Stava ferma. Mi guardava. Eppure sembrava non mi vedesse. Occhi grigi, nessuna espressione. Iniziò a sorridere. Le labbra rosee carnose abbracciavano una schiera di rettangolini bianchissimi. Quasi sembrava brillassero. Una leggera brezza mi scandagliò ogni angolo della schiena, arrivando al collo e facendomi rabbrividire. Con un gesto elegante, perfetto la ragazza si scostò un boccolo biondo dal viso portandolo dietro le orecchie piccole e delicate. Non so se fosse la vista offuscata o la luce candida di quel posto ma aveva davvero una pelle pallida, bianchissima. Un'altra folata di vento. Più calda però. Chiusi gli occhi. Inspirai profondamente e mi parve quasi di assorbire energia. L'aria corse in tutto il mio corpo, facendo zig-zag tra le ossa si incanalò nei polmoni. Espirai. L'aria uscì lenta quasi non avesse voglia di andarsene. Mi lasciò un tepore dentro. Mi fece stare bene. Riaprii gli occhi. La ragazza era scomparsa. Come spazzata via dal mio respiro non aveva lasciato tracce. Mi sentivo delusa, preoccupata. Non sapevo neanche perché. Non avevo mai visto quella ragazza. Eppure dentro di me quegli occhi, quei morbidi boccoli biondi,sapevo di averli già visti. Sentivo il bisogno di trovarla. Dovevo trovarla.Senza nemmeno avvisarmi le mie gambe iniziarono a muoversi. Non sapevo di aver dato loro quel comando. Camminavano e sembrava quasi che non fossi io a controllarle. Mi sentivo una spettatrice, come se stessi guardando la scena da lontano, molto lontano. Iniziarono a materializzarsi su un lato della strada palazzi, bianchi, ingombranti, in tipico stile londinese. L'aria si era fatta più pesante, più fredda. Il vento aveva iniziato a soffiare. Non più quel leggero alito tiepido. Era un vento violento, di quello che si insinua in ogni fessura delle ossa gelandole. Nemmeno la felpa deforme che indossavo riusciva a scaldarmi. Mi strinsi nelle braccia. Il vento incalzava. Gli occhi iniziarono a lacrimarmi per la polvere che si era sollevata. Alzai lo sguardo. Un gabbiano.Due. Tre. Stavano vorticando proprio sopra di me, sembrava una danza. Poi volarono via. Sentii una musichetta. Le orecchie, fino a quel momento assorte in un silenzio assordante, iniziarono a fischiare. Poi smise. Il cielo si ombrò. Sembrava stesse per piovere. Di nuovo quella musichetta. Mi voltai e mi accorsi di essere vicino ad una spiaggia. L'odore della salsedine mi invase le narici e per qualche istante mi tolse il respiro. Il mare era calmo. Una quiete innaturale dato il vento. Poi la mia attenzione fu di nuovo catturata da quelle note. Mi voltai e mi accorsi che c'era una giostra. Una di quelle con i cavalli.Era illuminata, girava, ma non c'era nessuno. Le mie gambe presero di nuovo l'iniziativa e mossero un passo, poi un altro e un altro ancora. Non ero mai stata in quel posto eppure sapevo esattamente dove andare. Scesi una piccola scala in pietra. Il contatto col ferro freddo del corrimano fece nascere un piccolo brivido che mi scosse. Sulla spiaggia non c'era sabbia. Solo pietre.Colorate. Bianche. Nere. Piccole. Grandi. La spiaggia era grandissima. Mi lasciai riempire da quel panorama mozzafiato. Poi la canzoncina della giostra riconquistò la mia attenzione. Sembrava che mi stesse chiamando. E non me lo feci ripetere due volte. Mi avvicinai. Stavolta consapevole che l'avrei fatto. Da vicino era ancora più bella. Le decorazioni dorate brillavano sotto la luce di quei raggi di sole che riuscivano a bucare le nuvole che ormai avevano riempito il blu del cielo. C'erano anche delle piccole decorazioni gialle e rosse, dei disegni astratti. Erano incise delle parole, ma erano come offuscate e non riuscivo a leggere e distinguere le lettere. Era illuminata da piccole lampadine, dalla luce calda, poste sul bordo superiore della giostra e altre ricoprivano il pilastro centrale che la reggeva. I cavalli erano davvero realistici. Riuscivo quasi a