VUOI GIOCARE CON ME?

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Marta guardò l’orologio sul desktop del suo computer: segnava le ventitré e quindici minuti. Maledì nuovamente se stessa per non aver fatto un back-up del suo hard-disk come le era stato consigliato: un virus aveva cancellato il lavoro degli ultimi tre giorni ed ora era costretta a dover reinserire i dati di quasi trecento clienti.
Si trovava da sola in ufficio, seduta alla sua scrivania, alla luce di una piantana che illuminava la sua postazione e una parte del corridoio alle sue spalle. Senza i suoi colleghi che urlavano e i telefoni che squillavano in continuazione le stanze dell’ufficio si trovavano in un silenzio surreale. L’unico rumore era la ventola del computer e il ticchettio delle sue dita sulla tastiera.
Prese una scheda e la sistemò sulla scrivania. Stava per iniziare ad inserire i dati quando dei rumori alle sue spalle la fecero sobbalzare sulla sedia. Rumori di una palla che rimbalza sul pavimento.

TUM TUM TUM

Si girò di scatto. Il corridoio alle sue spalle si trovava nella penombra.
«C’è qualcuno?», urlò verso l’oscurità.

TUM TUM TUM TUM

Si alzò e si precipitò verso gli interruttori situati alle sue spalle, accendendo tutte le luci appena li raggiunse. L’ufficio s’ illuminò e il rumore cessò di colpo. Marta non vide nessuno.
«Saranno stati dei rumori dal piano di sopra…» pensò prendendo un po’ di coraggio.
Si diresse lungo il corridoio verso l’uscita. Arrivata in fondo si guardò intorno: alla sua sinistra si trovava la stanza con la stampante e la fotocopiatrice, alla sua destra l’ufficio del Dott. Alessi, il suo capo. Si diresse a sinistra.
La porta era socchiusa e dalla stanza buia intravide i led della stampante che lampeggiavano. L’unico rumore che si udiva era il tremolio dell’alimentatore elettrico. Accese la luce e illuminò la stanza vuota. Si girò e andò verso l’ufficio del suo datore di lavoro. Provò a entrare, ma era chiuso a chiave. Accostò l’orecchio alla porta. Dall’interno non proveniva alcun rumore.
Si rilassò e tornò alla sua scrivania: le rimanevano ancora sette schede da inserire nel database.
«Ok, finiamo questo lavoro e andiamocene a casa…» disse alla stanza vuota. Riprese il suo lavoro e in dieci minuti riuscì ad inserire i dati di sei clienti. Salvò il file (questa volta in duplice copia, anche sulla sua chiavetta USB) e prese l’ultimo foglio. Alle sue spalle avvertì chiaramente la voce di una bambina.

«Ciao!»
Marta rimase immobile, paralizzata dal terrore, con una mano appoggiata al mouse e l’altra sospesa a mezz’aria sopra la tastiera. Nel suo monitor intravide il riflesso di una figura alle sue spalle. La mano con cui teneva il mouse iniziò a tremare e la freccia del puntatore sul monitor iniziò a muoversi velocemente da destra a sinistra.

«Vuoi giocare con me?» si sentì chiedere da una vocina infantile alle sue spalle.

Ruotò lentamente sulla sedia girevole, con il cuore che le pulsava nelle vene. Alle sue spalle non c’era nessuno. Fissò la porta dell’uscita in fondo al corridoio.
«Stai calma. Sei stanca e la mente può giocare brutti scherzi…» – pensò – «…adesso prendi la giacca e ti precipiti fuori da quella porta. L’ultima scheda la puoi inserire anche domani mattina…»
Avrebbe voluto muoversi velocemente, ma il terrore le rallentava ogni movimento. Spense il computer, prese la giacca e le parve di impiegarci una vita a percorrere il corridoio. Le sembrò di trovarsi in uno di quegli incubi in cui vorresti correre, ma tutti i movimenti sembrano al rallentatore e più cerchi di avvicinarti a una porta, più ti sembra lontana.
Era giunta quasi a metà del corridoio quando udì nuovamente quel rumore.

TUM TUM TUM

Marta si bloccò e quello che vide la fece barcollare. Dovette appoggiarsi al muro per non cadere a terra. In fondo al corridoio, da sinistra verso destra, una palla arancione rotolò davanti all’uscita e sparì verso l’ufficio del  suo capo.
«Se è uno scherzo non è affatto divertente!» urlò sperando in una bravata di qualche suo collega.
Non ottenne  risposta.
Si precipitò verso l’uscita, infilando le mani nella borsa per prendere le chiavi e non le trovò. Cercò invano anche nelle tasche dei pantaloni e della giacca.
«Merda! Dove le ho lasciate?» urlò. Si guardò intorno e le vide sul pavimento, all’ingresso dello stanzino della stampante.
«Mi saranno cadute prima…» pensò. Nel momento in cui raccolse le chiavi udì il rumore della fotocopiatrice che si metteva in moto. Vide il movimento della lampada passare sotto il coperchio e un foglio A4 uscire dal retro. Lo prese e quando lo guardò sentì le gambe cederle. Questa volta non fece in tempo ad aggrapparsi a nulla e cadde a terra. Il foglio le scivolò dalle mani e si posò sul pavimento al suo fianco. Fotocopiata sul foglio, con una calligrafia infantile, appariva la scritta:

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