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L'immagine riflessa nello specchio mi racconta di quel che è appena accaduto. La camicia è macchiata, la fantasia floreale non può confondere il caffè che ci ho versato sopra. A dire la verità, sono caduta io sul caffè. Ma come avrò fatto dico io, come può essere successo di inciampare sul mio stesso piede! Lo sapevo che non avrei dovuto accettare di aiutare Katherine! Sono andata al suo posto, in quel castello di vetro che è il quartier generale della Grey Enterprises Holdings Inc. ed ero nervosa, chi non lo sarebbe stata! Sono entrata, ho seguito la segretaria che mi ha condotta nell'ufficio dove avrei incontrato il capo per l'intervista, fino a qui tutto bene, tutto secondo i piani insomma! Ma il mio cuore mi spaccava già il petto, ancor prima di varcare la soglia della porta e inciampare, come la più stupida delle stupide, sul mio piede incerto. Il caffè sulla moquette, i fogli dell'intervista sparsi in giro, e il signor Gray che, con la sua segretaria, mi ha aiutata a rialzarmi. Quante risate si saranno fatti! Forse sono ancora lì, a discutere di quanto imbranata sia "la ragazza dell'intervista". 

Una volta in piedi mi sono accorta di quanto bello fosse quel ragazzo davanti a me. Mi sono imposta una certa professionalità, nonostante non sia una giornalista e nonostante il mio ingresso nel suo regno. Lui mi ha guardata e non ha sorriso, non ha fatto una piega, è rimasto impassibile. Mi ha fatto accomodare, ha guardato un attimo a terra, la macchia di caffè evidente sul pavimento, mi ha detto di non preoccuparmi, che la sua segreteria si occuperà di tutto. Io ho iniziato con le domande, stupide, maledette domande idiote e poco intelligenti, quelle che un qualsiasi giornalista poteva scegliere per farsi raccontare qualcosa. Ha risposto con gentilezza. Mi sono sentita incompetente, lo sono in realtà perché non sono una giornalista. Gliel'ho detto, ho svelato fin dall'inizio che io sono solo una portavoce per conto di un'altra, la mia migliore amica. Ci stiamo per laureare entrambe, nell'università in cui un corposo finanziamento appartiene proprio a quel meraviglioso uomo di cui ancora mi sento addosso gli occhi, il loro colore che non sono riuscita a decifrare e che non so descrivere.

Tutto è finito in ascensore, quello che mi ha riportato a terra. Mi ci ha accompagnata e prima che si chiudessero le porte, ha pronunciato il mio nome, così pure io. Magari non lo ha sentito, magari non ha fatto in tempo, insomma un milione di congetture si sono fatte largo. Mi ha guardata come nessuno ha fatto mai e io ho lasciato un pezzo di me in quel palazzo di mille piani al centro di Seattle.


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