Mad Tea.

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Fluttuava tra l'etere, sino al cielo vermiglio frantumato da saette in lontananza, un miasma ferruginoso, angosciante, nel Paese delle Meraviglie.

Il tanfo si snodava percorrendo il fosco bosco, quel luogo senza alcuna via distinta, o forse ne possedeva fin troppe, così tante che ad ogni arbusto ne corrispondeva una differente. Un di là, un da questa parte, un torna indietro su cortecce graffiate da artigli e mutilate da altre bestie. Nere di pece o chiazzate indistintamente di rosso.

E il medesimo, tossico odore, penetrava in una radura, sfavillante a tratti dai lampi, che oscuravano il Sole già opaco.

Una piana ovale, costeggiata da steli incolti e alberi millenari, sferzata da saette lontane e folate gelide, odore di sangue e risa squillanti o, semplicemente, agghiaccianti.

Si poteva udire persino un cupo canto di morte, roco e perpetuo, proveniente dalle bocche di leone, dalle margheritine e dagli altri piccoli fiori, simile ad un pianto ininterrotto.

Un tavolo rettangolare, lungo due metri, era posto su erbacce selvatiche. Alcuni viscidi tarli avevano rosicato i sostegni e gli angoli, lasciando tracce fetide su ciò che un tempo dovevano essere state deliziose decorazioni.

Una di quelle sgraziate creaturine giunse con le zampette sulla stoffa della tovaglia pregiata, ma lercia e oramai strappata in più punti,totalmente irriconoscibile dell'originale candore ...

Alice, scompostamente seduta ad un capo della tavola, l'analizzò pigramente per qualche attimo mentre s'intrufolava nella vuota tazzina da tè che aveva davanti. Poi, con un inusuale scatto del polso, piantò la punta del coltello nella minuscola testa dell'animaletto, mandando in pezzi la tazza e il piattino che si sbriciolarono con un frastuono e facendo sobbalzare l'intero tavolo accompagnati da un tuono assordante.

Insieme ad esso, alcune teiere gocciolarono tè di un colore acceso e le posate tintinnarono insieme a biscotti neri, resti di barattoli, dolcetti avvelenati, mentre, dall'altro lato della tavola, i denti affilati, giallastri, di un ghigno feroce sbucarono dalle labbra secche del suo Cappellaio Matto, così tanto ricurvo sulla propria tazzina di porcellana colma di crepe, che la punta del cappello a cilindro tappezzato ne sfiorava i bordi.

Accanto ad egli il cadavere putrefatto e torturato da enormi ratti del Leprotto Bisestile pareva scrutare entrambi i presenti attraverso le grandi orbite oramai vuote. Ancora sembrava reggesse la sua ultima tazzina da tè tra le zampette.

«Ne vuoi un altro pezzo, Alice?» Sogghignò maligno il Cappellaio, indicando con un cucchiaino la fonte leggendaria di quell'olezzo disgustoso e affascinante che riempiva l'aria, posta al centro della tavola.

La bambina forse troppo cresciuta per essere definita ancora tale, storse le labbra innaturalmente rosse in una smorfia seccata. E mentre i riccioli biondi le ricadevano sulla fronte, si allungò sulla sedia e passò ad afferrare il vassoio temuto, portandoselo innanzi.

Era ancor più orripilante (o  conturbante?, lei si chiese) da così vicino, così tanto che Alice trattenne i conati di vomito e ignorò l'improvvisa sensazione di caldo bagnato sui polpastrelli che reggevano l'oggetto.

Le lunghe orecchie lattee erano afflosciate oltre il piatto, mentre il collo prima ricoperto da morbido pelo bianco grondava sangue, impregnando ulteriormente il grembiule di Alice della stessa sostanza.

Erano ben distinguibili i resti della gola del povero animale, alcuni lembi rosei sgusciavano dal gozzo, per non parlare di una vertebra chiaramente fuoriuscita dalla carne fresca, sulla quale già una mosca ronzava fastidiosamente.

Il ticchettio dell'orologio da taschino proveniva dal medesimo pertugio.

Gli ha tagliato la testa.

«Povero Bianconiglio ...»

