Le stelle

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"Papà perché tu e la mamma amate le stelle? Luke dice che è per un vostro caro amico ma io non l'ho mai conosciuto. Se é davvero così importante per voi io vorrei conoscerlo.
Papà perché non mi racconti la sua storia? Io voglio saperlo. L'avete raccontato a Zoe e Luke e quindi anch'io vorrei saperlo."
Percy sorrise alla bimba dai capelli biondi tanto simili a quelli della madre e dagli occhi verdi identici ai suoi.
Sorrise alla bambina e annuì, ma in fondo in fondo sapeva che raccontare di nuovo quella storia gli avrebbe fatto male.
Lo sapeva.
Gli ci erano voluti anni prima di accettare realmente ciò che era accaduto. E forse, sia lui che Annabeth, non lo avevano veramente accettato e, soprattutto, superato.
Ma si vide costretto a raccontarlo.
Infondo era per sua figlia che lo faceva.
"Bianca, io non l'ho raccontato né a Luke né a Zoe. Loro l'hanno studiato a scuola cosa sono le stelle. Sai sono grandi ammassi di energ..." Provò a raccontarle quella storia al posto dell'altra.
"Non quella storia papà! Quella la so già. Me l'ha insegnata la mamma. Voglio quella vera. Quella tua e della mamma."
La bambina sgranò gli occhi e tirò fuori il labbruccio. Percy non riuscì a resistere all'espressione da cucciolo abbandonato della figlia.
"Va bene. Te la racconto."
Sospirò profondamente, prese coraggio e iniziò a raccontare.
"C'era una volta..."
"Papà, non sono una bambina! Le storie vere non iniziano con c'era una volta, quelle sono favole e noi non viviamo nelle favole!" Lo interruppe Bianca, lo sguardo incupito.
"Hai ragione, però non é più bello così?"
La bimba scosse il capo.
Percy sorrise e ricominciò.
"Sai già cos'è il Tartaro, vero?" Sperò con tutto il cuore che la bimba annuisse perché non sarebbe riuscito a raccontare anche quello.
"Sì, o almeno credo." Bianca si portò un dito al mento e iniziò a picchiettarci sopra. Al figlio di Poseidone tornò in mente Winnie De Pooh, l'orsetto goloso di miele che guardava sempre da bambino.
"É quel luogo dove é tutto tetro? Dove vanno i mostri dopo che tu e la mamma li polverizzate?" Percy annuì.
"Visto? Lo sapevo, lo sapevo..." La bambina iniziò a ripetere quella frase mentre saltellava in giro per la sua camera da letto.
Percy rise divertito.
"Bianca torna a letto, altrimenti niente storia!"
La bambina, ubbidiente, si mise sotto le coperte e abbracciò il suo peluche a forma di pegaso.
Il semidio le accarezzò la fronte e le spostò una cioccia di capelli dietro l'orecchio.
Si prese un momento per riflettere e per organizzare le idee.
"Allora. Una volta io e la tua mamma cascammo lì dentro."
"Siete inciampanti?" La bimba fece una piccola risata.
Percy sorrise leggermente.
"No... Cioè... Più o meno..." Si passò una mano tra i capelli scuri. "Comunque, saremmo morti."
Molti penseranno che raccontare in modo così diretto della morte a una bambina che aveva poco più di 5 anni non era giusto ma in fondo erano semidei e la morte era sempre dietro l'angolo.
"Ma non moriste."
Percy scosse il capo.
"Sarebbe successo se non fosse stato per due persone. Loro ci hanno aiutato. Si chiamavano Bob e Damaseno."
"Damaseno? Come il Gigante?"
"Sì, esatto, come lui. Io e la tua mamma dovevamo raggiungere la superficie. I nostri amici ci aspettavano."
"Gli zii?"
Percy annuì di nuovo.
"Bob ci ha accompagnato. Ci ha fatto da guida, senza di lui saremmo ancora là. O forse neanche lì. Bob era un Titano. Era il Titano Giapeto."
"Ma... Ma... I Titani non sono cattivi?" Chiese la bambina.
"Sì certo, ma esistono Titani cattivi e Titani buoni. Sai non devi mai generalizzare. Non commettere l'errore di giudicare un gruppo di persone perché ne conosci una che ti ha fatto del male.
Giapeto all'inizio era cattivo ma poi é... Cambiato.
Lui mi considerava un amico e io... non ho mai fatto nulla per ricambiarlo. Non sono mai andato a trovarlo." La voce di Percy era ormai ridotta ad un sussurro ma la bambina lo sentì ugualmente.
