambe, sentirsi libera di muoversi.
"La follia ha i suoi vantaggi." Hunter aveva pronunciato quelle parole girandole in tondo; somigliava ad una tigre intenta a sferzare l'aria con la coda. La dottoressa seguì i suoi movimenti lenti con occhi sbarrati, intimorita.
Non era un mistero che Hunter fosse un soggetto imprevedibile, senza scrupoli, capace di ogni crudeltà. Il fatto che lui le aveva confessato non volersi mai più sentire solo non costituiva una garanzia per la propria incolumità. Tutt'altro; se lo avesse fatto uscire fuori di senno, Caitlin era sicura che lui l'avrebbe uccisa proprio come aveva fatto con il suo doppio.
Riusciva ancora ad avere quell'immagine davanti agli occhi. Killer Frost, trafitta con la stessa lancia di ghiaccio che aveva creato, giacere ai piedi di Zoom... era la scena madre dei suoi incubi.
"Se davvero mi ami" disse e si obbligó a non storcere la bocca, "allora fammi tornare a casa, Jay. Dai miei amici."
Lui si fermó ai piedi del letto in cui lei sedeva. La guardó come se avesse proposto la più folle delle richieste e poi, in un modo del tutto inaspettato, scoppió a ridere. La risata fu breve, secca e altamente derisoria.
"Quali amici, Cait? Vedi per caso qualcuno fuori da questa miniera pronto a salvarti?"
"Hai tolto la velocità a Barry, i portali son..."
"Cosa? Davvero pensi questo di te? Davvero pensi che tu non valga il rischio di venire fin qui per provare a portarti a casa, pur senza nessun potere?" la interruppe, l'ilarità di pochi secondi prima spazzata via da un'espressione più serie e determinata. Il suo cambio repentino di temperamento faceva girare la testa a Caitlin.
"Jay..." fece ma la voce di lui si accavalló nuovamente su quella fragile di lei.
"Hai così poca considerazione di te stessa? Oppure hai poca stima nei tuoi amici?"
Oh, era molto astuto. Sapeva perfettamente cosa lui stava cercando di fare. Voleva convincerla che fuori da quelle mura la sua assenza non importasse a nessuno. Che la sua libertà non fosse una priorità. Che i suoi amici -la sua famiglia- avessero già issato bandiera bianca, lasciandola in balia del suo triste, ineluttabile destino.
"Verranno. Troveranno un modo. Sai che sarà così" ribatté e si riscoprì commossa. Perché la sua voce si era spezzata? Perché, al centro del suo petto, ora avvertiva il peso opprimente di una sensazione a cui non riusciva a dare un nome?
Possibile che Hunter avesse smosso qualcosa in lei?
Cailtin chiuse gli occhi, fiacca.
Non mangiava, né beveva da ore. I giorni si susseguivano scanditi dai continui andirivieni di Zoom, e dai colpetti secchi -quasi fossero un codice da decifrare- dell'uomo con la maschera poco più in là. Aveva perso la cognizione del tempo. Avrebbero potuto dirle di essere in quella caverna fredda e buia da anni, e lei non si sarebbe azzardata a controbattere.
Il suo corpo era al limite della sopportazione, ma anche la sua mente.
Era per questo che aveva accusato le farneticazioni di Hunter. Non perché stesse dubitando davvero del suo team. No. No. Certo che no.
Quando la dottoressa Snow riaprì gli occhi, sussultó. Il suo carceriere aveva approfittato del rumore dei suoi pensieri per muoversi senza farsi sentire e quindi avvicinarsi a lei. Era chinato sui talloni, a un centimetro dalla sua faccia, e la fissava.
"Vorrei mostrarti una cosa", le confessó e le sue parole parvero annunciare un che di terribile. Caitlin non riusciva a staccare gli occhi da quelli di lui; gli stessi occhi che un tempo aveva amato. Così azzurri che aveva scioccamente creduto di averci scorto un'anima altrettanto pura e limpida. Come aveva potuto una scienziata intelligente come lei essere stata abbagliata dall'irrazionalità dei propri sentimenti?
Hunter accarezzó le sue catene. Parve soppesarle, parve riflettere sul da farsi.
Cailtin rabbrividì, in attesa.
"C'è un mondo che vorrei mostrarti."
Fece scorrere una mano sull'acciaio; poi strinse la presa e attiró Cailtin a sé. Lei sobbalzó sul posto, suo malgrado sporgendosi ancora di più verso di lui. Era sul bordo del letto, a un passo dalle sue labbra.
"Non pensare che io provi piacere a vederti così."
"Sì che lo provi", la sua ferocia ribollì, "perché tu, Hunter Zolomon, sei un mostro."
Egli strizzó gli occhi, incassando la testa tra le spalle come sei lei l'avesse colpito fisicamente. Se ne era accorta; Caitlin sapeva che la parola 'mostro' era capace di far rivivere demoni provenienti dal passato nella sua testa. Era la sua unica arma, quella.
Poi Hunter riusciva puntualmente a scacciarli, e a tornare lucido.
"Tu sei come me" sussurró quasi avesse ascoltato i suoi pensieri, "l'oscurità che hai dentro, non ancora pronta ad emergere, ci rende uguali. Lascia che ti mostri come farla vivere in te."
Cailtin non poté ribattere.
Un battito di ciglia, il tempo di mostrarsi perplessa, e Hunter l'aveva strappata via dalle sue catene.
Trasportandola in un'altra dimensione.