vedere il pelo ondeggiare al tocco della brezza marina. Mi aspettavo che da un momento all'altro lasciassero le criniere danzare nel vento. Potevo sentire il loro nitrito. Forte. Aulico. Possente.Regale. I sottili pilastri erano decorati con motivi geometrici. Gialli. Rossi.Verdi. Ero così impegnata ad ammirare ogni singolo dettaglio di quella splendida giostra che non mi ero accorta di non essere sola. Mi voltai. Quelle labbra. Quegli occhi. Quei riccioli. Era la ragazza. Mi sorrideva. Lo stesso sorriso che mi aveva regalato prima di andarsene. Provai a dire qualcosa ma era come se non controllassi il mio corpo. Le parole si dissolvevano sulla punta della lingua e non riuscivo ad emettere suoni. Poi guardai meglio. Non sorrideva a me. Non mi stava nemmeno guardando. Stava osservando qualcosa alle mie spalle. Il sorriso si allargò. Alzò una mano accennando un saluto timido anche se non sembrava per niente timida. Le si illuminò lo sguardo e le guance assunsero un delicato colorito rosato. Senza neanche accorgermene mi ero voltata. C'era un ragazzo. Biondo. Occhi spaventosamente azzurri. Un sorriso a trentadue denti. Il tipico belloccio da spiaggia. Distolsi lo sguardo da quell'immagine divina e mi accorsi che c'erano altre persone. Dei ragazzi e un paio di ragazze. Sembravano tutti appena usciti da una rivista di moda. Erano perfetti. Le ragazze erano tutte ossigenatamente bionde. Tranne una. Aveva un caschetto scalato nerissimo che faceva risaltare il verde smeraldo dei suoi occhi. Si teneva a distanza dal resto del gruppo e sembrava estremamente annoiata. Continuava a sbuffare. Faceva versi e facce alle biondine. I loro visi erano impeccabili. Nessuna ruga. Niente occhiaie. Nessuna traccia di punti neri. Indossavano tutti la stessa felpa. Era nera e rendeva ancora più pallidi i loro volti e ancora più azzurri i loro occhi. Su un lato c'era un piccolo simbolo con una scritta bianca. Non era molto grande e non riuscivo a leggere cosa ci fosse scritto. Stranamente però riuscivo a distinguere perfettamente la piccola immagine sopra la scritta. Era un pavone con colori sgargianti che lo facevano spiccare su quel nero pece. La ragazza misteriosa dagli occhi grigi iniziò a camminare verso il gruppo. Era così elegante, i suoi fianchi ondeggiavano come se intorno vi fosse un hula-hoop, sembrava così leggera,quasi come se non toccasse terra. Si abbandonò tra le braccia del belloccio.Gli avvolse le mani al collo e gli accarezzò la parte inferiore della nuca.Riuscivo a vedere i peletti rizzarsi al contatto con il polpastrello. Si baciarono. Prima piccoli baci delicati e veloci, poi sempre più lunghi e passionali, le labbra di uno cercavano quelle dell'altro e si mordevano, si toccavano. Potevo sentire il loro sapore, il loro rumore. Poi un verso mi fece sussultare. Era la ragazza col caschetto, aveva una smorfia di disgusto stampata sul viso mentre assisteva a quella scena. Si voltò mantenendo la stessa espressione. Mi guardò. Questa volta ero sicura che stesse guardando me.Il suo sguardo mi fece sentire nuda, indifesa. Poi sorrise. Iniziò a camminare verso di me. Lentamente. Nel giro di qualche secondo era lì, di fronte a me. Era così vicina allora che riuscivo a distinguere i piccolissimi riflessi marroni tra il verde dei suoi occhi, le pellicine sulle labbra screpolate, il lievissimo rossore delle guance. Si accostò al mio orecchio per sussurrarmi qualcosa. Sentii il rumore delle labbra che si aprivano e il calore dell'alito sul collo. Ne uscii un suono acutissimo, assordante, mi rimbombava nella testa e mi faceva fischiare le orecchie. LA SVEGLIA.
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PANDORA
FantasyDopo l'apertura del vaso il mondo divenne un luogo desolato ed inospitale, simile ad un deserto, finché Pandora lo aprì nuovamente per far uscire anche la speranza, l'ultima a morire, ed il mondo riprese a vivere.