Con la dolcezza propria dei bambini, Bianca posò la piccola manina sulla guancia del padre e gli rialzò il viso.
Lo guardò dritto negli occhi.
"Papà? Va tutto bene?" Sussurrò.
Percy la prese tra le braccia. Se la portò al petto e affondò la testa nei capelli della figlia. Odoravano di limone, come quelli della madre.
"Papà, secondo me, se Bob ti considerava suo amico vuol dire che in qualche modo lo hai aiutato. Io non sarei amica di una persona che non mi considera." Disse la figlia con la voce attutita dal suo corpo.
"Hai ragione... Ho fatto in modo che cambiasse. Gli ho dato una vita migliore." Per la prima volta capì. Lui aveva dato a Bob la possibilità di cambiare.
Dopo anni passati a sentirsi male per la morte del Titano aveva capito.
Aveva capito che infondo non era stato solo un errore, una maledizione, il tuffo nel Lete insieme a lui come avevano detto le Arai.
Aveva capito che infondo anche il Titano aveva apprezzato tutto ciò.
E l'aveva capito grazie alla bambina che teneva tra le braccia.
"Grazie Bianca." Sussurrò quando la bimba sciolse l'abbraccio e diede un bacino sulla guancia del padre.
"Allora?"
"Allora cosa?" Percy la guardò confuso.
"Puoi continuare?" Lo implorò.
"Va bene piccolo ragno."
La bambina impallidì.
"Ehi Bianca tutto bene? Non volevo spaventarti. Non preoccuparti. È solo un soprannome."
"R-ra-ragno!" Urlò lei, indicando la parete.
Percy si girò e tutto si aspettava tranne quello.
Luke, il figlio maggiore, si era travestito da aracnide e ora faceva finta di attaccare la sorellina.
"Luke, finiscila! Hai quasi 16 anni non comportati come un bambino! Lo sai che tua sorella ha paura!"
"Lo so, pà'. Poi parli proprio tu eh! Comunque é troppo divertente! Guarda la sua faccia!"
"Non importa. Poi tocca a me metterti in punizione e non voglio. E non desidero neanche che tua madre lo faccia perché lei ti toglie il cibo blu e io questo vuol dire che non lo posso mangiare neanch'io e sai bene che io non posso vivere senza, quindi vedi di piantarla!"
"Non ho il seme!" Il biondino sghignazzò, felice di aver lasciato a bocca aperta il padre.
Percy non riuscì a trattenere le risate ma appena entrò la moglie si zittì.
"Cosa ci fate ancora in piedi?" Chiese Annabeth fissando il marito.
Non aveva ancora notato né il figlio-ragno, altrimenti avrebbe iniziato a urlare, né la figlia-statua.
Meglio evitare una distruzione di massa e farla uscire dalla stanza.
"Niente, Sapientona. Stavo raccontando una storia a Bianca e Luke é passato a salutare, stava andando a dormire." Disse mentre con le mani sulle spalle della moglie la conduceva fuori dalla stanza.
"Percy non ti credo ma fa niente, sono stanca e devo ancora finire un progetto quindi sbrigatela tu. L'importante è che non facciate tardi. E che non rompiate nulla. E che non vi fate mal..."
Percy la baciò per chiuderle la bocca e tornò nella cameretta della figlia.
Appena entrato fulminò con lo sguardo il figlio. Lo stesso sguardo che usava con i mostri.
"Tu. Vai. Fuori. Di. Qui. Ora."
Inutile dire che Luke scappò.
"Bianca" il figlio del mare si girò verso la bambina "non ti preoccupare."
Si sedette vicino a lei e la bimba di rannicchiò contro il suo petto.
"Lo vuoi sentire il finale della storia?"
La piccola annuì piano.
"Dove eravamo rimasti? Ah sì. Io, la mamma e Bob aveva raggiunto un persona, una dea precisamente. Si chiamava Aklys."
"La dea della disperazione?"
"Proprio lei. Sapevamo che era un tranello ma non avevamo altra scelta. L'avevamo seguita attraverso della foschia e avevamo raggiunto una rupe. Un baratro che dava sul niente: ci aveva condotto sull'orlo della morte. Non l'avevo mai sentita così imminente. Poi, d'un tratto, eravamo fumo."
Stette un attimo in silenzio per creare suspance.
La bambina lo guardava con occhi sgranati, l'attenzione era su di lui.
"E-Eravate morti?" Chiese in un sussurro.
Percy scosse la testa.
"Eravamo coperti dalla foschia della morte."
"E poi?"
"E poi niente." Non voleva raccontarle il suo quasi deacidio.
"Non é vero! Dovevate ancora raggiungere la superficie!"