«Sì, povero Bianconiglio ...» Le fece un eco distorto dai sogghigni il Cappellaio, esplodendo infine in una risata malsana che culminò con grossi cocci di porcellana sull'erba e tè rosso riversato dovunque. «... adesso però lo sente! Adesso lo senti pure tu il suo tic-toc-tic-toc?!Lui era in ritardo! Adesso sa che non sarebbe dovuto arrivare in ritardo al Torneo della Regina! Questo è un trionfo, mia piccola Alice! Una morale: controlla sempre che il tuo orologio funzioni correttamente...» Continuò delirante, saltando sul tavolo. Calciò cinque o più teiere, in una danza spericolata, arrivando a ritmare una mossa diversa ad ogni fulmine sullo sfondo.

Alice non osò dire nulla, troppo assopita dalla visione della catenella dorata che intanto spuntava pendendo tra i due grossi denti bianchi e la lingua inaridita del Bianconiglio.

Ritornò ad impugnare il coltello affilato, infilzando un'iride vacua dell'animale e strappandola con un grugnito dall'orbita e dal legamento.

Sembrava una minuscola biglia sfuocata.

Il Cappellaio continuò a ridere sguaiatamente, stendendosi sul tavolo a pancia in giù. A pochi centimetri da Alice si reggeva il mento con entrambe le mani, osservandola con i suoi occhi iniettati di sangue e malizia, mentre quella imboccava per intero l'occhio roseo, facendolo esplodere tra i molari come un palloncino.

Ingurgitato l'organo visivo, il Cappellaio Matto continuava ad ammirarla leccandosi le labbra e i denti aguzzi. Quegli occhi di un rosso penetrante studiavano ogni singolo dettaglio di quel viso assuefatto, letale e infantile insieme. Dai capelli scomposti, al viso sporco di stragi e massacri, al naso all'insù e le labbra piene.

«Adesso come ritroverò la strada di casa, Cappellaio?» Le stesse labbra che avevano mormorato quasi incuranti quelle parole, gli occhi chiari che calavano dal vestitino azzurro sporco alla punta lucida del suo coltello favorito.

Lo aveva stretto costantemente e usato più volte, dal giorno in cui era ritornata nel suo Paese delle Meraviglie.

«Vuoi davvero ritornare in quel covo di matti dove ti hanno rinchiusa, Alice?! Ma ... ma noi abbiamo così tanti progetti insieme! C'è ancora lo Stregatto, c'è quell'odioso saputello di Humpty ... e ...e la Regina ... con lei ci divertiremmo un sacco Alice, a smembrarla,disossarla, cucirle quella maledetta bocca e tagliarle la lingua ...o la testa!» Urlò immediatamente, ma prima che ricevesse risposta si piombò su quei polsi sottili della ragazza e li scosse bruscamente verso di sé. «Ci saranno così tanti altri Tea-Party insieme, solo io e te, mia piccola Alice!»

La testa mozzata del Bianconiglio ruzzolò qualche metro lungo l'erba secca con una scia cremisi ed un tonfo.

Inizialmente,la ragazza rimase ad occhi sbarrati ... i ricordi che possedeva sul luogo in cui era rinchiusa erano astratti, ma terrificanti. Una cosa  tuttavia la ricordava chiaramente: il coltello che sempre stringeva da quando era precipitata lì ne era la causa. O il mezzo.

Alla fine, tuttavia, il sorriso maligno del Cappellaio Matto la influenzò terribilmente. E scosse la testa lasciando che quella luce perfida le oscurasse gli occhi limpidi e un'espressione maniacale il viso, rendendola ancora più mortifera.

Notato il mutamento ostile del volto di Alice, il Cappellaio Matto scoccò in una trionfale esclamazione, ciondolando i piedi.

«Qui puoi essere chi sei, Alice. Nessuno oserà perseguitarti, o imprigionarti ... questo Mondo è tuo ... nostro.»Soffiò sul volto pallido della ragazza, senza abbandonare la presa sugli arti.

Fu come una rivelazione, per la giovane macchiata di sangue ... che, con l'ultimo tic del suo mondo reale e una profonda inspirazione del tanfo di linfa vitale e morte intorno a sé, rispose in un eco avverso:

«Qui posso essere chi sono ...

Hai ragione!

Nel mio Paese delle Meraviglie, posso essere finalmente chi sono, mio Cappellaio!»

Ed intorno a loro, sotto il peso delle loro risa, il Paese delle Meraviglie parve agonizzare in un ultimo boato.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 17, 2016 ⏰

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