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ALLA SETTIMANA BIANCA

Tre mesi prima, ben lontano  dall'immaginare che si sarebbe ritrovato nel mezzo di una tempesta, Malo non stava nella pelle all'idea di partire per la settimana bianca. Quell'anno, per il suo tredicesimo compleanno, suoi genitori avevano deciso di regalargli una settimana in montagna, durante le vacanze di febbraio.
Che bel regalo! Si stupì  il ragazzo. Che cosa nasconderà?
La madre aveva orrore della neve e delle stazioni sciistiche e alle piste gelate preferiva di gran lunga i negozi di moda della capitale. Il padre, che non metteva gli sci ai piedi da una decina d'anni, si permetteva solo brevi periodi di riposo con gli amici del Club dei portatori di cravatte. Per cui Malo aveva i suoi buoni motivi per diffidare della decisione dei genitori. Il fatto è che si erano dimenticati di precisargli - e glielo avrebbero confessato solo in seguito - che non avrebbe soggiornato in una stazione sciistica in loro compagnia o in un centro per ragazzi della sua età, ma che sarebbe stato ospite della sorella maggiore del padre. E che avrebbe trascorso la settimana bianca in casa di lei, da solo. Quando aveva appreso la notizia, Malo era rimasto a bocca aperta.
"Da zia Orticaria?"
"Sì. Non sei contento?" chiese la madre.  
"È lei che lo ha proposto" aggiunse il padre con voce allegra.                           Malo non sapeva che cosa rispondere. Aveva visto zia Orticaria solo rare volte, in occasione di pranzi di famiglia a Pasqua o a Natale, ma la ricordava perfettamente. Era una specie di vamp dalla bellezza glaciale, che lo affascinava e lo terrorizzava al tempo stesso. Essendo stranamente provvista di peli fastidiosissimi attorno al mento, che tentava di mascherare come meglio poteva, finiva inevitabilmente per pungere chiunque l'abbracciasse. Ecco perché l'avevano soprannominata Orticaria.  Quella donna intimidente e lunatica poteva un giorno risultare simpatica e il giorno dopo intrattabile e fredda. Quel genere di persone che davanti agli altri vi fanno un sacco di sorrisi e poi, quando non c'è più nessuno, vi tirano le orecchie e vi pizzicano a sangue o vi puniscono per una sciocchezza che magari non avete neppure commesso. Insomma, la zia era sempre parsa a Malo un'orribile strega."Non potrei restare con voi ?" accennò Malo, pur di sfuggire alla zia. Entusiasta, da principio, all'idea di partire per la settimana bianca, ora, davanti alla prospettiva di una vacanza da trascorrere in quel modo, non era più tanto sicuro di averne voglia. Al confronto, una settimana di compiti a casa gli sembrava una prospettiva molto più allettante. " Purtroppo, caro" tentò di ammansirlo la madre passandogli una mano tra i capelli, "noi non abbiamo la tua fortuna, non siamo in vacanza come te.". Malo era stanco di sentire sempre lo stesso discorso. La madre, odontotecnica, aveva molto lavoro. Ma i suoi impegni non erano nulla rispetto a quelli del padre, avvocato finanziario che, oltre al tempo passato in ufficio, dedicava, una volta a casa, lunghe serate e interi weekend a consultare dossier spessi come elenchi telefonici. "Ma andare da zia Orticaria NON VUOL DIRE ANDARE IN VACANZA!"
"Tranquillo" lo rassicurò il padre prendendolo per le spalle. "Mia sorella è una zitella non sempre divertente, lo ammetto, ma dovrai sopportarla solo poche ore al giorno, a colazione e a cena. Il resto del tempo avrai moltissimo da fare." Proprio così. Il pasto con zia Orticaria sarebbe sicuramente stato il momento più sgradevole della giornata. A memoria di Malo, lei, per mantenere, a suo dire, una linea giovanile, si nutriva solo di cavoli e tisane. Tisana a colazione e cavolo a cena. Zuppa di cavolo. O cavolo gratinato. O insalata di cavolo. O cavolo farcito. A Malo pareva già di sentire quell'odore nauseabondo che inondava tutta la casa. Un fumo acre e stordente che già gli rivoltava lo stomaco. Era più di quanto potesse tollerare. Il semplice fatto di ricordare un pasto in compagnia della zia equivaleva a un supplizio. "Tutto andrà bene, vedrai" ritenne opportuno aggiungere la madre. "Non dimenticare che ti abbiamo iscritto a un corso di snowboard. Sarai impegnato ogni giorno dalle 9 alle 16. Ho sentito l'istruttore al telefono, mi è sembrato un tipo veramente simpatico!" "Inoltre ti farà bene partire senza di noi" concluse il padre. "E poi, tua zia ormai lo sa e ti aspetta con impasienza." "E va bene, sarà divertente!" si rassegnò a dire Malo,cercando di convincersi che la vacanza sarebbe stata memorabile.
Il giorno stabilito, prese dunque il treno per la montagna. I genitori lo accompagnarono fino al binario e, prima che salisse in vettura, lo abbracciarono teneramente.
" Buona vacanza, caro" gli mormorò la madre stringendolo un'ultima volta tra le braccia. E gli porse un sacchetto con un panino, qualche dolcetto e una bibita. Malo, dal canto suo, per rendere piacevole il viaggio, faceva affidamento sul lettore MP3. "Quando tornerai, sarei un uomo!" non poté trattenersi dall'enunciare il padre, sempre affezionato alle sue frasi fatte. E doveva anche essere un tantino nervoso, poiché non smetteva di tormentare la cravatta,un modello di seta pura prodotto da Dior, color ruggine. Il ragazzo sospirò, poi raggiunse lo scompartimento senza dire nulla. Sistemò la valigia e si sedette. Poco dopo il treno si mosse. Attraverso il vetro, Malo rivolse con un cenno della mano un ultimo saluto ai genitori. Dopodiché si ritrovo solo. Il viaggio gli parve lungo e monotono. Malgrado la prospettiva delle imminenti discese per le piste innevate, Malo provava una certa apprensione per quanto lo attendeva. Per ingannare la noia, mangiò il panino e bevve la bibita. Poi, dopo aver ascoltato alcune canzoni, constatò che gli rimanevano ancora due ore di viaggio. Chiuse gli occhi e pensò alla zia, a eventuali fatti sgradevoli che potevano essere capitati. Forse si è rotta una gamba... o si è presa l'influenza? Oppure una valanga si è abbattuta sulla casa? Non si sa mai a quali guai si possa andare incontro in quel villaggio maledetto... A quest'ora sarà sicuramente all'ospedale... Così me ne andrò in albergo e mangerò al ristorante tutte le sere... Ma evidentemente conosceva male zia Orticaria: nemmeno un'epidemia di colera,una rivoluzione o un terremoto sarebbero riusciti a scalfirla. Malo lo capì subito, al momento dell'arrivo del treno in stazione, quando la vide rotta sul marciapiede. Zia Orticaria se ne stava tutta impettita e altera, imbacuccata nel suo cappotto di pelliccia di coniglio. Attorno a lei turbinavano fiocchi grandi come palline da pingpong, che poi si depositavano al suolo senza osare toccarla. Persino la neve sembrava volerla evitare. Su un cartello erano scritte queste poche parole,di un ironia agghiacciante:

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