"Ma che bambina intelligente!" Esclamò Percy mentre dava un pizzicotto sulle guance alla figlia.
Bianca si massaggiò la parte dolorante mentre lo guardava con disapprovazione.
"Allora... Oh dei, mi sono scordato la parte di Damaseno!" Esclamò il figlio di Poseidone dandosi delle pacche sulla fronte.
"Papà, ma che sciocco che sei!"
"Visto Bianca? Dovevi chiedere alla mamma. Io non sono bravo in queste cose!" Rispose.
Entrambi risero.
"Puoi sempre aggiungerla." Disse ovvia la bimba.
"Giusto. Sì, okay... Ad un certo punto avevamo incontrato le arai e, come sai, ogni volta che le colpisci loro ti scagliano addosso le maledizioni che i tuoi nemici ti hanno lanciato. Comunque, io stavo per morire, ne avevo uccise troppe per proteggere la mamma. Allora Bob ci ha portati da un Gigante. Era l'unico buono della sua specie. Mi ha curato e ha dato alla tua mamma la sua spada di osso di dragone. Sai, quel Gigante era maledetto. Maledetto dai suoi stessi genitori."
"Tu e la mamma non mi maledireste mai, vero? Neanche Luke o Zoe, giusto?".
Percy scosse il capo, poi continuò.
"Doveva uccidere tutti i giorni lo stesso drago, solo perché aveva aiutato gli umani. Di questo né Gea né Tartaro erano stati molto contenti.
Comunque, Annabeth lo ha pregato di interrompere il ciclo e di venire con noi ma lui ha rifiutato. Diceva di non potere."
"Perché?" Chiese la bambina, con la curiosità sicuramente ereditata dalla madre.
"Non lo so. Diceva di non conoscere altro luogo se non quello.
In ogni caso, dopo che eravamo stati trasformati in fumo abbiamo raggiunto le Porte della Morte."
Percy prese fiato, un po' per creare suspance, un po' per prepararsi alla parte più dolorosa.
"Combattemmo. L'unico modo per salire era combattere. Solo troppo tardi ci accorgemmo che uno di noi sarebbe dovuto rimanere ma forse lo avevamo sempre saputo."
"Perché?"
"Perché bisognava tenere premuto un pulsante, per 12 minuti esatti."
"Perché?"
"Perché sono 12 Dei dell'Olimpo o 12 Titani, non si sa per esattezza."
"Perché?"
"Tesoro basta dire perché. Ascolta la storia. Se avrai domande me le farai in seguito."
La bambina annuì sconfitta.
"Damaseno intanto ci aveva raggiunti e stava combattendo contro Tartaro in persona. Bob e Bobbino, un gattino T-rex, combattevano i mostri insieme a me ed alla tua mamma.
Ma non potevamo salire tutti quanti.
Bob decise che si sarebbe sacrificato ma io non volevo. É solo grazie alla tua mamma che sono tornato su in superficie. Lei aveva capito. Aveva capito che era giusto così, che noi avevamo un compito da portare a termine."
A Bianca scese una lacrima, forse era consapevole delle sorti del Titano e del Gigante.
"Così Bob e Damaseno si sono sacrificati. L'ultima cosa che ci hanno chiesto era quella di salutare le stelle anche per loro, e il sole. La tua mamma ha promesso di raccontare la loro storia per permettergli  di riformarsi ma non so se questo succederà mai."
"Quindi voi salutate le stelle anche per loro?"
"Esatto. Vuoi farlo anche tu?"
La bambina annuì tra uno sbadiglio e l'altro, in fondo era tardi per lei.
Percy la prese in braccio e la condusse alla finestra.
Da essa si poteva vedere tutto il Campo Giove. Le luci brillavano ma non impedivano la vista della volta celeste.
"Bob vi saluta." Disse Percy mentre una morsa di dolore gli stringeva il cuore.
"Bob vi saluta." Ripeté Bianca prima di crollare.
Percy la rimise sotto le coperte. Le fece stringere il suo peluche a forma di pegaso e le diede un bacio sulla fronte.
Sulla soglia della porta si girò.
"Buonanotte piccolo ragno."
Il semidio raggiunse Annabeth nel suo studio. La moglie guardava il cielo e la sua moltitudine di stelle.
Senza dire nulla capirono di pensare la stessa cosa.
Le stelle.
Bob e Damaseno.
E mentre loro le osservavano non sapevano che tra quelli corpi celesti, l'anima di un Titano soprannominato Bob insieme ad un Gigante buono li guardavano felici.
E forse anche Zoe la Cacciatrice li guardava orgogliosa.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 07, 2016 ⏰

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